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Autore: shevaara    25/08/2014    5 recensioni
One shot dal punto di vista di Boromir
La cittadella si estendeva ai suoi piedi, con il suo vocio pieno di vita e la sua quotidianità. C'era speranza, negli uomini, c'era vita, c'era forza e coraggio. Le forze di Sauron, la sua ombra funesta non era in grado di coprire il loro cuore, non più.
- Boromir! - Faramir lo raggiunse, affiancandosi a lui sulle mura della cittadella. - Tutto è stato preparato - Lo informò, e la sua voce tradiva l'emozione.
- Bene! - Boromir gli cinse le spalle con un braccio stringendolo a se con entusiasmo - Bene fratello mio. -
Gondor rinasceva dalle sue ceneri!
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Aragorn, Boromir, Faramir
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le bandiere scappavano tra le braccia del vento, bianche come le nuvole, luminose come la speranza.
La cittadella si estendeva ai suoi piedi, con il suo vocio pieno di vita e la sua quotidianità. C'era speranza, negli uomini, c'era vita, c'era forza e coraggio. Le forze di Sauron, la sua ombra funesta non era in grado di coprire il loro cuore, non più.
- Boromir! - Faramir lo raggiunse, affiancandosi a lui sulle mura della cittadella. - Tutto è stato preparato - Lo informò, e la sua voce tradiva l'emozione.
- Bene! - Boromir gli cinse le spalle con un braccio stringendolo a se con entusiasmo - Bene fratello mio. -
Gondor rinasceva dalle sue ceneri! Non era morta, il suo spirito era stato piegato, ma non spezzato e ora riprendeva nuovo vigore come il bianco albero di Minas Tirith, il cui corpo una volta secco donava ora nuovi boccioli.
- Prepariamo la guarda, dirigiamoci alle porte - il sorriso di un fanciullo illuminava il suo volto, un sorriso così solare che nessuno vedeva in lui da anni.
Prese l'elmo dal parapetto, portandoselo al fianco e con il braccio ancora intorno alle spalle del fratello si incamminò.
Entrambi con la corazza della guardia della fontana, il mantello nero dalle impunture d'argento, la spada al fianco, il portamento fiero.
- Tutto deve essere perfetto. -
Boromir annuì verso il fratello stringendolo ancora una volta a se, prima di lasciarlo andare.
Si voltò brevemente alle sue spalle, verso la sala del trono dove suo padre attendeva, per poi alzare lo sguardo davanti a se, austero, e con il petto pieno di un ardore che non sapeva nascondere.
Venti guardie della fontana li attendevano lungo la strada, le picche in mano, perfettamente immobili. Al loro arrivo si voltarono in perfetta sincronia, e a passo di marcia iniziarono a seguirli lungo le vie tortuose della cittadella. La gente si scostava per farli passare in un tripudio di inchini e urla emozionate.
Ad ogni via, ad ogni piazza o stradina, nuova gente si aggiungeva al suo seguito, parlando, gridando, indicando con fervore da strade e balconi. Qualche bambino si era arrampicato sui tetti per avere una miglior vista e da li gridava e rideva. Raggiunsero la porta dove altre guardie erano già disposte ai fianchi della strada, trattenendo la folla. Le guardie della fontana li raggiunsero mettendosi davanti a loro, sbatterono con forza, all'unisono, le picche per terra e in un attimo fu silenzio.
- Aprite la porta! - Gridò Boromir con forza e subito alcune guardie ubbidirono tornando poi al loro posto.
Nel silenzio più assoluto aspettarono. I minuti passavano e le strade si riempivano di qualche mormorio, subito zittito dal duro sguardo del figlio del sovrintendente.
Faramir, poco dietro di lui, avanzò di qualche passo affiancandoglisi.
- Arriverà...? - ma si zittì subito.
Uno stendardo nero comparve all'orizzonte. Su di esso un ricamo bianco che per la distanza subito non fu riconosciuto, ma poi divenne chiaro a tutti: il bianco albero di Gondor sovrastato da sette stelle.
Dal silenzio nacque un mormorio. E più lo stendardo si avvicinava più esso aumentava senza che Boromir riuscisse a zittirlo, anche lui incantato dalla vista di quello stendardo.
E quando il cavaliere che lo teneva così fieramente fu così vicino da essere visibile sguainò la propria spada prendendo poi in mano il nero corno di Vorondil e se lo portò alle labbra traendo un lungo respiro prima di far echeggiare il richiamo.
Tornò il silenzio, più eccitato e fremente di prima.
- Si narra che verrà subito portato soccorso a chi suona questo corno! - Gridò per farsi ben udire dalla folla. - Io chiedo soccorso, perché so che da solo non posso più aiutare il mio popolo! -
Alzò la spada al cielo, voltandosi in direzione della figura a cavallo ormai quasi alle porte.
- E il re di Gondor torna ora da noi! - Vi fu un attimo di immobilità, di fiati sospesi, di stupore e incredulità.
- Inchinatevi a re Elessar, figlio di Arathorn, Erede di Isildur! -
Aragorn era ora davanti a lui, lo stendardo al fianco. Gli sorrise e vide in lui il sorriso serio e teso che solo chi lo conosceva ormai bene poteva smascherare. Vide in lui la compostezza di un vero re, la fierezza di un guerriero, l'orgoglio di essere il re di un popolo tanto forte, la paura di esserlo diventato.
Boromir lasciò cadere il corno lungo il fianco, impugnò la spada con entrambe le mani, voltando la lama verso il basso e con un movimento lento e solenne, si inginocchiò, l'elsa della spada contro la fronte.
Al su fianco suo fratello fece lo stesso e nella folla presto non vi furono che capi chini, ma tropo curiosi per non sbirciare di sottecchi.
Aragorn scese dal proprio cavallo e subito una guardia gli si avvicinò per prenderne le redini e impugnare lo stendardo da lui portato. Si avvicinò a Boromir e gli posò una mano sulla spalla sorridendo con affetto.
- Alzati Boromir, figlio di Denethor. E anche tu Faramir. - i due uomini sollevarono lo sguardo verso di lui, alzandosi. Baromir e Aragorn erano uno davanti all'altro, i loro occhi pieni di parole che non potevano dire. Ma quell'affetto, quella felicità non poteva essere nascosta. Si abbracciarono, stringendosi forte e la folla proruppe in urla di gioia. Più e più voci gridavano il proprio benvenuto al re. Si separarono, Aragorn che stringeva tra le sua mani le spalle di Boromir.
- Mio Re... - sussurrò il gondoriano mentre la vista si appannava negli occhi lucidi dal pianto.


Una mano gli toccò la schiena, risvegliandolo dal suo torpore. Il dolore che lo trafiggeva si era ormai fatto lieve, ma subdolo, profondo, sottile e tagliente, non sembrava volerlo abbandonare.
Aprì gli occhi.
Frecce nere, foglie marce.
Il mondo ondeggiò confuso.
Il volto di Aragorn comparve davanti al suo, sporco di fango e sangue.
Minas Tirith annebbiava ancora la sua mente.
Le urla del popolo, la felicità.
Ma no, era stato solo un sogno, solo un desiderio così agognato che la sua mente lo aveva trasformato in realtà.
Ma la realtà non aveva niente di tutto quello.
Lui non sarebbe tornato mai più a Gondor, mai più avrebbe rivisto il bianco albero, suo fratello, suo padre, il suo popolo.
Tutto quel che aveva fatto fino a quel momento, sia nel bene che nel male, finiva li, in quel sporco, doloroso momento.
- Ho cercato di togliere a Frodo l'anello... - La vergogna per quel gesto bruciava più delle frecce che lo trafiggevano. - Chiedo perdono. Ho pagato.... -
La spada che ancora stringeva gli scivolò via dalle mani ormai intorpidite. Aveva portato molti nemici con se, ma la battaglia ormai era finita e lui aveva perso.
- Non ci sono più... i Mezzuomini. Gli orchetti gli hanno portati via - Cercò di muovere la mano destra, sfiorò appena l'elsa, incapace anche di quel piccolo gesto che gli era così naturale.
- Credo non siano morti... Gli orchetti li hanno legati... -
Era ora di arrendersi. Niente più spade da impugnare, niente più fiato per suonare il suo corno e gridare al suo popolo.
Mai avrebbe visto Aragorn entrare tra le mura della cittadella come re.
- Addio Aragorn! - Gridò con tutto il fiato che aveva in corpo, eppure non gli uscì che un debole sussurro. - Va tu a Minas Tirith e salva la mia gente. Io... Ho... Fallito...
- No! - Gridò Aragorn, ma Boromir stava già chiudendo gli occhi, asservendosi ad una volontà più forte della sua.
- Hai vinto... - Riecheggiava lenta la voce del ramingo - Pochi hanno conosciuto.... Rasserenati! Minas Tirith non soccomberà... -


I bianchi stendardi di Gondor scappavano tra le braccia del vento. Luminosi come la speranza, unica luce nel buio della sua mente.

   
 
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