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Autore: MORGENSTERN_J    26/08/2014    2 recensioni
in questa breve ff ho voluto scrivere di un personaggio che molti vedono malvagio, ma che secondo me non è altro che la vittima di tutta la saga, quella a cui è sempre stata negata una possibilità.
per raccontarvi di lui ho iniziato dal suo ottavo compleanno e in questa storia suddivisa in più capitoli racconterò della sua vita mentre cresce.... vista dalla sua parte.
-Morgestern
P.S.le recenzioni fanno sempre piacere :)
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jonathan, Valentine Morgenstern
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Era un giorno come tanti, Valentine Morgestern si era alzato presto, come d'abitudine e si stava vestendo quando sentì un rumore nella vicina camera da letto. Si diete un'occhiata furtiva allo specchio stile rococò nella sua camera da letto. Indossava la tenuta tipica degli shadowhunters: una canottiera nera e pantaloni fatti dello stesso tessuto resistente e arricchito da rune della giacca, poggiata ordinatamente sul letto matrimoniale. Vedere la metà del letto perfettamente in ordine, vuota, fredda gli provocò una fitta di dolore appena sotto la runa parabatai.
 La sua mente era contraria ma il cuore vagava già nei ricordi della persona che aveva dormito in quel letto, la sua Jocelyn. La donna che aveva amato al primo sguardo,non troppo alta, con una chioma rossa che incorniciava un volto fiero, dagli occhi verdi, la bocca carnosa e un fisico snello , la sua qualità preferita erano le mani da artista, e gli piaceva anche il modo di parlare che aveva, quel fantastico accento britannico. 
Il loro amore era sbocciato come una rosa a maggio, splendido e onnipresente, ma proprio come i petali di una rosa mossa dal vento lei gli era scivolata dalle mani. Otto  anni prima, infatti, lo aveva abbandonato, la SUA Jocelyn, sì perchè era ancora sua. E l'avrebbe riavuta a costo di ridurre in cenere l'intero mondo e cercarla tra le macerie.
Con una scrollata di spalle si ricompose: lui era Valentine Morgestern e tutto ciò che voleva lo otteneva ,prima o poi. 
Si diresse nel bagno e si passò le dita tra capelli. Erano biondo argenteo, il che gli era sempre piaciuto, con il suo incarnato e i suoi lineamenti scolpiti lo facevano sembrare quasi etereo, il che non guastava. Si osservò nello specchio e il riflesso che vide fu di un uomo fiero e possente, con gli occhi decisi e il portamento da guerriero, come ci si aspetterebbe da un vero leader. 
Scese se scale a due a due e si diresse nella cucina passando per il corridoio; il corridoio consisteva in una stanza rettangolare con quattro porte per ogni lato lungo, intervallate da altrettanti ritratti dei suoi avi, che secondo lui ispiravano fierezza e gli ricordavano la sua missione: preservare la specie più importante di tutte, gli shadowhunters. 
Era cresciuto con l'idea della purezza, con i metodi educativi a volte troppo bruschi di suo padre, ereditati egli stesso dal suo. Voleva bene a suo padre, certo, a lui doveva tutto; dal suo metodo di combattimento, alla sua compostezza e al suo ingenio in strategia, ai suoi ideali, accentuati però dall'odio verso le sottospecie che in quel periodo acquistavano sempre più fiducia e ammirazione da parte del conclave: i nascosti. 
Con la testa ancora persa nei ricordi, entrò nell'ultima porta a destra, la cucina e con fare naturale si preparò velocemente un caffè senza zucchero e mise sul tavolo latte miele e fette biscottate per suo figlio. Jonathan Christopher Morgestern.
 Il suo esperimento meglio riuscito si ripeteva in continuazione, eppure non riusciva ad amarlo come si amano i propri figli; Jonathan era un guerriero già a otto anni, certo, ma aveva una crudeltà dentro che faceva temere a Valentine per il suo futuro. Tutto il contrario dell'altro suo figlio, se Jonathan Morgestern era tutto ombra e crudeltà, Jonathan Herondale invece era luce e debolezza, non fisica, ma piuttosto sentimentale. D'altronde uno era figlio dell'ombra e uno della luce. 
Finito il caffè andò nel suo ufficio. Adorava quella stanza: aveva le pareti di pietra e il pavimento in granito, mobili antichi neri e marroni con intagliate rune  argentate. Di fronte alla porta c'era l'unica finestra della stanza. Enorme e incorniciata da dei fiori oro dipinti da Jocelyn molti anni prima. La vista era sbalorditiva. La casa si trovava a valle di una piccola catena montuosa, confinava a nord, est, ovest con colline che si facevano sempre più ripide, di verdi diversi, qualcuna spoglia qualcun'altra ricca di piante particolarmente luminose. A sud si trovava un lago, non troppo grande ma di una bellezza particolare. Emanava un'aura misteriosa, le acque erano rese scure e spettrali dal fondo di sabbia vulcanica mischiato alle tipiche alghe di Alicante; tutt'intorno erano cresciute delle piante tipiche di Idris, che di notte tramutavano la verde clorofilla in luce argentata. Era stato lì notti intere ad attendere una chioma rossa che si faceva strada nella stradina ghiaiosa costeggiante il lago; nelle prime settimane non voleva pensare che Jocelyn lo avesse abbandonato e continuava a ripetersi che sarebbe tornata. Man mano che i mesi passavano la sua disperazione aveva lasciato spazio ad attacchi di rabbia furiosa, l'amore invece non era mai diminuito ma da spensierato e sincero era divenuto un paranoico bisogno di possesso. Voleva Jocelyn, era sua, le apparteneva. 
Ripetendosi questa frase si diresse alla scrivania, era una lastra di mogano sorretta da angeli, o come sosteneva lui, shadowhunters che schiacciavano demoni e nascosti di ogni genere. Si sedette e diede un'occhiata alle scartoffie che teneva sul piano. Erano più che altro schemi e relazioni in lingue diverse: da quelle latine e greche a quelle demoniache.
Mentre scriveva formule e rune per provarle nei suoi esperimenti, la porta si aprì e una testolina biondissima fece irruzione nella stanza.
-Buongiorno padre..- 
- Jonathan non puoi entrare qui- lo interruppe Valentine- vai a vestirti con la tenuta da battaglia, oggi per il tuo compleanno ti darò una lezione sul combattimento. Ti aspetto tra mezz'ora in palestra.-detto ciò riportò i suoi occhi sui fogli sparpagliati sulla scrivania degnando il figlio di un'occhiata veloce.
Suo figlio gli assomigliava molto, aveva la sua corporatura e i suoi lineamenti, fatta eccezione della bocca, quella era senza dubbio di jocelyn. Di lei aveva anche le mani all'apparenza delicate e da artista, ma nella pratica erano capaci di uccidere e combattere. L'unica cosa che non aveva in comune né con Valentine né con Jocelyn erano gli occhi, l'iride e la pupilla erano completamente neri, simbolo della sua natura demoniaca.

Jonathan non se lo fece ripetere due volte chiusosi la porta alle spalle salì di corsa la scala e piombò in camera sua come se qualcuno lo stesse inseguendo. Si cambiò in tutta fretta e prima di raggiungere il padre al piano superiore, in palestra, sistemò un po' la sua camera. Valentine gli aveva insegnato che l'ordine che circonda uno shadowhunters favoriva la sua concentrazione, al contrario del disordine tanto amato dal bambino. Erano poche le volte in cui suo padre gli regalava qualcosa e il giorno del suo compleanno era sempre uno di quelle. Per uno shadowhunter normale a quell'età era ancora troppo piccolo per iniziare ad allenarsi, loro iniziavano infatti a dodici. Ma Jonathan sapeva di essere diverso, migliore e il suo duro allenamento, sia teorico che pratico era cominciato esattamente un anno prima. 
Si diresse alla porta e diede un ultimo sguardo alla stanza. Era una normale stanza di un bambino: pareti bianche e letto azzurro e blu. Vicino al letto c'era un comodino in legno chiaro e difronte un armadio riccamente ornato di rune: del riposo, della pace, di difesa, che il piccolo Jonathan aveva dipinto quando aveva sette anni. Una finestra  illuminava la stanza e una scrivania in mogano elaborato. L'unica cosa che la distingueva da un normale cameretta erano le armi poggiate un po' ovunque. Secondo Jonathan erano splendide e soprattutto erano utili. Stava imparando l'arte delle spade angeliche in quel periodo e quindi poggiati sul comodino c'erano tre libri: “le spade angeliche:trucchi e curiosità”, “la tecnica delle spade angeliche”, “le armi di uno shadowhunter”. 

Valentine Morgestern entrò nella palestra mezz'ora dopo la visita del figlio in ufficio.
La palestra si estendeva per quasi un intero piano ed era fornita di ogni arma o esercizio che uno shadowhunter rispettabile doveva avere, secondo il pensiero di Valentine.
Notò che il bambino aveva fatto colazione, sull'angolo della bocca infatti aveva un baffo da latte e lungo il mento aveva delle briciole. Percepì l'impulso di punirlo per il suo mancato ordine ma si ripeté che era il suo compleanno e quindi almeno oggi avrebbe cercato di non punirlo.
-posizionati nel centro- disse brusco.
-subito padre- con un passo veloce e un po' incerto Jonathan si posizionò nel centro della palestra, delimitato da un cerchio bianco. 
Prendendo un manichino si posizionò di fronte al piccolo e con un movimento fluido e preciso infilzò il manichino con un pugnale.
-in questo punto è possibile uccidere un uomo spezzandogli la spina dorsale e trafiggendogli il cuore- disse soddisfatto Valentine, con un ombra di malvagità negli occhi che ricordavano le tante volte che lui stesso aveva usato quella mossa.
Jonathan rimase immobile cercando di assimilare ogni mossa che il padre gli aveva mostrato.
-ora prova tu- esclamò Valentine porgendo il pugnale dalla parte dell'elsa e posizionando il manichino in modo che desse la schiena a Jonathan. 
Il piccolo prese il pugnale, troppo grande per le sue mani ancora da bambino, ma cercò di imitare il padre, infilzando la schiena inerme del manichino come aveva fatto lui.
-non ci siamo- clack! Un manrovescio fece cadere il piccolo Jonathan in ginocchio – riprova con più forza, così lo graffieresti soltanto-.
Eccola, quello era il tono di voce che Jonathan odiava più al mondo, quello della delusione, e di conseguenza della rabbia che presto avrebbe oscurato il volto del padre. Jonathan obbediente riprovò ancora e ancora, fino a quando, con una guancia tendente al viola e del sangue secco sul labbro rotto, suo padre annuì gravemente aggiungendo -ce l'hai fatta. Domani ucciderai il tuo primo nascosto con quella mossa, e sarà un lupo mannaro. 



-Alessia.
   
 
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