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Autore: Kerri    25/08/2014    4 recensioni
"Perché forse, in un certo senso, non ci eravamo lasciati alle spalle quello che ritenevamo di aver abbandonato. Perché, sotto sotto, una parte di noi rimase sempre così: timorosa del mondo intorno e- non importa quanto ci disprezzassimo per questo- incapaci di staccarci l’uno dall’altra".
Killian è scomparso misteriosamente. Da poco, Emma aveva finalmente ammesso di provare qualcosa per lui, di non essergli del tutto indifferente e Killian è felice, felice come non lo era stato da tempo. Tuttavia qualcosa o qualcuno, è deciso ad immischiarsi e cancellare i suoi piani. Non vuole rivelare ad Emma la verità, non può metterla in pericolo. Decide di mentirle e anche se la donna se ne accorge, non lo blocca. Subito dopo però se ne pente. Ma si arrenderà e lo lascerà andare? O vorrà scoprire la verità? Perchè Killian l'ha lasciata? E' in pericolo?
E' una storia d'amore, d'amicizia, di rimpianto e di perdono. Emma dovrà confrontarsi con sentimenti nuovi e con nuove avventure per raggiungere il tanto meritato lieto fine.
Il tutto è ambientato subito dopo la fine della terza stagione.
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Perché forse, in un certo senso, non ci eravamo lasciati alle spalle quello che ritenevamo di aver abbandonato. Perché, sotto sotto, una parte di noi rimase sempre così: timorosa del mondo intorno e- non importa quanto ci disprezzassimo per questo- incapaci di staccarci l’uno dall’altra.
"Non lasciarmi" di Kazuo Ishiguro

 
 
Dopo l’ultimo viaggio nel passato, Emma aveva capito che Storybrooke, in fondo, era casa sua. Non importa quante streghe malvagie, draghi o ragazzini egocentrici avrebbe dovuto affrontare, ormai lì aveva trovato un rifugio sicuro.
Bè più o meno sicuro.
Si sentiva strana quando ci pensava, più leggera. Lei che non aveva mai avuto una casa, che aveva da sempre vissuto da “nomade”, che scappava non appena si sentiva minacciata. Da cosa non era mai a riuscita a capirlo. 
Non si era mai fermata nello stesso appartamento per più di sei mesi e adesso, cercare una casa nel piccolo villaggio del Maine, la spaventava non poco. Insomma quella sarebbe stata casa sua per sempre. La sua Tallahassee, dopotutto. Ripensò a Neal e un brivido le salì lungo la schiena.
Henry di certo non le facilitava il compito. Era un osso duro tanto quanto lei ed erano giorni che la assillava con questa o con quella casa. Ne aveva abbastanza di case, appartamenti, villette… Nessuna casa che avevano visitato aveva convinto Emma, però. È vero, nessuna di queste era perfetta ma la giovane donna si impegnava a trovare anche la più piccola imperfezione e la casa era subito accantonata soltanto perché una piastrella in cucina era scheggiata e sarebbe stato troppo difficile riuscire a trovarne un’altra uguale e troppo costoso per sostituirle tutte.
I giorni che seguirono furono tutti uguali per la giovane donna: la mattina al commissariato a compilare scartoffie e il pomeriggio alla ricerca disperata di una casa perfetta. Le sembrava di essere in uno di quei programmi televisivi che suo padre e sua madre guardavano mentre cucinavano per il piccolo Neal. Cercava di tenersi occupata e doveva ammettere che la ricerca di una casa era un compito alquanto difficile, se ci aggiungevi il compito di scovare qualsiasi difetto questa possedeva, allora la tua mente era completamente concentrata e focalizzata su quell’unico pensiero.
Bene.
Non la faceva pensare a lui.
Quando la sera tornava a casa era distrutta e si addormentava non appena si stendeva sul morbido materasso. Non sognava e se lo faceva non se ne ricordava. Dormiva di un sonno pesante e oscuro. Nessuna immagine, nessun volto. Solo l’oscurità, accogliente e generosa. Tanto meglio. Temeva ciò che la sua mente avesse potuto mostrarle inconsciamente, temeva di rivedere chi avrebbe voluto dimenticare.
Si teneva sempre impegnata, affaccendata. Si stancava, correva di qua e di là per le vie della città.
Tuttavia da quel maledetto lunedì era successo solo due volte. Due notti, precisamente. Due notti nelle quali non riusciva ad addormentarsi. Gli occhi non si chiudevano, i suoi pensieri non si spegnevano e la sua mente continuava a elaborare dati e dati, provocandole un forte mal di testa. Un pensiero fisso la attanagliava, non la lasciava in pace.
Cosa starà facendo?
Mi manca veramente?
Perché non l’ho fermato?

Quel lunedì fu la prima notte. Non appena lui se ne andò, si chiuse in casa. Ho bisogno di pensare, si diceva, da sola. Gironzolava scalza per la casa, con una tazza fumante in mano o un giornale. Si stendeva sul divano ma si rialzava poco dopo. Andava in cucina per preparare qualcosa per Henry ma dopo aver preso tutti gli ingredienti e constato che non mancasse niente, li rimetteva tutti a posto. Henry era da Regina e David e Mary Margaret non la disturbarono. La osservavano con quel loro sguardo preoccupato, tipico dei genitori, forse capirono. Forse avevano visto, avevano sentito. Forse erano andati al porto. Emma si costringeva a non pensarci, ma era del tutto inutile. Quella stessa sera non dormì. Si ritrovò da sola, alle 2.13 di notte a dover combattere una guerra contro se stessa. Si addormentò sfinita all’alba con le lacrime agli occhi. La Salvatrice aveva sconfitto un drago, ma era stata battuta dai suoi stessi sentimenti.
 
Emma aveva capito che doveva tenersi impegnata per non pensare. Aveva cominciato a lavorare il doppio, per prendere il posto di suo padre, diceva. David aveva bisogno di passare del tempo con sua moglie e suo figlio ed Emma si era offerta di svolgere anche i suoi compiti. Aveva anche sollevato Mary Margaret dall’incarico di pulire la casa. Si occupava lei di tutto, voleva che i suoi genitori si sentissero tali per la prima volta. E poi la aiutava a non pensare. Così tra il lavoro, le faccende domestiche e la ricerca della nuova casa non aveva un attimo libero.
Tuttavia accadde di nuovo. Quel giorno, quando Henry corse in camera sua trionfante con il giornale stretto in mano, Emma sospirò.
«Mamma, mamma guarda un po’ qui! Appartamento, tre camere da letto, un bagno, cucina e sala da pranzo, già accessoriata e con una splendida vista sul porto»
Oh no, il porto no.
Non le piaceva l’idea di vivere vicino al porto. Insomma, immaginate la puzza di pesce, le urla dei pescatori, le luci delle barche, i rumori. No, non se ne parla proprio. E poi quel posto le ricordava troppo…
Meglio non pensarci.
Tuttavia Henry era fermamente deciso che quella sarebbe stata la loro prossima casa. Adesso bisognava solo convincere anche sua madre e per farlo aveva organizzato un ottimo piano.
Il ragazzino si svegliò presto e andò da Granny’s a comprare le brioche alla cannella. Preparò il caffè, con un goccio di latte e un cucchiaino di zucchero (come piaceva a sua madre) e si precipitò in camera della donna. Quando Emma aprì gli occhi e si ritrovò davanti quelli color nocciola di suo figlio che la fissavano furbi e sorridenti, capì che c’era sotto qualcosa. Ne ebbe la certezza quando sentì il profumo delle brioche e del caffè fumante. Ma si era appena svegliata e suo figlio le aveva portato la colazione a letto! Come avrebbe potuto dire di no? Così si lasciò convincere a visitare la casa, stando ben attenta a non far capire a suo figlio che in cuor suo, l’aveva già scartata.
 
A lavoro non successe niente di entusiasmante. Non che gli altri giorni capitasse qualcosa, soltanto un paio di incidenti e qualche auto in seconda fila ma almeno la tenevano impegnata. Quel giorno, suo padre aveva insistito a compilare tutti i suoi arretrati. Emma sospettava che fosse solo una scusa per allontanarsi un po’ da casa. Il bambino piangeva tutta la notte e nessuno dei due neo genitori dormiva per più di mezz’ora. Essere genitori è il lavoro più arduo del mondo!
Andò a prendere Henry da casa di Regina verso le cinque. Il sindaco non si affacciò neanche a salutarla. Da quando Emma aveva riportato indietro la moglie di Robin dal passato, nessuno aveva più visto Regina fuori da casa sua e lei non aveva nessuna intenzione di uscirci o di lasciare entrare qualcuno. L’unico che poteva entrare ed uscire a suo piacimento era ovviamente Henry.
Emma si sentiva ancora in colpa. Si ripeteva che era stata la cosa giusta, la cosa che avrebbero fatto i suoi genitori se si fossero trovati al suo posto ma quel groppo in gola che le saliva ogni volta che passava vicino la casa del sindaco non voleva andar via. Alle volte si era trovata perfino ad incolpare Uncino per non averla fermata, per aver accontentato i suoi capricci ma subito dopo si sentiva un’ipocrita, un’egoista. Lui non aveva colpe in quella faccenda. Aveva rubato, aveva ucciso, aveva ingannato, aveva sedotto povere donne lasciandole sole il giorno dopo e chissà quanti altri atroci crimini aveva compiuto, ma non aveva rovinato il lieto fine di Regina. Si ritrovò a pensare a lui, rompendo la promessa che aveva fatto a sé stessa.
La verità era che le mancava. Le mancavano i loro battibecchi, le sue frecciatine, il suo sguardo ipnotico, il sorriso sghembo. Aveva cercato in tutti i modi di non pensarci ma non riusciva a togliersi dalla mente quel lunedì di tre settimane prima.





Angolo dell'Autrice:
Grazie a tutti per aver letto! Questo è il primo capitolo di una storia che ho in mente da molto tempo... è una particolare rivisitazione della quarta stagione! Non vi nascondo che non so se sono riuscita a descrivere al meglio i personaggi e le situazione che immaginavo. Spero, però, che questo primo capitolo vi sia piaciuto e spero vi abbia interessato almeno un po'! Il titolo che ho voluto dare alla mia storia è lo stesso del libro che l'ha ispirata, in un certo senso, e di cui ho riportato una frase in particolare. Mi scuso se l'avete trovato un po' corto ma è soltanto il primo capitolo, gli altri saranno più lunghi. Tutto qui, spero vi piaccia.
A presto, 
Kerri
   
 
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