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Autore: Tide    24/08/2014    3 recensioni
Storiellina fine a sé stessa a basso rischio: molto semplicemente una paziente particolare.
- scusate il formato, non riesco a farlo disporre diversamente.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Hannibal Lecter, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Pensano che sono pazza, o non mi avrebbero mandata qui. Pensano che viva in un mondo mio che loro non capiscono. Ma la verità è che io vedo lo stesso mondo, solo diverso; la verità è che non so esprimerlo. Forse davvero sono pazza o non mi avrebbero portata da lui. Il suo studio. Vorrei allungare le mani e toccare tutti gli oggetti che ci sono, tutti i mobili e i libri, invece allungo il mio sguardo incerto, come sottili e sensibili dita. Ora guardo lui ed è come se lo toccassi: guardo la sua pelle e la sento curata, guardo la sua mano poggiata sul taccuino ed è come se la stringessi, sento le pieghe, il rilievo delle vene, conto le dita ed è come se passassi l’indice in ognuno dei cinque incavi tra una falange e l’altra; il sesto dito è qualcosa di inesplorato alla mia vista, al mio tatto, indugio troppo e gli occhi mi salgono di corsa al suo polso, pentiti; si calmano e sento il completo liscio, un buon tessuto credo- è così piacevole al tatto. Guardo i suoi occhi e sento l’umido che copre l’iride, poi sento l’iride sotto l’umido e oltre l’iride l’orbita e ancora potrei scendere e forse intravedo l’anima dietro gli occhi e quell’umido velo di carne. Chissà se quegli occhi si concedono mai di essere più umidi. Guardo le labbra e le sento calde, piegate in un sorriso quieto. Chissà se si concede mai di ridere. Ormai scendo, con lo sguardo accarezzo il collo e le mie dita sottili e sensibili scivolano lungo le clavicole e vanno sotto la camicia fresca, si fermano al petto e sento gli impercettibili battiti del suo cuore. Affondo nella carne viva e tocco quel cuore per sentirlo meglio. Umido e morbido, batte regolare, calmo. Chissà se si concede mai di battere più forte. Torno a guardare nei suoi occhi. Mi sto facendo curare da una persona che avrebbe più bisogno di me. Di colpo arrossisco – mi sta guardando anche lui- e abbasso lo sguardo. Queste sono le mie mani e non mi dicono niente. Devo essere stata parecchio insolente a cacciargli lo sguardo addosso senza accorgermi che mi guardava. Non so come potrei scusarmi, le parole non vengono. Gli occhi incerti corrono ancora a lui. Il suo sorriso è rassicurante, io sono arricciata sulla mia sedia. “Cos’è che ti ha interessata?” chiede e io lo guardo smarrita, perché non ho parole per dirgli: “Lei ha un tumore all’anima, dottore.”
   
 
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