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Autore: Ludo_Stylinson    30/08/2014    9 recensioni
Harry aveva sempre amato la pioggia. Ogni volta che le nubi all’orizzonte preannunciavano l’arrivo di un temporale, lui si preparava la sua tazza di the fumante, rigorosamente Earl Grey con un cucchiaino e mezzo di zucchero, faceva scorta dei suoi biscotti preferiti e si appollaiava alla finestra; sarebbe stato ore seduto ad osservare le gocce rincorrersi sulla finestra e ad ascoltare il rumore incessante e regolare dello scrosciare dell’acqua. Il fatto che poi si posizionasse proprio davanti alla finestra del salone che dava sul giardino con la speranza di vedere uscire o entrare in casa il suo vicino, Louis Tomlinson, è del tutto casuale, ovviamente.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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We keep this love in a photograph
We made these memories for ourselves
Where our eyes are never closing
Our hearts were never broken
And time's forever frozen, still

So you can keep me
Inside the pocket of your ripped jeans
Holding me close until our eyes meet
You won't ever be alone, wait for me to come home

And you can keep me
Inside the necklace you bought when you were sixteen
Next to your heartbeat where I should be
Keep it deep within your soul
And if you hurt me
That's okay baby, there'll be worse things
Inside these pages you just hold me
And I won't ever let you go


Harry aveva sempre amato la pioggia. Ogni volta che le nubi all’orizzonte preannunciavano l’arrivo di un temporale, lui si preparava la sua tazza di the fumante, rigorosamente Earl Grey con un cucchiaino e mezzo di zucchero, faceva scorta dei suoi biscotti preferiti e si appollaiava alla finestra; sarebbe stato ore seduto ad osservare le gocce rincorrersi sulla finestra e ad ascoltare il rumore incessante e regolare dello scrosciare dell’acqua. Il fatto che poi si posizionasse proprio davanti alla finestra del salone che dava sul giardino con la speranza di vedere uscire o entrare in casa il suo vicino, Louis Tomlinson, è del tutto casuale, ovviamente.
                                                                                                                                                                 
Harry e Louis si erano conosciuti quando avevano rispettivamente 3 e 6 anni nel giardinetto in fondo alla via nella quale abitavano. Una scivolata aveva tirato l’altra e i due si ritrovarono a giocare insieme tutto il pomeriggio. Col passare dei giorni diventarono inseparabili e così le loro famiglie. Iniziarono quasi per caso ad organizzare pic-nic o serate a cena fuori insieme, per poi ritrovarsi a trascorrere settimane bianche, vacanze estive e compleanni in compagnia gli uni degli altri.
Le cose iniziarono a cambiare quando, mentre Harry doveva iniziare le medie, Louis doveva iniziare le superiori. Dopo il primo giorno di scuola, mentre il più piccolo, eccitato, non vedeva l’ora di rivedere il suo amico per raccontargli la sua esperienza nei minimi dettagli, Louis non sembrava dello stesso parere: sceso dalla macchina tirò dritto verso casa senza degnare del minimo sguardo l’amico che gli stava per andare incontro. Harry rimase a dir poco sconvolto e scioccato dall’accaduto, ma lì per lì pensò che semplicemente Louis non aveva avuto un grandioso primo giorno di scuola e lo conosceva abbastanza bene da sapere che tentare di parlare con un Louis Tomlinson arrabbiato e innervosito non era la migliore delle ipotesi, a meno che non si avesse uno spiccato amore per il pericolo o un imminente desiderio di morte.
Le cose, però, non sembrarono cambiare, tanto che Harry, nei giorni a seguire, si ritrovò a pensare di aver fatto qualcosa di sbagliato di cui non si ricordava. Voleva sapere assolutamente cosa gli stava succedendo ma ogni volta che lo invitava a fare un giro Louis rifiutava senza nemmeno sforzarsi di propinargli una scusa plausibile.
Fino a quando, un giorno, dopo averlo visto tornare a casa, andò a bussare alla sua porta per poi ritrovarsi Félicité, la sorella, che gli diceva che Louis a casa non c’era e che sarebbe tornato dopo cena. In quel momento Harry perse anche la più flebile speranza di riavere indietro il suo migliore amico. Nel giro di pochi giorni si trovò senza più l’amico d’infanzia, il compagno di giochi, il suo confidente, la persona da cui rifugiarsi dopo le litigate a casa. A complicare le cose c’era anche il fatto che Harry aveva iniziato a provare una folle attrazione per Louis. Aveva accettato con estrema tranquillità l’ipotesi di essere gay, l’idea non lo aveva spaventato minimamente, anche se non si era mai dichiarato al diretto interessato.
Tutto ciò, però, non gli impedì di tenere lo stesso al ragazzo come un fratello, motivo per il quale si ritrovò a spiarlo ogni giorno, rendendosi partecipe della sua completa trasformazione: vide il suo amico passare dal ragazzo con le magliette a righe, le bretelle, i pantaloni colorati e i capelli in perfetto ordine a qualcuno che a stento riconosceva con jeans strappati, canottiere bianche o nere e capelli lunghi tenuti su da una fascetta. L’unica cosa che non era cambiata erano le scarpe: Louis non avrebbe rinunciato per nulla al mondo alle sue Vans e questa cosa un po’ confortava Harry; da qualche parte, in fondo, il vecchio Lou c’era. Nascosto bene, ma c’era. Lo vide riempirsi il corpo di tatuaggi, non potendo fare a meno di pensare che lo rendevano ancora più sexy di quanto già non fosse. Lo vide anche iniziare a fumare ma, di tutto, quella era la cosa che lo preoccupava di meno. E nonostante tutto, ogni giorno, se ne innamorava sempre un po’ di più.
 
Louis intanto, tra un’imprecazione e l’altra, mentre il cielo sembrava aver deciso di replicare il Diluvio Universale, riuscì a parcheggiare il motorino iniziando poi a correre verso casa.
Ogni giorno, da 5 anni, aveva percepito lo sguardo di Harry perforargli la schiena ogni volta che tornava o usciva di casa, ma mai aveva avuto il coraggio di alzare la testa. Quel giorno però fu diverso. Senza un apparente motivo, senza pensarci su, rivolse gli occhi alla finestra di casa Styles. Dopo quelli che sembrarono millenni, finalmente il blu degli occhi del più grande riaffogò nel verde di quelli del più piccolo e fu come se, in quel momento, tutto attorno a loro si fosse fermato, come se l’Universo si fosse arrestato a guardare due delle sue creature più belle ritrovarsi dopo un lungo vagare, perse l’una senza l’altra, ma destinate a stare insieme. Ma durò un attimo. Dopo di che Louis trasalì e, riprendendosi dallo stato di trance, continuò a correre verso casa.
Ancora turbato dall’accaduto, una volta in camera, iniziò a cambiarsi i vestiti zuppi senza riuscire a scrollarsi di dosso lo sguardo di Harry, quello sguardo talmente bello e profondo da far male, in grado di farlo sentire ancora più colpevole di quanto già non si fosse sentito nel corso di quegli anni. Così, invece di buttarsi sul letto e riposare, tirò fuori dall’armadio una scatola chiusa da troppo tempo per fare un tuffo tra i ricordi. Non appena la aprì rischiò di scoppiare a piangere. La prima cosa che vide, infatti, fu la collanina con un ciondolo a forma di aeroplanino che era da sempre appartenuta ad Harry, almeno fino a quando quest’ultimo non decise di regalargliela perché “così avrai sempre un pezzettino di me con te e quando litigheremo la vedrai, ti sentirai in colpa e verrai a scusarti perché, ovviamente, sarò io quello ad avere ragione!”. Louis sorrise amaramente… il karma, quando ci si metteva, faceva veramente un buon lavoro. Poggiò la collanina sul comodino e tirò fuori la montagna di foto custodite lì dentro iniziando a sfogliarle. Gli venne da ridere rivedendo loro due immortalati durante la loro prima settimana bianca insieme, nelle loro tute da sci con due sorrisi sdentati oppure nel vedere la foto che ritraeva un Harry imbronciato al mare dopo che Louis gli aveva appena distrutto il suo castello di sabbia. Quel piccolo riccio gli mancava da morire ma Louis aveva fatto una scelta tempo prima e non riusciva a tornare indietro.
 
Era il primo giorno delle superiori e, nel momento stesso in cui un gruppo di ragazzi gli si avvicinò, capì che erano loro quelli popolari, quelli a cui tutti portavano rispetto, quelli temuti ed ammirati allo stesso tempo, e arrivò alla conclusione che se non avesse voluto essere lo sfigato di turno, preso di mira da tutti, e se avesse voluto avere almeno qualche amico, avrebbe dovuto entrare nel loro giro.
Tutto ciò, ovviamente, implicava sbavare dietro a ragazzine con gonne troppo corte e magliette troppo scollate e cervelli troppo piccoli, per i suoi gusti. Sicuramente ciò che il pacchetto non includeva era pensare continuamente ad Harry, ai suoi bellissimi occhi, a quelle sue labbra carnose, alle sue fossette che si formavano quando rideva o ai suoi ricci morbidi in cui amava affondare le mani. Sì, era indubbiamente cotto dell’amico ma, per essere accettato, soprattutto a scuola, non poteva permetterselo e l’unico modo per togliersi Harry dalla testa era non averlo più nella sua vita. Non che il piano avesse funzionato, ma comunque.
Aveva però vissuto sempre con la paura che i suoi amici, prima o poi, avrebbero scoperto la verità. Per questo aveva cambiato modo di vestire e si era riempito di tatuaggi, sperando, in questo modo, di sembrare il più etero possibile. Per completare la farsa aveva anche chiesto a Eleanor, sua cugina, di far finta di essere la sua ragazza e non le sarebbe mai stato grato abbastanza per averlo aiutato.
 
Finito di vedere le fotografie, ne prese una da mettere assieme alla collanina nel comodino. Scelse la sua preferita, risalente al 2011, anno della loro ultima vacanza insieme e, a detta di Louis, anche una delle più belle. Le loro famiglie avevano deciso di andare al Leeds Festival qualche giorno e nella foto Harry e Louis erano immortalati abbronzati e sorridenti davanti alla tenda in cui avevano dormito insieme quei giorni. Scacciò rabbiosamente le lacrime che erano iniziate a scendere dai suoi occhi senza che lui nemmeno se ne fosse accorto per poi chiudere il cassetto, e con lui i ricordi, e tornare alla sua vita. 
 
Era passata una settimana da quel pomeriggio, ma Harry non era ancora riuscito a levarsi dalla testa l’immagine di Louis che alza lo sguardo per poi fissarlo nel suo. Dio, se gli erano mancati quegli occhi. Rivederli era stata come una boccata d’aria fresca dopo l’apnea, ma quell’attimo finì troppo in fretta così che Harry, senza accorgersene, si ritrovò di nuovo catapultato in quel turbine di tristezza che continuava a soffocarlo giorno dopo giorno.
Due giorni dopo le signore Styles e Tomlinson, che al contrario dei figli erano rimaste in ottimi rapporti, si videro per trascorrere un pomeriggio insieme davanti ad una tazza di caffè a parlare del più e del meno. Quando Johannah, la mamma di Louis, vide Harry rientrare in casa lo bloccò e gli offrì un lavoro come babysitter per i suoi due gemellini, Ernest e Doris. A Harry quello sembrò un segno del destino: oltre che per raccimolare un po’ di soldi, quella era l’occasione adatta per tentare di riallacciare i rapporti con Louis. Accettò quindi di buon grado e se ne tornò nella sua stanza, trattenendosi dal non saltellare, acceso da nuove speranze.
Purtroppo le cose non andarono come sperato: del tutto casualmente, ogni volta che Harry doveva andare a badare ai gemelli, Louis usciva di casa mezz’ora prima del suo arrivo per poi starsene tutto il resto della giornata in giro.
 
Era un sabato pomeriggio, il cielo non prometteva nulla di buono e Harry era sdraiato sul suo letto annoiandosi a morte. Decise così di andarsi a fare un giro dell’isolato, senza allontanarsi troppo, nel caso iniziasse a piovere, e ne avrebbe approfittato per passare a casa Tomlinson a ritirare i soldi che Johannah la volta scorsa si era dimenticata di lasciargli. Non che sperasse di trovare Louis; erano anni che non trascorreva un sabato a casa, troppo impegnato ad andare a fare baldoria con il suo gruppo di amici.
Dopo aver camminato per un po’ si avviò verso casa dei suoi vicini e una volta arrivato bussò. Quando la porta si aprì, Harry rischiò l’infarto seduta stante: in piedi, sulla soglia di casa, c’era Louis in tutta la sua bellezza che lo fissava sconvolto quasi quanto lui. Rimasero a fissarsi per ore e nonostante la testa di Harry gli urlasse di buttarglisi addosso e di non lasciarlo mai più e di dirgli che lo aveva perdonato e che non gli importava nulla di tutto quello che era successo e che tiamotiamotiamo, il cervello sembrò essersi momentaneamente scollegato dalla bocca perché tutto quello che riuscì a dire invece fu “Scusa! Non immaginavo fossi in casa. Scusa. Torno più tardi”. Ma quando fece per girarsi e tornare sui suoi passi sentì una mano prenderlo per la spalla e girarlo dolcemente.
“Per quale assurdo motivo ti staresti scusando? E comunque, già che sei qui, perché non entri a prendere un the?” gli chiese Louis, sorridendo titubante.
Harry rimase alquanto turbato –cioè, Louis lo stava davvero invitando per un the come se fosse tutto normale?- ma accettò lo stesso ed entrò in casa. Si diressero verso la cucina e, mentre Harry si sedeva, Louis iniziò ad armeggiare con i fornelli.
“Sempre Earl Grey con un cucchiaino e mezzo di zucchero, vero?” gli chiese Louis,  mentre metteva a bollire l’acqua.
“Cos… davvero ti ricordi come prendo il the?” rispose sconvolto Harry, anche se sotto sotto si sarebbe voluto mettere a ballare per la gioia.
“Certo che sì! Non è facile dimenticarsi di te…”.
Al che scese un silenzio tombale nella stanza e nessuno dei due disse più nulla. Una volta pronto si misero a bere il loro the mentre gli unici rumori nella casa erano i tuoni e le gocce, che battevano sulla finestra, della pioggia che aveva cominciato a cadere copiosa.
“Bè, come vanno le cose?” chiese Louis dopo quelle che parvero ore, nella speranza di spezzare la tensione.
“Bene” fu però tutto quello che ricevette in risposta.
“Bene” ribatté.
Harry intanto si stava quasi per strozzare nel cercare di finire la sua bevanda nel più breve tempo possibile per sfuggire quanto prima da quella situazione imbarazzante. Così, una volta finito di bere, si alzò di scatto e ringraziando Louis si diresse verso la porta.
“Aspetta, ti accompagno” gli urlò dietro il più grande, quasi rincorrendolo.
Harry aprì la porta e quando si voltò per salutare il ragazzo si ritrovò le labbra di quest’ultimo sulle sue. Fu un lampo, tanto che Harry si chiese se non se lo fosse addirittura immaginato. Ma ebbero appena il tempo di guardarsi negli occhi che Louis si rituffò sulle labbra del più piccolo. Stavolta, però, non si limitò ad un casto bacio a stampo, bensì poggiò una mano dietro il collo e una tra i capelli di Harry (e quasi svenne per la gioia di rifare quel gesto dopo così tanto, troppo tempo) per avvicinarlo a sé. Harry non oppose resistenza, poggiando le mani sui fianchi di Louis come a non volerlo far scappare per paura che tutto quello fosse solo un sogno, troppo bello per essere vero. E fu incredibile come le loro bocche sembravano essere nate per combaciare. Iniziarono a baciarsi dolcemente ma ben presto la lingua di Louis cercò la via verso la bocca del più piccolo, il quale non esitò un attimo e aprì le labbra per far sì che le loro lingue si incontrassero. Dopo un po’, senza mai staccarsi, Louis mise le mani sotto le cosce di Harry, che avvolse di conseguenza le gambe attorno al bacino del più grande e, continuando a baciarsi, salirono in camera.
Il cuore di Harry stava per scoppiare di felicità; tante erano state le volte in cui aveva immaginato di baciare Louis ma la realtà superava di gran lunga la più idilliaca delle sue aspettative. Dopo anni si sentì bene, completo e davvero felice. Era come se, tra le braccia di Louis, avesse trovato il suo posto nel mondo e pensò che non sarebbe stato per niente un brutto luogo dove trascorrere il resto della sua vita.
Si sdraiarono sul letto e iniziarono a coccolarsi, tra un bacio e l’altro, Harry con la testa sulla spalla di Louis e Louis con la mano nei morbidi ricci di Harry, le loro gambe intrecciate e i loro corpi che combaciavano perfettamente come due pezzi di un puzzle.
“Cosa ci è successo?” chiese Harry dopo un po’.
Louis sospirò. Era arrivato il momento di dire la verità, glielo doveva.
“E’ stata tutta colpa mia” iniziò. “Non avrei mai pensato di essere una di quelle persone a cui interessavano il parere e i giudizi degli altri, ma a quanto pare mi sbagliavo. Ho avuto paura, paura di mostrarmi per quello che ero davvero e di essere giudicato. E poi avevo il terrore che tu non ricambiassi i miei sentimenti… eri così piccolo! Avrei potuto rovinare tutto e non me lo sarei mai perdonato. Anche se poi, in realtà, ho rovinato tutto lo stesso. Mi sono sempre sentito un codardo ma non sono mai riuscito a fare nulla per cambiare le cose. E mi sei mancato. Mi sei mancato da morire ogni singolo giorno. Mi dispiace così tanto!”.
“Bene” fu tutto quello che disse Harry, quasi in un sussurro.
“Bene?” ripeté Louis allibito.
“Sì, va bene. Mi sono sempre chiesto cosa fosse accaduto e avevo sempre pensato di essere stato io la causa di ciò. Ma ora che so che non è così, bè, va bene”.
Nell’udire queste parole Louis si sentì, se possibile, ancora peggio.
“Mi dispiace davvero. Non avrei mai dovuto farti soffrire così. Non te lo meritavi. Non credo di essere degno del tuo perdono”.
“Ma che diamine dici? Smettila di dire così. Non posso non perdonarti. Certo, di sicuro avrei preferito che, invece di escludermi dalla tua vita, ti fossi confidato con me, almeno avremmo potuto affrontare la cosa insieme”.
“Lo so, hai ragione. Mi sono comportato come un completo idiota” rispose Louis, per poi baciarlo dolcemente e sussurrargli “Grazie”.
Dopo un po’ esclamò: “Ah! Ho una cosa per te!” allungandosi verso il comodino. Aprì il cassetto e ne tirò fuori una collanina.
“Tieni”, disse mettendola in mano ad Harry.
Il più piccolo la guardò e sorrise.
“Perché mi stai ridando la collanina che ti regalai io?”
“Eh no!” rispose scherzosamente Louis. “Ne ho comprata una uguale ma sulla tua, se la giri, vedrai incisa una L mentre sulla mia, ovvero la tua, ho fatto incidere una H. Così avrai sempre un pezzettino di me con te e quando litigheremo la vedrai, ti sentirai in colpa e verrai a scusarti perché, ovviamente, sarò io quello ad avere ragione!”.
Harry scoppiò a ridere, gli gettò le braccia al collo e dopo averlo baciato gli sussurrò all’orecchio “Ti amo”.
“Anche io ti amo, Harry. Anche io”.
  
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