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Autore: Iaiasdream    25/08/2014    4 recensioni
Seguito di: A QUEL PUNTO... MI SAREI FERMATO
Rea, ormai venticinquenne, dirige il liceo Dolce Amoris, conducendo una vita lontanissima dal suo passato, infatti ha qualcosa che gliel'ha letteralmente cambiata... ma... come si soleva immaginare, qualcuno risorgerà dagli abissi in un giorno molto importante... cosa succederà?
Genere: Erotico, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Armin, Castiel, Dolcetta, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'A quel punto... mi sarei fermato '
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18° capitolo: DISCUSSIONI
 



Non so quanto tempo è passato dalla prima volta che ho provato a chiamarlo inutilmente sul cellulare, e adesso me lo ritrovo qui, sulla soglia della porta del mio ufficio, e mi accorgo che sta stringendo i pugni, mentre guarda l’interno.
Non riesco a capire se devo incazzarmi, o lasciar perdere, passare al suo fianco, salutarlo e fare finta di niente. Mi limito solo a sbirciare l’interno per vedere almeno per quale motivo si sta innervosendo. Con sorpresa (alla quale non so dare aggettivo, ma che mi fa rimanere alquanto scioccata), noto che mio figlio si trova seduto sulle gambe di Castiel dietro la scrivania, e tutti e due guardano Armin. Etienne sorridente, Castiel… no! Che significa quel sorriso beffardo? Perché sta ridendo anche lui, e in quella maniera? È come se volesse dirgli: “Ti sto sfidando, non lo vedi?”.
Inizio a pregare Iddio, con la speranza di essere arrivata in tempo, prima che succeda quello che ho temuto per troppo tempo.
Ad aiutarmi è Etienne, che non appena mi ha vista, è sceso dalle gambe del rosso chiamandomi, ed è corso da me, ignorando Armin.
<< Mamma, finalmente! >> esclama abbracciandomi le gambe. Gli accarezzo la testa accorgendomi che Occhi di ghiaccio si è voltato verso di me, e mi guarda con sorpresa, ma sembra anche irritato.
“Perché diavolo mi guardi così?” chiedo nella mia mente “Sono io quella che dovrebbe essere incazzata!”
<< Allora, è così che stanno le cose? >> chiede lui con voce roca.
<< Di che stai parlando? >> ribatto seria, senza scompormi.
Armin sbuffa un sorriso girandosi verso l’entrata dell’ufficio per guardare Castiel. << Io sono stato solo un rimpiazzo dall’inizio, vero Rea? >> continua, guardandomi un’altra volta.
Sento sussultare il mio cuore, ho molte parole che bloccate in gola, bramano di uscire prepotenti, ma non posso, non davanti a Etienne.
Mi guardo intorno, poi abbasso lo sguardo su mio figlio, che ha il capo alzato verso di me e mi guarda con dolcezza. Mi abbasso alla sua altezza << Etienne, in quell’aula… >> dico indicandogliela con un dito << c’è Nathaniel, va da lui, io ti raggiungo presto >>
<< Ma mamma, io voglio stare con te! >>
<< Etienne, per favore… >>
<< Va bene >> dice sbuffando e allontanandosi mogio. Seguo il suo cammino con gli occhi, per rendermi conto che sta davvero andando nella sala delegati, poi mi alzo, volgo lo sguardo più minaccioso che possiedo, verso Armin e afferratolo per una manica, lo tiro dentro l’ufficio.
<< Castiel puoi farmi il piacere di uscire un attimo? >> chiedo con voce tremante di rabbia.
<< Non ci penso proprio >> risponde il rosso che si è alzato e ora è appoggiato alla scrivania con le braccia conserte e una gamba accavallata sull’altra. << Il tuo caro maritino mi ha messo in mezzo, quindi la discussione riguarda anche me >> dice con aria vittoriosa.
<< Castiel per favore, non ti ci mettere anche tu! >> esclamo esasperata, lasciando la manica di Armin e facendo due passi smarriti.
<< Castiel ha ragione >> interviene Armin << Perché mandarlo via quando anche lui è protagonista di questa farsa che hai progettato alla perfezione >>.
Mi volgo di scatto guardandolo con occhi sgranati, mentre all’interno del petto, il mio cuore ha un forte e doloroso sussulto. Perché parla così? Che cosa sta dicendo?
<< Che cazzo stai dicendo? >> chiedo cercando di mantenere la calma.
<< Vuoi anche negare? >> ribatte lui strafottente << lo sai qual è la cosa più assurda? Che per quattro lunghi anni, mi sono fatto prendere in giro da una come te! Mia madre aveva e ha tutt’ora ragione: d’altronde, cosa dovevo aspettarmi da una che non ha mai avuto i genitori al suo fianco, e che si è fa… >>
Quest’ultima frase è la goccia che fa traboccare il vaso, mi avvicino a lui minacciosamente, gli sferro uno sonoro schiaffo sulla guancia destra, facendogli piegare il viso a un lato, e interrompendo l’ultima frase. Di sfuggito, sento Castiel sorridere lievemente, ma non ci faccio caso; sono concentrata a guardare quel ragazzo che non riesco più a riconoscere.
<< Ti avviso… >> mormoro tremante di rabbia, stringendo i pugni << … queste tue offese non mi scalfiscono per niente. So di non essere come tua madre mi reputa, e ti dico anche che provo una gran pena per lei. Lascerò passare pure il fatto che ti sto provando a chiamare da ieri e ti rifiuti di rispondere. Questo fa di te un immaturo… ma… lasciare un bambino di quattro anni solo in casa, per farti fare il lavaggio del cervello da quella stronza di tua madre… questo non lo accetto! >> urlo, trattenendo le lacrime, sentendo il cuore scoppiarmi in gola << Hai almeno la vaga idea di quello che sarebbe potuto accadere se non fossi tornata presto?!... ora dici che ti ho preso in giro per quattro lunghi anni. Ti sei dimenticato che hai deciso tutto tu?... i-io, ti ho mai chiesto niente?... Rispondimi, cazzo!! >> la mia voce è alquanto stridula e la percepisco fastidiosa anche per le mie orecchie.
Lo vedo trasalire, mi guarda, senza alcuna espressione ma non mi risponde.
Castiel alle mie spalle, ci guarda serio, e rimane in silenzio, e solo in questo momento mi pento di aver detto tutte quelle cose. Gli ho fatto capire che le cose tra Armin e me non vanno affatto bene, che non siamo andati a convivere perché lo amavo. Mi mordo la lingua maledicendomi, e sfinita, raggiungo velocemente la porta uscendo dall’ufficio e alzando il passo.
Afferro il cellulare dalla tasca del cardigan e con le lacrime agli occhi che mi appannano la vista, compongo il numero di Kim.
<< Kim, rispondi maledizione >> sussurro tra i singhiozzi.
<< Pronto? >> esclama dall’altro capo.
<< K-Kim? >>
<< Ehi Rea, cosa c’è? >>
<< Per favore, puoi passare dal liceo? >> chiedo ansimando cercando di nascondere i singhiozzi.
<< Sì, ma… ehi, cos’è successo? Sbaglio o stai piangendo? >>
<< Ti spiego tutto dopo, ti prego Kim, fa presto >>
<< Faccio in un battibaleno >>
Chiudo la chiamata, fermandomi e asciugandomi gli occhi. Mi trovo di fronte alla porta della sala delegati. Tossisco, per riprendere il mio naturale tono di voce e scacciare via le ultime lacrime. Apro lentamente la porta, e sbircio all’interno, trovando Etienne seduto intento a maneggiare i colori e Nathaniel al suo fianco mentre controlla delle carte. Entro, attirando la loro attenzione. Il bambino alza lo sguardo e mi sorride illuminando i suoi begli occhioni. Nathaniel mi guarda per un po’, e poi ritorna a controllare il suo lavoro.
<< Scusami per il disturbo Nathaniel >> dico con voce un po’ roca.
<< Oh, non preoccuparti Rea, questo bambino è un piccolo angioletto, non mi ha dato alcun fastidio >>
<< Sono contenta >> sibilo accennando un lieve sorriso, poi rivolgendomi a Etienne, dico: << Verrà a prenderti zia Kim… >>. Lo vedo imbronciarsi e abbassare, afflitto, lo sguardo sul foglio << purtroppo, non posso starti dietro Etienne… devo tenere una lezione in classe, manca un professore >>
<< Ma io, volevo stare con te… fammi stare con Castiel, c’è anche papà >>
Trasalisco nel sentire quelle parole, mi avvicino lentamente, mi siedo accanto, gli accarezzo dolcemente i capelli e sorridendo rispondo: << Facciamo così: tu adesso vai con zia Kim, quando viene, puoi dirle di andare dove preferisci… va bene? >>
Etienne esita nel rispondermi, ci pensa su, poi sorride annuendo.
<< Rea, scusami se te lo dico, ma la classe quinta… >>
<< Vado Nathaniel >> lo interrompo. Mi alzo chiedo al biondo di badare a mio figlio fino all’arrivo di Kim, e poi esco incamminandomi verso la classe quinta. Prima però, cerco di liberare la mente da ogni pensiero altrimenti, so per certo che impazzirò.

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Dopo che Rea ha lasciato l’ufficio, è piombato un fastidioso silenzio fra Armin e Castiel, e a spezzarlo è proprio quest’ultimo.
<< Tzé… hai acconsentito a farmi restare proprio per assistere a questa scena? >> chiede beffardo sciogliendo la sua posizione. Armin alza di scatto lo sguardo fulminandolo con gli occhi.
<< Dov’è finita tutta la tua determinazione di ieri sera? >> chiede ancora il rosso.
<< Sta zitto Castiel! Non pensare di aver vinto >>
<< Io non lo penso affatto… ne sono sicuro >>
Armin stringe i pugni dalla rabbia << Chi ti da tutta questa sicurezza? >>
Castiel sorride, prima di rispondergli, fa il giro della scrivania, si siede e appoggiando gli avambracci sui braccioli della sedia, risponde << Te lo dissi anche ieri sera, Armin. Se Rea, tornerà da me, la colpa non sarà ne mia, ne tanto meno la sua. Sei tu che ti sei messo in mezzo alla nostra storia. Rea è stata, è, e sarà sempre mia, e tu non puoi farci niente >>
<< Sei un bastardo egoista Castiel!... non pensi a quanto la farai soffrire? Se lei ritorna da te, rimane sempre il fatto che sei sposato, vuoi continuare a farla soffrire? >>
<< Perché tu che cosa stai facendo? Tu e io abbiamo due cose in comune Armin: siamo abbastanza codardi da farla soffrire per accontentare il volere di altri, e l’amiamo entrambi; ma solo una cosa ci distingue: Rea ama ancora me >>. Dopo quelle parole, Castiel vede il suo ormai nemico, sussultare, digrignare i denti e corrugare le sopracciglia.
Armin lo guarda e non sa se scaraventarsi su di lui e dare inizio a una sanguinosa lotta, o continuare a ribattere per trovare almeno una frase che lo possa mettere al suo posto; e una di averla ce l’ha eccome. Rilassa i muscoli e lentamente allarga le labbra in un convinto sorriso.
<< Mi dispiace per te Castiel, ma io ho qualcosa di Rea che tu non hai… Etienne >>
Castiel cancella il suo sorriso tramutando espressione, da vittorioso a serio.
Compiaciuto Armin continua << Rea è mia, e non te la cederò mai >>. Detto questo, Occhi di ghiaccio esce dall’ufficio sbattendo la porta, e lasciando Castiel immerso nei suoi pensieri.
La sera precedente, quando era ritornato dalla casa di Rea, Castiel aveva trovato accanto al cancello, Armin, che se ne stava come una statua a guardare le sbarre di ferro. Il rosso era rimasto alquanto titubante nel trovarlo lì, e per un momento, aveva pensato che il moro, era stato testimone della scena con Rea nel giardino. Si preoccupò? Assolutamente no! Per lui, quella era la parte in cui avrebbe detto in chiaro come stavano le cose, e invece Armin non lo compiacque.
Parlarono del passato, delle giornate passate insieme in quella maestosa villa per poi arrivare a discutere di Rea. Fu proprio Armin a iniziare.
<< So per certo che sei tornato per Rea >> disse rimanendo serio e prendendo alla sprovvista il suo amico << Lo sai che non te la lascerò così facilmente? >>
Castiel, rimase allibito, ma ne approfittò di quella frase convinto che da quel momento in poi qualunque situazione avrebbe creato con Rea, quest’ultima non avrebbe più dovuto preoccuparsi di Armin. Sorrise beffardo e incrociando le braccia al petto disse << Quanta sicurezza Armin… ma non hai mai pensato che forse per Rea sei solo d’intralcio? Ti sei messo in mezzo a questa storia nella quale non dovevi esserci… se io mi riprendo Rea, tu non potrai farci niente >>
La discussione era finita lì. Armin non aveva aggiunto niente, e se n’era andato disinvolto.
Ora Castiel, sta ripensando proprio alla sera prima, e sbuffando sibila << Che palle, ci mancava anche questo idiota a complicare le cose >>
Il rosso decide di non pensarci, ha sempre avuto ciò che vuole, e si riprenderà Rea costi quello che costi. Quest’ultimo pensiero lo fa sorridere. Si accinge a continuare il suo lavoro, e guardando quei fogli sulla scrivania, gli viene in mente il piccolo Etienne. Non riesce a capirne il motivo, ma anche se vorrebbe, non riuscirebbe mai a pensare a lui come a un intralcio.
Sbuffa rumorosamente, afferrando un foglio e dandovi un’occhiata di sfuggito, quando ad un tratto, vede spalancare la porta e entrare Rea con l’affanno e le lacrime agli occhi. La guarda allibito e preoccupato, posa lentamente il foglio e mormora fissandola sottocchio: << Che succede, Rea? >>
<< C-Castiel... >> sussurra tra i singhiozzi la ragazza.
Il giovane si alza e le va incontro << Rea, cosa c’è? >>. Quella sua domanda muore nell’aria sovrastata da mille mormorii che riecheggiano nel corridoio.
   
 
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