28/08/2014
2 recensioniSe solo
«Ma le vedi? Frak, sono identiche anche le stelle.»
Dall’uomo disteso accanto a lei arriva in risposta un russare sommesso. Kara gli calcia la gamba con il piede nudo, pelle contro pelle, riuscendo solo a sollevare una nuvola della polvere troppo sottile di New Caprica.
Ma Lee dorme ancora, e lei ride, e le stelle che tremolano oltre l’atmosfera sembrano quasi ubriache - o forse è lei ad esserlo; ubriaca di alcool e di aria non filtrata. «Frak, le vedi, Lee?»
S’immagina la parabola di una stella che cade, ma ha visto precipitare troppe navicelle per poter ancora considerare romantica la scia di un corpo luminoso. E poi si chiede se funzionerebbe allo stesso modo anche lì, con lei distesa su una terra diversa, lontana anni luce dal luogo in cui ha espresso per la prima volta un desiderio - e sono ubriaca, si dice, ubriaca, Lee, che frak di pensieri vado a fare.
Ma indugia, e neppure sa cosa chiederebbe alle stelle - se il prolungarsi all’infinito della pausa su quel pianeta che si sono affrettati a chiamare casa, se una ripartenza verso la fine ancora lontana di quel viaggio, se un ripetersi in loop di quell’ultima mezz’ora in cui non ha pensato a niente, né ai cyloni né agli esseri umani, né a Sam né a Zak. E forse nemmeno a Lee, né a se stessa.
«Lee» chiama. «Lee.»
Ma lui continua a dormire come se non sentisse, come se non gli importasse. Per il cielo rimane una notte identica a mille altre, e i vorrei restano muti.
«Frak.»
Gli calcia un’altra volta la gamba. Per un attimo Lee smette di russare, e subito ricomincia, e lei ride di nuovo e nasconde il viso contro di lui. Se solo cadesse un’altra stella, sragiona poi, allora in dono le chiederebbe il qui e ora.
Se solo.
Dall’uomo disteso accanto a lei arriva in risposta un russare sommesso. Kara gli calcia la gamba con il piede nudo, pelle contro pelle, riuscendo solo a sollevare una nuvola della polvere troppo sottile di New Caprica.
Ma Lee dorme ancora, e lei ride, e le stelle che tremolano oltre l’atmosfera sembrano quasi ubriache - o forse è lei ad esserlo; ubriaca di alcool e di aria non filtrata. «Frak, le vedi, Lee?»
S’immagina la parabola di una stella che cade, ma ha visto precipitare troppe navicelle per poter ancora considerare romantica la scia di un corpo luminoso. E poi si chiede se funzionerebbe allo stesso modo anche lì, con lei distesa su una terra diversa, lontana anni luce dal luogo in cui ha espresso per la prima volta un desiderio - e sono ubriaca, si dice, ubriaca, Lee, che frak di pensieri vado a fare.
Ma indugia, e neppure sa cosa chiederebbe alle stelle - se il prolungarsi all’infinito della pausa su quel pianeta che si sono affrettati a chiamare casa, se una ripartenza verso la fine ancora lontana di quel viaggio, se un ripetersi in loop di quell’ultima mezz’ora in cui non ha pensato a niente, né ai cyloni né agli esseri umani, né a Sam né a Zak. E forse nemmeno a Lee, né a se stessa.
«Lee» chiama. «Lee.»
Ma lui continua a dormire come se non sentisse, come se non gli importasse. Per il cielo rimane una notte identica a mille altre, e i vorrei restano muti.
«Frak.»
Gli calcia un’altra volta la gamba. Per un attimo Lee smette di russare, e subito ricomincia, e lei ride di nuovo e nasconde il viso contro di lui. Se solo cadesse un’altra stella, sragiona poi, allora in dono le chiederebbe il qui e ora.
Se solo.
28.08.2014
Scritta per il prompt Sotto le stelle nell'ambito dell'iniziativa The Pirates organizzata dalla community Fiumidiparole, anche se la pubblico qui con quasi due mesi di ritardo.
Sono sincera nel dire che mai avrei creduto di poter scrivere qualcosa su questa serie - perché il problema, qui, è che Battlestar Galactica è completo già così com'è. Ma questa flashfiction è nata davvero da sola, e in fondo non aggiunge niente a ciò che già sappiamo, non è vero?, e shippare questi due è cosa buona e giusta e il mio cuore non s'aggiusterà mai.
Grazie mille per aver letto!
Kuruccha