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Autore: Atticus 182    28/08/2014    2 recensioni
"Jimmy Novak, un uomo sulla trentina, accettò di donarmi il suo corpo una notte di settembre, divenne il mio involucro personale e sentivo che iniziava ad aderire alla mia luce celeste. Indossava un trench beige, un vestito scuro, una camicia bianca e una cravatta e quello fu il mio marchio d’identità per ogni angelo che venisse dal cielo. "
Castiel è un Angelo, un Soldato del Signore, la sua missione è quella di ripulire la Terra dai Demoni e dagli individui impuri e senza fede. E' un Angelo freddo e senza rimorsi, ma c'è qualcosa di speciale dentro di lui, e Dio ne è consapevole. Qualcosa che crescerà e un giorno, dopo l'incontro con una persona molto importante, prenderà il sopravvento. Parlerò in prima persona, e descriverò i pensieri di Castiel. Buona lettura :)
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Sam Winchester, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incompiuta, Violenza | Contesto: Quarta stagione, Più stagioni
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“Redenzione: particolare dottrina che costituisce uno dei misteri fondamentali della nostra santa religione; chi ha fede in essa non perirà mai e avrà una vitaeterna per cercare di capirla.” 
 
Ambrose Gwinnett Bierce
 
Ali piumate, nuvole bianche, un cielo limpido senza nubi, cancelli d’oro e vesti brillanti, bei visi sorridenti. E’ così che gli umani immaginano il nostro mondo, il Paradiso e noi, gli Angeli Custodi. Pensano davvero che dopo la morte ad attenderli ci sia un luogo magico e sereno, dove i mali non possono raggiungere i loro cuori e la loro anima. Non sanno quanto si sbagliano, non hanno la minima idea di cosa sia il mio luogo di nascita.
Una goccia di sangue colpì il cancello arrugginito e scorticato dal tempo, il pavimento a scacchi rifletteva il suo viso chiaramente sofferente, le lacrime erano sopraffate dal liquido denso che fuoriusciva dai suoi occhi, sangue freddo e scivoloso gli bagnava le guance e il mento per ricadere su una mattonella scheggiata. Io rimasi immobile, freddato da non so quale forza superiore, probabilmente la mia faccia era talmente inespressiva che la lacrima che mi rigò il viso un secondo dopo la sua morte venne osservata con stupore. Una siepe scura circondava quel luogo per finire ai piedi di un alto cancello dal colore slavato, un cielo grigio si stagliava nel nulla per riflettersi nel bianco spento degli occhi di nostro fratello. Giaceva inerme ripiegato in se stesso su una mattonella nera, le palpebre spalancate si stavano indebolendo e chiudendo a metà occhio. Zaccaria estrasse un fazzoletto bianco dalla tasca interna della giacca e pulì con eleganza il pugnale angelico sporco di sangue. Poi un sorriso beffardo si fece largo tra le sue labbra e l’arma argentea riflesse la figura del suo volto disgustoso.  Il mio involucro era ancora bloccato e senza forze, fermo nel punto in cui aveva osservato tutto da spettatore. Alcune volte mi fermavo a pensare ai miei fratelli e credevo davvero di conoscerli, tutti, uno ad uno. Conoscere le loro storie, il loro passato, ciò che erano, ma poi assistevo ad alcuni mutamenti dell’anima, a radicali occultamenti del cuore, a soggiogamenti del proprio essere e mi ricredevo su tutto, su ogni pensiero sprecato a sperare in una mia somiglianza con almeno uno di loro, su ogni piccola parola in riferimento alla purezza dei loro animi, sulla mia stupida credenza in un salvataggio per il Paradiso, perché vedere un Angelo uccidere un altro Angelo riuscì a modificare qualunque speranza accesa in me di redenzione per ognuno di loro.
 
POV Mikael.
Sono ormai giorni che osservo gli umani defluire ininterrottamente lungo le strade di questa cittadina. Ho vagato per la Terra per molto tempo senza mai tornare in Paradiso, Dio diceva di continuo che la mia missione non poteva concludersi immediatamente, che aveva un progetto, dei piani per me, così aspettai. La mia Grazia iniziò ad aderire perfettamente al mio contenitore, fino a farne totalmente parte. Due individui in un solo corpo era una grande cosa da gestire, ma soprattutto da sopportare. Continuavo a sentire lo scorrere dei suoi pensieri pur lui essendo un devoto figlio di Dio, potevo ancora udire ogni minima parola e preghiera. Fino a quando la sua voce non si è affievolita, schiacciata dall’imponenza della mia essenza e soffocata dall’unione delle nostre anime. Ma le mie ali, le mie ali nere continuavano a sbattere leggere per portarmi ovunque volessi. Il contatto con i miei fratelli si spezzò, e con esso quello con Dio. Ma continuavo a portare con me il peso dell’oscurità delle mie ali, che mi legavano ancora al Paradiso.
Le mani mi tremano insistentemente e le forbici arrugginite riflettono la flebile luce del sole che sfiora le tende della finestra. Mi trovo in questo motel da ore ormai, fisso le mie mani che dovranno a breve compiere un atto di vera fede, non in Dio, né nei miei simili, ma nel Mondo. Spiego le ali che sfiorano il soffitto, sono nere come il carbone e le piume lisce e ordinate come la schiena di un corvo. Le osservo per un po’, giusto il tempo necessario per dire addio ad ogni cosa che mi leghi ancora davvero a quel mondo. Mi concedo di toccare leggermente con la punta delle dita l’attaccatura alla schiena, le scapole rosee inarcate sfociano in un fiume nero di piume e proprio quando l’ultimo dito ha sfiorato la zona, agguanto un’ala e contorcendomi porto le due lame affilate al centro di ogni mio turbamento, pronto a sferrare il primo taglio.
Il dolore che sto provando non è paragonabile a nessun’altra sofferenza, se non ad un cuore strappato dal petto, alla vita pulsante stritolata tra le dita. Non cerco di urlare o dimenarmi, semplicemente stringo i denti e mi lascio sfuggire un sospiro di dolore, insieme alla saliva che mi scivola lungo il labbro inferiore. Lungo il volto sento una striscia di pelle bruciare e mi rendo conto troppo tardi di avere il viso ricoperto di lacrime calde. La voglia di libertà da tutto questo mi spinge a continuare, e continuare, nonostante il sangue sgorghi copioso dalla mia schiena, una scarica elettrica bruciante mi stia colpendo dalla vita in su e tutto il corpo sia indolenzito e straziato e colpito come da mille frustrate tutte insieme. Sento le ossa spezzarsi al contatto con la lama, deboli e sottili si incurvano e si spezzano facilmente. Il dolore percorre ancora e ancora ogni fibra e centimetro della mia pelle e del mio essere, come se anche la mia anima priva di carne e ossa potesse sentire tutto lo strazio di questo momento. Vorrei poterle strappare con le mani, ma mi provocherebbe un dolore ancora piu’ acuto, così mi limito a continuare con il mio piano originale. Mi stupisco della mia forza di volontà nonostante il mio corpo stia implorando di smettere con questa tortura, ogni vena mi pulsa con piu’ violenza e il sangue inizia a scorrere piu’ velocemente per non farmi cedere, per tenere il cuore in vita.
Un leggero scricchiolio del pavimento mi fa sussultare e voltare in direzione della porta. Una schiera di cinque Arcangeli vestiti di tutto punto e in bianco mi sta fissando, mento alto e petto in fuori, le mani poste dietro la schiena e lo sguardo duro. Mi sento un verme lurido e strisciante, come un criminale scoperto a rubare, non riesco a guardargli negli occhi, perché facendolo potrei cedere e smettere con il mio arduo compito, ma devo farlo, devo liberarmi, devo scrollarmi di dosso ogni cosa che li riguardi. Ma quando cerco di portare le forbici in direzione della mia ala sinistra appesa leggermente alla carne e grondante di sangue una forza mi blocca spingendomi contro il muro e staccando definitivamente ciò che rimaneva di quel cumulo di penne. Lo strappo è violento e veloce, al contrario del dolore che sembra lento e straziante e mi fa vorticare a terra. La testa è cerchiata da una strana e fitta sensazione di malessere, posso avvertire lo squarcio pulsante che ho nella schiena, ma un peso in meno sul cuore. Per quanto questo dolore possa sembrare così insopportabile devo superarlo e concludere il mio piano di redenzione e liberazione.
Uno degli Arcangeli alza il braccio in mia direzione e pone la mano come se volesse strangolarmi. In realtà lo fa, ma da lontano, dal posto in cui si trova, sento le dita avvolgersi al mio collo e stringere, mi rialza e fracassandomi le spalle al muro, fa strisciare la schiena fino al soffitto provocandomi altri dolori lancinanti e urla insonorizzate dagli altri. Nessuno può venire in mio aiuto, e probabilmente nessuno sarebbe venuto. Sono l’Angelo traditore, quell’Angelo che ha rinnegato tutto, persino Suo Padre, che ha preferito giorni da umano e non da creatura celeste, che ha rinunciato a tutto pur di essere un comune essere insignificante. Ma nessuno, nessuno sa com’è sentirsi comune e libero, senza responsabilità e missioni da compiere, senza alcuna voce nella testa che con fare autoritario fa muovere ogni muscolo del tuo corpo. Volevo una vita normale, senza ali, senza poteri, senza Dio e il Paradiso, con progetti per il futuro e una famiglia, magari con un cane e un lavoro. Ma nascere in quel luogo ha un prezzo, la schiavitù e il legame inevitabile con il Signore, e una vita che non ha né pregi né difetti, una vita piatta e senza senso, indifferente e capace di tutto, tranne di amare.
Le loro labbra sono serrate e le mascelle contratte, ma non pronunciano niente, semplicemente mi portano lì, in Paradiso, l’unico posto in cui avrei preferito non morire. Ci troviamo nel Giardino della Morte, una specie di luogo oscuro in cui vengono condannati gli Angeli traditori. Mi hanno strappato anche l’altra ala e l’hanno polverizzata per farmi sentire altro dolore e per sottomettermi alla loro autorità, non hanno compreso invece che mi hanno reso libero e felice di morire da umano, come Angelo Caduto. Il pavimento a scacchi è freddo e duro, sono in ginocchio di fronte a un plotone di esecuzione che mi fissa incurante e indifferente. Gruppi di angeli circondano le altre aree, ma uno sguardo mi rapisce. E’ Castiel, con il suo trench e i suoi occhi profondi, sembra spaventato, vorrei dirgli che va tutto bene, che non deve provare dispiacere per un uomo come me, ma a quanto pare è pietrificato. Rivolgo poi lo sguardo al cielo nero sopra di me, in lontananza qualche sfumatura blu notte inghiottisce l’oscurità e mi sento a casa, sulla Terra, avvolto dal calore delle stelle e inebriato dal profumo di limoni. Non sono triste per la mia imminente fine, sono pieno e vivo, con due solchi nella schiena a testimoniare la mia libertà.
Un solo unico colpo al cuore mi fa perdere il respiro, poi Castiel scompare dalla mia vista per venire risucchiato da un manto bianco di risoluti sogni celesti.
POV Castiel.
Dean è tornato da Bobby, il suo tutore, insieme sono andati a cercare Sam che con stupore ha riaccolto tra le sue braccia il fratello morto quattro mesi fa. Stanno indagando sul suo ritorno, e mi stanno infastidendo molto. Non è ancora giunto il momento di far sapere la verità a Dean, ma a quanto pare non demordono. Mi stanno invocando, una donna mi chiama a gran voce cercando di creare un legame tra di noi, ma non voglio che mi veda, non voglio che mi scopra prima del mio protetto. Le consiglio di non farlo, di non cercare di vedermi, ma il suono della sua voce insistente mi manda scariche elettriche lungo il torace fino alle punte dei capelli. Poi l’ultima parola risuona nella mia testa e impercettibilmente schiocco le dita per infuocarle le cavità oculari, i suoi occhi vanno a fuoco e si inceneriscono subito dopo. La procedura viene fermata e lei si accascia a terra disperata, pronunciando il mio nome.
Vago per un po’ nei cieli tristi dell’Illinois, mi fermo in un parco deserto per distaccarmi dai pensieri dei miei fratelli e prendermi un po’ di tempo per respirare a fondo. Osservo questo posto, solo, in mezzo a file di palazzi alti e imponenti, lo commisero; il verde si sta trasformando pian piano in terra arida e spenta, l’altalena e le panchine arrugginite non vengono spostate da tempo e l’erba tutt’intorno alta e incolta lo circonda e lo nasconde agli occhi della gente. Mi sento un po’ come questo posto, presente eppure nascosto dall’erba alta, vivo eppure smorto e arrugginito. Lascio rilassare le braccia lungo il trench per posarsi sulla panchina fredda. Passo un dito sulla giacca che sento ancora morbida sulle spalle, mi fermo un attimo a lisciare la cravatta perdendo lo sguardo tra fili d’erba che intralciano la vista. Probabilmente Dean mi invocherà prima o poi e dovrò spiegargli tutto, in modo lento e pacato, scandendo bene ogni parola e donandogli fede e consapevolezza e dovrò adempire al mio compito conducendolo sulla giusta via. Sarò davvero in grado di farlo ? Di portare a termina la missione ? Di salvare tutti ? Anche il Paradiso ?
Qualche ora prima avevo trovato Dean disteso sul letto di un motel a rimuginare su tutto, i suoi pensieri sono diventati così chiassosi persino per me che ho cercato di farmi sentire, ma come previsto la televisione ha solo prodotto suoni sgradevoli e ha mostrato a Dean uno schermo grigio e frammentato. La stanza si è smossa e tutto è andato in frantumi come il vetro delle finestre.
Adesso una strana forza sta cercando di attirarmi a sé, sento che non è Dio, né un Arcangelo, è qualcosa di meno potente, come un incantesimo. Mi alzo lentamente dalla panchina, sento solo il fruscio del vento, ma intorno si è fermato tutto, persino il ticchettio dell’orologio che ho al polso, guardo un po’ in giro per cercare di scoprire la causa di questa mia sensazione. Ad un tratto mi sento risucchiato da una luce e persino le mie ali non possono niente contro il vortice che mi sta conducendo in un posto sconosciuto.
Mi trovo dinanzi ad un capannone, un vento gelido e violento soffia sul tetto della piccola struttura, appena sento la voce di Dean, so esattamente cosa fare. Cammino incontro la porta che si apre senza fatica sotto il potere del mio sguardo, la mia ombra segue i miei passi e tre lampade scintillano con violenza, provocando un rumore stridulo. Ogni passo rimbomba nella stanza, le pareti e il pavimento sono ricoperti di simboli che conosco bene. Quando Dean e Bobby intravedono la mia figura sotto le scintille delle lampade iniziano a spararmi contro, provocandomi un leggero fastidio dovuto agli strappi sul trench. Continuo a camminare incurante della loro stupidità, Dean si avvicina ad un tavolo pieno di armi e impugna un coltello. Mi avvicino a lui ignorando l’uomo strambo. Con voce rabbiosa mi chiede «Chi sei tu? » Io per tutta risposta affermo «Sono quello che ti ha afferrato e salvato dalla perdizione. » Mi guarda con rabbia e so già cos’ha in mente di fare. «Ah si? Ti ringrazio tanto! » Esclama, prima di infilzarmi il coltello nel cuore, a denti stretti. Sorrido leggermente, osservando fisso la sua reazione, guardo il pugnale e lo estraggo dalla mia pelle, buttandolo a terra. Tengo lo sguardo fisso su di lui, che adesso sta guardando Bobby come per dargli il via. Sento il peso di un’arma che si libra in aria, alzo il braccio e la blocco prima che mi trafigga, porto Bobby ad un palmo dal mio viso e con due dita sulla fronte lo tramortisco a terra.  Seguo il suo movimento e tendo la testa da un lato. «Dobbiamo parlare Dean. » Mi rivolgo di nuovo al ragazzo. Lui fissa il corpo di Bobby e poi me. «Da soli. » Esclamo, per rendere meglio l’idea. Passano alcuni minuti, poi Dean controlla che Bobby respiri, io inizio a curiosare tra i libri e le candele e tutte le cianfrusaglie poste sul tavolino, sfoglio due o tre pagine, poi vedo che Dean è ancora inginocchiato di fianco all’uomo «Il tuo amico è vivo. » Rivolge uno sguardo disgustato su di me e dice «Chi sei tu? » Sfoglio un’altra pagina. «Castiel. » Rispondo. «Si, questo l’avevo capito, ma che cosa sei ? » Mi chiede ancora una volta spazientito. Quando mi sento chiedere chi fossi in realtà, prendo fiato e in tutta calma rispondo freddo: «Sono un Angelo del Signore » Ci guardiamo a lungo, poi lui si rialza lentamente e con disprezzo pronuncia «Ma sta zitto. Chi credi di prendere in giro? » Mi sposto un po’ piu’ al centro della stanza, lo guardo e un piccolo sorriso mi spunta sul viso. «E’ questo il problema Dean, tu non hai fede. » Vado al nocciolo della questione e spero che con queste poche parole possa riuscire a ragionare. Ma sento ancora il suo sguardo interrogativo e indifferente puntato addosso, così continuando a guardarlo negli occhi, spiego le ali nere che si riflettono sulle assi di legno del capanno in seguito ad una pioggia di luce e scariche elettriche. Respiro a fondo e cerco qualcosa, qualunque cosa, stupore, incredulità, meraviglia, nel suo sguardo, quello che vedo è solo disprezzo. «Sei davvero un bell’angelo. Hai bruciato gli occhi di quella povera donna! »Mi accusa. Guardo in terra e sospiro. «Io l’avevo avvertita di non cercare di vedermi. E’ sconvolgente per voi comuni mortali, come udire la mia voce, ma tu questo già lo sai. » Faccio riferimento alle altre volte in cui ho cercato di farmi ascoltare da lui. «Alla stazione di servizio e al motel. Eri tu allora. La prossima volta non esagerare così. » Mi dice. «Lo so è stato un errore. Alcune persone molto speciali possono vedermi, pensavo che tu fossi  una di loro. Ma mi sbagliavo. » Pronuncio. «E quello sarebbe il tuo vero aspetto, quello di un esattore delle tasse ? » Parla del mio aspetto, del mio falso aspetto. «Ti riferisci a questo ? » Mi sistemo il trench e dico «E’ solo un contenitore. » Mi fissa stupito. «Ti sei impossessato di un povero disgraziato ? »  «E’ un uomo devoto, è stato lui ad offrirsi. » Cerco di spiegargli. «Smettila di raccontarmi stronzate. Chi sei realmente ? » Continua a negarmi, inarco le sopracciglia e penso che non ci sia niente da fare con questo misero umano. Muovo leggermente la testa verso destra ed esclamo «Te l’ho detto. » Mi risponde con voce roca e ancora piu’ disgustata. «E perché un Angelo mi avrebbe salvato dall’Inferno? » Mi avvicino a lui per spiegargli tutto, per cercare un po’ di fede nell’animo di questo ragazzo. «Accadono delle cose belle, Dean. » «Non nella mia esperienza. » Risponde con scetticismo. E’ come spento e senza speranza, come se ogni cosa accaduta nella sua vita avesse una velo nero di negatività che gli alleggia intorno. «Che cosa ti succede? » Poi una punta di consapevolezza si fa strada nel mio cuore. «Credi di non meritare di essere salvato. » Affermo, sussurrando. «Perché l’hai fatto ? » Mi chiede. So esattamente cosa rispondere, cosa devo dire in questo preciso istante. «Perché è Dio che me l’ha ordinato. Abbiamo del lavoro per te. » Sono le ultime parole che ci scambiamo, poi mi smaterializzo dalla sua vista e torno in Paradiso per comunicare il mio incontro con Dean a Dio.
   
 
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