Serie TV > Sherlock (BBC)
Ricorda la storia  |      
Autore: Johnlockistheway    31/08/2014    0 recensioni
Poi, lui se ne era andato, portato via da Moriarty, la sua personale ossessione e tu, povero John, eri rimasto solo, portato via da quella guerra che ti aveva ridato un tutto, lasciato senza niente, né promesse né speranze, solo una fredda normalità, un appartamento troppo silenzioso e promesse mai infrante perché mai pronunciate.
Attenzione! Post reichenbach (perché il fandom non è mai abbastanza triste) e, ovviamente, Johnlock.
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jim Moriarty, John Watson, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Note: Hola! Questo è un piccolo esperimento di scrittura, spero che vi piacerà e che mi scuserete per l'angst. Alla fine, sarei felice di ricevere il vostro parere. Ovviamente, questi amorini non mi appartengono, sono in mano a Satana Moffat (e io ho seriamente paura) e non ci guadagno nulla da ciò se non il piacre dei vostri commenti e le vostre maledizioni per invadere il fandom con questa roba.
Buona lettura!

Ashes



Harry?”
Sì, John?”
Noi resteremo insieme per sempre, vero? Nessuno di noi andrà mai via”
Certo John, certo”
E poi, lei se ne era andata, portata via dalle sue ossessioni, dai suoi problemi e lui era stato portato via dalla guerra, che si era presa tutto.
Aveva perso una sorella, aveva perso una vita.

 

Con Sherlock, no, con lui non c'erano mai state promesse: non era di certo il classico ragazzo romantico tutto sogni e speranze che magari potevi immaginarti di avere se eri una ragazza.
Tu invece, tu eri un ragazzo e fino a qualche anno prima non aveva fatto altro che cercarti una ragazza così, una donna con la quale condividere la tua vita, ma poi c'era stata la guerra, il congedo e tutto era diventato così difficile, perfino alzarti.
Ma poi era arrivato Sherlock.
Sherlock, con il suo sincero e cinico realismo, che ti sbatteva in faccia la realtà e poi, poi era capace di curare le tue ferite, di curare la tua mente solo con una cena; Sherlock con quegli occhi impossibili che si illuminavano davanti ad un omicidio ben pianificato e che si spegnevano nell'apatia della normalità, la stessa alla quale avevi ormai rinunciato per quel campo di battaglia di omicidi e morte che tutto sapeva darti, in particolar modo, stranamente, la vita; per essere, essere solo ciò di cui lui aveva bisogno, per essere “John”, un suono di un nome scolpito da delle labbra a cuore perfette e pronunciato da una voce baritonale che lo rendeva così speciale alle tue orecchie; Sherlock che era diventato per te tutto, a cui avevi dato tutto: la tua vita, il tuo tempo, la tua fedeltà, il tuo cuore.
Lo stesso Sherlock che di promesse non te ne aveva mai fatte a parole, che mai aveva pronunciato bugiardi giuramenti di vita insieme, sciocche favole di per sempre, ma che quando facevate l'amore era tuo, solo per te, e crollava, crollava la sua maschera di freddezza, si sbriciolava come un fragile castello di carte fra le tue mani, e tu, tu ti sentivi così fortunato, mentre le sue labbra sulle tue regalavano quelle stesse promesse mai pronunciate.
Poi, lui se ne era andato, portato via da Moriarty, la sua personale ossessione e tu, povero John, eri rimasto solo, portato via da quella guerra che ti aveva ridato un tutto, lasciato senza niente, né promesse né speranze, solo una fredda normalità, un appartamento troppo silenzioso e promesse mai infrante perché mai pronunciate.

 

John?”
Sì, Elizabeth?”
Noi staremo insieme e ci ameremo per sempre, vero?”
Certo Eli”
E due mesi dopo lei l'aveva lasciato, l'aveva lasciato per un altro, perché lui sapeva darle un qualcosa di più.
Aveva perso il suo primo amore, aveva sentito per la prima volta il suo cuore spezzarsi.

 

Anche con Sherlock era andata così.
Due mesi, due mesi in cui pensavi, oh povero te, pensavi di aver coronato il tuo grande sogno d'amore, perché sì, vero, forse non ti eri mai immaginato con un uomo, forse non ti eri mai pensato accanto ad una persona così strana e particolare, forse non ti era mai capitato di pensare di dover tornare a casa e trovarla in uno stato di devastazione per un uragano di noia e rabbia che portava il suo nome e di trovare resti umani nel frigorifero no, questo mai te lo saresti sognato, ma c'era l'amore, quello sì.
Un amore così forte, così vostro, che non solo Sherlock, ma anche tu, anche tu eri un vergine al suo cospetto; un amore che tu percepivi, che era, incastrato da qualche parte tra il tuo cuore e la tua anima, una cosa da proteggere, una cosa che mai avevi provato, ma che era, in ogni sua forma, e tu questo lo sapevi, lo sapevi bene, puro amore.
Ma lui ti aveva lasciato, ti aveva lasciato per un altro, 'perché? Che cos'ha di tanto speciale?', ti chiedevi ogni volta che lo vedevi parlare di lui, e te lo chiedi tutt'ora, di fronte non più ad un uragano di devastazione, quello ormai sta solo lì, dove prima dimorava il tuo amore, ma ad una fredda e nera lapide, anche quella che porta quelle otto lettere incise in oro, un nome così dolorosamente famigliare eppure mai così diverso ed estraneo.
E forse, forse potevi saperlo John, che tu non saresti mai stato alla sua altezza, all'altezza di una mente geniale, come quella che lui, oh si, questo potevi dirlo, lui aveva.
Pazza, sì, e squilibrata, ma geniale.
Mentre tu, John, che cosa eri tu al confronto? Tu, un povero dottore, che altro non potevi donargli se non un sentimento che lui, un sociopatico, faticava a capire, che pure però sembrava ricambiare.
'Erano menzogne, quelle, Sherlock? Erano forse bugie i tuoi baci? Erano in realtà corrotte le tue labbra che mi sapevano di innocenza?'
E te lo chiedi e ti crucci, ti crogioli nel tuo tormento, mentre ora, ora sì che lo senti, lo senti forte quel rumore, che va avanti, va avanti da giorni, mentre pezzo per pezzo il tuo cuore si dilania, si spezza, cade e si infrange come lui, come Sherlock aveva fatto davanti ai tuoi occhi, sul freddo marciapiede del dolore, bagnato dalla pioggia delle tue lacrime.
Perché ora, oh, ora lo vedi chiaramente, che tutte, tutte loro, non erano niente, erano un'ombra del vero amore e tu, ora te ne accorgi, mai era stato innamorato, non per davvero, prima di Sherlock.
Sherlock, che per te era stato tutto: una via di fuga, un medico che aveva guarito la tua mente e il tuo cuore; che aveva piantato la sua presenza dentro di te, presenza che si era evoluta, era cresciuta: coinquilino, collega, amico, fratello, compagno, vita.
E ora dentro di te, John, che cosa rimane?
Ti aveva risvegliato, no, anzi, resuscitato; con prepotenza si era insinuato nella tua esistenza di sopravvissuto, perché Sherlock non era capace di fare le cose pian piano e in silenzio, no, lui arrivava come una tempesta, un vento impetuoso che aveva la capacità di distruggerti o, nel tuo caso, di farti volare e ti aveva riparato, aggiustato e innalzato e poi, con la stessa violenta irruenza, ti aveva trascinato dritto nell'occhio del ciclone, ti aveva sballottato, rivoltato e ferito, era stato il tuo vento dell'Est e infine aveva smesso di soffiare e ti aveva lasciato a terra, con le ali spezzate, tra le mani la polvere di un cuore bruciato che non sapevi più se fosse tuo o suo.
Quanto ci aveva impiegato, John, a distruggerti?
Pochi secondi; il tempo di un volo trasformatosi tragicamente in una caduta.
Dimmi John, prima di allora avevi mai pensato a quante cose possono succedere in una manciata di secondi?
Avevi mai creduto che la tua intera vita potesse venire distrutta in così poco?
Certo, in Afghanistan la pallottola ci aveva messo pochi secondi a colpirti, ma poi c'era stato un dopo.
C'era stato il dolore, la lotta, la speranza, la guarigione fisica, il congedo, una mente piegata e la ricerca di un nuovo inizio, sempre vana prima di Sherlock, ma pur sempre esistente.
Mesi, mesi in cui pian piano ti veniva tolta la tua vita, ma poco poco, un pezzo alla volta, così che tu avessi il tempo di nascondere quelle crepe dietro a muri di flebile e poco duratura speranza, dietro a un coraggio che non sentivi più di avere e a un sorriso che eri troppo stanco per sfoderare.
Adesso, invece, non c'è nulla.
Non c'è nessun dopo.
Tu sei rimasto lì, sei ancora su quel marciapiede, non su quel prato; il viso verso l'alto, rivolto non alla tomba nera ma al suo nero cappotto, il cellulare e non un freddo angolo di lapide stretto in una mano, sospeso nell'attimo dilatato che precede la tragedia e posticipa il danno.
Perché tu non sei morto, John Watson: il tuo cuore batte e i tuoi polmoni incamerano ossigeno e il sangue scorre nelle tue vene, il tuo corpo è vivo, ma non lo sei tu.
Di vivo c'è solo un briciolo di speranza che ancora si rifiuta, si rifiuta di morire, aggrappata con denti e unghie e con una mano a quell'unico brandello di cuore sopravvissuto, mentre nell'altra ospita le ceneri del resto di esso.
“Ero davvero molto solo e ti devo davvero tanto. Ma, ti prego, c'è ancora una cosa. Un'ultima cosa, un ultimo miracolo, Sherlock, per me. Non essere morto. Potresti farlo per me? Smettila”*
Smettila? E di fare che cosa, John?
Sei un medico, lo sai bene anche tu che la gente non resuscita.
Quanto puoi riuscire a sperare in quel miracolo?
Pochi secondi.
Gli stessi in cui aspetti, lui non riappare e tu, tu finalmente ti rendi conto che è morto, che non tornerà più, e chini la testa, piangi, il riflesso della tua anima distrutta specchiato in quella lucida tomba nera, mentre, non sai come è possibile, muori un'altra volta, mentre dentro di te anche quell'ultimo pezzo di cuore brucia, mentre la speranza crolla a terra, mentre quell'ultimo secondo dilatato all'infinito, per paradosso, finisce, mentre ti rendi conto che non potrà mai esserci un dopo, perché tutto è finito lì, in quell'attimo e con la velocità di un treno in corsa, tutto questo inizia a venirti addosso.
Alzi lo sguardo, prendi un respiro, ti prepari all'impatto.
Lasci che il dolore ti travolga, che spazzi via tutto, che sparga le ceneri di cuore a anima davanti a quella tomba; lo accogli dentro di te, lo fai tuo, e lasci che i ricordi siano il tuo dolce veleno, perché, quando volti le spalle e te ne vai, sei consapevole che, oramai, tutto quel che hai è il ricordo della vita.
E non importa quanta ne passerà, quanta ne scorrerà intorno a te, perché l'unica che conoscevi l'hai persa per sempre.
Non saprai mai che, dietro di te, un uomo, ricci capelli scuri, occhi chiari e cappotto nero, ti sta guardando, che ti ha visto bruciare e sparire sotto i suoi occhi, mentre un'unica frase gli rimbomba in testa.
Io ti brucerò. Ti brucerò il cuore”
Gliel'aveva detto Moriarty, John, te lo ricordi?
E, per quanto sia crudele, lui è stato l'unico a mantenere la sua promessa mentre voi, voi avete infranto quella più vera di tutte: quella che non avevate mai pronunciato.

 

Soltanto noi due, insieme contro il resto del mondo”

Per sempre, Sherlock?”

Per sempre”


* l'ho preso dalla puntata in inglese con i sottotitoli, pertanto mi scuso nel caso in cui sia leggermente diverso dall'edizione italiana. Ovviamente, sappiamo tutti di che puntata è, vero? (ç_ç)

Il titolo l'ho scleto perché significa ceneri, ma anche resti, rovine. Quindi...boh, mi sembrava azzeccato.

Morghy's cave
Hola! Se siete arrivati fin qui, spero che sia perché la mia fanfiction non vi ha annoiato e l'avete letta tutta e non perché vi faceva talmente schifo da dire "uh salto alle note per vedere come l'autrice giustifica questa robaccia" come probabilmente è accaduto. Ad ogni modo, questa è la prima storia che scrivo così, spero sia stata di vostro gradimento. Se lo è, e se vi fa piacere, potete sempre passare nel mio account, sto letteralmente invadendo il fandom nell'ultima settimana a discapito vostro. Attendo pareri! Con affetto, Morgana.


 

 

   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Sherlock (BBC) / Vai alla pagina dell'autore: Johnlockistheway