Storie originali > Horror
Ricorda la storia  |      
Autore: Black Iris    27/08/2014    2 recensioni
ciao a tutti!
questo è il mio primo tentativo in assoluto di horror, non ne ho mai scritti prima e infatti la storia è corta, ditemi cosa ne pensate e se potete, per favore, datemi anche dei consigli perché sono totalmente negata in certa roba ;P
dal testo:
Quando si riprese sembrava passato tantissimo tempo. Il parco che aveva visto all’inizio sembrava scomparso. Al suo posto c’erano solo lastre di ghiaccio che coprivano l’erba e le panchine e anche i salici piangenti erano scomparsi. Allora capì: il ghiaccio si sarebbe divorato tutto, avrebbe preso ogni singola parte della città e non avrebbe lasciato un solo posto in cui potessero aleggiare ancora i bei ricordi della sua infanzia.
Genere: Horror, Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Ghiaccio. Intorno a lei ghiaccio. Non c’era niente che pareva essere quello che i suoi occhi avevano visto, non c’era niente che le ricordava il luogo in cui giocava fino al giorno prima. Ovunque appoggiasse il piede una lunga ed elaborata rete di ghiaccio si espandeva e copriva ciò che aveva di più caro al mondo. La città era diventata una grande e  solida montagna fredda, indistruttibile.
Le persone intorno a lei non si muovevano più. Avevano un colorito azzurro e fiocchi di neve tra i capelli. Sembravano delle fragili bambole di vetro. Ne toccò una, la spinse in verità. Si chiedeva se toccandole avrebbero risposto. Il risultato che ottenne fu frantumare in mille pezzi la sua migliore amica. Cadde al suolo, rigidamente e al contatto si spaccò. I frammenti di ghiaccio colpirono la piccola bambina facendole male al volto e lasciandole dei sottili graffietti sulle guance. Il sangue le colava fino alla bocca e il sapore dolce del liquido rosso faceva più risalto con quello delle sue lacrime.
Era disperata. Qualunque cosa toccasse o vedesse si trasformava in ghiaccio. Il bianco aveva totalmente divorato la città e le persone. Era rimasta lei da sola, piccola bambina di dieci anni a vagare alla cieca alla ricerca di un aiuto.
Poi a d un tratto riconobbe il parco, leggermente meno freddo degli altri.
Vi entrò senza paura. Era molto più bello visto in quel modo. Tutto brillava, i salici piangenti sembravano pioggia di lastre, le panchine, ghiacciate anche quelle, erano state come ingoiate dal ghiaccio. Poco lontano da lei c’erano le altalene, solo due. Erano la sua giostra preferita. Vi si sedette senza pensarci troppo e le catene cominciarono a prendere un colore azzurro e a diventare fredde, ghiacciavano anche quelle. Cominciò a dondolarsi lentamente perdendosi nel rumore delle catene che cigolavano.
Quando si riprese sembrava passato tantissimo tempo. Il parco che aveva visto all’inizio sembrava scomparso. Al suo posto c’erano solo lastre di ghiaccio che coprivano l’erba e le panchine e anche i salici piangenti erano scomparsi. Allora capì: il ghiaccio si sarebbe divorato tutto, avrebbe preso ogni singola parte della città e non avrebbe lasciato un solo posto in cui potessero aleggiare ancora i bei ricordi della sua infanzia.
Corse a casa, dal parco conosceva la strada. Anche lì tutto era diventato irriconoscibile, coperto da quel colore che ora le sembrava orribile.
Aprì a fatica la porta. Tutto dietro di lei stava ghiacciando velocemente.
Suo padre era lì, davanti a lei, seduto sulla sedia, i gomiti sulla tavola, la testa tra le mani.
-sei in ritardo- disse con una voce che non pareva la sua, -quante volte ti ho detto che non devi fermarti a giocare, ma tornare a casa-. Camminò indietro, capì subito che non si trattava di suo padre.
-chi sei tu?- chiese tremante.
-sono il tuo adorato papà, non è evidente?- teneva ancora la testa tra le mani.
-no, non è vero..- disse cercando di rafforzare la sua vocina.
L’uomo si alzò in piedi, mostrando il volto. No, non era suo padre. Il volto era quello, ma la voce e lo sguardo erano tutta una cosa diversa.
L’uomo andò verso la ragazzina, le prese un braccio e cominciò a strattonarla.
-lasciami, mi fai male!- protestò lei cercando di liberarsi. E ci riuscì. Sfilò via dalla ferrea presa di quel uomo.
Corse fuori di casa. Ovunque mettesse piede sentiva il ghiaccio formarsi compatto sotto le sue scarpe. Tremò all’idea che era lei a provocare quelle lastre.
Corse forte, ma ormai non sapeva più dove si trovava, intorno a lei solo pareti di ghiaccio, la città aveva perso le sue forme originarie e questo significava che lei non sapeva da che parte stava andando.
-tanto non puoi scappare da me- disse gridando a se stessa, ma non con la sua voce. Quella frase le salì dal basso e si pronunciò da sola, contro la sua volontà.
-adesso io controllo te- disse più forte.
Sentiva sempre di più che era qualcun altro a parlare e che lentamente stava perdendo il senso del tatto, non sentiva più il freddo e neanche il vento in faccia. Il ghiaccio sotto i suoi piedi perse consistenza, come tutto intorno a lei. Non poteva più controllare i suoi movimenti,era rigida, come il ghiaccio che non si scioglie.
-ma chi sei tu?- chiese con l’ultimo fiato che aveva in gola.
-io?- si rispose da sola, -io sono il male, io sono te-.
  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Horror / Vai alla pagina dell'autore: Black Iris