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Autore: Tury    25/08/2014    3 recensioni
La storia è narrata da una ragazza di 21 anni di nome Cassandra. Nella notte del compleanno di Emma, le strade di Cassandra, Emma ed Henry si incroceranno inesorabilmente. Da qui, ha inizio la storia, una storia che cambierà per sempre le loro vite. Ma chi è Cassandra? Cosa l'ha spinta ad approdare a Storybrooke?
La pubblicazione dei capitoli è ogni VENERDì, salvo alcune eccezioni, che verranno comunicate.
PRIMA STAGIONE
Capitoli: 1-...
Trama: Cassandra, una volta giunta a Storybrooke, comprende quasi subito che qualche mistero avvolge quella città mai sentita prima. In questa prima serie, dove ogni avvenimento è riproposto in chiave più o meno fedele, vedremo la giovane ragazza relazionarsi con tutti gli abitanti ed aiutare Emma ed Henry a spezzare la maledizione.
SECONDA STAGIONE
Capitoli:-
Trama:-
TERZA STAGIONE
Capitoli:-
Trama:-
Genere: Avventura, Introspettivo, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Emma Swan, Nuovo personaggio, Regina Mills, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Zaino, bicicletta e il mio inseparabile libro. Ecco tutto ciò che posseggo e tutto ciò di cui ho bisogno. Cavolo, stavo per dimenticarmi il quaderno. No, non è il solito diario in cui custodire fittizi e insulsi segreti. Fittizi e insulsi, perché sono tutti segreti vissuti e stravissuti, nulla di nuovo o originale. Mi sono innamorata di quel ragazzo, ho litigato con la mia migliore amica, ho fatto l’amore per la prima volta. Tutte cose vissute e stravissute, appunto. Nessuno sarebbe così sciocco da affidare i propri più intimi segreti ad un anonimo quaderno, con quelle pagine bianche, forse un po’ ingiallite dal tempo. Nessuno. Di solito, preferiamo che i nostri segreti restino appunto tali, taciti accordi stretti con noi stessi, verità indicibili che troveranno il loro posto nella nostra tomba. Diciamo che questo in parte vale anche per me, in parte no. Quel quaderno custodisce i miei segreti più veri ed intimi, ma anche se venisse sfogliato nessuno crederebbe a ciò che vi è scritto, quindi posso tranquillamente affidare a quegli anonimi fogli bianchi la vera me.
Una volta sistemato anche il quaderno nello zaino da campeggio, salgo sulla bicicletta e inizio a pedalare verso una destinazione ignota. Il mio nome è Cassandra, di anni ventuno, di professione nomade. Non perché l’idea di una dimora fissa mi stia stretta, semplicemente non ho ancora trovato il mio posto. E forse non lo troverò mai, almeno in questo mondo. Solitamente, amo spostarmi di notte, quando nessuno mi vede, le luci spente per sposarmi meglio con l’oscurità che mi circonda, silenziosa come un’ombra, perché nulla resti del mio passaggio. Domani mattina, qualcuno si accorgerà della mia assenza, forse qualcuno continuerà a domandarsi che fine abbia fatto per due o tre giorni, ma poi la mia presenza diverrà solo un mero ricordo, accantonato per far spazio a ben altri pensieri. Non ho una famiglia che possa preoccuparsi della mia improvvisa sparizione, nessuno a fissare l’anonima porta di una casa di campagna in attesa del mio ritorno. Ma non è sempre stato così. Un tempo, avevo una sorella, ma sono passati così tanti anni, anche se il dolore di quella mancanza si fa ancora sentire. Scuoto piano la testa, cercando di allontanare questi improvvisi pensieri. Ed è in quel momento che due fari mi accecano, facendomi sbandare per ritrovarmi esattamente sulla traiettoria dell’auto. Quello che è successo dopo è facilmente immaginabile. Sono semplicemente volata via dalla bicicletta, atterrando qualche metro più dietro. Fortunatamente, lo zaino ha attutito l’impatto con l’asfalto e me la sono cavata solo con qualche graffio. Proprio mentre sto per rialzarmi, vedo che un’ombra nera si è fermata a qualche centimetro da me. I fari alle sue spalle mi permettono di vedere solo la sua sagoma e non il suo viso. Un soffio di vento, i lunghi capelli che seguono la sua scia. Deve essere una donna.
“Dì un po’, volevi farti ammazzare?”
Sì, è una donna.
“Sì, guardi, muoio dalla voglia.”
“Smettila di fare la spiritosa ragazzina. Poteva finire male.”
È proprio irritata.
“Ma così non è stato, quindi, se non le dispiace, io riprenderei la mia bicicletta e continuerei per la mia strada.”
“Intende questa bicicletta?”
Sia io che la mia interlocutrice rivolgiamo la nostra attenzione al bambino che si trova vicino l’auto. Non mi ero accorta che nell’auto ci fosse anche un bambino. Ecco perché è così arrabbiata, avrà temuto per l’incolumità del figlio. Sano, giustificabile quanto irrazionale istinto materno, quell’impulso che viene da dentro, in maniera inspiegabile, e che ci impone di proteggere il frutto del nostro amore. Anche a costo della vita. Sorrido al pensiero e alla visione di questa magia, che si rinnova ogni volta e ogni volta sembra sempre nuova.
“Perché è completamente distrutta. Dubito sia ancora utilizzabile.”
Ecco, il sorriso che si era stampato sul mio viso sparisce immediatamente, lasciando il posto al pallore tipico dell’incredulità. Con uno scatto mi rialzo e, superando la donna, mi dirigo verso il bambino.
“No ragazzino, devi aver visto male, la mia bici è indistr…la mia bici è distrutta!”
Osservo ancora per un momento l’ammasso di ferri che un tempo componevano la mia due ruote, fidata compagna di avventure.
“Ha distrutto la mia bici!” dico, rivolgendomi alla donna.
“Frena la lingua, ragazzina. Eri tu che guidavi quella cosa senza nemmeno i fari accesi.”
“Ho sempre guidato la mia bici con i fari spenti e non mi è mai successo nulla.”
“Beh, se hai sempre guidato in maniera così irresponsabile dovevi aspettarti che prima o poi sarebbe successo qualcosa di simile. E ringrazia il cielo che sei ancora tutta intera.”
“Basta adesso, è inutile che litigate, ormai la bici è distrutta.” A parlare è stato il bambino.
Distrutta, andata, persa per sempre.
“Ed io ora che faccio.” È più un pensiero detto ad alta voce che una richiesta di aiuto.
“Beh, se vuoi posso darti un passaggio, tanto stasera faccio servizio taxi.”
Guardo la donna, con una scintilla di speranza nello sguardo.
“Davvero lo faresti?”
“Certo, non ho nessun problema. Magari riesci a trovare anche qualcuno che venda bici di seconda mano.”
“Ti ringrazio!”
E senza aspettare di essere invitata, salgo in auto, seguita dalla donna e dal bambino. Finalmente riesco a vedere il suo volto. Ha i capelli biondi e gli occhi chiari. Il volto ostenta una certa sicurezza, così come tutto il corpo. È la tipica facciata che adottano tutti coloro che da questa vita non hanno avuto certo sconti, un’armatura vecchia e logora che indossano tutti coloro che tentano di proteggere la loro fragilità, perché il mondo ne ha abusato fin troppo. Un’armatura che io conosco bene.
“La vita non deve esser stata clemente con lei.”
La vedo sobbalzare e fissare il suo sguardo duro e severo nel mio, tramite lo specchietto retrovisore. Altro atteggiamento di facciata.
“In ogni caso, il mio nome è Cassandra. Voi invece?”
“Il mio nome è Henry, piacere di conoscerti. Lei invece si chiama Emma.” risponde il bambino, girandosi completamente verso di me.
“Siete madre e figlio?”
“Sì.” risponde Henry.
“Non precisamente, questa è la prima volta che ci vediamo da quando lo diedi via, dieci anni fa. Dove ti devo portare?” chiede, mettendo in moto l’auto e partendo come un pilota di formula uno, anche se l’auto non è altro che un maggiolino giallo canarino.
Argomento scottante e di cui non ha piacere di parlare. Messaggio ricevuto.
“Ovunque siate diretti voi.”
“Mamma frena!”
Emma mette subito il piede sul freno, facendo inchiodare la macchina al suolo.
“Che ti prende Henry?”
“Lei non può venire con noi.”
“Ancora con quella storia, ragazzino?”
“Ascolta, lo so che non ci credi, ma nessuno, nessuno è mai stato a Storybrooke. Non possiamo portarci lei.”
Storybrooke. Non ho mai sentito parlare di questa località. Porto piano la mano al petto, all’altezza del cuore. Perché sta battendo così forte? Perché il nome Storybrooke, per un attimo, mi è sembrato avere il sapore di casa? Un sapore mai provato, se non nei più intimi sogni. O in un passato troppo lontano.
“Scusate se interrompo la vostra conversazione, ma ho un’idea. Se il problema sono io, potete tranquillamente lasciarmi ai confini della città o nei dintorni. Vedrò io come cavarmela.”
“Sei sicura?” mi chiede Emma.
“Sicurissima.”
“Beh, allora se è così sarà meglio muoverci. Sperando di non incontrare altri ostacoli sulla strada.”
E così Emma rimette in moto, guidando verso quella destinazione che avrebbe cambiato per sempre le nostre vite.
  
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