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Autore: corrienonfermarti    25/08/2014    2 recensioni
Allungò le braccia, porgendole i tre grossi volumi, la giacca scura risalì lungo il braccio, mostrando quell’inconfondibile segno nero sulla pelle bianca, quel disegno, o meglio: quel marchio che lo etichettava come un Mangiamorte e, agli occhi di lei, come un traditore. Draco avrebbe voluto abbassare la manica, ma ormai era troppo tardi: gli occhi della ragazza, attirati da quel segno scuro che spiccava sulla sua pelle come una macchia d’inchiostro su un vestito candido, avevano visto.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Ciao a tutti, questa è la prima One Shot che scrivo su Harry Potter, e spero vivamente che la storia vi piaccia. Vi sarei grata se, dopo aver letto, mi lasciaste il vostro parere, perciò mano alle tastiere e siate spietati! 
Un bacio a tutti, buona lettura. 
Corrienonfermarti. 



When the darkness comes
 

Tremava.
Lui, Draco Malfoy, da sempre così sfrontato e narcisista ora tremava.
Non faceva che ripensare alle parole di Colui-che-non-deve-essere-nominato, quelle parole continuavano a tormentarlo, senza dargli pace. Sapeva di essere con le spalle al muro. Era consapevole che, se avesse fallito, Lui, Lord Voldemort in persona, avrebbe sterminato senza pietà la sua famiglia.
Aveva paura, certo: come non averne? Eppure non poteva non ammirare quell’uomo, quel mago che si era costruito, omicidio dopo omicidio, una reputazione talmente grande da essere considerato uno dei maghi più malvagi di tutti i tempi.
Lui ammirava Lord Voldemort. Lo ammirava per essere così spietato, per la fama che aveva, per i suoi fedeli seguaci che per lui avrebbero fatto qualsiasi cosa, come quel verme di Codaliscia che aveva tradito i suoi migliori amici per lui. Ma allo stesso tempo lo temeva.
Draco ripeté quel gesto nervosamente, quel gesto che da settimane continuava a rifare senza rendersi conto, come se potesse dargli sicurezza: tirò giù la manica della giacca scura, per assicurarsi che il marchio nero da Mangiamorte impresso sulla sua pelle diafana non potesse essere notato.
Aveva paura di essere scoperto. Aveva paura di fallire nell’intento che il Signore Oscuro gli aveva affidato, a lui, Draco Malfoy.
Nonostante fosse stato terrorizzato davanti a Colui-che-non-deve-essere-nominato, nonostante il dolore provato quando il marchio nero gli era stato impresso sulla pelle, Draco, così egoista, ambizioso e presuntuoso, non aveva potuto non sentirsi orgoglioso che fra tutti fosse stato scelto lui per compiere il primo passo che avrebbe permesso al Signore Oscuro di tornare: uccidere Albus Silente, preside della scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts.
Svoltò a sinistra, camminando frettolosamente, sapendo di essere quasi arrivato a destinazione: la Stanza delle Necessità lo attendeva, paziente ed eterna come sempre. Era lì, pronta ad accoglierlo fra le sue pareti, spettatrice del piano folle che gli frullava in testa da troppo tempo.
Girò l’angolo e il suo corpo entrò in collisione con un altro corpo, più esile, femminile, un corpo che conosceva e che da anni non faceva che bramare, quello di lei: Hermione Granger. Saputella, perfettina, la strega più brillante della sua età. Un unico difetto: mezzosangue. Non sarebbe mai andata bene per lui, lo sapeva, sapeva che non sarebbe mai stata sua: fingeva di odiarla, solo per nascondere a se stesso e agli altri quanto in realtà la desiderasse.
«Oh accidenti, scusa!» esclamò la ragazza, chinandosi a raccogliere i libri che erano caduti rovinosamente  sul pavimento, evidentemente non si era accorta che era lui. In sei anni, Draco ed Hermione non avevano mai parlato civilmente. «Scusa tu, Granger» esclamò il ragazzo, infilandosi le mani in tasca ed esibendo quel sorriso impertinente che, sapeva, la faceva innervosire.
Lei alzò lo sguardo, incrociando quello di lui, e commentò, trattenendo a stento l’ostilità nella sua voce:«Ah, sei tu». Draco non ne poteva più di fingere: era lei ed era lì, a notte fonda, chinata a terra a raccogliere i suoi libri, cercando di sistemare i capelli arruffati che non facevano che caderle davanti agli occhi.
Erano soli, nel corridoio buio di Hogwarts, solo loro due e Draco non ce la faceva a continuare con quella farsa. Non in quel momento.
«Hai bisogno di una mano?» chiese cordialmente alla ragazza, che gli lanciò un’occhiataccia, cercando di celare la propria incredulità, «No, ce la faccio da sola, grazie» borbottò, liquidandolo.
Lui sospirò, infischiandosene di ciò che lei aveva appena detto: si chinò velocemente a terra, raccogliendo gli ultimi volumi dal pavimento di marmo, per poi alzarsi e tenerli fra le braccia. Erano così pesanti, come faceva una ragazza così esile sostenere quel peso e anche di più?, si chiese Draco.
Aspettò che lei si rialzasse, teneva i tomi stretti al petto, come se stringendoli a sé più forte avesse potuto difendersi da lui, come se volesse che i volumi creassero una barriera fra di loro. «I miei libri» annunciò, indicando con il mento quelli che il ragazzo aveva fra le mani, tre grossi testi di Pozioni, Trasfigurazione e Antiche rune. «Ti accompagno» annunciò Draco, lasciando che quelle due parole gli uscissero dalle labbra, pentendosi subito dopo di averle pronunciate: era forse impazzito? Gli era dato di volta il cervello? «Prego?» esclamò Hermione allibita, la sua voce si era innalzata di qualche ottava.
«Ti accompagno» ripeté il ragazzo, con tono più sicuro, incominciando ad incamminarsi e facendole cenno di seguirlo, cosa che, suo malgrado, lei fece, lasciandolo piacevolmente sorpreso. Camminarono per un po’ in silenzio, l’uno accanto all’altra, il lieve rumore dei loro respiri si mescolava nella quiete notturna dei corridoi della scuola.
Giunti di fronte ad una grande finestra da cui si poteva ammirare la grande distesa d’acqua scura che era il Lago Nero, i due ragazzi si fermarono. «Posso andare da sola, adesso» commentò Hermione, continuando a stare sulla difensiva: il comportamento di Draco Malfoy era perfettamente illogico, non riusciva a capire il motivo di tanta cordialità. E, di conseguenza, non riusciva a fidarsi. Del resto come poteva, se in sei anni non aveva fatto che disprezzarla? Perché d’improvviso quel cambiamento?
Lei fece per voltarsi e proseguire, ma lui la richiamò, ansioso: «I… I tuoi libri» disse, improvvisamente vulnerabile. La maschera gli era caduta quando i loro corpi si erano scontrati, adesso non c’era più Draco il ragazzo sfrontato di  fronte a lei, ma c’era lui, il vero lui. Quel Draco che non conosceva nessuno, nemmeno la sua famiglia.
Allungò le braccia, porgendole i tre grossi volumi, la giacca scura risalì lungo il braccio, mostrando quell’inconfondibile segno nero sulla pelle bianca, quel disegno, o meglio: quel marchio che lo etichettava come un Mangiamorte e, agli occhi di lei, come un traditore. Draco avrebbe voluto abbassare la manica, ma ormai era troppo tardi: gli occhi della ragazza, attirati da quel segno scuro che spiccava sulla sua pelle come una macchia d’inchiostro su un vestito candido, avevano visto.
Lei aveva capito. Ora lei sapeva. Cosa fare? Come comportarsi di fronte ad Hermione? Poteva rinnegare il Signore Oscuro, che ammirava nonostante l’avesse minacciato di sterminare la sua famiglia se non avesse adempito al compito assegnato?
«Tu…» sussurrò la ragazza, incredula, gli occhi spalancati e una mano che sfiorava delicatamente le labbra dischiuse per la sorpresa. Draco lasciò cadere a terra i libri, spingendola verso la finestra e premendole una mano sulla bocca perché non si mettesse ad urlare. Sapeva quello che avrebbe detto. Le sue parole, non ancora pronunciate, già gli rimbombavano in testa. «Sei uno di loro!».
«Shhh» mormorò Draco, intimandole il silenzio: le iridi di lei urlavano quanto fosse spaventata e sorpresa in quel momento, i suoi capelli scompigliati erano premuti contro il vetro freddo e appannato alle sue spalle, la mano di lui – quella che non era premuta sulle sue labbra morbide – si trovava proprio accanto alla sua testa, contro la finestra.
Quando fu certo che non si sarebbe messa a strillare, svegliando tutta la torre dei Grifondoro, Draco tolse la mano dalle sue labbra, così morbide e calde, e si allontanò da lei: non avrebbe potuto sopportare di starle ancora così vicino per molto. «Da quanto?» chiese solo lei, la voce bassa, calma, controllata, «Prima dell’inizio dell’anno» spiegò lui con una scrollata di spalle, indossando nuovamente quella maschera che lo aveva sempre caratterizzato. Eppure sembrava che lei potesse vederlo, nonostante la finzione, nonostante ostentasse indifferenza, sfrontatezza, arroganza: Hermione aveva ormai visto il vero Draco, non le sarebbe stato difficile capire che quello che aveva davanti era solo un ragazzo spaventato.
«Hai paura» disse la ragazza d’un tratto, lui aggrottò la fronte: «Cosa? Ma per piacere, Granger, assolutamente no!» «Non era una domanda. Era una constatazione: hai paura» puntualizzò lei, incrociando le braccia al petto, decisa. «Non ho paura, sono orgoglioso. Sono stato scelto, fra tutti, io» disse, certo che lei non avrebbe capito a cosa si stesse riferendo. O, almeno, non del tutto. «Ti rendi conto delle stupidaggini che stai dicendo? Ti sei unito a… A… Tu-sai-chi!» sbottò la ragazza con il tono più duro che riuscì a trovare, «E’ il più grande mago oscuro di tutti i tempi» ribatté lui, superbo, mostrando quanto ammirasse il Signore Oscuro, pur temendolo, pur sapendo che se avesse fallito lui l’avrebbe ucciso. Pur sapendo che lui era il suo aguzzino.
La ragazza scosse la testa, incredula, mentre una nuova consapevolezza prendeva posto nella sua mente: Draco Malfoy era ammaliato. Era vittima, non carnefice. Draco Malfoy ammirava Colui-che-non-deve-essere-nominato, comprendeva le ragioni per cui aveva fatto quel che aveva fatto. Provava un sentimento addirittura positivo nei confronti di qualcuno che avrebbe dovuto temere, odiare con tutte le sue forze.
«Draco, tu non capisci. Devi solo trovare qualcuno che ti apra gli occhi. Ed io lo farò» decise Hermione, stupendo lui e anche se stessa: quella notte era una magia per entrambi. Lui scosse la testa ridendo amaramente, il corpo appoggiato ad un pilastro di pietra: aveva promesso che avrebbe portato a termine il lavoro da solo, che non si sarebbe fatto condizionare da niente e nessuno. Non poteva permettere che lei lo distraesse, più di quello che già faceva, dal suo obiettivo primario.
Sapeva quello che doveva fare, era stato addestrato a farlo: sapeva anche che, dopo che lo avesse fatto, il ricordo di ciò che era accaduto sarebbe stato solo suo, qualcosa che lei non avrebbe mai potuto ricordare. Che non avrebbe mai dovuto ricordare.
«Sei sempre lo stesso egocentrico, narcisista, presuntuoso…» incominciò la ragazza con rabbia, ma lui non le dette la possibilità di continuare, per quanto potesse piacergli vederla mentre cercava di riversargli addosso tutti gli aggettivi più sprezzanti che conosceva per definirlo. Estrasse la bacchetta di biancospino dalla giacca e prima che lei potesse fare o dire qualsiasi cosa mormorò: «Oblivion».
Lo sguardo di lei si appannò, fissando il vuoto per un momento, lui vide chiaramente il ricordo di quella sera scivolare via dai suoi occhi: raccolse i libri dal pavimento per la seconda volta quella sera e glieli porse; prima che lei potesse dire qualsiasi cosa disse col tono indifferente e sarcastico che usava sempre: «Attenta a dove metti i piedi, Granger» e si allontanò, tornando verso la Stanza delle necessità. I suoi passi sicuri rimbombavano chiaramente fra le pareti del corridoio buio, Draco rimise la bacchetta al sicuro all’interno della giacca: poteva ancora sentire lo guardo di lei percorrergli la schiena. 


Note: 
Ci tengo a precisare che il titolo è riferibile sia a Lord Voldemort, che come oscurità aleggia su Draco, sia a oscurità intesa come "oblio" in quanto Hermione dimentica ciò che è accaduto quella notte. 

   
 
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