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Autore: R e d_V a m p i r e     26/08/2014    2 recensioni
Il ragazzino che sale le scale a due a due non deve avere più di quattordici anni, è alto e allampanato come tutti i ragazzi della sua età che non hanno ancora smesso di crescere e non sanno di preciso cosa diventeranno; certo è, che a guardarlo già da ora, è più che chiaro a tutti che il giovane principe delle Terre del Sud sia stato baciato nella culla dalla Beltà in persona. Oltre ad essere un piccolo tornado che non riesce mai a stare fermo per più di qualche minuto.
Crescendo la sua voglia di vivere non è diminuita, così come non è scomparsa ma, anzi, aumentata la sua caparbietà. Soprattutto nel continuare ad andare a bussare a quella porta.
«Sei già in piedi oppure dormi ancora, pelandrone? Ti va di fare un giro insieme?»
[AU!Frozen - AoKi!Brotherhood - Accenni AoKi]
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Daiki Aomine, Ryouta Kise
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Do you want to build a snowman?
                                                                                   (i doesn't have to be a snowman)






Il bambino più piccolo sorride, eccitato, guardando il compagno di giochi intento a fare una delle sue meravigliose magie.
Fra le sottili dita scure i fiocchi di neve si addensano e vorticano velocemente su se stessi, fino a formare una palla di neve grande quanto il palmo della mano che la sorregge. Il suo creatore sbircia con circospezione lo spettatore di tale prodigio, ritrovandosi poi a sorridere per l'espressione di puro stupore e gioia che si riflette in quegli occhi dorati come il sole estivo.
«Aominecchi, facciamo un pupazzo di neve?» trilla, eccitato, sporgendosi verso il più grande con occhi spalancati e un sorriso che va da guancia a guancia, accentuando le adorabili fossette su quel visino infantile.
Daiki esita un istante, giusto uno, poi annuisce vivacemente e porge una manina fredda all'amichetto che la stringe forte nella sua coperta da una piccola manopola di un acceso giallo canarino. Ed è con una risata scampanellante che lo trascina via con sé.


Gli occhi blu sono spalancati e guardano con orrore il corpicino riverso a terra.
E' immobile, la sua pelle troppo pallida e fredda come la neve che lo attornia e gli fa da culla, ricoprendo il pavimento. Fra i capelli d'oro è comparsa una ciocca bianca che non può fare a meno di rimanere a fissare. Ha le labbra blu, una ragnatela di sottilissimi fili di ghiaccio si arrampica sul petto, proprio sopra il cuore, formando arabeschi ed eleganti ghirigori sulla stoffa che non lo riscalda più.
«Ryouta-kun... Ryouta!»
Sente la voce dei suoi genitori chiamare l'amico, ma non riesce a distogliere da lui lo sguardo neppure quando il padre lo prende fra le braccia e lo scrolla, senza ottenere risposta.
«Daiki-chan, cosa hai fatto...?»
Solo quando le mani di sua madre si poggiano con delicata disperazione sulle sue piccole spalle riesce finalmente ad alzare su di lei lo sguardo. Ed accorgersi di stare piangendo.


Kise ride, argentino, correndo lungo la scalinata che porta al piano di sopra. Sembra che nulla sia mai accaduto e, anche se adesso si ritrova con una strana ciocca bianca fra i capelli, sembra la stessa irruente piccola peste di sempre. Fuori nevica, finalmente, e non vede l'ora di andarlo a dire al suo amichetto per correre fuori a giocare insieme.
E' da così tanto tempo che non lo fanno più, e non capisce perché. Non comprende proprio perché Daiki non esca mai dalla sua stanza e non voglia più vederlo.
Ma lui ci prova, proprio come ogni volta, non ha alcuna intenzione di demordere forte della testardaggine che sembra in lui essere congenita al pari dei luminosi occhi dorati che fissano con ansia e aspettativa la porta della cameretta del più grande.
Rimane fermo per qualche istante e poi, preso un piccolo respiro che gli gonfia le guanciotte, si fa coraggio e bussa vivacemente contro il legno.
«Ehi, Aominecchi? Sei già sveglio oppure dormi ancora? Giochiamo insieme, dai!»
Solo il silenzio, però, proviene dall'altra parte. Proprio come ogni altra volta.
Il sorriso sul viso del bimbo si ridimensiona, diventando una smorfia triste, e la manina si apre appoggiandosi alla superficie di legno e scivolando piano verso il basso in una carezza rassegnata, quasi sperasse che chi è trincerato dietro di essa possa avvertirla.
«Da quando non ti vedo più... io mi sento tanto triste. Mi manchi molto, lo sai?» mormora, accucciandosi ai piedi della porta ed appoggiandovi le esili spalle, rannicchiato su se stesso.
Non sa che, dall'altra parte, il piccolo Aomine è seduto in una posizione speculare alla sua e serra con forza gli occhi, premendosi le manine gelide contro le orecchie per non sentirlo. Per evitare di venire trafitto anche da quel dolore.
«Tu sei il mio migliore amico! ...o forse no. Che cosa ti ho fatto?»
Suona tanto triste la voce di Ryouta, mentre nasconde il viso fra le braccia e trattiene le lacrime per non mostrarsi debole. Daiki gli sbotterebbe contro e di sicuro vorrebbe vederlo ancor meno di adesso.
Però è vero. Aominecchi è il suo miglior amico, non può buttare la spugna in questo modo e non tentare il tutto per tutto.
Allora il piccolo Kise balza in piedi, in tutta l'altezza data dai suoi sei anni, aggrappandosi con rinnovato vigore alla maniglia della porta e strattonandola, sebbene sappia che sia chiusa a chiave da dentro.
«Se... se me lo spieghi, poi possiamo fare un bel pupazzo insieme, che ne dici?» trilla di nuovo, speranzoso, borbottando la domanda contro la fessura della toppa che ne distorce la voce infantile.
Ma la speranza muore presto nei suoi occhi, nel sentire finalmente un cenno di vita dall'altra parte.
«Vai via, Kise.»
La voce di Aomine suona strana, soffocata, ma non per questo meno perentoria delle altre volte. Kise lascia andare la maniglia ed abbassa il capino, abbassando desolato le piccole spalle, prima di dare la schiena alla porta ed andare via.
«Ok, ciao.»
Il principino trattiene il respiro fino a che i passi dell'amichetto sono abbastanza lontani. Poi stringe forte le mani in pugni e le batte sul pavimento.
Piccoli fiocchi di neve continuano a cadere,  ricoprendo di bianco ogni cosa.


«Se indossi questi andrà tutto bene» mormora con voce morbida e rassicurante la Regina Madre, aiutando il figlio a indossare dei piccoli guantini azzurri.
Stringe le manine del suo bambino fra le sue, leggendo in quei profondi occhi blu tutta la disperazione e la paura di un bambino di otto anni che non riesce a capire cosa gli sta accadendo e perché proprio a lui.
«Celare, domare, non mostrare.»
Sussurra in una litania la donna.
Il bimbo prende un respiro, annuendo e guardando con terrore il padre alle spalle della donna che gli sorride, incitandolo ad essere coraggioso.
«Celare, domare, non mostrare.» ripete, con voce tremante, per poi indietreggiare di scatto quando la temperatura si abbassa di colpo e i muri della stanza si ricoprono di un reticolo trasparente di ghiaccio.
Fissa i genitori come un animale in gabbia, rintandosi in un angolino e stringendo forte le mani inguantate fra di loro.
«No che non andrà tutto bene, va sempre peggio!»
«Daiki-chan...»
«No! Non avvicinatevi! Non... non voglio farvi del male!»
Il Re e la Regina si guardano con apprensione. Nei loro occhi tutto il dolore per l'infelicità di quel loro, unico, amato figlio.


Il ragazzino che sale le scale a due a due non deve avere più di quattordici anni, è alto e allampanato come tutti i ragazzi della sua età che non hanno ancora smesso di crescere e non sanno di preciso cosa diventeranno; certo è, che a guardarlo già da ora, è più che chiaro a tutti che il giovane principe delle Terre del Sud sia stato baciato nella culla dalla Beltà in persona. Oltre ad essere un piccolo tornado che non riesce mai a stare fermo per più di qualche minuto.
Crescendo la sua voglia di vivere non è diminuita, così come non è scomparsa ma, anzi, aumentata la sua caparbietà. Soprattutto nel continuare ad andare a bussare a quella porta.
«Sei già in piedi oppure dormi ancora, pelandrone? Ti va di fare un giro insieme?»
Chiede, speranzoso come tutte le volte precedenti, dopo aver bussato con foga contro il legno che ha imparato a conoscere negli anni più dell'aspetto del proprietario della stanza.
Quasi non ricorda più com'è fatto il principe di Akita, nonostante siano stati insieme sin da quando può rammentare.
Eppure, ad un certo punto, qualcosa si è rotto. Non ha mai capito cosa sia successo per provocare un tale allontanamento fra di loro, un frattura che è sempre sembrata insanabile ma che non si è mai arreso all'idea di non poter guarire.
Sospira, picchiando la fronte contro la porta all'ennesimo silenzio di risposta. Non che si aspetti altro, ma un po' ci sperava.
«Mi annoio troppo, non ne posso più. Parlare alla servitù non è poi un granché.» prova a fare leva sui sensi di colpa, lagnandosi come tante altre volte ha fatto. Ma, anche questo, non ottiene alcuna risposta. Nemmeno prendere in giro i servi serve a qualcosa, anche se sono stati la sua unica compagnia in ognuna delle visite al Regno dell'amico.
«Giochiamo con la neve!» esclama, esasperato, battendo una manata contro il legno. «O come vuoi... ma esci di lì, ti prego.»
Solo e soltanto il silenzio, spezzato dal sordo ticchettio del pendolo alle sue spalle. Quella è stata la sua compagnia per otto, lunghi, anni passati a bussare senza ottenere il minimo accenno di risposta.
Indietreggia, guardando con tristezza quel muro che lo separa da chi è per lui tanto importante, nonostante tutto.
Forse, però, è arrivato il momento di arrendersi.


Avevano detto che sarebbero tornati presto. Avevano detto che sarebbe andato tutto bene e che non c'era nulla di cui preoccuparsi, anche se li aveva pregati di rimanere.
Di non lasciarlo solo.
«Bugiardi
Avevano mentito, come del resto sempre si erano ritrovati a fare.
Ed ora che il pesante velo nero viene calato sul ritratto dei Reali di Akita e nelle orecchie non ha altro che il rumore del mare e le parole di conforto del prete rivolte a due lapidi sulla scogliera bianca, comprende di essere rimasto davvero solo.
Sebbene Kise sia proprio lì, a qualche metro da lui, vestito a lutto e con lo sguardo basso mentre i Consiglieri annunciano che presto dovrà essere incoronato a nuovo Sovrano del Regno. ''Perché il popolo non può rimanere senza una guida, Vostra Altezza''.
Un sogghigno amaro, ferino, gli piega dopo anni le labbra che credeva essersi congelate insieme alla sua pelle ed il suo cuore.
Ma lui, ovviamente, .


Il ragazzo dai capelli dorati, ormai giovane uomo, esita nel chiudere la mano in pugno e finisce per poggiarla delicatamente contro la superficie lignea, ghiacciata più di quanto lo sia mai stata. Fa male, brucia quasi la pelle, ma non riesce a non cercare un minimo di contatto con colui che sa essere trincerato dall'altra parte.
«Aominecchi...» la sua voce suona rotta dai singhiozzi che si è sforzato di trattenere fino a quel momento.
Non sono i suoi genitori, ad essere morti, questo è vero. Ma il Re e la Regina sono sempre stati molto buoni con lui, quasi fossero degli zii, per il legame che ha da generazioni unito le due famiglie reali.
E può solo immaginare il dolore che adesso deve provare il suo amico. Il futuro regnante di Akita è rimasto del tutto solo, non ha più nessuno al mondo e si ritrova con un peso troppo grande per lui sulle spalle.
Lui, che non è mai uscito da quella stanza. Come farà?
«...puoi lasciarmi entrare? Prima eri sempre accanto a me. Vorrei capire perché proprio tu, non mi vuoi più insieme a te.»
Ci prova, ci prova per l'ultima volta a cercare di capire. Di capirlo.
Tira piano su col naso, chiudendo gli occhi da cui sgorgano calde lacrime che scivolano lungo la pelle chiara e si infrangono sul pavimento. Vorrebbe abbracciarlo perché, anche così, lo sente piangere insieme a lui malgrado tenti di nasconderlo.
Lo desidera con tutto se stesso, ma c'è quella dannata porta.
«Ed ora che farai? Rimarrai chiuso lì dentro, da solo? Quale... quale conforto potrai mai ricevere, se non-»
«Non voglio alcun conforto! No-n... non desidero la tua pietà!»
La sua voce sembra il ringhio di un animale selvaggio, arriva prepotente ed inaspettata e gli fa sbarrare gli occhi e quasi indietreggiare per lo spavento.
«Aominecchi... Daiki...» prova, appoggiando la mano sulla maniglia gelida.
«Va via Kise. Non voglio vederti.»
Il principe singhiozza ancora, cadendo seduto sulle ginocchia, appoggiando la fronte contro il legno e con essa i palmi di entrambe le mani ai lati del capo.
Non lo sa, non lo sa che la stanza a cui non può accedere è completamente ghiacciata ed in balia di una tormenta di neve. Come non sa che il giovane uomo dalla pelle scura che la abita da anni ha le mani appoggiate proprio dove le tiene lui, e rimane ad ascoltare il suo pianto mentre le piccole lacrime che sfuggono al suo controllo si cristallizzano sulle guance brunite prima di riuscire a toccare il suolo o le sue vesti.
«Ora tu mi manchi troppo...»
Trattiene il respiro, avvertendo ancor più freddo mentre pronuncia quella singola parola.
«Vattene.»
E, questa volta, sa che Ryouta gli ha dato ascolto.
Ora è realmente solo. Solo lui e il ghiaccio che gli scorre nelle vene. E il destino di un intero Regno nelle sue mani capaci solo di portare freddo e dolore.
Chiude gli occhi, stringendosi con forza nelle braccia senza riuscire a sentire alcun calore. Dietro le palpebre serrate può vedere ancora un sorriso splendente come sole, inalterato nonostante sia passato troppo tempo dall'ultima volta in cui l'ha potuto vedere e non solo percepire attraverso una porta, ed è a questo che si aggrappa.
E' rimasto solo, e questa sarà l'unica cosa che potrà donargli. La certezza di una vita al sicuro.
E' rimasto solo.  Ma è meglio così.




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Angolino di Red: è un male quando accade che le fissazioni ti si ripresentino a tradimento. Sottoforma di versioni maschili di certe canzoni adorabilmente tristi (anche se, ammetto, che Anna mi sta poco poco sulle scatole...)
Questo tentativo di crossover con Frozen non è niente di che, ma ho provato comunque a buttarlo giù. Devo dire che, nonostante le mie incertezze, non mi dispiace poi troppo com'è uscito. Sono ancora triste per tutti e due, poveri cuccioli.
Specifico che Daiki e Ryouta non sono fratelli, ma amici d'infanzia. Entrambi principi di due regni confinanti le cui famiglie reali sono sempre state molto unite, per questo il nostro Kise era così di sovente a rompere le scatole a casa dell'altro e ha partecipato ai funerali del Re e della Regina. Daiki risulterà un po' OOC, ma ho cercato di renderlo più coerente possibile con il suo personaggio e il timore di un bambino costretto a nascondersi per non essere chiamato mostro e non fare del male a nessuno.

Arh, non riesco proprio a scrivere cose felici e allegre mannaggiame.
Se avrò tempo, voglia, ispirazione, scazzo (soprattutto quello) magari proverò a scrivere qualcos'altro. O anche no.
Adesso passo e chiudo e torno a sciogliermi nella mia stanzetta - ci vorrebbero i poteri di Aomine/Elsa, ogni tanto...
AoKi ora e sempre, ricordate! Sì, sì, vado.
PisssandloveH
   
 
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