Anime & Manga > Tengen Toppa Gurren Lagann
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Autore: Loki    21/09/2008    0 recensioni
Questa e' una fiction introspettiva e "parallela" su due personaggi della serie, Lord Genome e Simon. Divisi dal tempo e dallo spazio, entrambi scelgono, in quell'istante, di andare avanti, lottando anche contro l'universo, seguendo le proprie risoluzioni. Un parallelismo tra due personaggi cosi' simili e diversi allo stesso tempo.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dies Mōmentum [Quell'istante...]

Dies Mōmentum [Quell'istante...]

Note dell'autore. Mi sono sempre chiesto del passato di Lord Genome. E' un personaggio affascinante, probabilmente non abbastanza caratterizzato in profondità durante l'intera serie di Gurren Lagann.
Il Parallel Work n. 8 ci ha mostrato la storia di Lord Genome in sintesi, che andrà poi ad ampliarsi e approfondire nel movie di prossima uscita. Inutile dire che per quel poco che si è visto mi è piaciuta molta la sua caratterizzazione extra-helix king. Ho notato un certo parallelismo di fondo con Simon (la cosa più lampante è probabilmente la presenza Boota/Guame) e ciò mi ha portato a buttare giu' una fiction simil-introspettiva e parallelista su questi due personaggi, provando anche piacevoli sorprese nell'idearla e nell'immergermi di nuovo nell'anima profonda della serie (per me) più bella di tutti i tempi.
In soldoni: ovviamente questa e' una mia interpretazione personale di Lord Genome, specialmente del suo carattere quasi stoico ed extra-dimensionale da bambino. Mi rifaccio a quel poco che si è visto nel periodo della sua vita nel Parallel Works n. 8. Mi aspetto di essere smentito alla grande nel film e ciò non mi sorprenderebbe. Per ora, trovo incredibilmente affascinante la sua immagine che ho nella mia mente e il parallelismo con Simon. Il latino non lo so, spero di averci azzeccato col titolo (Dies Illa da Libera me From Hell non stava bene, spiacente). Thanks for attenzion'.


G.

Il ragazzino era seduto con l'anima rivolta al tramonto, al termine di una giornata dall'aria stranamente elettrizzata.
Non sapeva bene perchè fosse lì, quel giorno. Non conosceva il motivo che lo aveva spinto a camminare e a respirare fino a quell'istante. Non riusciva a rendersi conto del perchè avrebbe dovuto, ciclicamente, respirare fino alla fine della sua esistenza.
Poteva osservare la città che conosceva da lontano. Non poteva definirsi la "sua" città.
Il tramonto dell'umanità, perchè era sicuro che di questo si trattava, era finalmente giunto. Ne era convinto ormai da tempo e, nel suo corpo da mortale, poteva ascoltare il sussurro della catastrofe avvicinarsi.
Il suo cuore non batteva forte. Era calmo, tranquillo. Alla fine di ogni giornata, lui osservava i colori del sole morente trascinarsi dietro la vita dell'umanità. Ed era come vivere, da spettatore, in un sogno etereo, al di fuori delle regole del mondo, senza lasciarsi coinvolgere troppo.
Il ragazzino spostò con la mano destra una ciocca dei suoi chiari capelli, andata, probabilmente per caso, ad ostruire il suo occhio destro. Bastò semplicemente questo gesto per fargli pervenire nella sua mente altre domande, a catena. "Per caso...?" pensò. "Io sono nato per caso?"
Il ragazzino si perse nelle sue domande eteree, per lui neutrali e pure, sulla sua esistenza. Pensò a lungo, fino a quando i suoi unici amici si avvicinarono.
Il suo piccolo armadillo quasi gli fece le fusa, come fosse un tenero gattino.
Il ragazzino sembrò quasi svegliarsi da un lungo sogno e, di rimando, lo accarezzò sotto il musetto, dolcemente e delicatamente. Intorno a lui gli altri suoi compagni si erano radunati.
"Sarebbe bello che voi poteste parlare..." disse sorridendo il bambino dai capelli chiari come le nuvole. L'aria si fece sempre più elettrizzata. Gli animali iniziarono ad osservare il cielo. Alzarono i loro piccoli occhi verso il vespro.

S.

Il ragazzino dai capelli neri era seduto nell'oscurità della notte. La sua anima era rivolta verso le stelle e le galassie. Poteva quasi tastarle con mano. Gli sembrava potesse immergersi dentro di esse, nuotare nell'infinità del cosmo.
Accarezzò il piccolo trapano che portava al collo. Vicino a lui il suo minuto amico velocemente si arrampicò sulla spalla. Sorrise, accarezzando il muso del suo amico sotterraneo. L'animale gli diede una leccata in viso per ringraziarlo.
Il suo trapano si illuminò. Ogni tanto lo faceva, ma aveva smesso di meravigliarsene più di tanto. Quando si emozionava, la sua luce fioca brillava: era come se fosse una stella solitaria accanto a sè.
Il suo cuore batteva forte. Era emozionato, sebbene fosse un semplice ragazzino, un bambino appena uscito dal sottosuolo, scappato da una vita oscura: aveva visto pochi tramonti e non si aspettava nulla che conoscesse già. Il mondo era come una scoperta continua, per lui.
Aveva provato dolore e gioia, ma ora sapeva di dover andare avanti. Era il suo dovere. Doveva e voleva farlo.
Il piccolo talpa-maiale emise un leggero verso di ammirazione e alzò lo sguardo al cielo. Entrambi sapevano, nel profondo delle loro anime, che sarebbe successo qualcosa, lassù. Entrambi però non sapevano dire nè cosa, nè quando.
Entrambi provavano solo un vago presentimento, un eco del passato e del futuro.

G.

Il bambino dai capelli chiari aveva scalato la montagna del suo parco giochi. Era seduto e continuava ad osservare il tramonto, aspettando il momento che, secondo il suo cuore, sarebbe finalmente arrivato da lì a breve.
Voleva osservare l'unica cosa che poteva destare in lui interesse. Voleva ammirare quel che sarebbe successo, l'imprevisto dell'umanità. Da spettatore solitario, non voleva perdersi lo spettacolo. Ed era strano, perchè non sapeva assolutamente cosa sarebbe successo da lì a breve.
Egli si alzò. Dal cielo iniziarono a piovere fasci di luce.
Vi furono enormi boati. Impassibile, egli testimoniò la distruzione della città. Aveva le sue mani in tasca.
L'energia frantumò le abitazioni, fece sprofondare i sogni che non erano i suoi. Nella sua solitudine, testimoniò la fine dell'umanità. Il momento che aspettava era giunto, ma non si sarebbe mai immaginato che fosse stato un momento simile.
Fino alla fine, egli visse la sua infanzia in un sogno distante dagli uomini.

S.

Il ragazzo dai capelli neri si alzò, nella notte delle costellazioni eterne. Il piccolo talpa-maiale emise un altro verso.
Non si aspettava cadesse qualcosa dal cielo. Eppure, una pioggia di stelle cadenti riempì la volta celeste.
Rimase meravigliato. Strinse con la mano, per qualche secondo, il suo trapano. Pensò a suo fratello.
Fece qualche passo. Il suo cuore continuò a battere, sempre più forte.

G. & S.

Genome continuò ad osservare con occhi impassibili e distanti la distruzione, fino alla fine.
"Il sogno è finito. Ora non mi toccherà far altro che...", disse sottovoce. Guame, il suo armadillo, si nascose spaventato dietro il suo piede, tremando.

Simon sorrise.
"A questo punto, Aniki... non posso far altro che..."
Boota emise un altro verso di stupore e meraviglia.

Genome assunse un leggero sorriso malizioso, appena abbozzato.
"...andare avanti, lottando anche contro il potere dell'Universo. Non ho nient'altro da fare."

Simon continuò a sorridere, quasi innocentemente.
"...andare avanti, lottando anche contro l'Universo stesso. Io... ce la posso fare!"

Al di là dello spazio e del tempo, due bambini, dai capelli chiari come le nuvole e neri come l'oscurità del sottosuolo, iniziarono a camminare in direzioni opposte. Entrambi incrociarono i propri pensieri e le proprie convinzioni per un istante che non sarebbe mai esistito in questo Universo.

  
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