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Autore: I just wanna_    25/08/2014    2 recensioni
[Daughter]
Song-fic ispirata all'omonima canzone dei Daughter.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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STILL
 
 
 
 
 
I'll wrap up my bones
And leave them
Out of this home
Out on the road

 
 Two feet standing on a principle
Two hands longing for each others warmth
Cold smoke seeping out of colder throats
Darkness falling, leaves nowhere to go

 
It's spiraling down 
Biting words like a wolf howling
Hate is spitting out each others mouths
But we're still sleeping like we're lovers

 
Still with feet touching
Still with eyes meeting
Still our hands match
Still with hearts beating

 
 
 
 
 
 
 
Era davanti la porta di casa. Inserì la chiave nella serratura. Aspettò lì. Ferma, al freddo.
Pensò che forse avrebbe fatto meglio a restare lì dov’era, il balia del vento gelato.
Probabilmente dentro casa ci sarebbe stato solo più freddo.
Non la chiamava nemmeno più ‘’casa sua’’. Era un luogo in cui ormai si sentiva estranea, di troppo, come una vecchia poltrona.
Questo peso le opprimeva il petto ogni secondo di più.
Aveva paura che, un giorno, quel peso le avrebbe impedito di alzarsi dal letto, obbligandola lì, dove la casa era più fredda.
Sospirò.
Girò la chiave ed entrò in casa.
Si sbarazzò delle scarpe e del cappotto, lentamente. Non voleva fare rumore.
Desiderava così tanto essere altrove che non voleva che qualcuno si accorgesse della sua presenza.
Si affacciò silenziosamente a guardare nella stanza da letto quel qualcuno, che era lì, immobile sotto le coperte.
Restò lì, ferma sull’uscio ad aspettare chissà cosa, a fissare il suo corpo sotto le coperte, che si muovevano al suono del suo respiro.
Sospirò di nuovo e scivolò all’interno della stanza. Si fece scivolare di dosso il vestito, e le sue poche sicurezze, si fece scivolare di dosso bracciali, collane e sorrisi.
Sospirò ancora. Non faceva altro che sospirare ultimamente. Ogni sospiro era un po’ d’aria che lasciava i suoi polmoni, un po’ di speranze che lasciavano il suo cuore. La facevano sentire più leggera e allo stesso tempo di piombo.
Sedette sul bordo del letto, cercando di non scuoterlo più di tanto, fissando il muro di fronte a sé. Si strinse le mani attorno al torace, era scossa da brividi. Non sapeva se a causa del freddo o della sua vita.
Si fissò i piedi, attorcigliati l’uno all’altro. Con le dita iniziò a sfiorare il tappeto color lavanda.
Si rialzò.
Fece scivolare dalle sue gambe le calze, dal suo viso il trucco, si fece poi scivolare all’interno del letto.
Quelle coperte l’avvolgevano senza darle alcun calore.
Avrebbe preferito stare sotto un ponte, con la neve.
Chiuse gli occhi, si obbligò a dormire, a non pensare, ma tutto era così opprimente.
Quel piumone, quelle lenzuola, erano come piombo anche loro.
Quei muri attorno a lei come le assi che sigillano una bara.
Si girò verso di lui.
Di chi era la colpa davvero?
Cosa gli era successo?
Lei lo amava?
Lui la amava?
Si erano amati?
Si erano mai amati?
Quel freddo, tra loro. No. Non potevano essersi amati. L’amore non lascia attriti quando sbiadisce. E se quello che era lì, sdraiato di fronte a lei, in quel letto, nell’aria che respirava, era davvero quello che restava, che c’era sotto…no, lei non voleva amare. Mai più. Per nulla al mondo.
Alzò una mano. L’allungò verso di lui, ma la fermò lì, a metà strada tra i loro cuori.
Non aveva il coraggio. Non ne aveva mai avuto.
Sentì le lacrime pungerle gli occhi. Serrò le labbra fino a farla diventare bianche.
Non avrebbe pianto. Era finita. Era finita e basta. Era colpa di entrambi. Ci aveva provato.
Mentre stringeva gli occhi per scacciare le lacrime, sentì che lui si muoveva. Si era voltato.
Adesso lei non voleva più aprire gli occhi, e non l’avrebbe fatto. Fece per ritrarre la mano ma, prima che potesse allontanarla, lui l’afferrò, e delicatamente la strinse.
Le loro mani si incontravano ancora.
Le loro dita si stringevano ancora.
Gli spazi tra le dita di uno combaciavano ancora perfettamente con quelli dell’altro.
Lentamente aprì gli occhi e incontrò quelli di lui. Spenti, stanchi, vuoti.
Cosa voleva, allora?
Le si avvicinò, le posò una mano sul fianco, la trasse a sé. La strinse, ancora con le mani strette l’una all’altra.
Cosa stava accadendo?
Un ultimo tentativo?
Si sentiva strana tra le sue braccia, tra le coperte di piombo e il suo fiato caldo sulla fronte.
Gli diede le spalle, le mani ancora saldate insieme.
Teneva gli occhi spalancati, fissi di fronte a sé. Perché si sentiva così a disagio?
Sentiva il suo calore, le loro mani incrociate, incatenate, il suo respiro umido sul collo, ma non sentiva il resto.
Non sentiva il cuore. Non sentiva niente.
Sentiva freddo, e un senso di inadeguatezza disarmante, nient’altro.
Vuoto. Nulla.
Sentiva i battiti del cuore di lui rimbombare, all’infinito, in un’eco continua. Ma non c’era risposta. Nessuna.
Si rese conto di chi fosse davvero la colpa.
E non sapeva che fare.
Arrivava la notte e non sapeva dove andare.
 
 
 
Two feet standing on a principle
Two hands digging in each others wounds
Cold smoke seeping out of colder throats
Darkness falling, leaves nowhere to move

 
  
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