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Autore: Julietds    24/08/2014    0 recensioni
Capelli neri appiccicati alla fronte, corpo grondante di sudore, centinaia ragazzi urlanti davanti a me e un forte mal di testa dovuto al troppo alcool misto a eroina in corpo quella sera.
Ecco com'era essere Ronald Joseph Radke.
Ero in quell'esatto momento in cui il rumore si fa ovattato per le mie orecchie e la mia mente si svuota completamente; è come se non fossi più nel mio corpo, come se non fossi io a dover cantare e fossi lì per mero caso. Il mio chitarrista mi fa un cenno, sono pronti ad iniziare. Ma io decisamente no, mi sento un cerchio alla testa. Cerco poco realisticamente di alzare il microfono per aprire questa serata ma riesco solo a fare qualche passo barcollando all'indietro prima di ritrovarmi per terra.
Tutto quello che ricordo dopo sono solo un mucchio di pallini neri che mi appannano la vista.


Una storia che racconta molti fatti realmente accaduti e molte altre situazione che ho immaginato.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Craig Mabbit, Max Green, Nuovo personaggio, Quasi tutti, Ronnie Radke
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incompiuta, Tematiche delicate
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ESCAPE THE FATE PT.2:

RUNAWAY

 
15 Giugno 2008
 
L'agente bussò più volte sulla porta della casa del padre di Ronnie prima che quello venisse ad aprire.
“Posso aiutarvi agenti?”
“Cerchiamo Ronald Radke.”
“È mio figlio, che ha fatto?”
“È in casa?”
“No, è un paio di giorni che non lo vedo.”
L'uomo li guardò con fare interrogativo. Il poliziotto scortato da altri due colleghi si tolse il capello prima di proseguire. “Suo figlio non si è presentato all'incontro con il giudice di sorveglianza stamattina. È una faccenda grave. Suo figlio è in una brutta posizione. Possiamo entrare in casa a controllare?” Il signor Radke fece loro segno di entrare ma non trovarono nessuna traccia di Ronnie.

Quello stesso giorno la polizia di Las Vegas, sulle tracce dell'ormai fuggiasco cantante, fece mandare un annuncio sulla tv nazionale: Ronald Joseph Radke era ufficialmente ricercato per aver violato la libertà vigilata e aver omesso di riferirlo al suo giudice di sorveglianza.
“Cantante di una nota band metal in fuga” titolavano i giornali. La band si dissociava dalle scelte prese da quello che ormai era il loro ex cantante; tutto quello che suo padre aveva continuato a ripetere alla polizia e ai giornalisti locali era: “Non so dove sia adesso. Aveva lasciato la sua vecchia band, tra quattro giorni sarebbe dovuto volare in Virginia per registrare con un suo vecchio compagno, Omar Espinoza. È assurdo” ripeteva sgomento scuotendo la testa.

Metal, pensò Ronnie sbattendo il giornale sulla panchina su cui l'aveva trovato. Certo che al giorno d'oggi i giornalisti hanno una bella faccia tosta a etichettare qualsiasi cosa che non sia pop come metal.

 
***
 
17 giugno 2008
 
Ronnie girovagava sotto un ponte. Erano ormai due giorni che vagava per le strade della periferia di Henderson, una cittadina appartenente all'area urbana di Las Vegas. Era arrivato a toccare il fondo. Era esausto, erano due giorni che non si lavava, che non riusciva a dormire per paura che la polizia lo prendesse nel sonno, che non si faceva perché non aveva più soldi. Stava impazzendo, ma non voleva arrendersi. Aveva provato ad avvicinare qualche fan sperando di ottenere dei soldi, ma aveva solo ottenuto maggiore visibilità e così se l'era data a gambe infilandosi nuovamente il cappuccio di quella sua felpa nera ormai logora.

Era il giorno dopo la festa del papà, lunedì.

Gli mancava suo padre, ma non voleva tornare alla libertà vigilata; ma quale libertà vigilata! Sarebbe stata un lusso da quel momento. Quella giudice e tutta la polizia di Las Vegas avrebbero cercato mille e un modi per sbatterlo dentro. Tutti odiavano il cantante drogato di quella band di delinquenti metallari. Loro probabilmente si sarebbero rifatti una reputazione però. Gli unici a guardarlo come una persona degna di rispetto erano ormai solo i suoi fans. Sperando che qualcuno ancora seguisse il suo pietoso caso e, magari, lo difendesse in discussioni accese con la propria madre che seguiva il notiziario in cucina. Quello era il massimo a cui Ronald Joseph Radke potesse aspirare in quel momento; e di riuscire a concludere la giornata senza finire in manette ovviamente.
Era metà mattina quando Ronald, che stava camminando con questi pensieri in testa per una strada, vide una volante arrivare verso di lui. Provò a scappare per qualche decina di metri ma una volta arrivato all'angolo della strada venne sbattuto contro il muro malamente e ammanettato. Lo portarono verso la macchina che aveva ancora i lampeggianti accesi ripetendogli più volte i suoi diritti – che al momento consistevano in un misero “Chiudi quella bocca da coglione che ti ritrovi o ti trapassiamo il cervello con una pallottola e lo faremo passare come un incidente” – e gli misero una mano sulla testa per fargliela abbassare mentre entrava in macchina, arrestandolo sotto gli occhi esterrefatti dei passanti.

Fine della fuga.
   
 
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