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Autore: Iaiasdream    31/08/2014    2 recensioni
Seguito di: A QUEL PUNTO... MI SAREI FERMATO
Rea, ormai venticinquenne, dirige il liceo Dolce Amoris, conducendo una vita lontanissima dal suo passato, infatti ha qualcosa che gliel'ha letteralmente cambiata... ma... come si soleva immaginare, qualcuno risorgerà dagli abissi in un giorno molto importante... cosa succederà?
Genere: Erotico, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Armin, Castiel, Dolcetta, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'A quel punto... mi sarei fermato '
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19° capitolo: QUAL E’ IL SUO VERO VOLTO?
 



La paura solca tutti gli altri sensi prendendo il primo posto dentro di me. sto camminando a passo svelto, so dove sto andando ma ho comunque un senso di smarrimento. Ho come la sensazione di avere un mucchio di ovatta che mi riempie le orecchie impedendomi di sentire i suoni che mi circondano.
Finalmente vedo davanti a me la porta del mio ufficio, la spalanco senza esitare. Mi fermo ansimando, incrociando lo sguardo di Castiel, seduto dietro la scrivania.
<< Che succede, Rea? >> mi chiede guardandomi sottocchio.
<< C-Castiel… >> sussurro tra i singhiozzi non riuscendo a mantenere le lacrime. Lo vedo alzarsi e venirmi incontro << Rea, cosa c’è? >> chiede preoccupato.
<< A-Alain… >> provo a parlare, ma i mille mormorii che riecheggiano nel corridoio me lo impediscono. Vedo Castiel guardare oltre di me, curioso, poi trasalisce, mi fissa sgranando gli occhi. Mi afferra per le spalle e mi scuote leggermente.
<< Rea, cosa è successo ad Alain?! >>
<< Io… in classe… lui… >> mi sento confusa, non riesco a riordinare le parole, quella scena la vedo ancora davanti ai miei occhi e non riesco a cancellarla. Ad un tratto lo vedo allontanarsi da me e correre nel corridoio facendosi strada tra la folla di alunni che si sono tutti raccolti davanti alla porta della classe quinta.
Porto una mano al petto e la stringo in pugno. Poi rimettendo la forza nelle gambe raggiungo anche io la classe. Vedo Nathaniel farsi avanti.
<< Che sta succedendo? Cos’è tutto questo caos? >>
<< N-Nathaniel, ti prego… fa sgomberare il corridoio e chiama un’ambulanza >>
Mi guarda curioso, ma non esita, esegue i miei ordini con fare autoritario. In pochi secondi, il corridoio è ormai libero da occhi indiscreti. Anche l’ambulanza arriva in fretta, vedo alcuni uomini entrare velocemente nella classe portando con loro una barella. Li seguo in silenzio, quasi senza farmene accorgere. Mi appoggio alla porta e fisso attentamente i  movimenti. Guardo il pavimento, e vedo l’immagine inanime di Alain, steso su un fianco. Sento un dolore forte al petto.
“Cosa e come è potuta accadere una cosa del genere?” mi chiedo frastornata.
Mi sono recata in classe per fare lezione al posto del professor Faraize che è assente, e già dall’inizio mi sono accorta che qualcosa non andava. Alain si è comportato in modo strano. Io mi aspettavo qualche sua solita battutina perversa, e invece per quasi mezz’ora non mi ha calcolata per niente. Non che avrei voluto essere infastidita, ma Alain… non era il solito. Mi ha anche fatto fare lezione in santa pace, e poi, l’ho visto alzare la mano chiedendomi di poter andare in bagno, io ho acconsentito, ma non appena si è alzato, ha iniziato a barcollare, per poi cadere per terra inanime. Ho provato a chiamarlo, ma non mi ha risposto.
Guardo gli infermieri caricarlo sulla barella e uscire velocemente. Castiel li segue fino all’uscita. Vado con lui.
L’ambulanza parte, a suon di sirena.
<< Devo raggiungerlo! >> dice ad un tratto Castiel incamminandosi verso la sua auto.
<< Vengo con te >>
<< No! >> esclama lui, spaventandomi << Rimani qui Rea. Gli infermieri hanno detto che non è nulla di grave, ha solo avuto un mancamento. La situazione avrà di sicuro scombussolato le altre classi, e Nathaniel non può tenerli a bada da solo >>. Non aggiunge altro, mi lascia basita. Lo vedo allontanarsi, e in meno di un minuto rimango sola nel cortile della scuola a fissare il vuoto con la mente immersa nel nulla.
<< Rea? >>. Ad un tratto mi sento chiamare alle spalle, mi volto e vedo che verso di me si avvicina Armin. Lo guardo inespressiva e per un momento mi dimentico la discussione avuta prima.
<< Rea, cos’era tutto quel trambusto? >> mi chiede ormai a due passi da me.
<< U-un alunno, si è sentito male… abbiamo dovuto chiamare l’ambulanza >> rispondo distratta, guardandomi intorno smarrita. Poi mi sento afferrare per un polso, e lo guardo negli occhi, sembrano diversi da prima.
<< Hai paura? >> mi chiede gentilmente.
Quella frase, detta in quella maniera fa ritornare le mie lacrime. Abbasso la testa cercando di trattenermi. Lui allora mi abbraccia facendomi appoggiare il viso sulla sua spalla, e mi accarezza i capelli.
Istintivamente, ma con un po’ di esitazione, ricambio il suo abbraccio afferrandogli un lembo della maglia e stringendogliela. Piango più rumorosamente, appoggiando la bocca su di lui per non farmi sentire.
<< A-Armin, ho… ho avuto paura… tanta paura… lui non respirava più, non parlava più… >>
<< Ssh!... sta calma amore mio, vedrai che si sistemerà tutto >> sussurra lui dolcemente stringendomi di più a se.
Quella stretta riesce a tranquillizzarmi, facendomi dimenticare definitivamente della lite.
Ad un tratto si distacca, con le dita mi solleva il mento, mi guarda con dolcezza negli occhi e poggia dolcemente le labbra sulle mie. Mi concedo senza oppormi. Sentendo il bisogno di essere trattata in quella maniera da lui.
 
 
 
Armin non ha voluto lasciarmi sola, anche quando gli ho detto che mi ero ripresa, così mi sono arresa alla sua insistenza e gli ho chiesto se poteva prendere lui il mio posto nella classe quinta.
Ora sono sola nel mio ufficio, seduta dietro la scrivania con il cellulare in mano. Ho provato a chiamare Castiel, le prime volte non mi ha risposto, poi ha spento il cellulare, così gli ho inviato un messaggio con sopra scritto “Chiamami, voglio sapere la situazione”.
Sono tentata dal voler andare in ospedale; ma lui mi ha ordinato di non allontanarmi dal liceo. Sono preoccupata, e molto. Che diavolo gli è preso a quel moccioso pervertito?
Sbuffo infastidita, come per scacciare l’ansia che non si decide a lasciarmi in pace. Lascio il cellulare sulla scrivania, guardo attentamente davanti a me e penso. Penso a qualche giorno fa, a quando origliai da dietro la porta sentendo la discussione avuta tra i due cugini.
Alain aveva detto verso Castiel che quest’ultimo non voleva punirlo per qualche arcano motivo  che il rosso si vide bene dal farglielo sputare dalla bocca.
Qual era la continua di quella frase. Cosa voleva dire? Forse… no. Scuoto energicamente il capo, tirando un profondo respiro, e allontanandomi da quei pensieri.
Ecco, adesso sono di nuovo agitata. Maledizione Castiel, perché hai spento il cellulare?
Mi alzo, facendo il giro della scrivania. Appoggio le mani sui fianchi e inizio a camminare avanti e indietro per l’ufficio, quando ad un tratto, la continua vibrazione del cellulare, cattura la mia curiosità. Di scatto, mi precipito sulla scrivania afferrando lo smartphone e senza guardare di chi si tratti rispondo esclamando: << Castiel! >>
La risposta non accontenta le mie aspettative, è solo un tale che ha sbagliato numero. Chiudo la chiamata e senza pensarci ancora, afferro la borsa e esco dal mio ufficio correndo verso l’uscita. Entro in macchina e sfreccio verso l’ospedale.
Quando arrivo, noto con mia fortuna che alla reception non c’è nessun altro tranne che un’infermiera, mi reco velocemente da lei.
<< Buongiorno >> dico cercando di mantenere la calma.
<< Buongiorno >> risponde lei con un sorriso << Mi dica, posso fare qualcosa per lei? >>
<< Senta, qualche ora fa è stato portato un ragazzo con l’ambulanza, vorrei avere sue notizie >> rispondo tutto d’un fiato.
L’infermiera, gentilmente, controlla su una cartelletta, poi nomina il paziente chiedendomi se si trattasse di lui.
<< S-sì, è lui… >>
<< L’hanno ricoverato, si trova nella stanza ventiquattro, secondo piano, reparto cardiologia >>
Faccio due passi per incamminarmi, ma mi blocco. “Cardiologia?... ma che cosa significa, non è stato un semplice mancamento?”.
<< Ha bisogno d’altro? >> mi chiede la ragazza guardandomi curiosa. Scuoto la testa velocemente ringraziandola e incamminandomi verso il posto indicato.
Prendo l’ascensore, e non appena le porte si aprono, mi metto a guardare tutti i cartelli segnati dai numeri per trovare la stanza ventiquattro. La trovo, ma non per via del numero. Sono delle urla, che conosco molto bene a farmela trovare. La voce alterata è di Castiel.
<< Smettila di fare il ragazzino viziato, non hai più cinque anni! >> dice il rosso, e sembra alquanto incazzato.
<< Smettila tu di rompermi le palle! >> controbatte Alain << Non puoi decidere cosa devo fare! Fammi uscire immediatamente da qui! >>
<< Piantala Alain, o ti spacco la faccia >>
<< Sei meglio quando te ne freghi, e ti comporti da cinico!... non azzardarti neanche a chiamare mi madre e mio padre! >>
<< Se non fai come ti dico li chiamo eccome! >>
<< Ti odio, odio tutti voi! >>
Decido di entrare, spinta da non so cosa. Non appena varco la soglia, i miei occhi si piantano su di Alain seduto sul letto, con al braccio una flebo, e mi guarda, quasi sorpreso.
<< R-Rea >> balbetta quasi con un sibilo. Vedo Castiel girarsi e guardarmi con occhi sgranati.
<< Che diavolo ci fai tu qui?! >> esclama quest’ultimo irritato << Non ti avevo ordinato di rimanere a scuola? >>
<< Non mi rispondevi, ed ero estremamente preoccupata! >> rispondo a tono.
<< Ho dovuto spegnere il cellulare >>
Guardo Alain. << Come stai? >> chiedo con voce flebile. Lui non mi guarda, fissa la parete davanti a se e sbuffa un sorriso beffardo.
<< Cos’è, sei venuta anche tu a compatirmi? >> chiede strafottente. Quella domanda mi fa rimanere male. Perché si comporta così?
<< Che stai dicendo? >> chiedo nervosa << Mi hai spaventata in classe, pensavo il peggio… >>
<< Piantala! >> mi ammonisce urlando.
Trasalisco spaventata.
<< Vattene, non voglio vedere la tua faccia! >> ringhia.
<< A-Alain… >> “Che gli prende? Non mi aveva mai parlato in questa maniera, prima d’ora”.
<< Tu sei venuta a trovarmi solo per svolgere il tuo fottuto lavoro. Non ho bisogno di te, quindi sparisci! >>
Quelle parole le sento come violente scudisciate sul mio cuore.
<< Alain smettila! >> interviene Castiel.
Quella discussione finisce lì. Entra il primario, invitandoci ad uscire per un controllo. Io sono impietrita, non riesco a muovermi. Continuo a fissare Alain, offesa dalle sue taglienti parole. È Castiel a prendermi per un braccio e a farmi uscire dalla stanza con lui.
Non appena ci troviamo in corridoio, lui lascia la presa e esce sul balcone accendendosi una sigaretta. Lo seguo a passo lento, mi fermo tra l’uscita e l’entrata e guardo attentamente le mosse del rosso.
<< Lascia perdere ciò che ti ha detto >> mormora, tirando due boccate.
<< N-non si è mai comportato così, prima d’ora >>
<< Non faci caso. I cambiamenti d’umore di Alain sono abitudinali. Ha l’abilità di crearsi un sacco di maschere per nascondere il suo vero volto >>
<< E qual è? >> chiedo tutto d’un fiato. Castiel mi guarda, esita nel rispondermi, forse non vuole farlo. << Cosa nasconde dietro la sua maschera?... Castiel perché mi avevi detto che era solo un mancamento e invece lo hanno ricoverato in questo reparto? >>
<< Smettila Rea >> dice lui calmo.
<< Perché devo smetterla, dimmi perché? Cosa sta succ… >>
<< Rea, Alain è gravemente malato! >> urla interrompendomi bruscamente.
Trasalisco << C-cosa?... è uno scherzo?... c-che stai dicendo? >> chiedo confusa, indietreggiando.
<< Gli rimangono solo pochi anni di vita >> aggiunge tutto d’un fiato, immergendo i suoi occhi in tempesta, nei mei che hanno iniziato da soli a bagnarsi.
 
 
 


NDA:… … … Non ho parole, per commentare la mia malvagità… vi do il permesso (ma senza esagerare) di dirmi ciò che volete… io risponderò soltanto che non tornerò indietro nei miei passi. Continuerò la storia con questa dolorosissima scoperta, fino alla fine, che sia brutta o bella. Scusatemi se vi ho deluso. TTnTT
   
 
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