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Autore: Gnana    31/08/2014    0 recensioni
Alexander era spaccone, impulsivo, un demone ammaliatore, un vagabondo. E' diventato un uomo vigile, posato, consapevole di sé stesso. Ma nessun evento, nessun insegnamento ha potuto cambiare la sua natura. A causa di un trauma terribile, diventa un abile e spietato assassino. Anche ora che si trova in un carcere di massima sicurezza, specializzato nella cura dei criminali come lui, dove trascorrerà il resto dei suoi giorni, lui non si pente delle sue azioni.
Vede il carcere come un punto di arrivo, un check point, un posto dove ristorarsi perché é molto meglio di qualsiasi sistemazione abbia trovato in tutta la sua vita. L'unica cosa che lo infastidisce é Bill, un criminologo, apparentemente ossessionato da lui e dai suoi omicidi che non perde tempo per riportare a galla ricordi ormai assopiti e dettagli insignificanti, ma Alexander non ha idea delle innumerevoli cose che nasconde.
La sua routine e la sua tranquillità verranno stravolte dal suo compagno di cella, Harry, un uomo umile ma sicuro di sé, che ha avuto tutto e poi niente dalla vita. Harry ha un piano ben preciso, un idea estremamente coraggiosa che Alexander non riesce a digerire ma che alla fine accetta solo per poterlo seguire.
Genere: Azione, Drammatico, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Alexander sentì Jeremia imprecare sottovoce ed era quello che voleva fare anche lui, ma subito i polmoni gli si strinsero dall’angoscia e dalla paura. 
Aveva sempre creduto che fosse meglio vivere in istituto che fuori, e non gli dispiaceva affatto starsene tranquillo, per i fatti suoi, a leggere in una cella per ore. Certo, aveva le manette e quelle stupide maniglie d’acciaio alle caviglie che non servivano a un bel niente, però non si lamentava. L’unica scocciatura a cui doveva pensare era Bill. 

Ma in quel momento tutto cambiò, sentì un desiderio bruciante dentro di sé, il desiderio di scappare. Aveva seguito Harry solo per dargli una mano, per sostenerlo, ma ora si sentiva implicato in quella causa fino al collo. Non voleva tornare in quel posto e non voleva essere punito con altri anni che fino a poco tempo prima non gli sarebbero dispiaciuti. Gli dispiaceva per Roger e Jeremia che avevano faticato per arrivare fino a lì e gli dispiaceva anche per tutti i loro colleghi di cui non sapeva neanche il numero o i nomi, ma soprattutto gli dispiaceva per Harry. Se quei fottuti poliziotti avessero capito che loro erano i fuggitivi, tutti i sogni e gli obbiettivi di Harry sarebbero crollati davanti ai suoi occhi in un paio di secondi.

“Ci sono dei baffi finti da qualche parte, presto!” Disse loro Roger.
“Oh, che cazzo! Ce lo potevi dire prima!” Urlò Harry.
Sentirono il furgone rallentare, probabilmente uno dei poliziotti aveva fatto cenno di fermarsi.
Una voce estranea chiese i documenti.
“Ecco, agente.”

Il poliziotto diede un’ occhiata rapida, poi chiese di poter vedere l’interno. Jeremia si girò e disse loro di uscire.
Alexander e Harry avevano trovato i baffi e lentamente aprirono le porte e scesero trovandosi davanti un agente che li guardava con sguardo indagatore. 
“Salve.” Disse Harry.
“Salve.” Disse Alexander.

L’agente posò lo sguardo attento all’interno del furgone per un tempo che sembrava interminabile.
“Posso vedere il documento di trasporto?”
Roger aggrottò la fronte, l’unico che sembrò capire era Jeremia.
“Non ce l’abbiamo agente, sono beni privati. Li stiamo solo trasportando da un nostro amico, che è anche un tecnico, per esaminarli e vedere se…”
“Posso dare un occhiata, allora?”
Tutti deglutirono silenziosamente, si ricordavano delle tute arancioni. Roger sperò con tutto se stesso di averle nascoste bene.
“C-certo… f-faccia pure.” Intervenne Harry.

L’agente salì con un balzo e si mosse lentamente, si guardò intorno, ma fortunatamente fu solo un occhiata veloce perché subito balzò fuori e fece un segno al suo collega che rientrò in macchina. Sfoggiò un sorriso amabile ai presenti e li tranquillizzò.
“Non preoccupatevi, non avrei perquisito, mi serve un mandato. E’ solo un controllo di routine. Lo stiamo riservando a tutti i furgoni che passano su questa strada.” 
Pronunciò l’ultima frase con un tono e un’espressione strana, poi schioccò un altro sorriso splendente. 
“Potete andare, grazie per la disponibilità.” 

“Non c’è di che!” Rispose Roger, falsamente felice.
Rientrarono e Roger ripartì, questa volta piu’ lentamente.
Harry e Alexander fecero un respiro profondo dopo essersi strappati i baffi.

Superata la volante Roger fece una risata nervosa, mentre gli altri erano perfettamente in silenzio. Poi Jeremia se la prese, come al solito, con Roger.
“Sei un fottuto idiota, io l’ho sempre detto. Non dovevi assolutamente prendere quel fottuto furgone appariscente, abbiamo perso tempo a traslocare quella roba e ci ha sorpassato una fottuta volante di polizia!”
“Jeremia, sono sempre pronto a sopportare i tuoi scatti di ira perché ti voglio bene, ma ora se non stai zitto fermo il furgone e ti do una bella lezione!”
“Ah, si? Fammi vedere, decerebrato!”

“Smettetela, cazzo!” Alexander non credette a quello che aveva appena ascoltato, ma ora si rendeva conto che quell’urlo proveniva da sé stesso. Harry era sbalordito, tanto che lo guardava strabuzzando gli occhi. Non aveva mai urlato, Harry non l’aveva mai visto arrabbiato. Fortunatamente.
Anche Roger e Jeremia si sorpresero, infatti si ammutolirono. Ma dopo un po’ cominciarono a bisticciare a voce piu’ bassa e questa volta fu Harry che li calmò.
“Ora basta. E’ inutile prendercela per cose che avrebbero potuto succedere. Non ci hanno beccato, siamo felici di questo, no?”
“Ora ci tocca cambiare furgone.” Disse Jeremia.

“Ci risiamo, il solito paranoico!” Roger stringeva il volante con forza.
“Jeremia ha ragione.” Prese parola Alexander. “L’avete vista quella faccia, era inquietante. Si saranno segnati come minimo il numero di targa.”
“Allora cambiamo targa.” 
“No, Roger.” Disse Harry. “Costa piu’ una targa nuova che un furgone nuovo.
“Beh, comunque ci penseremo una volta passati il confine. Tra cinque minuti saremo ai caselli.”

Nell’ora successiva rimasero in silenzio, fino a quando il furgone si fermò e Roger disse loro che erano arrivati.
Alexander notò che faceva piu’ caldo fuori che dentro e c’era un’atmosfera alquanto familiare. Era pomeriggio inoltrato e il sole coceva. Roger parlò in fretta.
“Questi sono i vostri documenti e i vostri soldi.” Disse piazzandoli distrattamente nelle mani dei proprietari. “Entrate nel motel, mangiate qualcosa e aspettatemi.”
“Dove vai?” Chiese Jeremia, allarmato.
“A rimediare il guaio.” Rispose guardandolo negli occhi.
“Dai, ti accompagno.”

“No, amico. Io ho fatto uno sbaglio e io vi devo rimediare. Ci vediamo tra un po’.”
Sorrise e saltò su, mise in moto e sfrecciò sulla strada accidentata.
I tre si guardarono e fecero spallucce. Sistemarono soldi e documenti in tasca e si diressero verso l’entrata del motel. 
Era una struttura molto… Una struttura, ecco. Né bella, né brutta, passava inosservata. 
Jeremia si mise subito al comando.

“Bene, io prenoto due stanze a nome mio. Voi intanto fatevi una fumata.”
Porse una sigaretta a ciascuno e diede loro un accendino.
“Meno vi vedono e meglio é.” 

Così facendo, li lasciò soli ed entrò.
Erano anni che Alexander non fumava, aveva smesso ancor prima di essere catturato e ora quella sigaretta sapeva di libertà. Prese una grande boccata e sorrise a Harry, un sorriso sincero, pieno di gioia. Harry ricambiò.
“Ah, Alex, quanto ti voglio bene!”
E lo abbracciò. Alexander cercò di ricambiare, ma quelle cose non erano mai state il suo forte.
“Mamma, come sei moscio.” Protestò Harry.
“Non quanto il tuo.”
“Vuoi provare?”
Alexander trasalì. Sbagliava o il tono era serio?
“Ehi! Scherzavo!” Disse d’un tratto Harry.

“Grazie al cielo.” Disse Alexander rilassandosi, ma dopo non poté non sentire una vaga delusione.
“Alex, perché non mi hai mai voluto dire i tuoi crimini?”
Trasalì di nuovo. Sembrava una donna con le mestruazioni con tutti quegli sbalzi d’umore.
“Harry, un giorno di questi mi farai venire un infarto.”
Il compagno non rispose e non lo guardava, stava aspettando.
“Perché fanno parte di me. Non è successo e basta, l’ho voluto.”
Harry continuava a stare in silenzio, voleva di piu’.
“Sono troppo… oscuri.”
“Alex, io ho trattato con i criminali di peggior specie e non c’è niente di oscuro in te.”
“Tu credi?” 

Harry si girò e si guardarono.

“Nei tuoi occhi c’è solo tanta disperazione. E non è sinonimo di oscurità.”
Alex sostenne lo sguardo, ma fu Harry il primo a distoglierlo per prendere un’altra boccata di fumo.
“Un giorno me li dirai?” Harry sorrise, gentilmente, tornando a guardarlo.
“Forse stanotte.”
“Stanotte?” Fece Harry ridendo.

“Si, di notte sono piu’ coraggioso. Forse è perché nessuno mi può vedere.”

“Beh, accenderò la luce.”

“Perché sei così crudele, Harry?” disse sorridendo.

“Voglio che affronti le tue paure. E poi non hai scampo neanche di notte, i tuoi occhi brillano al buio.” Arrossirono, ma entrambi non se ne accorsero. 
   
 
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