Midsummer night’s Lady
“Studio
delle creature
oscure, di Hermione Granger.”
Ok.
Bene.
Bell’inizio.
…
Maledizione.
A lei e a quel dannato esaminatore
romp...
Basta
parolacce, Herm,
ancora una e farai cadere dal cielo metà degli angeli. Anzi,
probabilmente tutti.
Sbuffando la graziosa ragazza
ventenne lanciò il plico di
pergamene che aveva fra le mani sulla scrivania su cui si era malamente
semisdraiata col busto, maledicendosi per l’ennesima volta in
mezz’ora.
Avrebbe dovuto imparare a controllare
la propria sete di
sapere e la voglia di arrivare sempre prima in tutto o sarebbe
impazzita.
Dannato il momento in cui aveva
deciso di chiedere al
professor Simmons, famoso Auror che da qualche anno si occupava
dell’addestramento degli apprendisti al posto del compianto
Moody, se c’era un
modo per superare il solito Eccezionale all’esame finale.
Certo che c’era.
E Simmons era così
orgoglioso della sua praticante preferita
che subito le aveva assegnato il compito.
Si trattava di un’assurda
relazione che andava basata su
un’esperienza personale nell’ambito delle Arti
Oscure.
Arti Oscure.
Lei.
La migliore amica di Harry Potter, al
quale non importava
nulla del voto di Teoria e che perciò non faceva altro che
lanciare Incantesimi
a destra e a manca nella Sala delle Esercitazioni invece di aiutarla.
Mah.
Sospirando Hermione si
passò una mano fra i folti riccioli
scuri tentando di placare il tremendo mal di testa che
l’aveva assalita. Aveva
ancora una settimana di tempo per la consegna del manoscritto;
già un mese era
passato dalla sua chiacchierata con Simmons e ogni volta che lo
incrociava gli
assicurava che tutto stava procedendo per il meglio.
Se solo avesse saputo cosa
fare.
Quell’esame era decisivo
per la carriera che aveva deciso di
intraprendere in futuro, doveva prendere il massimo, non poteva
permettersi
errori.
Ron, che lavorava al negozio di
scherzi di suo fratello
George da quando Lord Voldemort era stato sconfitto, continuava a
ripeterle di
non preoccuparsi, ché alla fine tutto si sarebbe aggiustato.
Povero
ingenuo! E io
povera cretina!
Sbatté una mano sulla
scrivania, facendo sobbalzare i
silenziosi lettori che riempivano
Una cupa illustrazione
attirò i suoi occhi marrone chiaro
sulla antica pergamena del libro e lei si accorse solo in quel momento
di aver
maltrattato una rarità.
Mordendosi preoccupata il morbido
labbro inferiore,
controllò di non aver fatto danni e alla fine prese a
leggere, rilassandosi
contro la spalliera imbottita della sedia.
Benché
le Fate siano
creature leggiadre,
famose per il loro amore per la natura, non tutti sanno che anche loro,
come
tutte le creature di questo mondo, possiedono un lato oscuro.
Poveri viandanti ignari, che vagano
senza
meta per i cupi boschi nella notte di mezza estate in cerca di
chissà quali
misteriosi –e inesistenti- poteri... Le Fate seducono,
ammaliano... una sola
Signora nelLa notte aspettano e chi osa tentare di ingannarle non
vedrà la luce
rosata dell’alba del giorno dopo.
Hermione
inarcò incuriosita un
sopracciglio, poi diede un’occhiata più
approfondita all’illustrazione,
riconoscendo in quei tratti stilizzati una figura di donna alata
coperta da un
tessuto bianco.
Non aveva mai letto
di una simile...
leggenda e la cosa la incuriosiva. Specialmente per le parole
“lato oscuro”,
che da subito avevano attirato la sua attenzione.
Notte
di mezza estate... fra qualche giorno. Mi chiedo se fare una
visitina alle Fate mi aiuterà. Chissà se qualcuno
è disposto ad
accompagnarmi... Il dito indice della mano destra scorse
impaziente la
breve didascalia che descriveva il disegno; in quel punto la pagina era
rovinata... come se gocce d’acqua vi fossero cadute sopra
decenni prima
sciogliendo l’inchiostro antico, ma si riusciva ugualmente a
leggere le parole
più importanti.
...
e, Regina delle Fate del Galles...
Qualcuno
ha disegnato
...
scritto e disegnato da Alicia ...
y,
Signora della notte ... mezz... estate nell’anno del Signore
16... 3.
*°*°*°*
Tornando a
casa,
quella sera,
Hermione continuò a pensare al viso dai tratti decisi
dipinto
nell’illustrazione del libro. Rischiò addirittura
di sbagliare camino d’arrivo quando
dal Ministero usò
Scuotendo la testa,
aprì il
rubinetto della doccia e si rilassò sotto il getto quasi
bollente, appoggiando
per qualche istante la fronte alle piastrelle fresche per calmare il
pulsare alle
tempie. Il mal di testa pian piano la stava abbandonando; il fresco
profumo del
suo sapone alla menta e l’acqua calda contribuirono a
rilassarle i muscoli
irrigiditi dalla tensione e man mano che Hermione si lavava via le
fatiche
della giornata appena trascorsa era sempre più convinta che
il suo fosse un
piano geniale.
Ovviamente sola non
poteva andare
in quei boschi; la prima cosa che le avevano insegnato era che non
bisognava
mai affrontare una missione da soli. E quella per lei era
una missione.
A Hermione
però non andava di
chiedere aiuto a Harry, così occupato tra i suoi di esami e
il fidanzamento
quasi ufficiale con Ginny Weasley.
Sospirando la ragazza
chiuse il
rubinetto e uscì dalla doccia, avvolgendosi in un morbido
asciugamano.
Arrivata in camera,
si buttò a
pancia in giù sul letto, facendo sobbalzare
l’anziano Grattastinchi che adorava
dormire sul caldo copriletto blu della sua padrona.
Il gatto
aprì un occhio dorato,
puntandolo sulla ragazza, e soffiò in un modo molto poco
convincente. Non ottenendo
risultati, riabbassò la palpebra e tornò a
ronfare, infischiandosene del
disagio di lei.
Sveglia,
Herm, non ti addormentare!, si disse dopo qualche minuto
di relax totale strusciando le braccia nude sulla coperta.
Ok,
diamoci da fare!
Un quarto
d’ora dopo era pronta,
il Witch Inn l’aspettava.
Come tutti
i sabato
sera quel
locale era un caos, ma in quel specifico sabato sera lo era ancora
più del solito.
Conosciuto da mezza Londra come classico rifugio per disadattati, in
realtà era
il posto giusto per chi cercava compagnia oppure per chi aveva affari
non
proprio leciti da concludere.
Hermione
salutò con un cenno del
capo il buttafuori Mezzogigante, Ralph, il quale doveva uno o due
favori ad
Harry e che perciò non le dava mai noie.
Tutti i clienti
abituali del Witch
Inn sapevano che Hermione era un’aspirante Auror, ma
fintantoché non avesse
creato guai a nessuno la lasciavano in pace; anzi, molti di loro
più volte
avevano tentato di portarsela in una delle stanze del piano di sopra,
ma ormai
Jim, il proprietario, l’aveva presa sotto la proprio ala
protettiva. Uno
sguardo dell’uomo verso Ralph bastava a far sparire
l’insolente corteggiatore
di turno in un batter d’occhio.
Appena entrata, la
ragazza fu
subito assalita dal fumo bluastro che era la decorazione perenne del
pub; tossì
un paio di volte, quindi attraversò di volata
l’ingresso salutando con un
sorriso Madama Dejanira, una Veggente dalle dubbie capacità
precognitive e
dall’indubbia capacità di spillare soldi al
credulone di turno.
Qualche spintone,
palpata e
gomitata più tardi, Hermione riuscì a
conquistarsi un posto all’angolo del
bancone incredibilmente pulito e lustro. Con la coda
dell’occhio vide che
Madama Dejanira si stava avvicinando al prossimo cliente
e un altro sorriso le spuntò sulle labbra truccate con un
rossetto scuro.
“Buonasera,
zuccherino, cosa ti
porto?”
Hermione
voltò la testa verso
l’inconfondibile voce. “Ciao Jim. Ho tanta, tanta
fame!”
L’uomo, che
dimostrava una
cinquantina di anni, ma che probabilmente ne aveva parecchi di meno,
annuì e si
voltò verso l’apertura nel muro che da dietro al
bancone dava nella cucina.
“Kip, razza di scansafatiche buono a nulla, prepara un doppio
cheeseburger con
patatine e bada che sia tutto ben fatto se non vuoi che venga a
suonartele!”,
muggì sovrastando con la sua voce poderosa il casino del pub.
Poi tornò
a guardare Hermione, in
viso un’espressione dolce come quella di un agnellino.
“Hai fatto progressi?”,
le domandò mentre serviva una pinta di Firewhiskey a un
tizio incappucciato che
prese a bere attraverso una cannuccia fucsia.
“Forse
sì, ma te ne parlerò più
tardi! Prima voglio mettere qualcosa sotto i denti e aspettare che si
plachi
questo casino. Ma che succede stasera?”, gli urlò
lei in risposta afferrando al
volo la bottiglia di Burrobirra che il barista fece scivolare sul
bancone.
“Un addio
al celibato, o qualcosa
del genere.”
“Qui?!”
“Sì,
a quanto pare la
spogliarellista ha avuto un imprevisto, così sono venuti
qui.” L’espressione
scettica di Hermione lo fece ridacchiare. “Se non sbaglio
sono stati attirati
dalla presenza di Madama.”
Ah,
questo è certo, pensò la ragazza
accogliendo con sollievo il
piatto che poco dopo Jim le piazzò sotto il naso.
Madama Dejanira
chiedeva la
bellezza di venti galeoni per ogni cosiddetta profezia, e due decimi
dei
guadagni della serata finivano dritti nella cassa del pub. Ottima
collaborazione, in fin dei conti.
Gemendo di piacere
Hermione si
ficcò in bocca una patatina straunta, riempiendosela
più di quanto non avesse
già fatto con il boccone enorme di hamburger che aveva
appena preso.
“Tesoro, se
non ti vedessi ogni
settimana direi che a forza di mangiare così tanto presto
avrai la stazza di
una grassa vacca. Devi avere il metabolismo veloce”,
sbottò Jim esasperato
quando notò che come sempre la sua cliente preferita aveva
divorato un panino
grande quanto la sua mano in pochi morsi affamati. Ma il corpo morbido
e snello
della ragazza non aveva mai avuto problemi in quel senso.
Hermione scosse la
testa divertita
mentre si puliva educatamente le mani in una salvietta di carta; ora
che i
crampi che le attanagliavano lo stomaco erano stati placati poteva
mangiare con
più calma il contorno di patatine.
Verso le undici il
pub cominciò a
svuotarsi lentamente; come sempre i clienti erano in cerca di piaceri
che gli
alcolici non potevano dare, e finalmente Hermione poté
parlare con un tono di
voce quasi normale.
Mentre chiacchierava
del più e del
meno con Jim e il suo apprendista a Hermione parve di intravedere con
la coda
dell’occhio una persona che conosceva, ma alla fine decise
che doveva essersi
sbagliata. Di brutto.
“E
così cerchi qualcuno che ti
accompagni in questa allegra scampagnata per boschi”,
brontolò Jim asciugando
furiosamente una brocca con un panno candido, “forse conosco
qualcuno che
potrebbe aiutarti. Ha avuto qualche problema sul posto di lavoro e
perciò è
libero per un mesetto.”
Interessata, Hermione
sgranocchiò
l’ultima patatina. Non era importante che ad accompagnarla
fosse qualcuno che
lei conosceva, le bastava il fatto che fosse amico di Jim.
Con un ampio gesto
della mano Jim
chiamò la persona in questione; Hermione si girò
per accoglierlo con un bel
sorriso e magari con un saluto amichevole… ma tutto
ciò che riuscì a fare fu
spruzzargli addosso il sorso di Burrobirra che aveva appena preso.
No!
*°*°*°*
Un gelato.
Lui le aveva offerto un dannato
gelato
Babbano che
aveva pagato con
soldi Babbani.
D’accordo,
il mondo si è capovolto e io non me ne sono accorta,
pensò Hermione lanciando un’occhiata sospettosa al
suo accompagnatore.
Accompagnatore molto biondo, molto
alto… e
orribilmente
irritante, com’era quando lo aveva visto per
l’ultima volta tre anni prima.
In quel momento
l’essere si stava
godendo il proprio gelato alla menta, ignorando di proposito la ragazza
che
passeggiava al suo fianco.
Bruscamente Hermione
riportò la
propria attenzione sul marciapiede ingombro di ragazzini, decidendo che
era
meglio finire il gelato prima di tirarglielo addosso in un impeto
d’ira.
Da quando erano
usciti insieme dal
locale di Jim, lui le aveva rivolto
la parola solo per chiederle di che gusto volesse il gelato; poi si era
chiuso
in un ostinato mutismo che aveva contribuito ad irritarla
più di quanto già non
fosse.
Lei aveva davvero bisogno di aiuto,
e tutto quello
che aveva trovato era…
era…
Una mano maschile le
afferrò il
braccio, bloccandola. “A scuola non ti hanno insegnato che le
macchine fanno
male se ti vengono addosso?”
Un’utilitaria
grigia sfrecciò
davanti a loro suonando più volte il clacson, Hermione non
aveva nemmeno
guardato la strada prima di attraversare persa com’era nelle
proprie
elucubrazioni.
Accidenti.
Si
divincolò bruscamente dalla
stretta di lui. “Che strano, non avrei mai immaginato che tu
seguissi con
attenzione Babbanologia… Se non sbaglio l’hai
mollata dopo tre lezioni.”
“Abbastanza,
comunque, per
salvarti la pelle mi sembra.”
Lui
buttò la propria coppetta di gelato vuota in un cestino, poi
la
riafferrò per attraversare insieme la strada; la pelle della
dannata
Mezzosangue era incredibilmente soffice stretta fra le sue dita.
“L’avevo
vista”, mentì lei alzando
il mento per rifilargli un’occhiataccia.
“Certo,
sempre una Mezzosangue in
meno, ma vedi, per qualche assurdo motivo Jim ti è molto
affezionato e lui è un
mio caro amico. Se avessi saputo che voleva presentarmi
a te me ne sarei andato via molto prima dal locale.”
Hermione si
bloccò di scatto
all’ingresso del piccolo parco pubblico verso cui lui l'aveva
trascinata,
cercando di divincolarsi nuovamente, ma senza tanti risultati questa
volta.
Senza dirle altro lui
la costrinse
a muoversi, facendola sedere poco dopo su una bassa panchina di legno.
“Sei sempre
stato un verme, Malfoy, e non credo
che la cosa cambierà
mai.” Stavolta Hermione riuscì a liberarsi e
dovette massaggiare con forza il
punto in cui l’aveva stretta per riattivare la circolazione. Maleducato. “Non sei obbligato
a fare
niente. Anzi, forse è meglio se te ne vai tranquillo a casa
e mi lasci in
pace.”
Lentamente Draco
Lucius Malfoy
spostò lo sguardo sul viso della dannata Mezzosangue che
tanto aveva odiato ai
tempi di Hogwarts. Non si poteva certo dire che in quei tre anni fosse
migliorata un granché; il suo viso ancora non aveva nulla di
speciale, certo
era molto diversa dalle donne che gli ronzavano intorno attirate dai
suoi
soldi, però non poteva dire che quelle lunghe gambe lasciate
scoperte dalla
corta minigonna fossero totalmente inguardabili...
“E tu hai
sempre il sangue sporco,
ma dubito di potertelo pulire”, ribatté Draco
alzando una mano per scostarle
dal collo i lunghi ricci bruni.
Hermione si
allontanò di scatto,
osservandolo di sbieco con occhi infuriati. “Come fa Jim a
conoscere uno come te?”,
sibilò tentando di mettere in
quell’ultima parola tutto il disgusto che provava nei
confronti delle persone
come lui.
Mezz’ora
prima aveva fatto bene a
spruzzargli
In tre anni i
classici capelli
platinati che erano una caratteristica di tutti i maschi della famiglia
Malfoy
si erano lievemente scuriti e allungati, ora arrivavano a sfiorargli il
colletto candido della camicia che indossava, ma evidentemente nulla
era
cambiato dentro la testa.
Classico
Purosangue con il cervello pieno di… No, meglio che non lo
dico. Chissà perché Jim me l’ha
presentato, crede addirittura che potrebbe
essere un valido aiuto per me! Sicuramente uno come Malfoy non sa
nemmeno
allacciarsi le scarpe senza l’aiuto di un povero Elfo
Domestico, figurarsi se sarà
in grado di accompagnarmi per la mia ricerca!
“Sicuramente
starai pensando cose
orrende su di me”, le disse lui dopo qualche minuto di
silenzio totale, che
impiegò osservando con curiosità le varie
espressioni che si susseguivano sul
viso della Granger.
Gli occhi castani di
lei si
voltarono beffardi. “Orrende? Di più.”
“Avrei
dovuto immaginarlo.
Comunque per cosa hai bisogno di aiuto?”
Inorridita Hermione
sgranò gli
occhi, che brillarono enormi sotto la fioca luce del lampione posto
poco
lontano dalla panchina. “Non sono certamente affari
tuoi!”, esclamò tentando di
alzarsi, subito fermata dalla stretta di Draco, stavolta più
gentile.
“Stai
ferma. Madama Dejanira mi ha
parlato di un viaggio che devi…”
“Tu…
Cosa?! Ma lei che ne sa?! No,
assolutamente no!”, sbraitò assordandolo.
Draco chiuse gli
occhi; Madama gli
aveva detto che la ragazza non
sarebbe stata contenta della sua offerta, ma gli aveva anche ricordato
che lui doveva aiutarla.
Mah,
magari se fosse stata un’altra ragazza lo avrei fatto
più
volentieri, ma
Hermione smise di
dibattersi,
confusa. “Che ne sai tu delle Fate?”
Draco si
appoggiò allo schienale.
“Lunga storia, sappi solo che non ti conviene andare da
sola.”
“Sì,
ma… Con te…”, borbottò la
ragazza con una smorfia.
C’era in
ballo la sua fottuta
promozione, non era un semplice capriccio.
Però
se Jim lo conosce… Forse potrei provare. In caso
potrò sempre
chiedere a Harry, anche se ha la testa da un’altra parte. Ho
solo tre giorni
prima della notte di mezza estate, vediamo di combinare qualcosa.
*°*°*°*
La mattina
dopo Draco
si
Smaterializzò puntuale alle dieci davanti al cancello della
piccola abitazione
della Granger. Sbuffando assai poco signorilmente, suonò il
campanello.
Dopo qualche minuto
di totale
silenzio, schiacciò un’altra volta il pulsante,
maledicendo Jim, Madama
Dejanira e quella dannata ragazza che non gli apriva.
Chi…
Chi me l’ha fatto fare a rimanere a Londra? Era meglio se me
ne andavo
ai Caraibi.
Stava per suonare per
l’ennesima
volta quando uno scatto metallico gli annunciò
l’apertura del cancello.
Era
ora!
Attraversò
lentamente il breve
viale d’ingresso, costeggiato da due piccoli lembi
d’erba e da due file di
fiorellini magici, di quelli che ondeggiavano sempre, senza bisogno di
vento.
Quando si
avvicinò alla porta
della piccola casa, questa si aprì, rivelando
“Dieci
minuti fa ero puntuale”,
sbottò Draco aprendo di scatto la porta e costringendosi a
levare gli occhi da
quelle lunghe gambe nude che, come la sera prima, lo attiravano
inesorabilmente.
“Buongiorno”,
borbottò Hermione andandosene nell’angolo cottura
della sala che fungeva da ingresso, salotto, cucina e sala da pranzo.
Per un paio di
secondi Draco la
seguì con lo sguardo, poi decise di spostarsi su cose meno
interes…
Innervosito, si
sbatté l’uscio
alle spalle.
I suoi occhi vagarono
blandamente
interessati per la sala, soffermandosi prima sul divano e la poltrona
che
sembravano di pelle, ma che probabilmente erano sintetici… Ovvio… per poi tornare alla
piccola cucina dove Hermione si stava
preparando la colazione.
Lei era girata di
spalle, tutto
ciò che si scorgeva del suo corpo erano le gambe, scoperte
da metà coscia in
giù; il resto era coperto dai lunghi ricci castani
scompigliati dal sonno.
“Vuoi
qualcosa?”, si costrinse a
chiedergli mentre spalmava della marmellata su un toast caldo.
Hermione sentiva il
suo sguardo
puntato fastidiosamente in mezzo alle scapole; se non voleva rischiare
di
tirargli in testa il bricco del latte doveva distrarsi.
“No.”
Prego,
eh, stupido Malfoy.
Scuotendo la testa,
prese tazza di
caffè e toast e si voltò, trovando Draco dove lo
aveva lasciato all’ingresso,
le mani affondate nelle tasche dei pantaloni. “Guarda che il
divano non ti
mangia. E non guardarmi così, mi sono svegliata tardi
perché stanotte ho fatto
alcune ricerche.”
“Non serve
che mi spieghi nulla
con quel tuo tono petulante”, le rispose lui raggiungendo il
divano e sedendosi
scompostamente sui morbidi cuscini, osservando da sotto in su
La sera prima
Hermione gli aveva
spiegato a denti stretti ciò che Simmons voleva da lei e
perché aveva bisogno
di una mano. Stranamente lui non aveva fatto commenti strani, ma
Hermione
sapeva che era solo una questione di tempo.
“Non sono petulante,
Malfoy. E no, non ho
trovato molte cose, solo…”
Lasciò la frase in sospeso, sapendo che ciò che
avrebbe dovuto dirgli non gli
sarebbe piaciuto affatto.
Be’, ma in
fondo non era nemmeno
colpa sua, che s’arrabbiasse pure!
“Solo cosa,
Granger?”,
sibilò Draco alzando gli occhi al cielo.
Lei
scrollò le spalle, sapendo che
quello che doveva dirgli avrebbe dato problemi solo a un ragazzino
viziato come
Malfoy. “Quella foresta è nel Galles, protetta da
antichi incantesimi
impenetrabili. Ciò vuol dire che non potremo
Smaterializzarci direttamente là.”
Alzò una mano per impedirgli di interromperla, poi si
sedette al suo fianco sul
bordo del divano. “Però ho già
controllato tutto; ci Smaterializzeremo in un
paesino abbastanza vicino alla barriera, Kilgarigon, e da lì
con… un treno…
arriveremo fino ai limiti della foresta. Ci dovrebbe essere una fermata
isolata
proprio lì vicino, non è molto usata, ma il treno
si ferma a richiesta. So che
è un percorso un po’ tortuoso
però è l’unico modo per
arrivare.” Detto ciò Hermione tacque, posando la
tazza
su un basso tavolino; aveva dovuto
spiegargli tutto, sarebbe stato inutile tenergli nascoste cose che poi
avrebbe
scoperto da solo.
Era dura per lei
cercare di
parlargli gentilmente, ma doveva sforzarsi di essere almeno un minimo
civile. Se lui avesse accettato di
aiutarla non
avrebbero potuto litigare ogni due secondi.
“Ah, solo…”,
borbottò Malfoy. “Mi vorresti trascinare da un
lato
all’altro della Gran Bretagna senza nemmeno offrirmi un
minimo di comodità? Treno?
Mezzosangue, i treni gallesi sono
tristemente famosi…”
Sospirando Hermione
sollevò gli
occhi sul viso di lui, mettendolo lievemente a disagio con
l’espressione
implorante che suo malgrado traspariva dalle iridi castane. Hermione in
quel
momento si stava decisamente odiando, sapeva che non si sarebbe mai
abbassata
fino a supplicarlo, però sapeva anche che lui aveva scorto
qualcosa di molto
simile alla supplica nel suo sguardo.
Pazienza,
mi fustigherò appena consegnata la relazione a Simmons.
Sempre che riesca a scriverla, ovvio…
Draco la
osservò in silenzio per
un lungo, lunghissimo minuto, ricordandosi delle parole di Madama
Dejanira e
del diario della sua antenata. E ad altro. “So che me ne
pentirò, ne sono certo”, borbottò,
venendo ricompensato con il più bel sorriso che avesse mai
visto illuminare il
viso della Mezzosangue.
Mezz’ora
più tardi Hermione, dopo
essersi lavata e vestita, se ne stava seduta al tavolo del salotto con
a fianco
un annoiato Malfoy che scarabocchiava su un foglio di pergamena.
“Malfoy, mi
stai ascoltando?”,
sbottò sbattendo la penna sul ripiano di legno.
Basta.
Se non aveva voglia di ascoltarmi poteva anche tornarsene a
casa! Mi serve un accompagnatore, non qualcuno che mi aiuti a scrivere
la
relazione!
Draco
sollevò gli annoiati occhi
grigi sulla ragazza; ignorando totalmente la sua domanda, li
posò con una
smorfia sui riccioli bruni appena domati dalla spazzola, che le
ricoprivano la
schiena in un manto lucente.
“Mi spiace
Malfoy, ma i capelli
non li taglio per far contento te”, ironizzò lei
gettandoseli dietro una spalla
con un gesto nervoso.
Aveva cominciato a
non sopportare
gli sguardi insistenti di cui lui la faceva oggetto; inspiegabilmente
la
distraevano e lei non voleva essere distratta. Aveva solamente tre
dannati
giorni anzi, era domenica e la notte di mezza estate sarebbe stata
quella tra
il martedì e il mercoledì successivi. Troppo poco
tempo per pensare, non poteva
permettere a Malfoy di disturbarla. Di
metterla a disagio.
In imbarazzo.
Certamente era
questo lo scopo delle sue occhiate insistenti.
Ignaro di
ciò che aveva scatenato
nella ragazza, Draco scrollò le spalle e prese il foglio che
lei in dieci
minuti aveva riempito di appunti, scritti in una calligrafia tonda e
minuscola
che occupava ogni millimetro possibile di pergamena. “Non
serve che ti ascolto.
Alicia era una mia antenata, so già che cosa le successe.
Sparì per una notte,
nessuno la vide uscire e nessuno seppe dire dove andò
perché non lo volle mai
rivelare. L’unico ricordo di quella notte che si
portò dietro fu il bambino che
un paio di mesi dopo si accorse di aspettare e che sicuramente non era
di suo
marito anche se disse a tutti il contrario.”
Hermione lo
fissò a bocca aperta,
maledicendolo silenziosamente. “E perché non me ne
hai mai parlato prima?!
Sapevi tutto e… e…”
Malfoy le
rifilò qualche colpetto
sulla mano, quasi compatendola. “E’ difficile farti
stare zitta, ciarli sempre
in una maniera estenuante. Mi chiedo se anche a…”
“A cosa?”,
ringhiò
Hermione mentre il suo avviso assumeva una
preoccupante sfumatura violacea. Io parlo
sempre?! Oh, se ti sentisse Harry! Probabilmente non ho mai conosciuto
un
pallone gonfiato come te! Sei il re dei vanagloriosi! Ma
ovviamente non lo
disse ad alta voce, doveva
mantenere una sorta di pace.
“Niente,
Mezzosangue, tranquilla”,
sbuffò appoggiandosi di peso allo schienale della sedia. A letto. Lì sì che non
parleresti, ma urleresti.
Quel
pomeriggio, sul
tardi,
Hermione si concesse la soddisfazione di sbattergli la porta in faccia.
Più lei
tentava di mantenere la calma più lui la stuzzicava nel
tentativo di farla
scoppiare.
Draco era rimasto da
lei tutto il
giorno, senza fare altro che borbottare e fissarla.
Oh, sì,
l’aveva fissata tutto il
tempo.
Probabilmente si era
accorto che
la cosa le dava parecchio fastidio e lui a quanto sembrava viveva per
infastidirla.
Sbuffando, Hermione si
lasciò
cadere sul divano, decidendo che per quella sera poteva anche non
pensare al
suo esame.
Quella mattina Draco
le aveva
raccontato tutto ciò che sapeva della sua antenata, Alicia,
nome che Hermione
aveva appreso rileggendo la copia del libro della Biblioteca che aveva
richiesto via gufo. Era una strana coincidenza che Jim le avesse
consigliato il
pro-pro e ancora qualche pro nipote di quella donna, però a
Hermione
non andava di
lamentarsi.
Certo, Malfoy non era
esattamente
il compagno di viaggio ideale per lei, una Mezzosangue, ma era
sempre
meglio
che niente.
Prese il telecomando
e accese la
televisione Babbana che i suoi genitori le avevano regalato quando si
era
trasferita nella sua piccola villetta, televisione che, con
l’aiuto del
signor Weasley, ora funzionava senza elettricità.
Trovò un
canale di documentari e
tolse il volume, rannicchiandosi in un angolo del sofà persa
nei propri pensieri.
Indipendentemente
dalla sua
volontà, la sua mente tornava sempre da Malfoy; Hermione si
disse che
probabilmente ciò era dovuto al fatto che non lo vedeva da
anni, ma… c’era
qualcosa in quegli occhi grigi che…
Oh,
dai non fare la stupida, si disse alzandosi per andare a
prendere un bicchiere di limonata ghiacciata. Probabilmente
mentre mi fissava pensava al modo migliore per lisciarmi
i capelli o per uccidermi, liberando così
Però a
dispetto di tutti questi
ragionamenti non riuscì a spiegarsi perché lui,
una volta arrivato alla porta
d’ingresso per andarsene, si fosse girato verso di lei,
guardandola per un attimo
con una strana espressione.
Un’espressione
forse pensierosa,
ma che celava anche altro.
Maledicendo
la sua
dannata
sfortuna, Draco si spogliò con pochi e rabbiosi gesti,
infilandosi sotto il
getto tiepido della doccia.
Appoggiò
la fronte alle piastrelle
verde chiaro applicate al muro, tentando di mettere ordine nei propri
pensieri.
Sapeva quello che
doveva eppure
nella Granger… c’era qualcosa di diverso rispetto
a tre anni prima. C’era un
motivo per cui l’aveva fissata tutto il giorno: cercava un
sfottuto indizio che
gli confermasse che lei era la stessa, identica, odiosa Mezzosangue
So-Tutto-Io
che aveva lasciato a Hogwarts. Quando Madama Dejanira l’aveva
indicata a lui un
brivido freddo gli era sceso lungo la schiena.
Odiava
A partire da quegli
straordinari
riccioli, che erano risultati incredibilmente morbidi sotto le sue dita
quando
invece gli erano sempre sembrati stopposi.
E quelle
gambe…
Gemendo di rabbia e
frustrazione,
Draco prese a insaponarsi con vigore, tentando di cacciare dalla mente
l’immagine di quella pelle che doveva essere liscia come raso.
Ah,
anche poetico divento. Bene. Dovrò ricordarmi di uccidere
Madama la
prossima volta che la vedo e magari trovare un modo per tornare
indietro nel
tempo e impedire che Alicia faccia la stronza.
Doveva controllarsi,
decise, o
avrebbe mandato tutto a monte. D’accordo,
E dimenticarsi delle
sue gambe.
Assolutamente.
*°*°*°*
Come
non detto, Draco, ora devi solo capire se lo fa apposta oppure se
è il caldo.
La mattina dopo Draco
si presentò
puntuale alle dieci a casa della Mezzosangue, che questa volta gli
aprì subito.
Lei indossava solo un
leggero
vestito di lino azzurro che a malapena le raggiungeva metà
coscia, e non
portava reggiseno.
Dev’essere
il caldo, si disse scostandola bruscamente per entrare,
appoggiando il suo piccolo bagaglio all’ingresso per poi
andare a buttarsi sul
divano senza aspettare un invito. Di
certo lei non si vestirebbe mai così per fa piacere a me. Né per qualunque altro ragazzo
probabilmente, si disse osservando interessato i morbidi
riccioli
ondeggiarle sulle punte dei seni.
“Buongiorno,
eh!”, gli disse
posando le mani sui fianchi.
“Buongiorno,
Mezzosangue, di buon
umore fin dal mattino a quanto vedo”, le rispose pigramente
godendosi
indisturbato il panorama che si intravedeva dalla scollatura a V
dell’abitino
estivo.
Hermione si accorse
subito di cosa
i suoi occhi stessero così insistentemente fissando, ma
più di questo la
sconvolse l’emozione quasi… possessiva
nel suo sguardo.
Sapevo
che avrei dovuto indossare altro, ma fa troppo caldo! Maniaco. “Malfoy,
hai finito?”, borbottò arrossendo suo malgrado.
Dobbiamo andare, ti avevo detto
che alle dieci ci saremmo potuti Smaterializzare senza problemi
all’hotel.”
Sbuffando lui si
alzò,
ritrovandosi a pochi centimetri di distanza da lei, che non poteva
indietreggiare a causa della fastidiosa presenza del basso tavolinetto
messo
davanti al divano.
Draco
imitò la sua posa,
prendendola in giro, ma Hermione non riuscì a prendersela
perché i propri occhi
la distrassero andando a posarsi sul triangolino di pelle leggermente
abbronzata che i primi due bottoni della camicia di lui lasciati aperti
denudavano. Malfoy la superava di almeno tutta la testa, nonostante lei
non
fosse bassa, e avercelo così vicino… con il caldo
che riempiva la stanza…
Scuotendo leggermente
la testa
Draco alzò una mano, posando l’indice della mano
destra sul labbro inferiore di
Hermione che, paralizzata dalla sorpresa, non si mosse.
Solo in quel momento
la ragazza
comprese di aver fatto un errore andandogli così vicino, ma
le sue gambe non
volevano muoversi.
L’espressione
di Draco era strana,
quasi confusa, come se non sapesse cosa fare, si accorse lei
sbirciandolo da
sotto le lunghe ciglia scure.
Il suo dito era
gentile, carezzava
gentilmente il soffice labbro saggiandone la setosità; Draco
avrebbe voluto
baciarlo… stranamente avrebbe voluto succhiare, mordere quel
delizioso pezzo di
carne fino a farla gemere.
Non era ancora il momento,
però.
Dopo aver chiuso gli
occhi per un
istante, scese con la mano dal viso di lei fino a raggiungere la
piccola mano;
la strinse, andò a recuperare i loro piccoli bagagli e alla
fine si
Smaterializzarono insieme.
*°*°*°*
Oook.
Niente panico Hermione, va tutto bene.
Sudando freddo la
ragazza aprì con
cautela la porta della camera che era stata assegnata a lei e Malfoy. Sentiva gli occhi di lui
puntati in mezzo alle scapole, pungenti come spilli.
Dopo un attimo di
smarrimento
Hermione aveva accolto quasi con piacere la stretta calda della sua
mano,
almeno fin quando erano arrivati all’hotel che lei aveva
contattato il giorno
prima.
C’erano
almeno tre motivi per cui
Draco le aveva immediatamente mollato la mano ed esclamato:
“Lo sapevo che
sarei dovuto andarmene ai Caraibi!”
Primo, era un hotel
assurdamente
piccolo, con ragni enormi in ogni angolo buio e una vecchia strega con
un porro
peloso sulla punta del naso, esattamente al centro, che dalla reception
li
aveva scrutati a lungo con aria maligna prima di aprir bocca.
Secondo, Draco si era
sporcato i
preziosi pantaloni di lino sedendosi su una sedia che si era spaccata
in due
appena vi aveva posato sopra le natiche regali.
Terzo…
avevano una sola dannata camera libera.
Letto matrimoniale,
due comodini,
un armadio con Molliccio annesso e bagno privo di finestra, ma con
abbondanti
scorte di muffa.
“Mezzosangue”,
le ringhiò
piegandosi su di lei e facendola sobbalzare. “Mi pare di
averti detto che il treno Babbano
lo avrei sopportato solo a
patto che l’hotel fosse bello.”
Lei si
voltò con aria colpevole;
le foto della camera sul depliant erano
belle… ma probabilmente risalivano a una cinquantina di anni
prima. “Mi
spiace”, pigolò davvero contrita, nonostante
sapesse di non aver colpa.
“Quanto ti
dispiace?”, le domandò
Draco ravviandolo un ricciolo dietro l’orecchio.
Quel gesto
inaspettatamente
gentile la confuse. “Un po’. Non è colpa
mia, il depliant…”
Stordita si
sentì prendere alla
vita e stringere per la prima volta contro il corpo caldo di lui, i
corpi
separati solo dalle stoffe fin troppo sottili dei loro vestiti estivi.
Le
labbra sottili di Draco si posarono veloci su quelle di lei, zittendo
la
protesta che stava risalendo dalla sua gola.
Hermione si
irrigidì tutta, ma lui
non la stava baciando come si era aspettata, in modo rude. Le sue
labbra la
sfioravano gentili, assaporandola, e quella gentilezza unita alla mano
che le
carezzava languidamente la schiena la fece rilassare.
Draco
portò l’altra mano ai
capelli della ragazza e finalmente la poté affondare fra
quei riccioli che
avevano invaso i suoi sogni apprezzandone la morbidezza che profumava
di menta.
Non avrebbe mai
immaginato che
baciare una Mezzosangue, quella
Mezzosangue insopportabile in special modo, gli sarebbe piaciuto
così tanto. Le
labbra di lei erano deliziosamente soffici, umide come i ricci bagnati
di
sudore che aveva sulla nuca; stranamente non lo aveva respinto. Certo
non lo
ricambiava e le braccia erano mollemente abbandonate lungo i fianchi,
tuttavia
non si era ritratta.
Che
strana ragazza, si disse costringendola a socchiudere le
labbra... cosa che lei non gradì.
Gli diede uno
spintone e il
contraccolpo la fece barcollare all’indietro; evidentemente
Draco aveva
sbagliato qualcosa.
“Non farlo mai
più”,
la sentì bisbigliare.
In silenzio Draco la
osservò
prendere qualcosa dal proprio bagaglio e rinchiudersi in bagno, una
mano
premuta sulle labbra arrossate.
Sarà
difficile, si disse Malfoy andando alla minuscola finestra
della stanza.
Poco dopo
essere
uscita dal bagno
Hermione aveva rifilato un’occhiata veloce alle spalle di
Draco e se n’era andata,
tentando di mettere ordine ai propri pensieri.
Passeggiava inquieta
per le vie
semideserte del piccolo paesino; aveva deciso di partire presto per
tentare di
ricavare qualche informazione dagli abitanti, ma il bacio che le aveva
dato
Malfoy e la fretta che sembravano avere tutte le persone che incrociava
per
strada l’avevano fatta desistere.
Non capiva
perché lui l’avesse
baciata. Lei non gli piaceva,
evidentemente si aspettava una breve avventura estiva. Che
lei non gli avrebbe mai concesso.
In vita sua era
andata a letto con
una sola persona, che aveva amato profondamente; Hermione credeva che
il sesso
fosse una cosa troppo intima, non poteva concedere il proprio corpo ad
un’altra
persona senza amore, senza fiducia.
Per alcune persone
questo suo ragionamento
era sbagliato, eppure lei ci credeva profondamente.
Hermione si era
fidata di Ron e
l’unica cosa che aveva ottenuto quando lo aveva trovato a
letto con un’altra
era un: “Mi dispiace” nemmeno tanto convincente.
Da quel giorno aveva
deciso che ci
avrebbe pensato due volte prima di concedere la propria fiducia a
qualcuno.
E ora Malfoy non
trovava niente di
meglio da fare che baciarla.
Malfoy!
Scosse la testa.
“Una
collanina per una bella
signorina?”, sentì dire da una voce roca, anziana.
Sorpresa, Hermione si
fermò e
guardò alla sua destra, dove una vecchia signora col viso
parzialmente nascosto
da un velo le sorrideva timidamente. Hermione rispose al sorriso,
osservando
blandamente interessata ciò che le veniva offerto.
Era una collana fatta
di deliziose
pietre bianche che scintillavano sotto la luce del sole.
Incuriosita la
ragazza prese il
gioiello e se lo rigirò fra le mani, apprezzando le
sfumature perlacee delle
pietre ovali. “E’ molto bella
quanto…?”
La vecchia le fece
l’occhiolino.
“Un galeone per una signorina graziosa come te.”
Hermione la
guardò sorpresa poi,
ricordandosi di aver lasciato il portamonete in albergo, fece una
smorfia
dispiaciuta. “Che peccato, ho dimenticato i soldi nella
borsa…”, mormorò
tendendo la collana alla donna.
“Lascia,
faccio io.” La voce
familiare la fece sobbalzare.
“No,
io…!” Contrita, vide passare
un bel galeone luccicante dalla mano di Draco a quella raggrinzita
della
vecchia strega, che si defilò appena conclusa la vendita.
“Malfoy,
non dovevi…!” Fu subito
zittita da un gesto nervoso della mano di lui, che alzò la
collana davanti al
viso per guardarla meglio. Stupendola, Draco borbottò
qualcosa sbirciando nella
direzione in cui la donna era scomparsa. “No, non dovevo, ma mi andava di farlo”,
rispose incontrando lo sguardo
perplesso di Hermione. Si avvicinò e le posò la
collana sulla pelle appena
sopra le clavicole, riuscendo dopo qualche tentativo ad agganciarle il
minuscolo fermaglio d’oro sulla nuca.
Sentendo il tocco
delicato delle
dita di Malfoy sul collo, Hermione rabbrividì, dando
dell’idiota al proprio
corpo che si risvegliava per un nonnulla.
Le pietre erano
stranamente calde
quando se le sentì addosso, ma attribuì quella
sensazione al caldo sole
d’agosto.
“Non
ho
intenzione di dormire
nello stesso letto con te!” Da mezz’ora Hermione
sbraitava frasi più o meno
simili a questa e Draco stava per perdere la pazienza.
“Mezzosangue,
ti ho già detto che
non ho intenzione di dormire per terra, che non lascerò che
ci dorma tu e che
non ti salterò addosso!”, esclamò
Malfoy quasi urlando le ultime parole.
Infischiandosi delle
occhiatacce
che lei gli stava rifilando, Draco si spogliò, rimanendo in
boxer. Appena notò
le guance rosse della ragazza, ghignò sadicamente e si
sdraiò sul lenzuolo,
invitandola a fare altrettanto.
Hermione diede uno
sguardo alla
maglietta che lui le aveva lanciato, poi lo spostò sul corpo
di Draco. Quell’idiota
era nudo a parte i boxer; il suo petto era snello e ben modellato, una
strisciolina di peli chiarissimi partiva dall’ombelico per
svanire dentro
l’elastico dell’intimo.
Rendendosi conto di
stare
fissandolo come una deficiente, sgranò gli occhi e
gettò lontana la maglietta,
stizzita.
“Non
prendertela con la mia povera
maglia, costa più di te. E’ normale voler fissare
le cose belle”, la prese in
giro Draco aprendo un occhio grigio per spiarla. “Ora
spogliati e vieni qui”,
disse poi con voce seducente, accarezzando le lenzuola con mano
delicata.
Come aveva voglia di
fare alla
pelle della Mezzosangue.
Incredibile, stavano
insieme da
due giorni e già gli era venuta voglia di saltarle addosso.
Facilitando di
molto il suo compito.
Eppure, continuava a
ripetersi,
non era per niente bella, ma aveva un qualcosa che...
“Scordatelo!”,
la sentì sbraitare
in quel momento, il viso quasi violaceo.
Draco aprì
anche l’altro occhio,
seguendola con lo sguardo fino al bagno, dentro cui lei si rinchiuse
sbattendo
la porta.
E’
troppo nervosa, dovrebbe rilassarsi un po’ di più,
pensò
chiudendo gli occhi e incrociando le mani sotto la testa.
Quel pomeriggio le
aveva regalato
la collana...
E aveva notato che a
Hermione era
piaciuta.
Meglio
così.
Stava per
addormentarsi quando
sentì la porta del bagno riaprirsi; socchiuse leggermente
una palpebra, spiando
Lei indossava una
semplice camicia
da notte blu, sembrava di cotone, che le fasciava alla perfezione i
fianchi ben
torniti e il seno.
In quel momento Draco
la paragonò
mentalmente a un delizioso pasticcino tutto da divorare, per poi darsi
subito
dopo del rincoglionito.
La osservò
guardare dubbiosa prima
lui e poi il pavimento, quindi sospirare e spegnere la luce con un
gesto
delicato della bacchetta; ora la camera era illuminata solo dalla
perlacea luce
della luna che filtrava attraverso le tende lise della finestra.
Dopo aver posato la
propria
bacchetta, Hermione raggiunse il letto, scrutando attentamente il petto
di
Draco che si abbassava e rialzava in un ritmo lento e regolare.
Sembrava
dormire…
Con cautela
salì sul materasso,
rannicchiandosi il più lontano possibile da quel corpo
maschile che occupava
più della metà del letto.
Dannato,
stupido Malfoy, pensò picchiando il cuscino per
tentare di
renderlo più confortevole.
Lo sentì
muoversi è gelò all’istante,
ma per fortuna non doveva averlo svegliato perché non si
sentì toccare.
Pian piano
riuscì a rilassarsi e a
malapena si accorse del bacio che le venne dato sulla spalla nuda e del
lenzuolo che delicatamente venne tirato sul suo corpo per coprirla.
Tanto
ti odio lo stesso, pensò vagamente prima di
scivolare nel
sonno.
*°*°*°*
“Allora,
hai saputo niente?” Draco
si avvicinò alla sua compagna di viaggio, seduta su una
panchina alla stazione
ferroviaria di Kilgarigon. Lei lo ignorò, tornando a
concentrarsi sul gelato
che si era comprata per pranzo.
“Oh,
smettila, ti prego!”, sbottò
Draco, esasperato dall’ostinato mutismo in cui lei si era
chiusa da quando
quella mattina si erano svegliati…
…
abbracciati strettamente; lui
con il viso affondato fra i morbidi seni di lei e lei con una mano
posata
mollemente sul fondoschiena di lui.
Draco si sarebbe
ricordato per
tutta la vita l’urlo sovrumano che l’aveva
svegliato, perforandogli i timpani.
“Non so di
cosa parli”, affermò
Hermione alzandosi per andare a raggiungere l’unico binario
su cui stava
arrivando il loro treno.
Malfoy le
afferrò il braccio,
voltandola bruscamente. “Smettila di fare la bambina e di
accusarmi. Io non ho
fatto niente, o se l’ho fatto tu sei colpevole tanto quanto
me.” Gli occhi
grigi sembravano piuttosto seccati, avevano assunto il colore gelido
dell’acciaio; forse era giunto il momento di ragionare su
ciò che le stava
dicendo.
Però la
sensazione che Hermione
aveva provato sentendo il viso di lui poggiato contro il proprio
seno… No, basta distrazioni. Fallo
stare zitto! “Va
bene, mollami”, borbottò.
Lui la
lasciò, osservandola andare
verso il treno che si era ormai fermato. “Sbrigati, sta per
partire!”
“Perché
hai accettato subito di
aiutarmi?”
Erano partiti da un
paio d’ore, il
paesaggio fuori dai finestrini era lento e monotono e nel vagone si
soffocava.
Stando attentata a
non farsi
vedere dai pochi passeggeri, Hermione aveva cercato di realizzare un
Incantesimo Rinfrescante, invano. Il semplice abito che indossava le si
era
appiccicato tutto al corpo e i suoi voluminosi riccioli erano un
disastro.
Cominciava ad
accarezzare l’idea
di uccidere Malfoy, aveva un aspetto splendido, non era nemmeno sudato
tranne
che per le poche goccioline che gli brillavano sulla fronte.
Dannato.
Lui, che stava
guardando fuori dal
finestrino alquanto annoiato, si voltò scrollando le spalle.
“Non avevo niente
da fare. Ho avuto qualche problema di lavoro, te l’ha detto
Jim, no?”
“Non mi ha
spiegato…”
“Non
c’è niente da
spiegare”, tagliò corto Draco. “Ho
trovato lavoro alla
Gringrott qualche mese fa. E’ andato tutto bene fin quando
qualcuno ha
ricordato a chi di dovere chi era mio padre. Mi hanno dato un mese di vacanza, giusto il tempo per esaminare
la mia scheda e vedere se sono sostituibile.”
“Non mi
sembra molto giusto”,
commentò Hermione sorridendo fra sé. Le aveva
detto che non c’era niente da
dire e poi le aveva spiegato tutto. Decisamente
un tipo strano, ma almeno l’ha smessa con le prese in giro.
“Forse
no”, mormorò Draco
incrociando le braccia sul petto, chiudendosi in se stesso.
Hermione
avvertì il suo
cambiamento d’umore e decise di lasciar perdere. Sapeva di
stare parlando con
Malfoy tuttavia un po’ le dispiaceva.
Sospirando,
ficcò la mano nella
borsa e ne tirò fuori la copia del libro di Alicia che si
era portata da casa
per cercare altre informazioni utili.
Non
può dispiacermi la situazione di Malfoy, io lo odio, gli sta
bene. Però
non ne era molto convinta. Insomma, l’odio era
un’emozione davvero intensa
secondo il suo parere.
Ecco, sì,
le era indifferente. Malfoy.
Totalmente.
Eppure non riusciva a
scacciare la
tenera sensazione che inspiegabilmente l’aveva assalita la
sera prima, poco
prima di addormentarsi.
Aveva
sentito qualcosa, ma non avrebbe saputo dire cosa.
Da una decina di
minuti la sua
testa ciondolava ridicolmente in avanti, sobbalzando a tempo con gli
scossoni
del treno.
E Draco riusciva a
stento a
impedirsi di scoppiare a ridere. Sorridendo, si sedette al fianco di
lei e
gentilmente la costrinse a posare il capo sullo schienale del sedile.
Un’imprecazione gli sfuggì dalle labbra quando una
frenata gliela fece cadere
addosso.
Cristo,
appena si sveglia mi ammazza.
“Wow.
Affascinante.”
Hermione non aveva
ucciso Draco
alla fine, ma solo perché aveva deciso di credere alla sua
assurda storiella. Una brusca frenata, come no,
si disse
appoggiando a terra il proprio bagaglio.
Il treno si era
fermato per un
minuto scarso alla minuscola stazione ferroviaria, deserta, distante un
centinaio di metri dal limitare della foresta.
“Malfoy,
smettila di fare commenti
del genere”, lo riprese esasperata, il sudore che le scorreva
a rivoletti lungo
la schiena. “Senti, ma non hai caldo? Sembri totalmente
sprovvisto di ghiandole
sudoripare!”, si lamentò appena si furono seduti
su una panchina all’ombra.
“Non mi
lamento come te.”
“Ah!”
Hermione preferì non
commentare, credeva ancora nella sua decisione di mantenere ad un certo
livello
la pace fra di loro. Si appoggiò alla panchina, dal metallo
deliziosamente
fresco, e diede un’occhiata alla Foresta proprio davanti a
loro. Poteva volgere
lo sguardo sia a destra che a sinistra che la fine non riusciva a
scorgerla.
Non sapeva il
perché, ma la sola
idea di andare in mezzo a quelle querce enormi la faceva rabbrividire.
Se
quello che aveva scritto Alicia era vero… se tutta la sua
storia era vera
allora si sarebbe cacciata in un bel guaio.
Avrebbe scritto una
bella
relazione, certo, sempre che riuscisse ad uscire indenne da
quell’avventura… ma
a quale prezzo? “Mi odio per ciò che sto per dire,
ma sei sicuro di voler
venire con me? Potrebbe essere pericoloso visto quello che abbiamo
letto sul
diario della tua antenata.”
Draco non si
voltò verso di lei,
preferendo osservare il cielo azzurro. “Non ti
preoccupare.” Non credo che
sarà così pericoloso come
pensi tu.
Non
ti preoccupare… Sono sicura che se succederà
qualcosa darà tutta la
colpa a me e non mi risparmierà un ‘te
l’avevo detto’ che comunque non ho mai
sentito. Stranamente non mi ha creato difficoltà, mi chiedo
perché sia così
bendisposto. Mah.
Hermione
sbirciò con la coda
dell’occhio Draco, che stava tranquillamente osservando il
tramonto. Le
sembrava piuttosto teso, ma non avrebbe saputo spiegarne il motivo.
“Ci
sarà la luna piena stanotte”,
le disse qualche minuto dopo, con un tono di voce alquanto curioso.
“Ah.”
Hermione sollevò gli occhi
al cielo, scrutandolo attenta.
Si
sta comportando in modo davvero strano.
“Vuoi
andare?” Senza aspettare
risposta, Draco si alzò e nascose i loro bagagli sotto la
panchina; non ce
n’era bisogno, quello era un posto deserto, ma era sempre
meglio non rischiare.
Specialmente quando ti portavi dietro una scocciatrice come
Sconcertata, Hermione
lo vide
allontanarsi senza aspettarla e si affrettò a corrergli
dietro. “Malfoy, si può
sapere che ti prende? Dovrei essere io inquieta non tu! Ti ricordo che
se non
trovo qualche spunto per la mia relazione, stasera, sarò nei
guai.”
“Oh, li
troverai gli spunti”,
mormorò Draco afferrandole una mano nel momento esatto in
cui entrarono nella
foresta.
Il buio li
circondò
immediatamente, ma era sovrannaturale. Sembrava che attraverso le alte
cime
degli alberi riuscisse a filtrare solo la pallida luce della luna non
ancora
sorta completamente.
Con la mano libera
Hermione si
strinse al petto la penna e il foglio che si era portati dietro per
prendere
appunti, rabbrividendo. L’aria era pregna di
umidità, ma non sentiva caldo
anzi, spifferi di aria fredda facevano ondeggiare i grossi rami degli
alberi
che sembravano creature vive. Creature che le stavano dando il
benvenuto.
“Com’è…
inquietante”, bisbigliò
tentando di ottenere una qualche reazione dal ragazzo, che sembrava
totalmente
preso dalla foresta. Draco non le lasciò la mano, ma se la
strinse ancora di
più al fianco. “Hai paura?”, gli chiese
maliziosamente beccandosi
un’occhiataccia che avrebbe potuto rivaleggiare con quelle di
Voldemort.
Man mano che
avanzavano fra la
fitta boscaglia,
Hermione trovava sempre
più difficoltà a camminare; vestito e capelli le
si impigliavano ovunque,
rallentandola.
Sbuffando, Draco le
liberò per
l’ennesima volta un ricciolo dal maleducato cespuglio che lo
aveva
imprigionato, strattonandolo fino a farle venire le lacrime agli occhi.
“Fai
piano!”, esclamò lei massaggiandosi la cute.
“E tu stai
attenta a dove ti
impigli”, bofonchiò Draco ricominciando a
trascinarla.
“Si
può sapere che ti prende? Da
quando siamo arrivati tu…” Si ritrovò
con la bocca tappata da una mano di
Malfoy, che la premeva tanto forte da farle male.
Che
diavolo…?
In quel momento si
sentì un tremendo
urlo, in lontananza, che terminò improvvisamente
com’era iniziato. Hermione si
voltò di scatto nella direzione da cui le sembrava fosse
arrivato, liberandosi
dalla mano di Draco che però non la lasciò.
“Che cosa è stato?”, domandò
lei.
“Sembrava quasi…”
“Umano?”,
le venne incontro lui.
“Sì,
ma… Non può essere. Non ho
visto nessun’altro scendere dal treno con noi.”
Draco
scrollò le spalle. “Saranno
i soliti curiosi in cerca di qualche brivido. Specialmente Babbani
oserei dire.
Che credono ancora alla storia delle Fate dolci e carine. Non questa
notte.”
Non aspettò la risposta di Hermione, che era chiaramente
stupita dalle sue
parole; riprese a camminare più veloce, sentendosi osservato.
“Gli alberi
sembrano avere gli
occhi vero?”, gli domandò lei in un sussurro,
rabbrividendo a causa dell’aria
immobile e fresca… e sì, anche per
l’atmosfera del bosco.
Draco non rispose.
Non erano gli alberi
ad avere
occhi, bensì creature più misteriose; sicuramente
si erano già accorte della
collana, per questo titubavano a mostrarsi.
Un forte vento li
colse in mezzo
al sentiero che stavano percorrendo; le forcine che legavano i boccoli
di
Hermione volarono via e foglio e penna si persero fra le fronde delle
querce.
Hermione
tentò di guardarsi
indietro, ma non esisteva più un
‘dietro’: il sentiero alle loro spalle era
come svanito, ora un muro di alberi impediva il passaggio.
“Cosa sta
succedendo?”, urlò
tentando di farsi sentire sopra i gemiti del vento.
Non riuscì
a udire la risposta di
Malfoy.
Senza che lei se ne
accorgesse, le
pietre bianche che portava al collo presero a brillare fiocamente, la
luce
della luna illuminò il loro sentiero e il vento tacque.
Hermione si
spostò un ricciolo dal
volto, sputando qualche capello che le era finito in bocca.
“Da quel che mi risulta
difficilmente nei boschi soffia un vento così
forte”, bisbigliò guardandosi
nervosamente intorno. “Forse era meglio se ci portavamo
dietro le bacchette.”
“Hai detto
tu stessa che la magia
qui non funziona”, le ricordò Draco stringendole
la mano in una morsa. Lei non
si era accorta delle pietre, lui sì.
E anche le creature
che a coppie
iniziarono a sbucare dal buio della foresta, circondandoli.
Hermione
non riusciva
a credere ai
propri occhi. Il sentiero si era trasformato in una piccola radura,
illuminata
da centinaia di piccole lucciole che le svolazzavano nervosamente sopra
la
testa. E sopra a quelle della ventina di Fate che li avevano circondati.
Erano alte come un
essere umano di
media statura, le loro ali sembravano brillare di luce propria, ma i
loro visi…
non erano visi da Fate.
A Hermione era capito
di dover
studiare qualcosa su quelle creature, però esse erano sempre
raffigurate come
minuscole; non riusciva a spiegarsi l’aspetto di quegli
esseri che stavano
malignamente fissando lei e Draco.
Una di loro si fece
avanti,
allontanandosi dal gruppo. Era alta più delle altre; un
diadema con al centro
una pietra lucente le teneva stretti sul capo i corti capelli blu;
grandi occhi
scuri privi di pupilla fissavano incerti i due intrusi. Sotto
l’occhio sinistro
era stato disegnato con del pigmento nero un intricato motivo
geometrico, molto
differente dalla semplice linea scura che avevano le sue compagne. Al
pari
delle altre, anche quella Fata indossava una lunga tunica di seta nera
ricamata
con fili d’argento.
“Dovrei
dire ‘benvenuti’”, mormorò
incrociando le braccia sul petto. “Ma non lo
farò.”
Hermione
sbatté più volte le
palpebre, stupita di sentire quella Fata… be’,
parlare. “Noi… ehm… non volevamo
disturb…”
Con un gesto
imperioso la creatura
mandò via le altre. “Oh, sì, come tutti
gli altri, ovviamente.
Perché siete qui?” Chiuse le palpebre per un
interminabile secondo, poi le risollevò. “Per un
motivo puramente egoistico…”
S’interruppe di colpo, irrigidendosi. “Ne siete
sicur… Sì,
mia signora.”
Con un battito di ali
*°*°*°*
Hermione
sentiva
fresco sotto la
pelle, la guancia le premeva contro qualcosa che profumava di
pulito… e che la
fece starnutire.
Aprendo a fatica gli
occhi, la
ragazza si ritrovò a fissare un grande muro bianco, lucente
come la perla,
liscio e venato di grigio; sembrava marmo, ma era fin troppo luminoso
per
esserlo. Gli occhi gonfi si posarono al suolo, vedendo
null’altro che un
tappeto di erba verde smeraldo e fiori. Stupita, puntò le
mani a terra e si
alzò a sedere, fissando stupidamente il muro.
“Io sono di
qua, dubito che il
muro sia più interessante di me.”
Hermione
sobbalzò sentendo quella
voce forte e chiara; si voltò di scatto, accorgendosi solo
allora di trovarsi
in un’enorme sala rettangolare. Lei sedeva su un tappeto di
erba fresca che
correva lungo entrambi i lati lunghi della stanza; alla sua destra vide
un
palco rialzato con tre scalini, su cui poggiava un trono di cristallo.
Vuoto.
Voltandosi confusa,
vide un lungo
tappeto bianco che dal trono portava al maestoso portone
d’ingresso del salone,
chiuso. Doveva trovarsi in una specie di…
“Ehi, sei
sorda? Sono qui!”
Hermione si
voltò ancora di
scatto, puntando lo sguardo davanti a sé;
dall’altra parte della sala si
trovava
“Finalmente.”
… una
bellissima donna alata
interamente vestita di bianco che la osservava corrucciata, gli occhi
senza
pupilla erano di un cupo azzurro. Sotto l’occhio sinistro
c’era un disegno nero
molto simile a quello dell’altra, ma ancora più
complesso.
Sbuffando,
“Chi sei
tu?”, mormorò Hermione
quando la donna si fermò davanti a lei, scrutandolo prima il
viso poi la
collana di pietre perlacee.
“Maleducata,
come osi…?!”
“Vuoi
sapere il mio nome? No, non
credo”, ridacchiò accucciandosi incuriosita di
fronte a Hermione. “Non speravo
più nel tuo arrivo, cominciavo davvero a credere che
quest’anno avrei fatto
uccidere tutti
gli umani. Mmh… Solitamente le Signore sono
brutte, almeno tu
sei carina.”
Hermione
strabuzzò gli occhi. “Cosa?!”
“Io sono
Draco
aprì
gli occhi lentamente,
cercando di capire dove si trovasse.
Quella polverina che
si era
staccata dalle ali della Fata vestita di scuro doveva essere
soporifera, perché
non si spiegava altrimenti il torpore che sentiva nelle membra.
Sbadigliando, si
alzò
faticosamente a sedere, guardandosi attorno con
un’espressione confusa. Si
trovava in una piccola stanza dalle pareti di pietra bianca arredata
semplicemente con una cassapanca intagliata, uno specchio a figura
intera e un
grande letto su cui si trovava lui, composto da un materasso
imbottito… di
foglie?!... e da lenzuola di cotone.
La stanza non aveva
finestre;
Draco pensò che l’unica porta fosse addirittura
sbarrata dall’esterno.
Corrugando le
sopracciglia, decise
di andare a controllare la porta, ma si bloccò di scatto
appena mise piede per
terra.
Ma
cosa…?
Era nudo, dei suoi
vestiti nemmeno
una traccia.
A Hermione
stava
venendo un
potente mal di testa; non tanto per la polverina della Fata, che aveva
scoperto
chiamarsi Ilys, quanto per ciò che le aveva allegramente
comunicato
Domani
mattina mi sveglierò e scoprirò che tutto questo
è solo un
brutto incubo. Non può essere vero.
“Muoviti,
non abbiamo tutta la
notte”, borbottò Ilys strattonandole il braccio.
Hermione non era
riuscita a
sentire le parole esatte, tuttavia pensava che fossero collegate a
ciò che le aveva
appena detto.
“Nonostante
tutto è un grande
onore”, le disse Ilys sbattendo nervosamente le ali mentre
camminava sempre più
in fretta, trascinandosi dietro l’umana.
“Grande…
onore?”, bofonchiò
Hermione inciampando più volte sul pavimento irregolare del
lungo corridoio che
stavano percorrendo. Ilys le aveva spiegato che l’avevano
portata nel loro
palazzo, dove abitava
“Già.
Essere ammessi al cospetto
della nostra Regina. Sei fra i pochi umani a cui è stato
concesso.”
“Onore? Ti
rendi conto di cosa mi
ha chiesto?”
“Non parlare così di lei!”,
l’ammonì Ilys severamente. “Conoscevi
ciò a cui saresti andata incontro venendo
nella nostra foresta questa notte. Ma sei stata così
presuntuosa da volerlo
fare ugualmente, quindi non lamentarti. O obbedisci alla Regina o muori
insieme
al tuo amico, a te la scelta.”
“Come fai ad adorare così una…
persona… che gioca in questo modo con le vite di altre
creature?”
Guardando dritta davanti a sé,
Ilys si sfiorò la guancia dipinta con due dita.
“La notte di mezza estate ci cambia,
è così da sempre. Dopotutto non possiamo essere
sempre carine e gentili, tutti
hanno un lato oscuro, noi solo questa notte. Ma è
così divertente…” Ghignò,
facendo rabbrividire Hermione. “I nostri riti della notte di
mezza estate non
devono essere infangati da presenza estranee. Chi ci disturba muore.
Punto.”
“Cosa?”
“Sì. E per rispondere alla tua
domanda…”, aggiunse fermandosi davanti ad una
porta senza maniglia. “La nostra
Regina è un dono divino*,
come potrei non adorarla? Perciò… vedi di
prendere la
decisione giusta, se no prima dovrai vedertela con me.”
Detto questo aprì la porta e vi
spinse Hermione, chiudendola poi con uno scatto brusco. Stupidi
umani.
Per un pelo Hermione non cadde a
terra, sbilanciata dallo spintone che le aveva rifilato Ilys.
Sentì la porta
richiudersi violentemente alle sue spalle. Bene,
perfetto. E ora… Oh-Dio!
“Oh, santo…” Malfoy si sbrigò
a
coprirsi con un cuscino, imprecando. “Granger
io…”
Hermione si voltò di scatto,
coprendosi le guance in fiamme con le mani.
“Copriti!”
“Non ho vestiti, spiacente”,
bofonchiò lui sedendosi sul letto. Strappò il
lenzuolo dal materasso,
drappeggiandoselo alla bell’è meglio intorno ai
fianchi. Stupide Fate. “Girati,
sono presentabile”, le disse ironicamente,
guardandola voltarsi piano sbirciando fra le dita.
Il cuore le batteva come impazzito
nel petto; ora le parole della Regina erano ben chiare, i pezzi sparsi
del
puzzle stavano tornado ai loro posti. “Io…
io…”
Lui alzò una mano,
interrompendola. “Non dare la colpa a me se sono nudo, mi
sono svegliato così.
Tu, piuttosto. Dove ti hanno portata?”
Però Hermione non stava ascoltando
le sue parole; appiccicata alla parete con la schiena pensava e
ripensava a ciò
che avrebbe dovuto fare. No, no!
“Mezzosangue?” Draco la chiamò,
stupito di vederla così pallida e rigida.
“Granger?” Niente. Titubante, si alzò
dal letto e, tenendo ben stretto il lenzuolo, le si
avvicinò. “Hermione?”,
sussurrò quando fu ad un paio di passi di distanza.
Lei alzò gli occhi sul viso di
Draco, uno sguardo smarrito che gli strinse il cuore. “Avevo
promesso.”
“Promesso cosa?”
Hermione lo oltrepassò senza
sfiorarlo, avvicinandosi al letto. Poi si girò e
fissò gli occhi sulla sua
spalla nuda. “Una…
cosa. Tempo fa. E
stasera… se non voglio morire e far morire
te…” Si passò una mano fra i
riccioli scuri, sembrava sconvolta. “Non potevi dirmi di no?
Startene a casa a
strapazzare i tuoi Elfi Domestici o magari andartene davvero ai
Caraibi?”
Ho sempre saputo che sarei finito qui,
dolcezza. “Avevi un
disperato bisogno di aiuto.”
“Disperato? Avrei potuto chiedere
a… Oddio, no!” Inorridita, pensò che se
Malfoy le avesse detto di no, ora
avrebbe dovuto affrontare quel discorso con Harry.
Una nota positiva in una canzone totalmente
negativa, pensò
cupamente. Forse. Ora il problema
stava nel dirglielo. Non poteva, le avrebbe riso in faccia.
“Se non vuoi morire
devi ascoltarmi”, sbottò all’improvviso
incrociando le braccia sul petto.
“Cosa?”
Hermione si sedette sul letto,
mordendosi quasi a sangue un labbro. “
S’interruppe. Lui le si era
accucciato davanti, una strana espressione nei begli occhi.
“Sei tu? I vaghi
della collana sono fatti della stessa pietra delle pareti di questa
stanza.”
“E’ uguale, ma che c’entra?
Comunque sì. Non ci volevo credere, ma il solo fatto che io
sia viva lo
dimostra. Ilys…”
“Io che c’entro?”, le domandò
prendendole una mano, volendo sentire dalla voce di lei ciò
che già sapeva.
“Perché non mi hanno ucciso? Dovrei essere morto
se ciò che si dice è vero.
Invece sono nudo, qui, davanti a te. Vivo.”
Hermione incontrò i suoi occhi
grigi. “Probabilmente ti hanno spogliato per facilitarmi il
compito”, mormorò.
“Violentarmi?”, chiese sollevando
sorpreso un sopracciglio.
Riuscì a farla ridere. “No.
“… non è
ancora pronta per donare”, finì di
citare lui mentre si
sedeva al suo fianco.
Hermione distolse lo sguardo dal
suo corpo mezzo nudo, posandolo sulle loro mani unite.
“Sì.”
“Dovresti fidarti di me? Per
questo sono qui?”
Lei annuì, spiegandogli
nervosamente ciò che lei pensava di sesso e fiducia e che
stranamente
“Ah.”
“Già, ah.”
“Io non avrei voglia di morire per
mano di due Fate psicopatiche”, le disse Draco con
gentilezza, sollevandole il
mento con due dita.
Hermione incontrò il suo sguardo.
“Nemmeno io, ma…”
“Sì, so che hai parecchi ‘ma’
tuttavia dubito che potremmo fare altrimenti.”
“E’ odioso!”, sbottò lei
alzandosi
in piedi di scatto, dandogli la schiena. “Slacciami i
bottoni.”
Draco guardò sorpreso la fila di
bottoncini automatici che le chiudevano il vestito. Se aveva deciso di
farlo
non voleva che lei si comportasse come una condannata a morte.
Si alzò e le posò le mani sulle
spalle, piegandosi leggermente in avanti per respirare il suo fresco
profumo di
menta. “Se dobbiamo farlo almeno cerchiamo di farlo bene,
no?”
“Fa’ come ti pare, ma niente
giochetti strani!”, lo ammonì. “Penso
che… questo sia come un rito per loro.
Chissà se da questa stanza si sprigionerà magia o
che altro”, aggiunse
ridacchiando nervosamente. “Secondo te qualcuno ha mai
preferito la morte?
Dopotutto è una follia…”
Draco sapeva che lei stava
parlando a vanvera per tentare di spezzare la tensione che le
attanagliava il
ventre, per questo non la fermò.
Mentre lei continuava a ciarlare,
lui prese a staccare i piccoli automatici, esponendo man mano deliziosa
pelle
leggermente abbronzata. Niente mare
quest’anno per
“Cosa stai facendo?”, gli sussurrò
sentendosi baciare una spalla nuda.
“Non pensarci, continua a
ciarlare.”
“Non sto ciarlando! Malfoy!” Draco
aveva infilato una mano sotto il lembo aperto dell’abito,
accarezzandole la
schiena e la vita e posandola infine sul ventre.
“Che c’è?”
“Sei… un maniaco.”
“Un maniaco che fa cose che ti
piacciono però?"
Hermione sospirò. “Se così non
fosse, e se io non fossi obbligata, ti avrei già preso a
schiaffi.”
Draco sorrise, il viso immerso nei
folti riccioli che le coprivano la spalla sinistra. Brividi di delizia
si
propagavano dalla mano posata sul ventre di lei raggiungendo ogni
angolo del
corpo. “Lo so.” La mano salì lentamente,
sfiorando leggera lo stomaco e
fermandosi poco sotto i seni. “Posso fare qualcosa per
metterti a tuo agio?”
Lei non rispose subito; guardando
casualmente alla sua sinistra. Aveva notato lo specchio, che li
rifletteva
interamente. C’era qualcosa di incredibilmente erotico in
quello specchio
posizionato proprio davanti al letto; non avrebbe mai immaginato che le
Fate
fossero maliziose.
Sicuramente non era messo lì per
caso.
Draco, incuriosito da quel
silenzio, ma anche eccitato da quel corpo caldo e invitante,
seguì lo sguardo
di lei, incontrandolo nelle loro immagini riflesse. “Ah, non
avevo collegato.”
Tenendola incatenata con gli
occhi, tirò fuori la mano dal vestito e con un semplice
gesto lo fece scivolare
a terra, fermandola quando tentò di coprirsi. “Ci
sono solo due candele accese,
credi che riuscirei a vederti bene?”
Lei sospirò ancora, poi fece un
passo indietro, aderendo perfettamente al corpo di Draco.
Sentì la sua
eccitazione premerle contro il fondoschiena, ma non le dette fastidio
come si
era aspettata. Sorprendendolo, gli si rannicchiò contro,
rincontrando il suo
sguardo nello specchio quando poco prima lo aveva distolto.
“Te lo dico dopo.”
Draco le sorrise dolcemente,
mangiandole con gli occhi il corpo delizioso attraverso lo specchio.
Leggere come piume le sue mani le
carezzarono le braccia, risalendo dalle mani alle spalle dove
spostò i lunghi
riccioli che lei vi aveva posato per scoprire i soffici seni che
sembravano
chiamarlo imperiosamente. “Posso?”
Hermione capì al volo. “Se
dobbiamo farlo facciamolo bene”, gli disse ironicamente
facendogli il verso.
Lui sorrise e insieme si
voltarono, paralleli allo specchio. Draco affondò nuovamente
il viso fra i
boccoli, sentendola rabbrividire quando le strinse delicatamente i seni.
Si sentiva un mostro. Sia perché
la desiderava terribilmente pur sapendo che lei era costretta a farlo,
sia
perché… era un bugiardo.
Suo padre se fosse stato ancora in
vita probabilmente gli avrebbe riso in faccia e diseredato alla
velocità della
luce; un Malfoy non poteva permettere che un Mezzosangue gli facesse
venire
sensi di colpa.
Specialmente non la migliore amica
di Potter.
Spostando il viso notò che lei
aveva chiuso gli occhi, godendosi il tocco delle sue mani che la
massaggiavano
piano. Fino a qualche anno prima Draco non avrebbe mai immaginato che
un giorno
l’avrebbe definita ‘bella’, ma era
esattamente la parola che in quel momento doveva
usare per descriverla.
I suoi seni erano morbidi e sodi
sotto le mani di Draco e i capezzoli gli pungevano i palmi
procurandogli una
deliziosa sensazione. “Gran… Hermione?”,
la chiamò sfiorandole la nuca con la
punta del naso.
“Mh?”
“Ti giri?”
Lei obbedì, intrecciando le mani
dietro al collo di Draco, osservandolo con curiosità e
aspettativa. Quando
Per un tempo che a entrambi parve
infinito si fissarono negli occhi, come cercando qualche segno di
ritrosia
l’uno nell’altra, ma senza trovarne traccia.
Se dovevano farlo che lo facessero
bene e basta.
Hermione si sollevò sulle punte
dei piedi, cercandogli timidamente le labbra in un dolce bacio che
presto si
trasformò in qualcosa di ben più infuocato.
“La tua risposta…”
Draco non captò immediatamente le
parole di Hermione, tutto preso dalla lingua di lei che gli carezzava
il labbro
inferiore e dalle piccole mani che gli vagavano sui fianchi, sfiorando
leggere
la pelle sensibile. “Cosa?”, chiese staccandosi
riluttante dalle sue labbra.
Hermione sorrise leggermente, poi
gli puntò le mani sulle spalle spingendolo finché
non caddero insieme sul
letto. “Fammi stare sopra.”
Ancora
immersi in un
sonno
profondo, Draco e Hermione non sentirono aprirsi la porta né
qualcuno entrare
finché il misterioso scocciatore non fece comparire nel muro
una finestra e la
spalancò, permettendo alla luce del sole di illuminare tutto.
“Sveglia!”, esclamò voltandosi
verso il letto, le mani posate sui fianchi e le ali che sbattevano
nervosamente.
Hermione sobbalzò, aprendo di un
millimetro un occhio per difenderlo dalla prepotente luce che le
annebbiava la
vista. L’invasore era contro luce, quindi di
‘lui’ Hermione vedeva solo il
contorno del corpo e della ali. Anche se quella voce…
Draco si svegliò qualche attimo
dopo, imprecando nemmeno tanto a sottovoce contro il disturbatore che
lo voleva
accecare. “Chi diavolo…?”
Il tizio si spostò e così poterono
vederlo in viso. “Nessun commento, per favore, sono solo
io”, rispose Ilys
piantandosi a bordo letto e fissandoli dall’alto.
Hermione si alzò a sedere
coprendosi con il lenzuolo, fissando quasi a bocca aperta
“Nessun commento”, ripeté alzando
una mano. “Mi scuso già adesso per tutto
ciò che posso avervi detto ieri sera,
ma non ero in me”, aggiunse arrossendo leggermente.
Hermione sgranò gli occhi,
voltandosi verso Draco quando lo sentì muoversi. Lui
incontrò per un attimo il
suo sguardo, poi si girò verso Ilys. “Posso
riavere i miei vestiti?”
Lei annuì, posando delicatamente
sul letto il fagotto dei suoi abiti. “Non sono stata io a
spogliarti”, gli
disse dopo un po’, notando che i due ospiti
nemmeno si guardavano. “
“Ringraziarci di cosa?”, borbottò
Hermione sentendo che Draco si allontanava da lei senza nemmeno
sfiorarla,
allungandosi verso i suoi abiti.
Ilys alzò le spalle. “Preparatevi,
io vi aspetto fuori.” Detto ciò andò
verso la porta e uscì, lasciandola
socchiusa questa volta.
“Che cosa strana…”, mormorò
la
ragazza. Si alzò dal letto portandosi dietro il lenzuolo e
andò a recuperare i
propri indumenti sparsi per la stanza, osservando Draco con la coda
dell’occhio. Nessun gesto, nessuna parola… era
sempre così scontroso la mattina
oppure era colpa sua? “Ilys intendo”,
continuò senza nemmeno sapere se lui la
stava ascoltando oppure no. “Vestita di arancione, la pelle
sotto l’occhio è
pulita…”
“Ho visto”, tagliò corto
nervosamente Draco, infilandosi i vestiti che le Fate gli avevano anche
pulito.
Hermione si fermò nell’atto di
abbottonarsi gli automatici sulla schiena, sorpresa dal tono brusco che
aveva
assunto la voce di lui. “Fai sempre così o
è un comportamento dedicato solo a
me?”
Malfoy non rispose. Terminò di
chiudersi la camicia e andò da lei, girandola per finire il
lavoro che aveva
iniziato. “Andiamo."
E sparì, lasciandola in mezzo alla
stanza a fissare a bocca aperta la porta.
Mentre
Ilys ciarlava
allegramente
del più e del meno, descrivendo ai suoi due ospiti le
meraviglie del palazzo e
raccontando alcuni aneddoti della vita delle sue abitanti, Hermione
cercò di
trovare una spiegazione al comportamento di Draco.
La notte prima era stata… be’,
meravigliosa e lui nemmeno una volta si era comportato freddamente; le
era
quasi sembrato veramente interessato a lei e seriamente impegnato a
darle
piacere. Ora invece… quasi nemmeno la guardava. Certo,
l’aveva presa per mano
appena lo aveva seguito fuori dalla camera, ma era una stretta fredda.
E senza sentimento.
Hermione si era aspettata quel
comportamento la sera prima, non la mattina dopo.
Stringendo la mandibola, quasi
arrabbiata, lasciò la mano di Draco, che non si volse
nemmeno a guardarla.
Draco sentì la piccola mano della
Mezzosangue scivolare lentamente fuori dalla propria; sapeva che il suo
comportamento la stava indispettendo oltre ogni dire, ma… la
notte prima era
solo una notte da dimenticare. Non avrebbe mai immaginato che fare
sesso con
quella ragazza l’avrebbe segnato così tanto.
Difficilmente avrebbe dimenticato
i soffocati sospiri di piacere che le aveva strappato affondando
ripetutamente
dentro il suo corpo caldo e invitante, non avrebbe mai dimenticato il
suo viso
dolce che gli si era posato sulla spalla subito dopo
l’orgasmo devastante che
aveva scosso entrambi e la sua mano che gli aveva carezzato stancamente
per un
istante il viso.
Ma non doveva fare certi pensieri,
doveva bandirli dalla mente.
Ilys spalancò l’enorme porta a
doppia anta del salone del trono, decisamente più
accogliente ora che la forte
luce del sole estivo entrava prepotente dalle alte finestre disposte
sui due
lati lunghi. Il trono di cristallo, vuoto anche in quel momento,
luccicava come
animato da migliaia di piccoli fuochi.
Si voltò appena li sentì entrare,
sorridendo dolcemente prima a Ilys e poi alla coppia che la seguiva.
Gli occhi
celesti le si incupirono un poco quando incontrò quelli di
Draco, estremamente
seri, ma non fece commenti.
“Buongiorno, mia Signora, vi ho
portato i nostri due ospiti!”, esclamò Ilys con
voce squillante chiudendosi la
porta alle spalle.
“Notavo, grazie Ilys”, rispose
avvicinandosi lentamente, osservando con calma le espressioni tese dei
due
umani.
Si soffermò a lungo sul viso di
Hermione, cercando qualcosa che le spiegasse il motivo del malumore che
traspariva da quegli occhi castani, ma senza trovarlo. Poi riluttante
si spostò
su Draco, che la stava fissando duramente. “Siete soddisfatta
ora?”, si sentì
dire all’improvviso, in modo tanto rude che Ilys
sobbalzò, portandosi
inorridita una mano alla bocca.
Hermione si voltò a guardarlo,
giocherellando con la collana che portava al collo. Aveva sentito odio
nella
sua voce? No, doveva essersi sbagliata.
“Ora dobbiamo andare”, la
interruppe Draco facendo quasi svenire Ilys, che dovette sedersi a
terra per
arrestare il capogiro che l’aveva assalita. “Non
puoi parlare così alla
Regina”, sussurrò portandosi le mani al viso.
Stupita, Hermione sbirciò Ilys. Com’è
possibile che cambino così tanto in
una notte? Sembra una persona totalmente diversa da ieri sera.
“Sì… ora dovete andare”,
rispose
Draco non commentò quell’ultima
frase, non ce n’era bisogno. Sapeva cosa intendeva dire
Hermione non capì, ma dopotutto
parecchie cose non aveva capito quella mattina, quindi prima che Ilys
li
trascinasse via si decise a ridare la collana alla Regina. Era palese
che le
perle che la componevano erano fatte dello stesso materiale con cui era
stato
costruito il palazzo.
“No tienila tu…”, la sentì
dire
mentre lentamente svanivano grazie alla magia di Ilys. “E
ricorda che la
fiducia non…”
Non seppe mai come la frase finì.
*°*°*°*
“La
sua
è stata davvero una
relazione interessante, signorina Granger, e dimostra che ha vissuto in
diretta
l’esperienza. Se fosse possibile saperne un po’ di
più… Magari il prossimo
anno…”
Hermione stava camminando per i
corridoi del Ministero con Simmons che, entusiasta della sua relazione,
le
aveva dato il massimo dei voti.
Ora Hermione era un’Auror a tutti
gli effetti, così come Harry, che aveva passato tutti gli
esami con buoni voti
solo pochi giorni prima.
“Non credo, signor Simmons. Come
ho scritto, le Fate devono essere lasciate in pace, le persone devono
smetterla
di dare loro il tormento cercando chissà cosa.
Perché in verità non c’è
niente
da cercare”, rispose Hermione sorridendo leggermente mentre
si lustrava il
distintivo che la commissione le aveva dato un’ora prima.
“Ha ragione, signorina. Bene, la
lascio qui, ho altri esami oggi. Pensare che è
sabato… Mah, il lavoro è sempre
il lavoro. Ci vediamo!”
Hermione sorrise ancora
guardandolo andare via.
Era una giornata da festeggiare!
E quale luogo migliore per farlo
se non… il Witch Inn?
Era
sabato, giorno
del caos al
locale preferito di Hermione. Ralph le fece timidamente i complimenti
quando le
permise di entrare, facendole scavalcare la lunga fila che si era
formata
all’esterno e zittendo con un’occhiataccia le
proteste che esplosero. Era la
prima volta che Hermione lo sentiva parlare.
Faticosamente cercò di farsi
strada fra i corpi spiaccicati all’interno del pub, ma venne
subito fermata da
una mano raggrinzita che le si posò sul braccio.
“Buonasera, bella signorina.”
Lei si voltò di scatto,
incontrando gli occhi acquosi di Madama Dejanira. “Oh.
Salve.” Era la prima
volta che si parlavano.
“E’ andato tutto bene ciò che
doveva fare con il suo bel biondino?”
Gli occhi castani s’incupirono
leggermente. Il suo bel biondino
non
lo vedeva da più di una settimana. Come sparito nel nulla.
Spinta da qualcosa
che non aveva saputo definire gli aveva addirittura spedito un Gufo.
Invano.
E nemmeno sapeva il perché. Non le
aveva detto niente, neanche un misero ‘ciao’ quando
Ilys li aveva
Smaterializzati direttamente a Kilgarigon con i loro bagagli.
Semplicemente, le aveva rivolto
una lunga occhiata, una strana
occhiata, e poi era sparito con un soffice ‘puff’.
“Tutto bene, sì”, rispose cercando
di farsi sentire sopra il baccano.
Gli anziani occhi della donna le
scrutarono per lunghi istanti il viso, incerti. Quindi si posarono
sulla
collana perlacea che ancora indossava. “Bella collana, deve
avere almeno
qualche centinaio di anni.”
Hermione si portò una mano al
collo, sorpresa. “Oh, no, si sbaglia. L’ho comprata
la settimana scorsa… in
verità è un regalo, ma…”
“No, no. Madama Dejanira non si
sbaglia mai. E so anche chi la possedeva prima di lei, bella
signorina.”
“Chi?”
“Credo che lei la conosca molto
bene. Alicia se non sbaglio… Gran bella donna, era, proprio
così. Peccato per
la maledizione che… Be’, le Fate diventano molto
irritabili in una certa notte
dell’anno, ormai lo sa più che bene.”
Alicia? Maledizione? Ma cosa…?
“Cosa… vuol dire?”
Madama le colpì affettuosamente
una mano, più volte. “Deve chiederlo al suo
biondino, mia cara. E’ lui che mi
ha chiesto di venderti questa collana… I miei travestimenti
sono famosi!” La
vecchia si esibì in una risata sdentata, una risata che
metteva i brividi.
Hermione
non era mai
stata a casa
di Malfoy, ma sapeva bene in che parte sperduta
dell’Inghilterra si trovasse.
Ormai dimentica della voglia di
festeggiare la buona riuscita dell’esame, aveva deciso che
era ora di fare una
bella visitina al suo biondino. Il
quale le doveva più di un paio di spiegazioni.
Le informazioni che le aveva dato
Madama le giravano nel cervello alla velocità della luce,
stordendola. Non
capiva più nulla, non riusciva a mettere insieme i pezzi di
quel puzzle, doveva
farsi spiegare da lui.
Sperando con tutto il cuore che
Malfoy fosse in casa, salì i cinque gradini che portavano
all’ingresso di
Malfoy Manor e bussò prepotentemente alla porta. Subito
questa si aprì e un
minuscolo Elfo Domestico dall’espressione arcigna e per
niente amichevole la
guardò di sotto in su. “Cosa desidera?”,
la apostrofò rudemente, stringendo gli
occhi a fessura.
“Vedere Malfoy”, ringhiò lei.
“E
non dirmi che non è in casa o che tornerà fra un
mese perché se non lo vedo
stasera sarei tentata di bruciare questo mausoleo.”
L’Elfo sgranò gli occhi,
inorridito dalle parole dell’umana. “Ma…
ma… Padron Draco non…”
“Sil, chi è?”
“Ah!”, esclamò Hermione facendosi
gentilmente spazio ed entrando come una furia nell’ampio
ingresso monumentale.
“Tu… hai
qualcosa da spiegarmi!”
Parecchio
tempo dopo
Draco stava
ancora tentando di offrirle qualcosa da bere per calmarla. Stava per
uscire
quando qualcuno aveva bussato alla porta di casa sua con violenza,
sorprendendolo.
Come un uragano
“Allora?! Non voglio la tua
stupida acqua, la tua stupida aranciata o camomilla! Madama Dejanira mi
ha
detto delle cose e voglio sapere se sono vere!”
Stupida, vecchia strega… Pensare
che l’avevo anche pagata bene!
“Cosa… ti ha detto di preciso?”
“Ah, no caro! Voglio che mi
spieghi tutto tu, non hai bisogno di inventarti altre bugie.”
Hermione si portò
davanti al caminetto spento del salotto di Malfoy Manor, incrociando le
braccia
sul petto, aspettando una qualche, inverosimile spiegazione.
Quando lo aveva rivisto il cuore
le aveva fatto una capriola nel petto, ma non poteva permettersi
distrazioni.
Probabilmente lui le aveva mentito, prendendola in giro tutto il
tempo… e
costringendola a… No! Voleva delle risposte e le voleva
subito!
“Calmati, per favore, io…”
“Non dirmi di calmarmi. Non
insultare la mia intelligenza come hai fatto fin’ora.
Spiega!”
Draco sospirò, rendendosi conto di
non poter far altro che accontentarla. Sperava di non dover mai
giungere a
tanto, ma evidentemente il destino aveva preso un’altra
decisione. “D’accordo.
Ora ti siedi per favore?”, le domandò indicandole
l’enorme divano di pelle
bianca che faceva bella mostra di sé in mezzo al salone.
Lei lo accontentò, ma solo perché
non credeva di riuscire a sopportare ciò che lui stava per
raccontarle.
Malfoy, santo cielo!
Lui la seguì, sedendosi sul
tavolino di legno di noce e cristallo che stava davanti al comodo
sofà. Non la
sfiorò, sapeva che non glielo avrebbe lasciato fare, ma in
compenso riuscì ad
incontrare i suoi grandi occhi castani. “Sai che Alicia era
una mia antenata…
Ebbene, lei non… obbedì totalmente al volere
della Regina. Spinta da uno strano
sentimento, inusuale per loro durante la notte di mezza estate, le
aveva
ordinato di concepire un bambino…”
“Ah, certo, perché è una cosa che
si fa a comando, no?”, rispose acidamente Hermione.
“Lasciami finire. E comunque sì,
se
“Ovviamente non poteva fare a meno
di intromettersi”, borbottò Hermione distogliendo
lo sguardo dagli occhi grigi.
“No, infatti. Alicia decise di
obbedire… ma in realtà obbedì
concependo un figlio dal suo amante.”
“Che c’entro io con tutto questo?”
“Non tu”, rispose Draco titubante,
“io.”
Hermione riportò gli occhi su
Draco. “Cioè?”
“Attraverso te io ho sistemato ciò
che aveva combinato la mia antenata”, sussurrò.
“Ah.”
Un silenzio tombale cadde sulla
stanza, gli occhi di Hermione sfuggirono alla presa di quelli di Draco,
che
dispiaciuto la guardò alzarsi e allontanarsi da lui.
“Allora non capisco perché
“Perché lei non sapeva che non ti
avevo detto nulla.”
Lei si girò di scatto. “Due
piccioni con una fava eh? Hai mentito sia a me che a lei, complimenti!
Pensi
davvero di aver risolto? Magari lei pensa di essere stata presa in giro
anche
da te come da Alicia. Non deve avere una buona opinione dei
Malfoy.”
“E’ tutto risolto, se così non
fosse non ci avrebbe mai mandati via indenni.” Le si
avvicinò, tentando di
prenderle una mano. Invano. “Credimi se ti dico che ora sono
veramente
dispiaciuto di non avertene parlato…”
“Oh, ti credo. Ma dopotutto perché
fidarsi di una sporca Mezzosangue? Avrei potuto rovinarti i piani e poi
cos’avresti fatto?”
“
“E così tu hai pensato: facciamolo
pure, tanto il minuscolo cervellino della Mezzosangue non ci
arriverebbe mai!”
Si allontanò ancora, dirigendosi verso l’uscita.
“Aspetta… Non è così, mi
dispiace
davvero molto, sono stato davvero un idiota a non dirti niente, ma
pensavo che
non avresti capito… Non potremmo…”
“No, non potremmo niente.
Ti sei giocato la mia fiducia e dovresti sapere, ormai,
che è la cosa a cui tengo di più. Spero che alla
Gringrott ti riprendano, in
caso ci vedremo lì. Ciao.”
Con un peso sul cuore Hermione si
diresse verso il grande portone, che Sil le aprì
inchinandosi fino a sfiorare
il pavimento con la punta del naso. Aveva preso la decisione giusta, ne
era
sicura. Ma nonostante questo pensò che Draco le era sembrato
davvero pentito.
Ma si sa, i Malfoy pur di salvarsi
la pelle sanno mentire molto bene.
*°*°*°*
“Sei
soddisfatta ora?” Madama
Dejanira si sedette stancamente su una sedia posta accanto al trono di
cristallo, rilassando le vecchie membra.
“Ora sì.”
“E ovviamente ci tieni molto alle
tue Signore.”
“Ovviamente”, rispose
“E ancor di più non ti piace
averlo scoperto la mattina dopo quando tutto era stato
concluso.”
“Già, ma ora ho avuto la giusta
soddisfazione.”
Madama chiuse gli occhi,
sorridendo fra sé, senza farsi vedere. Chissà
cos’ha in serbo il futuro per loro due… Chi
credeva che lei fosse solo una
spudorata truffatrice doveva ricredersi. Ovviamente le visioni non
poteva
avercele a comando… ma in quel momento le arrivò
la conferma che dopotutto i
sue due piccioncini in futuro avrebbero avuto una chance.
Tutto stava nella loro capacità di
giocarsela.
FINE?
* Come avrete notato non ho mai
scritto il nome della Regina.
Ho lasciato un paio di indizi, ma temo che i miei ragionamenti siano
stati troppo contorti per permettervi di capirlo da soli.
L'asterisco sta vicino alle parole "dono divino" che io ho associato al
significato del nome Denise,
figlia di Zeus.
Perchè il giorno del
proprio compleanno si è tutti un po' speciali.
Tu
più del solito.
(L)