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Autore: Elyod    26/08/2014    1 recensioni
In una Marsiglia del 1800 un giovane nobile, Lucien, si innamora di una domestica, Amélie. Riusciranno i due a coronare il loro sogno d'amore o verranno divisi dalle avversità della vita?
(Prima classificata ne "Il contest delle coppie: tanto ammòre per tutti" di Passiflora91 sul forum di EFP - storia presente anche su Wattpad)
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
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Marzo 1829, Marsiglia.

I tiepidi raggi del pomeriggio filtravano dalle ampie vetrate del salone di casa Linoble, illuminando la stanza più di quanto ve ne fosse bisogno. Le ante spalancate facevano entrare una lieve brezza che rinfrescava l'ambiente arioso, portando il profumo della natura che, ormai al termine dell'inverno, iniziava ad accennare alla tiepida primavera. Era ancora il primo marzo, ma Marsiglia, che gode dei benefici del clima mediterraneo, era stata colta da una giornata di sole quali erano rare in un inverno piuttosto piovoso. Due cameriere erano intente a spolverare i ricchi mobili di legno di ebano, uno dei più pregiati legni orientali, intarsiati di fantasie floreali in oro. Al centro della stanza padroneggiavano due lussuosi divani, con le intelaiature sempre in legno d'ebano e i cuscini imbottiti di piume d'oca e foderati in seta, occupati rispettivamente da due individui. << Che novità portate dalla città, Marcel? >> chiese un uomo che non doveva avere più di trentacinque anni ed era il padrone di casa. << Tralasciando le questioni politiche, di cui siete già abbastanza informato- rispose, lanciando un'occhiata significativa che non venne colta dalle domestiche- porto una notizia fresca, risalente a ieri notte, direttamente dal Castello d'If! >> Queste parole risvegliarono l'attenzione dell'uomo.
<< Cosa può essere accaduto in quel luogo dimenticato da Dio che abbia creato tanto scalpore? Parla! >> chiese con curiosità.
<< Un pericoloso prigioniero, un bonapartista accanito, è riuscito ad evadere. Ha preso il posto di un altro detenuto, morto nella notte, sostituendosi a lui in un sacco. Probabilmente sperava di venire sotterrato da qualche parte, in modo da scappare scavando nella terra. >>
<< Ma non sapeva che il cimitero della prigione è fatto d'acqua, non di terra. >>
<< Esatto. I guardiani giurano di aver sentito un urlo spezzato dalle onde del mare, quando hanno buttato il sacco di sotto. Povera anima, pensava di scappare da un inferno ed è finito in uno ben peggiore... che Dio perdoni le sue colpe e salvi la sua anima! >> esclamò con una certa teatralità Marcel, notando che le cameriere si erano fermate, affascinate, ad ascoltare la triste storia di quell'anonimo prigioniero.
Il padrone di casa rimase qualche attimo in silenzio, come per digerire la storia di quel disgraziato.
<< Qual era il suo nome? >>
<< Era conosciuto come numero trentaquattro. Probabilmente il suo vero nome cadde in disgrazia dopo che Napoleone venne portato a Sant'Elena. >>
L'uomo annuì distrattamente, come se il fascino di quella storia fosse durato giusto il tempo di raccontarla. Passò una mano tra i corti capelli castani e, posando per caso lo sguardo su un ricco orologio regalatogli dal defunto padre, si accorse che erano le quattro e mezza. Comunicò l'orario all'ospite, chiedendogli se volesse fare un giro con lui per le strade di Marsiglia.
<< Accetto volentieri il vostro invito, Lucien, tuttalpiù che ho importanti comunicazioni da darvi... >> annunciò con una nota di mistero nella voce. Lucien Linoble fece un cenno affermativo con la testa, ma una smorfia di preoccupazione gli attraversò per un attimo il viso. I due si alzarono e uscirono dalla stanza. << Prego, prima gli ospiti! >> esclamò Lucien facendo uscire per primo Marcel. Egli annuì, iniziando a commentare con disappunto misto ad ironia i nuovi provvedimenti di Carlo X, che aveva la sfortuna di regnare su un popolo che lo detestava. Preso com'era dai suoi discorsi, non si accorse del languido sguardo che il padrone di casa aveva scambiato con una delle due domestiche prima di uscire dal salone e chiudersi la porta alle spalle. Sul volto di Lucien rimase un mezzo sorriso per ancora qualche minuto, fino a quando Marcel non comunicò quali fossero le notizie importanti da dargli.
<< La Guardia ha indetto una riunione segreta. >> mormorò Marcel, per evitare che altri captassero le sue parole.
<< La Guardia nazionale è stata sciolta due anni or sono. >> borbottò Lucien di rimando, allungando il passo.
<< Ma non è stata disarmata... No, non andate Lucien, ascoltatemi! - gridò afferrandolo delicatamente per un braccio- Il popolo è stanco della censura, di questa politica gretta e culturalmente povera! Forse non ora, forse non domani, ma potete esser sicuro che questo governo cadrà e dovrete decidere con quale delle due fazioni schierarvi, Lucien. >> L'uomo portò una mano alle labbra, visibilmente indeciso su cosa dire, e scuotendo la testa rispose << Va bene, Marcel, mi avete convinto! Ci sarò. >>
L'amico sembrò soddisfatto del risultato, e per il resto della conversazione non fece più cenno all'argomento.
“Come posso rischiare la mia vita per uno scopo così insulso?”, pensava Lucien e una morsa gli attanagliava lo stomaco, “Come le dirò che dovrò impugnare le armi, dove troverò la forza di allontanarmi da lei?”

 

 

Dicembre 1827, Marsiglia.

Un violento acquazzone sorprese Marsiglia in quel freddo pomeriggio d'inverno. L'acqua picchiettava contro le vetrate della biblioteca di casa Linoble, aggiungendosi al sibilare del vento che trasportava foglie secche e piccoli ramoscelli. Una domestica dai lunghi capelli biondi spolverava i mobili e metteva in ordine lo spazioso e ricco ambiente, mentre il padrone di casa era intento a leggere un libro. Infastidito dallo scrosciare dell'acqua, Lucien chiuse il libro e lo posò su un tavolino vicino a lui. Poi, comodamente seduto su una ricca poltrona color ocra, iniziò a scrutare la domestica. Si muoveva con sicurezza tra gli scaffali e sembrava sapere a memoria il posto esatto di ogni singolo volume della biblioteca. << Davvero una brutta giornata >> esclamò Lucien per rompere il silenzio. La domestica, accorgendosi solo in quel momento che il padrone di casa la stava fissando, divenne rossa in viso per l'imbarazzo, ma annuì come per dargli ragione. Lucien si alzò e le si avvicinò, porgendole alcuni romanzi che la ragazza stava mettendo a posto. Una luce improvvisa riempì la stanza per pochi secondi e fu subito seguita da un violento rombo che fece tremare le imposte. La ragazza, presa alla sprovvista, gettò un piccolo urlo e il libro che stava per prendere dal tavolo le scivolò dalle mani, cadendo rovinosamente a terra. Subito si piegò per prenderlo, ma ritrovò le mani dell'uomo intrecciate alle sue. I due si tirarono su velocemente, tenendo insieme il libro. Alzarono il viso e i loro sguardi si incrociarono. Gli occhi castani di Lucien rimasero incantati da quelli azzurro zaffiro della ragazza. << Mi dispiace, non volevo far cadere il vostro libro. >> balbettò lei, mentre le mani dell'uomo si ritraevano di scatto da sopra la sue. Rimasero qualche secondo fermi a fissarsi, mentre Lucien la rassicurava dicendole che era stato un piccolo incidente. Poi la ragazza, notando che aveva ancora quel libro in mano, lo posò delicatamente al suo posto e si congedò dal padrone di casa, scusandosi di avere altre mansioni da svolgere.
“Quella ragazza... non è una domestica come le altre.”, pensò affascinato Lucien, “Ha la voce dolce come il miele, i movimenti eleganti di una nobile, due zaffiri al posto degli occhi e un delicato profumo di rose.”

 

~

 

I mesi passavano e, a poco a poco, Lucien capiva di gradire la presenza della giovane domestica, rendendosi conto che la simpatia era ricambiata. Si era informato con discrezione presso il portinaio della casa, un certo Leblanche, a cui erano noti ogni volto e ogni nome in casa Linoble e non. << Leblanche, bel pomeriggio, non credete? >> lo aveva avvicinato Lucien indicandogli il cielo azzurro. << L'inverno ha deciso di essere più mite quest'anno, signor Linoble! A cosa devo l'onore di una sua visita? >>
<< Sa, ho notato due o tre domestici nuovi e volevo informarmi su chi siano. >> aveva divagato l'uomo, ascoltando pazientemente il portinaio che parlava. << E la ragazza bionda, quella non è nuova? >> aveva chiesto con finto stupore non sentendola nominare. << Chi, Amélie? No, no, lavora qui da qualche mese! >> Lucien fece una faccia sorpresa. << Apparteneva ad una nobile famiglia del Nord. - aveva iniziato a spiegare Leblanche, contento che il padrone di casa pendesse dalle sue labbra – Dopo la morte del padre, caddero in disgrazia e adesso per poter vivere dignitosamente è costretta a lavorare come domestica. Dovevate vederla, quant'era felice che l'avessero presa qui! >> iniziò a dilungarsi il portinaio e, senza che Lucien se ne rendesse conto, Leblanche aveva iniziato a raccontargli di una cugina di terzo grado di sua madre a cui era successa la stessa cosa. Lucien frenò in fretta la lingua dell'uomo, ringraziandolo per la bella chiacchierata. << Di niente, signore! Ah, c'è un piccolo aneddoto su Amélie, la ragazza bionda, se vi interessa! >> A quelle parole le orecchie dell'uomo si fecero attente.
<< Ah sì? Avete stuzzicato la mia curiosità, Leblanche, parlate! >>
<< Corre voce che della sua ricchezza le sia rimasta soltanto una boccetta di profumo di rose, che lei stessa produce quando il contenuto della boccetta finisce! >>
<< Aneddoto grazioso, in effetti. E quante rose le servono per fare questo profumo? >>
<< La ragazza, una volta, ha affermato che con una rosa appena colta e un po' d'acqua riesce a creare un profumo che si mantiene intatto per mesi! >>
<< Chissà se è vero... >> borbottò Lucien per non destare sospetti con troppa curiosità.
<< Non si sa, ma è certo che ancora prima che la ragazza entri in qualche stanza, un delicato profumo di rose annuncia la sua presenza, e nessuno può far a meno di rimanerne ammaliato. >>
Lucien annuì, pensando a quante volte quel semplice profumo gli aveva ricordato che la donna che gli aveva rubato il cuore fosse sotto il suo stesso tetto, così vicina ma al contempo così lontana.

 

~

 

La biblioteca era silenziosa. I raggi di sole filtravano luminosi dalle grandi vetrate e alcune imposte aperte facevano arieggiare l'ampio ambiente. Amélie si guardò intorno, sentendosi a casa tra quei volumi silenziosi e gli scricchiolii dei mobili di legno. Vide dei libri ammucchiati su uno dei tavoli e iniziò a sistemarli come faceva usualmente. Ma ciò che la sorprese fu il trovare una rosa e un bigliettino nascosti tra gli antichi e ricchi tomi. Ancor prima di leggere il biglietto, si portò la rosa sotto il naso e si lasciò incantare da quel profumo che l'aveva accompagnata per tutta la vita. “Appena raccolta”, pensò sorridendo. Poi si ricordò del biglietto e sperò che, leggendolo, avrebbe fatto luce su quel regalo misterioso.

 

Cara Amélie, è da qualche giorno che non sento nell'aria l'elemento che, ai miei occhi, vi contraddistingue dalle altre. Dunque, questa rosa è per voi e per il vostro delicato profumo che riempie le stanze e dona un tocco di eleganza alla casa.

 

Post scriptum : se stasera vorrete farmi l'onore di sentire ancora una volta la vostra fragranza rosata, dopo cena potrete portarmi il tabacco. Vi aspetto,

LL.

 

~

 

<< Una domestica, una sciatta sguattera! >>
Urla di rabbia risuonavano per tutta la casa, facevano vibrare i vetri e le solide mura di pietra.
<< Padre, ascoltatemi, vi prego. >>
Il signor Linoble alzò un dito con sguardo minaccioso.
<< No, ho sentito abbastanza! Non ho alcuna intenzione di approvare una tale unione. Mio figlio, un nobile di così alto rango, e una serva. L'hai vista? Sembra quasi una bambina, quanti anni potrà avere? Inaccettabile. >> diceva mentre scuoteva la testa. Le gote arrossate, le sopracciglia che si alzavano e abbassavano, le pupille che sfrecciavano da un lato all'altro della stanza, senza soffermarsi su nulla.
<< Padre, calmatevi. >>
Il signor Linoble si diede un po' di contegno, ma ancora tutto rosso in viso concluse << Tu non sposerai quella donna, Lucien. Te lo impedirò, fosse anche l'ultima cosa che faccio. >>
 
Erano passati due giorni dal furioso litigio tra padre e figlio e un'atmosfera piena di tensione opprimeva i ricchi ambienti, facendo sentire a disagio domestici e padroni. Lucien camminava avanti e indietro nella sua stanza, la mente gli faceva male per i troppi pensieri. << Lucien, mi dispiace. Non voglio che perdiate la stima di vostro padre, chiedetegli perdono e licenziatemi. >>
L'uomo si fermò e posò lo sguardo sulla ragazza seduta a bordo del letto a baldacchino. I capelli biondi raccolti in una coda, lo sguardo preoccupato, le mani che si contorcevano per l'ansia. << Amélie, io ti amo e non ho alcuna intenzione di rinunciare al tuo amore. >> rispose avvicinandosi a lei e prendendole le mani. << Lucien, lasciatemi andare, ritornate alla vostra vita. Avrete fama, ricchezza e ogni genere di onori. >>
<< A cosa mi serviranno? Senza di te ogni cosa è vuota. >> commentò guardandola negli occhi.
<< Non potete andare contro vostro padre. >> rispose lei abbassando lo sguardo.
<< Questo lo credi tu.- concluse avviandosi verso la porta – Non seguirmi Amélie, resta fuori da questa faccenda. >> le intimò fulminandola con lo sguardo, dopo averla vista camminare nella sua direzione. La ragazza annuì e rimase indietro, ma non appena il giovane scomparve dietro la porta, non perse un attimo a seguirlo.
 
<< Avanti. >> esclamò debolmente una voce stanca, dopo aver sentito bussare. La porta si aprì e Lucien trovò il padre nella sua camera, disteso nel letto. << Come vanno le vostre condizioni di salute, padre? >> chiese gentilmente avvicinandosi a lui.
<< Vorrei poter dire bene, ma non è così. >> rispose tossendo.
<< Mi dispiace disturbarvi, ma vorrei discutere di una faccenda che penso stia a cuore a entrambi. >>
<< La domestica. >>
Lucien annuì.
<< Sei venuto a chiedermi perdono? Lo accetto, ma voglio che la ragazza venga sbattuta fuori da queste quattro mura. >> disse in modo severo.
<< Tutt'altro padre: sono qui per dirvi che vi lascio. Non voglio rinunciare alla donna che amo per un vostro capriccio da nobiluomo quale ritenete di essere. Sono venuto a dirvi addio. >>
<< Colpo al cuore! - gridò portandosi la mano al petto – Mio figlio mi vede sul letto di morte e decide di darmi il colpo di grazia! >>
<< Non provate nemmeno a pensare parole tanto crudeli! Io vi amo, ma non sono disposto a rinunciare alla mia felicità, padre. >> disse prendendogli una mano che il vecchio aveva fatto volteggiare in aria per la rabbia e la delusione.
<< Lucien, vostro padre ha ragione! >> esclamò una voce sottile. Dalla porta sbucò fuori l'esile figura di Amélie, che avanzò fino al letto.
<< Chiedetegli perdono, riconciliatevi. Io vi amo, Lucien, e proprio per questo non posso permettere che voi rinunciate a tutto questo per me. >>
<< Amélie, ti prego, non dire queste parole. >> rispose l'uomo lasciando la mano del padre per prendere quella della donna amata.
Un urlo di dolore spezzò l'aria.
<< Padre! >> gridò Lucien, << Signor Linoble! >> gli fece eco Amélie, ed entrambi gli si misero accanto, cercando di alleviare il suo dolore.
<< Sento che sto morendo. >> mormorò il vecchio, mentre fitte di dolore gli rendevano difficile anche soltanto respirare.
<< No, padre... >> rispose Lucien mentre lacrime di dolore erano pronte a farsi strada sul suo viso.
<< Signor Linoble, io... >> stava iniziando la ragazza, ma venne interrotta dall'anziano.
<< No, signorina, ho sentito abbastanza. >>
La ragazza abbassò lo sguardo.
<< Ho sbagliato a giudicare la vostra relazione. Vi guardate come io guardavo tua madre, Lucien, e sono sicuro vi amerete come io ho amato la mia cara e dolce Bridgitte. Ho sbagliato a usare quelle dure parole, ma adesso, sul letto di morte, tutto mi appare chiaro, e mi rendo conto che mi sta a cuore solo la tua felicità. >>
<< Dite davvero, padre? >> chiese il figlio e lacrime di tristezza miste a lacrime di felicità iniziarono a rigargli le guance.
<< Sì, figlio mio. Siete testimoni entrambi delle mie parole: benedico la vostra unione e vi auguro tanta felicità. >> rispose debolmente, fino a sussurrare le ultime parole. Poi i suoi occhi si chiusero, la mano cadde senza vita sul letto, il petto smise di alzarsi e abbassarsi: l'anima del signor Linoble era volata in cielo.

 

 

 

Marzo 1829, Marsiglia.

La debole luce dei lampioni dava al giardino intorno alla villa un'aria misteriosa, quasi fosse un sogno. Non un filo di vento frusciava tra le fronde degli alberi messi in fila lungo il maestoso viale d'ingresso. Un calesse trainato da un puro sangue bianco come la neve si muoveva velocemente lungo la terra battuta, fermandosi davanti la gradinata che conduceva all'entrata della casa. Un domestico aprì la porta ancora prima che il padrone avesse poggiato piede sul primo gradino e inchinandosi gli diede il benvenuto. Lucien passò oltre, richiedendo che gli fosse mandata in camera la pipa e il miglior tabacco che avessero in casa. Il domestico annuì e scomparì con prontezza per obbedire agli ordini del padrone. Lucien ebbe appena il tempo di entrare in casa e togliersi il lucido cappello di feltro e l'elegante giacca nera, che qualcuno bussò alla porta. << Prego, è aperta. >> esclamò l'uomo con tono autoritario, andando a sedersi su una ricca poltrona rivestita in seta e con fantasie floreali in oro. Lucien si aspettava di veder entrare il domestico che lo aveva ricevuto al ritorno, ma la figura alta e snella che si presentò sotto i suoi occhi era quella di una donna. La ragazza non doveva avere più di vent'anni, come dimostravano i lineamenti delicati del viso. Gli occhi color azzurro zaffiro, il naso all'insù, le labbra sottili erano incorniciate da lunghi capelli biondi raccolti in una treccia piuttosto semplice, che dava però alla ragazza un'aria leggiadra ed elegante. Il viso di Lucien si illuminò. << Amélie, entra pure. >> La ragazza, che si era fermata sull'uscio, mosse qualche passo e si chiuse la porta alle spalle. Poi camminò fino a un tavolino, intagliato in legno di noce con il piano in marmo bianco, posto a lato della poltrona. Vi adagiò sopra il vassoio d'argento con la pipa e il tabacco e si mise sull'attenti, per ricevere nuovi ordini. << Posso fare nient'altro per voi? >> chiese con la sua dolce voce sottile. Lucien preparò la pipa e, dopo averla accesa, ispirò profondamente per poi lasciarsi andare contro il morbido schienale della poltrona e far uscire dalla bocca una densa nuvola di fumo. Con gli occhi ancora chiusi e il viso rilassato, mormorò << Potresti passare la notte con me, se ti fa piacere. >> La ragazza, sentita la richiesta, non sembrò per nulla imbarazzata e si accoccolò tra le braccia dell'uomo, che le cinse il fianco con un braccio e la strinse più a sé. << Mi è mancata la tua dolce voce, Amélie. Su, dimmi qualcosa. >> borbottò debolmente, completamente preso dal fumo che stava lentamente riempiendo la stanza. << A me siete mancato voi, Lucien. - sussurrò di rimando – E mi è mancata anche la vostra abilità nel raccontare storie. Ricordate ciò che ha detto Marcel stamattina? Parlatemi ancora del fuggitivo del Castello d'If, vi prego. >>
<< Questa storia ti ha affascinato non poco, non è vero? >> rispose l'uomo aprendo lentamente gli occhi e posando lo sguardo rilassato sul viso della ragazza. Amélie annuì.
<< Vorrei poterti raccontare di più, ma Marcel non mi ha dato altri dettagli. Il pomeriggio è trascorso parlando di altro... >> disse con una nota di irritazione nella voce.
<< Avete trascorso un piacevole pomeriggio? >>
<< Vorrei poter dire di sì, ma devo ammettere che da qualche anno a questa parte i discorsi di politica mi annoiano parecchio. >>
<< Lucien, mi nascondete qualcosa. >>
Lo sguardo dell'uomo si fece malinconico.
<< Amélie, amore mio, non potrei nasconderti nulla se non per il tuo bene. >>
La ragazza abbassò lo sguardo.
<< Lasciami spiegare... – iniziò con esitazione – La situazione è piuttosto complicata. Marcel mi ha chiesto di unirmi alla Guardia quando scoppierà la rivoluzione. >>
<< Rivoluzione? >> chiese Amélie come risvegliandosi da un sonno profondo.
<< Il popolo è stanco di questo governo, la rivoluzione non tarderà ad arrivare. >> rispose con una sottile preoccupazione.
<< Le rivoluzioni scoppiano ogni giorno! Cosa volete che sia una in più? Cosa vi preoccupa veramente? Non il governo, suppongo. >>
<< Sei tu, Amélie, e soprattutto il nostro futuro, non voglio che tu corra alcun pericolo >> mormorò accarezzando delicatamente una guancia della ragazza.
Lei sorrise, posando la mano sopra quella dell'uomo.
<< Non correrò alcun pericolo, tranquillo. Ma ditemi, vi interessa davvero del nostro futuro? >>
Lucien abbozzò un'espressione offesa.
<< Amélie, io ti amo! Continui a negare i miei sentimenti e rifiutare la mia proposta, ma io continuerò ad amarti e prendermi cura di te. >> rispose stampandole un casto bacio sulle labbra.
<< Lucien, vi amo anche io. Ma sarebbe un disonore per voi unirvi ad una domestica, una serva come me! >> L'uomo le posò un dito sulle morbide labbra. << Per te sarei disposto a rinunciare al mio titolo e alle mie ricchezze! Cosa pensi me ne importi di tutto questo se non posso condividerlo con te? Ti ricordo che abbiamo la benedizione del mio amato e defunto padre e te lo chiederò di nuovo, nonostante sappia la tua risposta: vuoi diventare mia moglie? >> La ragazza rimase in silenzio, specchiandosi in quelle iridi castane, cercando di afferrare i pensieri che agitavano la mente dell'uomo che amava. Si avvicinò lentamente al viso dell'amato e lo baciò. Le loro lingue iniziarono ad intrecciarsi e ben presto anche i loro corpi. Giocavano, si cercavano con gli occhi, si stringevano l'uno all'altra, si baciavano come se fossero nati per far questo. Quando i primi raggi di sole sorpresero la stanza, illuminandola debolmente, i due innamorati erano distesi sul morbido letto a baldacchino. Chiacchieravano del più e del meno, ridevano, scherzavano. Vedendo che era l'alba, Lucien propose di fare un pisolino e Amélie fu d'accordo. Nonostante l'uomo avesse chiuso gli occhi e si fosse addormentato dopo pochi minuti, Amélie non riusciva a prender sonno. Continuava a esaminargli il volto, fermandosi ad ammirare ogni lineamento, ogni piccola smorfia che faceva nel sonno. “Non sarà uno dei più bei uomini che io abbia mai visto”, pensò, “ma una strana luce illumina il suo volto, qualcosa che non riesco a capire cosa sia, ma mi affascina molto.”
<< Non riesci proprio a dormire, vero? >> la sorprese la voce di Lucien, che aprì lentamente gli occhi. Amélie borbottò imbarazzata che non aveva sonno.
<< Ti ho vista, sai? Il modo in cui mi guardavi... >>
<< Come vi guardavo, Lucien? >>
<< Come io guardo te, con amore. >>
A quel punto Amélie capì cosa distingueva Lucien dagli altri: erano il suo sguardo, i suoi atteggiamenti, le cure che aveva nei suoi confronti che la facevano sentire protetta e amata. << Lucien... vi guardo così perché vi amo. E la mia risposta è sì. >> sussurrò con dolcezza stringendogli la mano. Lucien fece cenno di non capire a quale domanda si riferisse, ma improvvisamente uno scintillio brillò nei suoi occhi.
<< Hai davvero risposto sì? Dimmi che non l'ho sognato, amore mio, e sarò l'uomo più felice della terra. >>
<< Avete sentito bene, Lucien: sì. Voglio diventare vostra moglie. >>

  
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