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Autore: Nightrun    31/08/2014    7 recensioni
"Siete sicuri di conoscere davvero la storia di Cappuccetto rosso? E se finora vi avessero sempre mostrato un'altra vicenda?
Lasciate che vi racconti la verità su quest'antica fiaba, e vedremo quanto bene la conosciate."

Note: visto che Maleficent ha inaugurato il filone del "rovesciamento di ruoli" nelle favole, mi sono sentito in dovere di scrivere la mia su di una fiaba che sin da bambino ho sempre trovato maledettamente ingiusta. L'ispirazione mi ha colto l'altra notte e, in breve tempo, il racconto era lì.
Ho cercato di mantenermi nel canone classico, quindi per quanto possibile ho inserito elementi di riflessione all'interno della storia.
Spero che la morale risulti chiara, perché il fine delle favole è sempre lo stesso: insegnare qualcosa.
Buona lettura ;)
Genere: Fantasy, Poesia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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C’era una volta nel bosco un lupo che amava particolarmente cacciarsi nei guai. Il suo manto era chiaro, chiazzato qua e là da macchie brune. Avrebbe fatto la gioia di qualunque cacciatore e, in effetti, in parecchi erano intenzionati a fargli la festa.
Pochi, però, osavano avventurarsi all’interno del bosco per dargli la caccia. La Selva, così veniva chiamata, era infatti popolata da belve di ogni tipo, capaci di imitare gli uomini nella voce e nelle movenze, traendoli in inganno perché smarrissero la via.
Possedeva un nome. Un bellissimo nome, a suo dire. Ma per gli abitanti del villaggio lui era solo il Lupo cattivo. Uno dei tanti, del resto. Tutti i lupi erano cattivi, per gli uomini.
Quale che fosse la ragione, non riusciva a trovare una risposta convincente.
Come mai lui e la sua specie erano considerati malvagi? Perché mangiavano? Perché rubavano all’uomo per vivere?
Aveva smesso di domandarselo da tempo, e infondo non ne aveva motivo: si era sempre limitato semplicemente a spaventarli, gli umani, e fino a quel momento le sue zanne non erano mai grondate del loro sangue.
Troppo pigro per cacciare, il lupo viveva dunque di espedienti: rubava le pecore dai recinti senza farsi scoprire, depredava delle sue vivande chiunque mettesse piede nel bosco e, di tanto in tanto, s’intrufolava nel villaggio in cerca di qualche dispensa lasciata incustodita.
Fu durante una di queste sue scorribande che la vide.
 
Era un caldo mattino di Maggio, e l’arsura aveva costretto il lupo a soggiornare più del dovuto nel villaggio, in cerca di un abbeveratoio dove potersi dissetare.
Quand’ecco che al suo fine orecchio giunse, come la più soave delle melodie, una candida voce di ragazza.
Incuriosito, il lupo si affacciò alla finestrucola della casetta da cui aveva sentito provenire il suono e… il cuore mancò un colpo.
Mai i suoi occhi si erano posati su di un simile incanto, ragazza o lupa che fosse.
Aveva i capelli di un biondo quasi dorato, e una pelle di alabastro che emanava un buon profumo.
Sulla testa portava un cappuccetto di velluto rosso, tanto vistoso da coprirle buona parte del viso. I capelli erano finemente raccolti in esso, e solo due grosse ciocche ricciolute sporgevano all’esterno, cadendole ai lati del petto.
A coprire le sue grazie c’era un simpatico fiocco del medesimo colore, il cui nodo era bloccato da una lucente spilla in madreperla.
Col cuore che batteva all’impazzata, il lupo si perse in quella soave visione, e il suo istinto parve per qualche istante abbandonarlo.
La ragazza non era infatti da sola, come poté costatare di lì a poco, sussultando per lo spavento.
C’era un’altra figura con lei nella stanza: una donna più matura, a giudicare dai lineamenti del viso.
"Ecco, Cappuccetto Rosso. Qui ci sono una fetta di buon dolce fatto in casa e una bottiglia di vino rosso. Portali alla nonna. È tanto ammalata e debole, e sono sicura che queste cose le faranno bene. Fa buon viaggio e, mi raccomando, va' piano che la strada è lunga. E sii cauta durante la marcia, perché il bosco è pericoloso, specialmente di notte. Resta sempre sul sentiero, e sta attenta al Lupo cattivo!" Raccomandò saggiamente la donna, schioccando un bacio sulle gote leggermente arrossate della figlia.
“Sta tranquilla. Ti prometto che farò attenzione, e porterò i tuoi saluti alla nonna.” Rispose lei.
Il suo tono di voce era come una fresca brezza per il lupo, il quale per tutto il tempo era rimasto con le orecchie tese, ad ascoltare la conversazione.
“Va bene. Ricordi come si arriva a casa della nonna?” Continuò la madre, ansiosa.
“Certo. È a un giorno di cammino, nel bosco; proprio sotto le tre querce. Lì vicino c’è anche un bel cespuglio di noccioli.”
Memorizzata l’informazione, il lupo tagliò la corda in fretta e furia, prima di esser scorto da qualcuno.
Per tutto il tragitto fino al bosco, non fece che pensare alla bella ragazza dal cappuccetto rosso e dal viso d’angelo. Non riuscì a contenere l’eccitazione derivata dal fatto che l’avrebbe presto incontrata di nuovo, poiché buona parte del sentiero che conduceva a casa della nonna passava proprio per il suo territorio.
 
Le ore passavano, ma di Cappuccetto rosso nessuna traccia. Dopo aver inumidito più volte con la lingua il muso per ritrovare la calma, il lupo decise di andare incontro alla ragazza.
Forse si era fatta male, oppure era in pericolo!
Le forti zampe si mossero freneticamente, e in men che non si dica al suo naso giunse forte l’odore di lei.
Superò un cespuglio e strabuzzò gli occhi, pensando già al peggio. Cappuccetto rosso invece era lì, illesa e piena di vita, circondata da miriadi di fiori colorati. Alcuni di essi erano stati riposti con cura nel cestino che conteneva le vivande per la nonna.
Sospirando di sollievo, il lupo notò tuttavia del turbamento nel bel visino della ragazza.
Qualcosa non andava, e dopo pochi secondi la faccenda gli fu chiara.
“Oh, povera me. Sono uscita dal sentiero per raccogliere un mazzolino di fiori e far felice la nonna, e sbadata come sono ho perso la mia bella spilla. Oh, chissà dove mai potrà essersi cacciata…” Piagnucolò Cappuccetto rosso, guardandosi attorno sconsolata.
Il lupo si accucciò sul posto, indeciso sul da farsi. Di certo avrebbe potuto esserle di grande aiuto, ma in cuor suo sapeva che quello non era il momento adatto per presentarsi.
Passarono diversi minuti, e alla fine la ragazza si rese conto che si stava facendo tardi. Con la morte nel cuore, ritornò sui propri passi, incamminandosi nuovamente per il sentiero.
Fu allora che il lupo lasciò il suo nascondiglio, iniziando ad annusare la zona. Il polline dei fiori non costituiva un problema per il suo fine naso, inebriato com’era dal piacevole odore della misteriosa ragazza.
Scostò con la zampa un mazzetto di pratoline e la trovò: la piccola spilla di madreperla scintillava in mezzo ai gambi dei fiori, quasi cercando di nascondersi fra essi.
 
Col sole ben alto nel cielo, il lupo seguì Cappuccetto rosso lungo il sentiero, ben celato alla sua vista dalla Selva, che lo circondava come un manto. Aveva usato foglie e viticci raccolti durante il tragitto per costruirsi una specie di ciondolo, sul quale aveva poi appeso la spilla di madreperla.
Più volte aveva spinto il muso oltre i cespugli, così da ammirare con discrezione la figura della ragazza che, con angelica innocenza, proseguiva verso la casa della nonna.
Non voleva farsi scoprire, per paura di spaventarla: il suo mostruoso aspetto da Lupo cattivo certo l’avrebbe fatta venir meno.
Cosa le avrebbe detto, poi? La verità sul suo comportamento?
Sapeva bene come la pensavano gli uomini, a riguardo.
“Mai fidarsi di un lupo. Un lupo non sarà mai capace di provare dei sentimenti. O dimostrarsi onesto e leale.” Dicevano, e poi proseguivano: “E’ solo denti e artigli per cacciare e sbranare, strappare, squartare e uccidere!”
Eppure, in cuor suo, il Lupo cattivo sentiva di pensarla diversamente. Voleva sì avvicinare Cappuccetto rosso, ma per un motivo diverso da quello che suggeriva il folklore.
In ogni caso, comprese di doversi prima occupare della sicurezza della fanciulla. L’ultimo tratto di strada sarebbe infatti stato colmo di pericoli e insidie d’ogni sorta.
Il lupo lo percepiva istintivamente, per questo motivo fino a quel momento non aveva mai osato spingersi troppo all’interno del bosco. Ma sentiva il bisogno di farlo, di assicurarsi che Cappuccetto rosso raggiungesse la meta senza ferirsi, o peggio.
Il giorno volse infine al termine, e così la ragazza decise di accamparsi per la notte.
Lui no, avrebbe continuato a marciare, affrontando ogni creatura ostile che avesse incontrato lungo la via.
Si affacciò ancora una volta tra i cespugli, mirando le forme graziose che l’avevano stregato. Una strana forza s’impadronì del suo corpo, e improvvisamente ogni dubbio che gli albergava nell’animo svanì in un lampo.
Reggendosi a un albero per assumere una postura eretta, la zampa destra poggiata sul petto a sfiorare il prezioso ciondolo e la sinistra a ondeggiare nell’aria, il lupo mormorò sottovoce tra la Selva, sua unica testimone:
 
“Nella calda estate o nel freddo inverno,
Sia il mio voto a lei nobile, saldo ed eterno.
Farò di tutto per sentirla il mio nome intonare.
E nel suo caldo abbraccio lasciarmi infine andare.
Le offrirò allora in pegno il mio forte cuore,
E sarà di lupo, e non d’uomo, l’amore.”
 
E così, dopo aver recitato quel giuramento così solenne, il lupo si mise in cammino. Sapeva bene a cosa andava incontro: la voce secondo cui una ragazza dal portamento leggiadro si stava aggirando da sola per il bosco si era sparsa rapidamente tra gli altri abitanti della Selva.
 
Quella fu una delle notti più cruente e brutali della sua intera esistenza. Si può lasciare all’immaginazione il numero di creature che il lupo dovette suo malgrado affrontare e sconfiggere, per garantire a Cappuccetto rosso un viaggio sicuro fino alla casa della nonna.
Più volte si sentì sul punto di cedere, stremato dalla fatica e dalle dolorose ferite che gli avevano inferto i suoi avversari. Riuscì tuttavia a tener fede alla promessa, e alle prime luci dell’alba raggiunse la casetta in mezzo al bosco nella quale, secondo le indicazioni, abitava la nonna di Cappuccetto rosso.
Si concesse qualche secondo per leccare via il sangue rappreso dalla sua bella pelliccia chiazzata, recuperando vigore. Gli bastò poi tornare col pensiero al candido viso della fanciulla per cui aveva combattuto e vinto, e in breve tempo si sentì rinfrancato.
Stava per nascondersi, in attesa che la ragazza passasse di lì, quando notò qualcosa d’insolito.
Forse la vista lo stava ingannando, ma gli parve proprio di vedere la porta della casetta stranamente aperta. Cosa ancor più insolita, al suo naso giunse trasportato dal vento uno strano olezzo.
Con l’intenzione di andare a fondo della faccenda, il lupo caracollò fino alla piccola abitazione, affacciandosi dapprima alla finestra per esser sicuro di non aver preso un abbaglio.
Ora che si era fatto più vicino, comprese chiaramente la natura del puzzo che avvertiva.
Superò l’uscio, attraversando rapidamente lo stretto corridoio che conduceva alla stanza da letto.
I suoi timori erano fondati. Aggrottò il muso, mostrando appena le zanne in segno di sgomento.
La nonna di Cappuccetto rosso giaceva vicino al letto, riversa a terra.
Doveva esser salita in cielo da pochi giorni, perché la salma appariva ancora pressoché intatta.
Con sconforto, il lupo immaginò la tristezza con la quale la ragazza avrebbe fatto quella macabra scoperta. Così tanta strada per donare il contenuto del cestino alla nonna, solo per scoprire che questa non avrebbe più potuto riceverlo.
No, non avrebbe visto il dispiacere negli occhi di Cappuccetto rosso.
Forse, poteva farle credere che la nonna fosse ancora viva e vegeta, così sarebbe tornata a casa senza preoccupazioni. Avrebbe compreso la verità solo in seguito, con più calma.
Un piano si era ben delineato nella mente del lupo. Niente d’impegnativo: sarebbe solo dovuto rimanere fedele alle leggende sul suo conto, almeno per un po’. Avrebbe fatto questo e altro per Cappuccetto rosso. Anche venir meno alla sua indole.
Con titubanza, si avvicinò al corpo dell’anziana e, spalancando il più possibile le fauci, la inghiottì in un sol boccone.
Visibilmente appesantito, si trascinò quindi fino alla finestra della stanza, spalancandola per arieggiare l’ambiente. Ebbe persino cura di tirare le tendine, così da mantenere l’ambiente in penombra.
La prima parte del suo piano era perfettamente riuscita, ma ora veniva quella difficile.
Trovò in una panca una veste da notte e, a fatica, se la mise addosso. Spinse la cuffietta bene sulla testa, abbassando le orecchie per nasconderle. Quindi, si trascinò fino al letto dove, per via delle ferite riportate nella notte e del pancione che adesso si ritrovava, a stento riuscì a coricarsi.
 
Passò un tempo indefinito prima che udisse un lieve picchiare sulla porta d’ingresso.
La morbida voce della ragazza lo fece rabbrividire.
“Nonna, sono Cappuccetto Rosso e ti porto tante cose buone.”
Schiarendosi la gola e cercando di ottenere un tono molto più acuto rispetto al normale, il lupo esclamò con tono stanco: “La porta è aperta. Entra pure.”
Sentì i passi di lei lungo il corridoio, e in breve tempo vide la dolce fanciulla comparirgli davanti.
Il cuore iniziò a palpitargli forte, e a stento riuscì a mantenere la calma.
La stanza era avvolta nell’ombra, e il lupo e Cappuccetto rosso rimasero per qualche istante a guardarsi in silenzio, come se entrambi fossero in estremo imbarazzo.
 
“Che occhi grandi che hai.” Disse a un tratto la ragazza, ponendo fine all’idillio.
Il lupo fu colto alla sprovvista da quell’affermazione, e così farneticò: “P-per vederti meglio, piccola mia.”
Sperò che quella risposta la soddisfacesse, ma così non fu. Posato il cestino su un tavolino, Cappuccetto rosso si avvicinò ancor di più al letto. L’espressione sul suo volto lasciava trasparire una certa perplessità.
Timoroso d’esser scoperto, il lupo pigiò con forza la cuffietta sulla testa, nel tentativo di nascondere il muso.
“Nonna, che mani grandi che hai.” Azzardò allora Cappuccetto rosso, allungando la mano e sfiorando la zampa del lupo.
Quel tocco così delicato gli colmò il cuore. Rispose, con voce rassicurante: “Sono per abbracciarti meglio…”
Nonostante la situazione, il lupo non poté fare a meno di pensare che la sua amata era lì, a pochi centimetri da lui. Avrebbe voluto con tutto se stesso liberarsi di quel travestimento e dirle la verità sul suo conto, rivelandole ogni cosa che aveva fatto per lei fino a quel momento, compreso il gesto estremo che stava compiendo.
La mano di Cappuccetto rosso si spostò, carezzandogli appena il muso. Istintivamente, il lupo agitò il capo, cercando ancora il tocco di quella pelle così delicata e riempiendosi il naso del dolce profumo che essa emanava.
“Che bocca grande che hai.” Esclamò Cappuccetto rosso con sospetto.
Ma il lupo non se ne rese conto, inebriato com’era da tutte le emozioni che provava.
Aprì le fauci, pronto a sussurrarle parole dolci: “Per-“ Iniziò a dire, ma la ragazza lo fece tacere.
“Per mangiarmi meglio?!” Quasi urlò lei, e poi cacciò un grido.
Nel panico che ne derivò, il cestino pieno di cose buone finì a terra, mentre al lupo cadde la cuffietta dalla testa.
La bottiglia di vino si frantumò sul pavimento, spargendo il suo contenuto sottoforma di una grossa macchia rosso sangue.
 
Un cacciatore di passaggio, udendo le grida di aiuto che provenivano dall’interno della casa, accelerò il passo.
Entrò in tempo per vedere la fanciulla in lacrime finirgli addosso, gridando: “Aiutatemi, per favore!”
Il lupo, dalla sua, era riuscito faticosamente a scender giù dal letto. La pancia e la schiena gli dolevano terribilmente, e al contempo sentì un nuovo malessere coglierlo. Fu una sensazione nuova, per lui, ma ben più spiacevole dei vistosi tagli che gli adornavano la schiena. La zampa destra andò al petto, e gli artigli si strinsero nella pelliccia.
Sollevando il capo in direzione di Cappuccetto rosso, la vide fuggire via, rivolgendogli un ultimo sguardo di puro terrore.
Uno strano rumore gli risuonò allora nelle orecchie, come se qualcosa dentro di lui si fosse irrimediabilmente spezzato.
"Così ti ho beccato, alla fine! È da un pezzo che ti sto dando la caccia." Mormorò nel frattempo il cacciatore, mettendo mano al fucile.
Svilito dalla successione di eventi, il lupo comprese con amarezza che non avrebbe mai più avuto occasione di raccontare alla ragazza di come le fosse stato accanto nelle ultime ore, della promessa che aveva fatto nei suoi riguardi, o di quale fosse in realtà il suo vero nome.
A pensarci bene, non era nemmeno riuscito a restituirle la sua preziosa spilla.
Cacciando la zampa nel colletto della vestaglia, il lupo strinse tra gli artigli il ciondolo scintillante che gli aveva dato coraggio la notte precedente. Sperò che, in un modo o nell’altro, lei l’avesse potuto riavere indietro.
Socchiuse gli occhi, alzandosi goffamente sulle zampe posteriori e allargando le anteriori per mostrare bene il petto.
 
Il rumore dello sparo risuonò sordo nella sua mente, mentre il colpo ricevuto lo faceva volare in aria.
Batté con la schiena sul pavimento di legno, e lì rimase, mentre la bianca veste che aveva indossato fino a quel momento iniziava a impregnarsi del suo sangue.
Mentre le palpebre diventavano sempre più pesanti e il respiro affannoso, il lupo spalancò le fauci, sussurrando con voce fioca:
 
“Nella calda estate… o nel freddo inverno…
Il mio voto a lei sarebbe stato nobile, saldo ed eterno…
Avrei fatto di tutto per sentirla il mio nome intonare…
E nel suo caldo abbraccio lasciarmi infine andare…
Le avrei allora offerto in pegno il mio forte cuore…
E sarebbe stato di lupo… e non d’uomo… l’amore…”
 
E, detto questo, spirò.
L’ultima immagine che gli attraversò la mente fu di un immenso prato primaverile. Si vide correre festoso verso la bella ragazza, che lo attendeva con gioia.
Le braccia di lei si cinsero attorno al suo corpo, e il lupo si lasciò cullare, godendo del candore che lo avvolgeva in tutta la sua interezza.
 
Epilogo:
 
Non passò molto tempo prima che la notizia facesse il giro del villaggio. Le belve della Selva non erano più un problema: così dicevano le genti, danzando e ballando per la lieta notizia.
Dopo la faccenda del Lupo cattivo, il bosco era stato ispezionato da cima a fondo, solo per scoprire che esso era ricolmo di carcasse di animali morti. Tutti sbranati, così sembrava.
In breve, non c’era più nulla di cui preoccuparsi.
Mentre giù al villaggio canti e grida salivano alti nel cielo, Cappuccetto rosso si ritrovava a passeggiare per i boschi, diretta verso la casa della nonna.
L’abitazione era oramai abbandonata, ciò nonostante la ragazza aveva deciso di farvi ritorno.
Portava con sé un cestino, coperto da una graziosa tovaglia bianca finemente ricamata.
Quando spalancò la porta d’ingresso e, recatasi in camera, aprì le tendine perché la luce estiva penetrasse nella stanza, non poté fare a meno di posare gli occhi su una grossa chiazza ammuffita che macchiava il pavimento.
Dischiuse le labbra, ma da esse non uscì alcun suono.
Sollevò invece la tovaglia dal cestino, afferrandone il contenuto e ponendolo sopra la macchia, perché la coprisse.
Le dita affusolate carezzarono con grazia la chiara pelliccia pezzata, un tempo appartenuta al Lupo cattivo. Essa era stata finemente conciata, così da coprire alla bene e meglio i profondi tagli che la percorrevano in più punti.
Di botto, Cappuccetto rosso si sollevò da terra, e le ciocche dorate ondeggiarono appena mentre, sciogliendo il nodo del suo bel fiocco rosso, si toglieva il cappuccetto di velluto dalla testa.
Liberi da impedimenti, i bei capelli riccioluti della ragazza le caddero sulle spalle e sulla schiena, donandole un aspetto più accattivante e maturo. I pensieri e gli atteggiamenti tipici dell'età dell'innocenza avevano iniziato ad abbandonarla, in favore di necessità e sentimenti nuovi. Era donna, ormai.
Ripiegò il cappuccetto rosso con cura, adagiandolo sulla pelle di lupo.
Prima di alzarsi, la ragazza portò entrambe le mani al petto, tirandone fuori un ciondolo piuttosto particolare, fatto di viticci e foglie oramai secche: una graziosa spilla in madreperla impreziosiva l’ornamento.
Sorrise con posatezza, in una maniera differente dal passato, prima di uscire da quella che un tempo fu la casa della sua cara nonna, e nella quale non avrebbe mai più fatto ritorno.
Forse aveva intuito la verità, o magari il suo gesto era motivato da un semplice bisogno di lasciarsi tutto alle spalle. Difficile dirlo.

Di certo c’era che il bosco da allora non fu mai più lo stesso. Il sole passava attraverso le fronde, illuminando quella che un tempo era un’oscura selva, abitata oramai solo da comuni animali, incapaci d’ingannare l’uomo, o di offrirgli il loro aiuto.
Mai più nessuno ebbe timore di abbandonare il sentiero per avventurarsi nel sottobosco, perché le antiche credenze non erano diventate che sbiaditi ricordi, colorate fiabe. E la magia era finita.
  
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