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Autore: Elisa Styles    25/08/2014    1 recensioni
Tratto dalla storia: "Certe volte l’unica cosa da fare è aspettare, aspettare che si risolvano da sole le situazioni, aspettare che la persona che ami da una vita ti inizi a guardare, aspettare che le lacrime si trasformino in un sorriso. Ma è tremendo aspettare, perché mentre speri che succeda qualcosa ti logori dentro. Anche io stavo aspettando." è la mia prima one shot siate clementi hahaha fatemi sapere
Genere: Drammatico, Fluff, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Certe volte l’unica cosa da fare è aspettare, aspettare che si risolvano da sole le situazioni, aspettare che la persona che ami da una vita ti inizi a guardare, aspettare che le lacrime si trasformino in un sorriso. Ma è tremendo aspettare, perché mentre speri che succeda qualcosa ti logori dentro. Anche io stavo aspettando. Seduto su una sedia di plastica scomoda, con i gomiti appoggiati sulle ginocchia tenevo le mani a pugno una dentro l’altra davanti alla mia bocca. Mi ero incantato a fissare la parete bianca davanti a me e mi chiedevo se un giorno avrei pagato per tutto quello che gli avevo fatto, ma forse lo stavo già facendo . Lui non mi voleva più, mia aveva scaricato in lacrime urlandomi che ero solo uno stronzo e che non l’avevo mai amato. Quanto si sbagliava. Louis era la persona a cui tenevo di più al mondo, non immaginavo nemmeno la mia vita senza di lui e me l’ero fatto scappare per uno stupido bacio con Niall. Mi odiavo, mi odiavo davvero. E nonostante lui mi avesse pianto davanti chiedendomi perché l’avessi tradito, io non gli chiesi nemmeno scusa. Ed ora ero lì, seduto con gli occhi lucidi aspettando che uscisse dal suo camerino per parlare o quantomeno tentare di risolvere. Ma non usciva. Era quasi un’ora che era dentro. Vidi Liam correre verso di me –Harry tra dieci minuti dobbiamo essere sul palco! - annuii guardando in basso, lui notò la mia espressione e il camerino di Louis poco distante da me. –Avete litigato un’altra volta?- annuii di nuovo. –Vuoi che ci parli io?- mi chiese gentilmente – no… non ti preoccupare-. Liam fece un’espressione poco convinta – allora glielo dici tu di prepararsi in fretta?- domandò –certo, tu va a chiamare gli altri-. Fece un cenno di consenso e corse via di nuovo. Mi alzai e mi diressi al camerino. Davanti alla porta il nome “ LOUIS TOMLINSON” regnava supremo. –Louis, volevo dirti che …. Mi dispiace per quello che ho fatto, non ci sono giustificazioni sono stato un stronzo, ti prego perdonami. Dai Louis esci che ne parliamo.- Non disse niente, sicuramente era ancora incazzato con me. – Va bene, se non vuoi uscire per parlarmi, lo accetto ma non puoi restare lì per tutta la vita, abbiamo un concerto tra pochi minuti.- Nessuna risposta, di nuovo. Appoggiai la mano sulla maniglia e la girai, la porta era aperta. Spinsi piano la porta ed entrai.
Un male alla testa mi colpì improvvisamente, la sentivo quasi scoppiare, aprii gli occhi. –Harry? Infermiera!! Si è svegliato!- urlò Zayn. –Come va amico?- mi disse preoccupato. –Dov’è Louis?- gli chiesi massaggiandomi la testa dolorante. La faccia di Zayn si incupì – Adesso vado, l’infermiera si prenderà cura di te.- Prese su e velocemente se ne andò via. Perché non mi aveva risposto? Che fine aveva fatto Louis? Poi d’improvviso i ricordi. Come lame taglienti mi trapassarono lo stomaco. Ricordai di essere entrato, di aver visto Lou accasciato per terra con i polsi lacerati, un mare di sangue che li circondavano e che continuava a sgorgargli dalle braccia. Vicino a lui una lametta da barba insanguinata anch’essa. Probabilmente svenni e mi risvegliai in ospedale. Le lacrime scendevano dai miei occhi come se non avessi mai pianto in tutta la mia vita. L’infermiera alta e mora con cui Zayn aveva parlato dopo essere uscito mi stava controllando la flebo. –Louis?- chiesi, l’infermiera fece finta di non sentire. – Dov’è Louis?- aumentai il tono della voce. –Non conosco nessun Louis, mi dispiace- l’afferrai per il camice blu e la tirai verso di me. –Voglio sapere dove cazzo è Louis Tomlinson!- la ragazza spaventata indicò il corridoio davanti alla mia camera –E’ nella stanza numero 23- la lasciai e subito lei risistemandosi l’abito spiegazzato andò via. Mi alzai, strappai la flebo dal braccio, non c’era niente che potesse bloccare il mio dolore neanche la morfina. Tentai di correre ma le gambe facevano fatica a reggermi così appoggiandomi alle pareti riuscii a raggiungere il corridoio. Più andavo avanti e più stavo male all’idea di vederlo morto a causa mia. Arrivai alla stanza 23. Aprii la porta ed entrai. Louis era sdraiato con, una flebo di sangue, i polsi fasciati e gli occhi chiusi. Stava dormendo. Arrivai al letto e mi sedetti vicino a lui. Gli accarezzai il viso. Era gelato. Misi  l’orecchio davanti alla sua bocca. Non respirava. Corsi fuori e urlai con tutto il fiato che avevo in gola ad un’infermiera –E’ morto! Louis è morto- gridai piangendo – E’ morto per colpa mia!- vidi che nel carrello della donna che mi aveva appena prestato soccorso c’era un paio di forbici.
-Harry! Harry svegliati- mi sentii scossare. Alzai la testa di scatto, ero sdraiato in un letto con Louis. Avevo gli occhi bagnati, lo abbracciai forte. –Ho sognato che eri morto e che mi toglievo la vita per stare con te-. mi sorrise, accarezzando i miei ricci. Notai però che sui suoi polsi c’erano delle cicatrici e sgranai gli occhi non capendo –Ho cercato di toglierti il ricordo, ma tutti i giorni sempre la stessa storia, lo stesso incubo, lo stesso ricordo-. –Cosa stai dicendo?- gli domandai confuso –Harry sono ormai 2 anni che siamo morti e tu continui ancora a pensare a quel momento…- Ero … morto e lo era anche Lou. –So che non ti sembra vero, ma è così, tutti i giorni quando ti addormenti ti scordi di dove sei e io devo spiegartelo ogni volta.- Era tutto così reale. –E quindi che succede ora?- Gli chiesi spaventato. –Succede che passeremo il resto della nostra vita qui, insieme, per sempre- mi baciò. – E quindi , siamo in paradiso?- Louis si mise a ridere – si direbbe di si, è un po’ diverso da come ce lo fanno credere ma il concetto è quello- continuò a ridere mi strinse forte. Non c’era posto migliore delle sue braccia, finalmente ero in paradiso.
  
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