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Autore: STOP IT    25/08/2014    1 recensioni
l'amore vince davvero su tutto?
Genere: Angst, Fluff, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Dan Howell, Phil Lester
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Guardare quella live chat mi stava distruggendo dentro. Dan festeggiava la ‘Bonfire night’ e spiegava ai suoi fans di cosa si trattava. Fui io a spiegarglielo qualche anno fa, gli parve da subito una cosa simpatica prima di rischiare l’autocombustione, ma comunque non si perse d’animo. Il mio piccolo piromane. Così ogni anno celebravamo la nostra ‘bonfire night’ personale che finiva puntualmente con uno, due, tre, mille baci. Mi aveva chiamato, ci aveva provato, forse voleva invitarmi a rifesteggiarla con lui, eppure io non avevo risposto, pur volendo con tutta la mia anima. ‘Bear ti sta chiamando’. Da quando si era modificato il nome sulla mia rubrica da solo non l’avevo più cambiato. Il telefono squillò e risquillò per una buona mezz’ora. Poi un messaggio:
‘Se tu mi chiedessi "scusa" , credimi correrei di nuovo fra le tue braccia, e ti perdonerei come niente fosse.’
. ‘Dan scusami se sono un codardo, scusami se sono scappato con la ragazza che la mia famiglia mi ha imposto, scusami se faccio finta che tu non esista, scusa se non rispondo ai tuoi messaggi, alle tue chiamate, scusami se i fans se la prendono con te, scusami‘ .
Gli avrei fatto solo del male, lui avrebbe preso il primo volo per Manchester e si sarebbe scontrato con la mia famiglia, e si sarebbe fatto male, e non me lo sarei mai perdonato. Però alla fine risposi.
‘Non posso…’ La risposta fu immediata. Così fulminea che me lo immaginai seduto per terra con un cuscino sulle gambe incrociate ed il telefono stretto fra le mani.
‘Se mi ami.. puoi!’ Ti amavo Dan, ti amavo davvero. Ma non ti avrei mai fatto del male.
‘Ciao Daniel.’ ‘E’ un addio Philip? Ti chiedo solo questo: pensami. Quando sarai triste perché ti senti lontano da tutti, o perché lei non si fa sentire, pensami. Se vorresti leggere un libro e non sai a chi chiedere, pensami. Pensami la sera, quando parlavamo, e non fare niente per distrarti da me. Non farmi scivolare via come si fa con le cose brutte, o peggio, con quelle cose che sono finite per sempre. Pensami quando incontrerai qualcuno col nome uguale al mio, o quando sentirai il nome della mia città al telegiornale, pensami e non forzarti a lasciarmi fuori dalla tua testa, dalla tua vita, ti prego. Pensami se tutti i tuoi amici saranno troppo occupati, o se vedrai una strada piena di ragazzi appena usciti da una festa. Pensami quando vedrai due alberi molto vicini, ma troppo lontani per toccarsi. E pensa a noi quando vedrai le foglie dei loro rami sfiorarsi per il vento. Pensami nel giorno del mio compleanno, e non scordarti la data, è il regalo più bello. Ti chiedo solo questo. Se mai ti mancherò, non scrivermi, ma ti prego, non scacciarmi dai tuoi pensieri. Pensami. Ricordati di me, finché puoi.’ Sentii un rumore assordante ma nessuno della mia famiglia presente nella stanza si scompose quindi pensai al mio cuore in frantumi.
Ero ad un classico pranzo di famiglia , con le migliaia di zie centenarie, che stavano più di là che di qua ma che non perdevano occasione per ripetere ogni tre secondi: ‘Eh allora quando vi sposate?’
‘Presto, cara zia’ Cinguettò Amber sorridente. Come faceva a non comprendere la farsa?! Come faceva a non accorgersi che non provavo nulla per lei?! Non la toccavo, non le sussurravo nulla di carino, non mi si illuminavano gli occhi ne si avvampavano le guance quando la vedevo. Niente di quello che mi succedeva con Dan accadeva con lei. Ma lei era cieca. I miei genitori le proposero il matrimonio e lei accettò tra urletti vari. Si, i miei genitori, non io. Io rimasi zitto con la testa china sul piatto ancora pieno. Non ribattei. Stetti zitto come sempre. Mio padre si sarebbe infuriato. ‘Sei uno stupido, un incapace, le mie mani fremono.. Ne vuoi ancora? Eh piccolo Philip? Bastardo, eh? Io non ti volevo ,tua madre nemmeno ma purtroppo le sventure non si prevedono, ma così come ti ho messo al mondo posso levartici ‘ . Quando una parola, il comportamento di qualcuno o una persona ti fa male, diventa tutto una tortura mentale. Quello che succede o che ci viene detto entra nella nostra testa e rimane lì. Per giorni, mesi, anni. Si nasconde bene. Sembra scomparire, ma non scompare, aspetta il momento adatto per farci del male, ancora e ancora. E quando credi di star bene, come per magia, ritorna nella nostra testa facendoci ogni volta sempre più male della volta precedente. E quindi rimasi in silenzio. Ci sono giorni che ti ricordano costantemente il fallimento che sei. Per me ogni giorno era ‘quel giorno’ . ‘Phil Lester, quante volte ti ho detto di posare quel maledetto cellulare mentre siamo a tavola, eh?!’ ‘Papà, ho 26 anni, quando mi tratterai da uomo?!’ Si alzò, la vena sul collo gli pulsava, si stava avvicinando. Perché non ero stato zitto anche quella volta? Vedevo nei suoi occhi la rabbia, l’avrebbe rifatto ancora e ancora. E non sarei potuto scappare.
‘John caro, ti occuperai più tardi di tuo figlio. Ora finiamo di pranzare’ Lo sguardo che mi lanciò mio padre fu chiaro conciso e diretto: ‘ti aspetto dopo ‘. Presi di nuovo il cellulare incurante di quello che mi sarebbe successo in seguito, ma il telefono aveva vibrato ancora ed ero sicuro fosse lui, di nuovo.
‘Magari un giorno ripenserai a me, ti mangerai le mani, ti verrà voglia di cercarmi, mi chiamerai.. E io ti sbatterò in faccia la porta, magari spaccandoti il naso, magari cercando di farti un po’ male, come tu hai fatto a me.’ Mi faceva abbastanza male. Ma non era niente. Niente di che. Me lo meritavo. Mi meritavo di soffrire, mi meritavo di stare male, perché stavo distruggendo l’unica cosa che ero riuscito ad amare. Mi meritavo tutto, forse per questo il pomeriggio mi sarei presentato spontaneamente da mio padre e avrei ricevuto quel che meritavo.
‘No, scusami per il messaggio di prima, solo che non capisco, cosa ha lei più di me? Forse sono un po’ in carne e fastidioso, rido sempre, dico cazzate a raffica, ma non credevo di essere davvero così male…’ Stavo rovinando la vita ad un ragazzo che aveva migliorato la mia . ‘Nessuno dovrebbe farti sentire “sbagliato” Dan, soprattutto non io .’
‘Tu mi fai sentire incompleto non sbagliato.’ Dovevo smetterla. Se continuavo a farmi sentire lui non si sarebbe mai dimenticato di me, e avrebbe fatto ancora più male il tutto. Decisi di alzarmi da quel funerale e di chiudermi in camera mia. La stessa di quando ero piccolo: mura bianche, letto nero, pavimento bianco, sedia nera, mente bianca, anima nera. Un po’ triste come camera dove passare l’infanzia no? A casa mia non erano ammessi colori di nessun tipo , erano considerati superflui. Come non era ammessa la musica se non Bach e un po’ di Mozart che allenavano e rilassavano il cervello ed i nervi. Ricordo ancora la prima paghetta spesa per l’ultimo CD dei Muse e ricordo anche il rumore che fece quando venne spezzato in due , più o meno quello del mio cuore nello stesso istante. No, non ero figlio di Hitler, o quasi. La mia famiglia era molto tradizionalista e basata su determinati principi che credo risalissero ai miei avi.
‘Vorrei averti qui, ma tu sei là.. e là non sa quanto è fortunato.’ Basta, basta, basta. Sarei impazzito.
‘Devi smetterla. ‘
‘Sai di cosa ho voglia, Phil?’
‘Di cosa?’ Ci ero ricascato, di nuovo. Stavamo parlando, ancora. Perché non comprendeva che lo stavo facendo solo per lui?! Dannato testardo.
‘Pizza, ho voglia di pizza. Anzi no, ho voglia di mangiare una pizza, con te. Hm no, voglio baciarti e poi ordinare una pizza, sempre con te. Meglio ancora, voglio fare l’amore con te, vederti sorridere, ripeterti quanto sei bello e poi mangiare insieme una pizza, sul divano, mentre guardiamo il nostro film preferito.’
Sentivo le lacrime salire. Le sentivo dallo stomaco che partivano e mi attraversavano tutto il corpo. Mi sentivo i suoi occhi puntati addosso, quegli occhi color nocciola, e avrei voluto tuffarmici dentro, l’unico posto in cui ero al sicuro. Potevi dimenticare le date. Le particolarità della seconda declinazione. La password della mail. Potevi anche dimenticare alcuni momenti. Ma le persone, quelle no. Quelle ti si appiccicavano agli occhi, come sabbia sulle mani. E poi sfociavano in lacrime che ti accarezzavano il viso. Ed esplodevano galassie e collassavano universi dentro me. E volevo tanto dirgli quanto lui fosse per me. Ma non potevo. Mi stavo lasciando distruggere, ma lo stavo facendo per una giusta causa. Spensi il telefono. Ed andai da mio padre. Mi rigiravo nel letto insonne, forse il troppo dolore, forse i troppi pensieri, non mi facevano dormire. In quel letto troppo grande solo per me mi immaginai Dan che dormiva beato; i nervi distesi, l’espressione serena ed il suo respiro sulla pelle. Per una volta forse avrei dovuto ringraziare i miei avi, se avessi dormito con Amber che non era Dan probabilmente sarei uscito fuori di testa.
‘Scusa, sto scrivendo un sacco di stronzate e sono quasi le cinque del mattino. Ecco, credevo che tu avessi bisogno di qualcuno che ti scrivesse un sacco di stronzate alle cinque del mattino. Credevo di poterti offrire un mondo popolato da persone divertenti. E un altro, più piccolo ma più grande, abitato solo da noi due. La felicità, Phil. La felicità è fare l’amore a ore strane oppure normali, purché con te. La felicità è crescere insieme, litigare a chi ha la testa più dura e poi, pieni di graffi, salire un altro gradino del nostro amore. La felicità è un appuntamento al bar a cui io arrivo in ritardo. Un problema che ti assilla e lo risolviamo insieme. Un braccialetto che io ti regalo, una camicia che tu mi lavi. Scusami ancora per questa vagonata di pensieri idioti. Ti volevo soltanto dire che non mi manca una persona. Mi manchi tu. Che sei anche una persona, e che persona. Ma sei qualcosa di più: l’altra metà di me.’ Quel messaggio fu per me come un calmante e mi addormentai in un attimo con il telefono accanto al letto.
‘Non fai colazione ,piccolo Phil?’ Mia nonna forse era l’unica persona che mi voleva meno male, perché di bene non se n’era proprio mai sentito parlare.
‘No nonna’
‘Cosa succede, piccolo?’
‘Cosa mi succede? Ma ti rendi conto in che famiglia vivo?!’
‘Senti, so che è difficile credere alle persone che ti dicono “So cosa provi”, ma io so davvero che cosa provi.. Sto cercando di dire che capisco com’è sentirsi piccoli e insignificanti, quanto è umanamente possibile e come può far male in punti che nemmeno sapevi di avere dentro di te. E non importa quante cose tu faccia durante il giorno, vai lo stesso a dormire ogni sera riesaminando ogni dettaglio e chiedendoti dove hai sbagliato, come hai fatto a non capire. E come diavolo hai potuto pensare di essere tanto felice in quel momento. Ti capita anche di convincerti che lei capirà che cosa ha perso e busserà alla tua porta. E dopo tutto questo per quanto a lungo la storia possa durare vai in un posto lontano e conosci persone che ti fanno sentire di nuovo vivo e finalmente i pezzettini della tua anima si rimettono insieme e tutta quella confusione, tutti gli anni della tua vita che hai sprecato alla fine come per incanto svaniscono. Ed ora che sei tornato qui a Manchester ed hai cambiato aria tutto si aggiusterà, stai a sentire una vecchia pazza.’
Si vedeva che non era cresciuta sotto lo stesso mio tetto . Mia nonna fu una ribelle alla sua epoca, scappò di casa molto giovane, girò il mondo, andò nei posti più impensabili e non si fece vedere per anni finchè non tornò a casa, incinta di tre mesi di mio padre. E fu costretta a sposare un uomo che non amava imposto dai genitori dopo svariate botte , mio nonno. Ma lo stesso non aveva capito un cazzo.
A volte volevo spogliarmi di me stesso, volevo togliermi tutto ciò che mi apparteneva , tutto ciò che era mio. Volevo spogliarmi di me stesso e togliermi tutto questo di dosso e sentirmi a mio agio così come mi sentivo a mio agio quando mi toglievo una camicia, un pantalone o una maglia. Volevo spogliarmi di me stesso con molta facilità e sicurezza. E poi buttare tutti i vestiti appena tolti, bruciarli e dimenticarmi di loro. Volevo semplicemente spogliarmi di me stesso e dimenticare quei vestiti appena tolti, così come avevo dimenticato tutti i miei vecchi vestiti, quelli che avevo buttato, quelli che avevo dimenticato in un lato buio del mio armadio. E poi volevo indossare dei nuovi vestiti. Vestirmi di qualcun'altro. Ed essere felice. Stavo affogando nella mia mente, non sapevo nemmeno come cominciare a spiegarlo. Stavo affogando dentro me stesso, stavo affogando nel nulla, nel vuoto. Mi sentivo il cuore pesante e il respiro debole. Avevo bisogno di parlare, parlare, parlare per sfogarmi, per sentirmi meglio. Ma con chi avrei dovuto parlare in quella casa ? Non avevo ancora trovato la persona giusta con cui poter parlare di tutto, la persona a cui poter dire tutto ciò che mi faceva male, tutto ciò che mi feriva . O meglio l’avevo trovata e l’avevo mandata via. Era come se ogni mio pensiero fosse un grandissimo mattone legato ad un pezzo rotto della mia anima, bloccata in fondo a quell’oceano fatto della mia stessa miseria. Io ero la prova vivente che su questo mondo esisteva qualcosa di estremamente insignificante e imperfetto.
‘Mi manchi’
‘Sei forte..!’
‘No Phil, Io non sono affatto forte. Ho solo imparato a raccogliere i cocci e a rimetterli assieme, ma questo lo sanno fare tutti, un po’ di colla di qua, un po’ di là, un po’ di ‘non fa niente’, ‘passerà’, ‘non importa’, ed eccomi di nuovo in piedi. No, non sono forte. Io cado in pezzi ogni momento. È solo che so ricominciare.’
‘Sei un tale enigma..’
‘Non è obbligatorio risolverlo, stai solo con me.’ L’ultima volta che ci vedemmo avevamo litigato, gli dissi che sarei partito ma non gli diedi tante informazioni. Si infuriò come non mai, quasi non sembrava il mio Dan. Uscì di casa e non si fece sentire per il resto della giornata fino alla sera . Ed era ubriaco, era vero. Gridò di odiarmi per le strade della città, arrivò fin sotto casa e suonò il campanello ripetutamente. Voleva dirmelo in faccia che mi odiava . Poi aprii la porta ‘Cazzo, sono ubriaco, ma tu sei ugualmente bellissimo’ E mi amava. E così quando gli chiesi cosa ci facesse lì, al posto di un "Vaffanculo, ti odio." gli uscì un "Vaffanculo, ti amo”. E rimanemmo a guardarci per tutta la notte. Ed il giorno dopo mi alzai che lui ancora dormiva, presi la mia roba e partii.
‘Per quanto tu possa crederci, per quanto tu possa fare, per quanto tu possa amare, certe cose finiscono. Non importano i sacrifici, le notti insonni, le infinite chiamate senza risposta; non importa più nulla, da un momento all’altro.’
‘Non è vero Phil, non è finito un bel niente. Loro hanno deciso , non tu! Credi che io sia stupido? Ma che ne sanno di come ci sentiamo quando dopo un bacio, ci guardiamo senza dire niente? Che ne sanno cosa si prova quando due persone si capiscono al volo? Quando nel dolore, si aggrappano l’un l’altro per sentirne meno? Ma che ne sanno della forza che mi dai? Che ne sanno?! Non è che non vivo più se tu non ci sei. E’ che mi sembra di andare avanti senza uno scopo. Mi alzo la mattina e penso che sarà solo un giorno come un altro, in cui incontrerò persone che non vale la pena incontrare, parlerò con altre con cui in realtà non mi va di parlare. Penso al fatto che non potrò mandarti un sms in caso dovesse succedermi qualcosa di divertente, che perciò non sarebbe poi così divertente. Penso che non potrò più contare i giorni che ci separano e allora, quello che prima era il terzo giorno lontano da te, oggi è solo un semplice venerdì.’
‘Dan. io non ti amo più’ Ebbi quasi la sensazione di sentire un altro cuore in frantumi e non il mio, il mio era andato parecchio tempo fa. Non mi rispose più. Finalmente, era finita. Era finita..

ORE: 3:30
Stavo provando a dormire, ma le voci nella mia testa erano troppo forti, e mi stavano tornando in mente tutte quelle cose che avevo fatto. Quindi tornai al mio posto e guardai il muro, e respirai piano. Chiusi gli occhi, li aprii, li chiusi ancora una volta. Vedevo il suo viso adesso. Adesso sapevo che non sarei riuscito a dormire. Credevo che fosse questa la ragione per cui la maggior parte della gente era insonne; le voci non andranno via, i ricordi continueranno ad affiorare, e la gente li rievocava nel buio della notte. Accesi le luci, mi sedetti sul bordo del mio letto e piansi. Solo un po', giusto per facilitare il mio respiro. Spensi le luci e provai di nuovo a dormire; sarebbe stata una lunga notte. Quella fu l’ultima volta che ci parlammo e nessuno dei due lo sapeva. Non lo sapevamo mai, vero? Almeno avevo tutti i suoi bellissimi messaggi. Mi restava quello. Non era molto, ma era qualcosa. ‘Ad altri va peggio’. Era quello che mi dicevo nelle lunghe notti in cui non riuscivo a dormire.’ Ad altri va peggio’. Erano passati 3 mesi dall’ultima volta in cui avevo provato qualcosa. Sofferenza o amore, poco importa. L’indomani mi sarei sposato ed ero semplicemente impassibile, piatto, morto. Andava contro tutti i miei principi, contro tutte le premesse e le violenze che mi ero fatto ma dovevo sentirlo, almeno per l’ultima volta.
‘Salirai le scale, aprirai la mia porta e senza dirmi nulla mi prenderai fra le braccia e mi bacerai. Lo so che sembra sciocco. Ma mi piacerebbe succedesse davvero. Tuo per sempre, Phil’
‘Girati.’ Dopo essere rimasti abbracciati per un tempo indefinito vidi mia nonna comparire sulla soglia della porta e sorridere.
Forse mi ero sbagliato, forse c’era qualcuno in quella casa che mi voleva bene. Ci sono modi e modi per perdersi, e tanti altri per ritrovarsi. L'importante è non essere mai distanti. E non c'entrano i chilometri. Quando è colpa dei chilometri si può sempre trovare un treno, un autobus, un modo per raggiungersi. Ma quando si è lontani nel cuore no.
  
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