Un “click” e la macchinetta del caffè entrò in funzione. Yelahiah osservò il liquido scuro scorrere nel tubicino trasparente e versarsi nella tazza sottostante, prese l’oggetto riuscendo a bere sì e no metà del contenuto prima che la premura lo costrinse a (ri)guardare il tavolo e chi rannicchiato sopra di esso vi dormiva serenamente. Non era una novità trovare cose strane alla mattina, residui di inimmaginabili scorribande notturne e ormai credeva che niente l’avrebbe impressionato. Almeno fino a dieci minuti prima. Quando, raccolte le saliere trovate a frammenti sotto il lampadario (Questo lievemente allentato dal soffitto) si era diretto in cucina per gettare i cocci, rischiando di provocare una seconda deflagrazione per colpa di una bottiglia finitagli sotto il piede, dovette scansarne un paio a suon di piroette ma bene o male riuscì nell’impresa, il tutto nel totale silenzio. Dopo di che si voltò e per un pelo non fece un salto. Da che sapeva le creature celesti, angeli o demoni che siano, non dormono e non ne sentono il bisogno. Per cui ritrovarsi il proprio alter ego sonnecchiante sul tavolo, per di più abbracciato ad una bottiglia di vodka (vuota per i ¾) fu a dir poco sconcertante. L’angelo lo squadrò per un attimo, stabilendo che non era il caso di lasciarlo così, se la Master l’avesse visto… Be’ minimo gli avrebbe rotto la bottiglia in testa. E poi si trattava sempre di suo fratello. Gli si avvicinò, sfilandogli con delicatezza l’oggetto dalle mani, non sia mai che l’altro si svegliasse.
Raccolse e gettò anche le bottiglie, infine non trovando nulla da fare pensò di concedersi un caffè nella speranza di distrarsi.
Dal suo giaciglio il caduto aprì lentamente un’occhi o, riconoscendo a stento il profilo dell’angelo.
Raccolse e gettò anche le bottiglie, infine non trovando nulla da fare pensò di concedersi un caffè nella speranza di distrarsi.
Dal suo giaciglio il caduto aprì lentamente un’occhi o, riconoscendo a stento il profilo dell’angelo.
- Ciao fratellino. Lo salutò, la voce impastata dal sonno ridotta a un sussurro. Yelahiah chinò la testa di lato, strano che non cercasse di ucciderlo, di norma non avrebbe esitato soprattutto in una situazione del genere.. . – Ben svegliato, Tromès . SI limitò a dirgli atono, notando come le labbra del caduto si piegarono verso il basso, in quello che ricordava un broncio. In effetti a Tromès per qualche ragione fece sconforto sentirsi rivolgere un tono simile. – Dannazione…siete sempre tutti così … Sussurrò lasciando la frase a metà. Richiuse gli occhi, Freddi, voleva dire freddi, ma si accorse che la cosa che si trovava sotto era fredda, e il freddo contro la sua pelle era piacevole, quindi non sarebbe stato l’insulto che pensava. La voce di Yelahiah, leggermente più morbida, lo tirò su dalla catena di pensieri. – Ce la fai ad alzarti? Riaprì gli occhi incrociando quelli celesti dell’angelo che sebbene non lo desse a vedere, cominciava già a preoccuparsi dello stato del caduto. Riluttante Tromès alzò il busto, sedendosi a gambe incrociate, muovendo gli arti con lentezza e titubanza, dettaglio che non sfuggì all’angelo. Certo Trom era irragionevole però da lì ad arrivare ai livelli dei mortali ce ne voleva… Intanto, dietro gli occhi gialli di Tromès il mondo ondeggiava . - Un acquario…Siamo in un acquario, giusto? Domandò massaggiandosi le tempie, ignorando il suo contrario che si era avvicinato e ora si trovava a pochi centimetri da lui. – Sei ubriaco. Sentenziò l’angelo . –C-cosa…? Il caduto non afferrò la parola anche se qualcosa dentro di lui gli suggeriva di tirare un bel rovescio al pollo per avergliela detta. – In ogni caso… Proseguì alzando il tono della voce. – Si può sapere che cazzo di ore sono? Yelahiah trattene un sospiro, ancora faticava a credere che l’altro si fosse ubriaco sul serio. – Le sette del mattino. Rispose tendendogli una mano, il caduto prese l’arto andando a sbattere addosso al petto dell’angelo. – Forse ho esagerato… Mormorò senza staccarsi dal quel corpo che era tanto caldo da farlo sentire stranamente bene… - Quanto hai bevuto? Gli chiese Yelahiah, indeciso se essere più sconvolto o arrabbiato per l’improvviso comportamento. Tromès alzò lo sguardo – Come se ti importasse. E fece ricadere il capo sulle spalle dell’angelo, aspettando di sentirsi dire quelle parole che tanto bramava. Invece non arrivò niente di diverso dal silenzio seguito dalla sensazione di essere trasportato. – Resta qua. Gli disse Yelahiah tornando con in mano un bicchiere pieno d’acqua. Alla vista del liquido il caduto arricciò il naso, in una chiara manifestazione di disgusto . – Scordatelo. Ringhiò –Come vuoi. Disse secco l’angelo poggiando il bicchiere sopra ad un comodino ed uscendo dalla stanza. Tromès lo ignorò totalmente, sdraiandosi sul divano per non dare la possibilità all’altro di accomodarcisi.Senza preavviso l’angelo tornò pochi minuti dopo portandosi dietro una tinozza in plastica, ci si vedeva l’acqua agitarsi dentro. – Non osare pensarci! Esclamò il caduto acquattandosi al lato opposto del sofà , gli occhi spalancati. Yelahiah a stento trattenne una risata; per certi versi Trom ricordava fin troppo bene un gattino… - Tranquillo non voglio farti la doccia. Sospirò avvicinandosi. – E io sono così idiota da crederti. Ribatté il caduto alzandosi di scatto. Per fortuna l’angelo si aspettava la reazione ed ebbe i riflessi pronti per trattenere l’altro, evitandogli una vergognosa caduta. – Adesso stai calmo e fidati. Gli disse l’angelo, iniziando a far sollevare l’acqua dalla tinozza, facendola poi scorrere sulla fronte del moro, sperando di dargli almeno un po’ di sollievo.
Da un lato l’istinto gridava a Tromès di saltare addosso al biondo e massacrarlo fino a fargli sputare ogni singola goccia, mentre, al lato opposto una vocina correva in tondo sbracciandosi bisognosa di sentire quelle parole. “Non tutto va secondo i propri desideri” Si mise le mani fra i capelli, merda, aveva bevuto fino a crollare per cancellare quello stupido discorso e neanche adesso voleva lasciarlo in pace. Sentì una mano posarsi sulla spalla. – Trom… Il caduto voltò il capo, colpito all’improvviso da uno strano calore all’altezza del petto. Erano millenni che l’angelo non gli si rivolgeva con una voce così …affettuosa? Qualsiasi cosa fosse gli aveva fatto passare ogni voglia di far del male all’altro, ora desiderava soltanto continuare a ricevere quell’emozione. Attese che Yelahiah gli si sedesse accanto per aggrapparsi al suo braccio e posare la testa contro la sua spalla. L’angelo chinò il volto verso il suo e le loro fronti si toccarono. – Non farci l’abitudine...ricorda che un giorno ti strapperò quelle alucce da pollo.. Borbottò Tromès sprofondando sempre più contro il petto dell’angelo. Chiuse gli occhi, perdendosi il meraviglioso sorriso di Yelahiah e la carezza che gli fece. – E tu ricorda che volere affetto non è una debolezza... un giorno te ne renderai conto anche tu, fratellino.