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Autore: millyray    31/08/2014    1 recensioni
"... Non mi hai lasciato alcuna scelta, alcuna via di fuga. Mi hai preso e basta e io non ho avuto modo di scappare, di sottrarmi a te. E ora… ora mi sono scottato ed è una bruciatura che non guarirà mai. Ma tutto questo, tra noi, non potrà mai funzionare, non come vorrei io. E questo mi fa impazzire, mi fa soffrire”.
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Ianto Jones, Jack Harkness
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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FOREVER…

Il Capitano Jack Harkness  si trovava nel suo ufficio a leggere e sistemare alcune carte, accomodato nella sedia di fronte alla scrivania, quando Ianto Jones aprì lentamente la porta, senza quasi farsi sentire.
Ma Jack lo udì benissimo e subito si voltò verso di lui, un sopracciglio sollevato.
Erano rimasti solo loro due alla base, benché fosse ancora piuttosto presto, rispetto ai normali orari lavorativi del Torchwood Team. Ma quel giorno la Fessura, per la prima volta dopo parecchi giorni, aveva deciso di comportarsi bene e nessun alieno aveva fatto irruzione nella piccola città di Cardiff.
Così Jack aveva congedato tutti dicendo loro di tornare a casa per la cena e svagarsi un po’.
Perciò ora rimaneva soltanto Ianto che, mezzo fuori mezzo dentro il suo ufficio, lo guardava con una strana espressione.
Il Capitano aveva una mezza idea di quello che sarebbe avvenuto ora, ovvero quello che avveniva sempre quando loro due si ritrovavano soli alla base, così si limitava a guardare il giovane gallese con un malcelato sorriso sardonico, aspettando che fosse Ianto a fare il primo passo.
“Jack…”, iniziò il ragazzo, il tono di voce basso ed esitante. “Ti spiace se torno a casa? Sono piuttosto stanco”.
Jack lasciò cadere il foglio di carta che stava reggendo sulla scrivania e il suo sorrisetto si spense in un broncio un po’ deluso che però cercò di nascondere.
No, non era quella la conclusione di giornata che lui si era aspettato.
Si girò completamente verso Ianto e disse: “D’accordo. Non c’è problema. Ci vediamo domani?”
“Certo. Grazie, Signore”.
Ianto si voltò sui tacchi e si allontano con passo strascicato, senza voltarsi indietro.
Jack restò a guardarlo, fortemente tentato dall’impulso di correre da lui e baciarlo lì dove stava.
Ma si trattenne. Ianto gli sembrava veramente stanco. Forse era meglio così.
Rimasto solo, il Capitano tornò alla scrivania, ma la sua concentrazione si era ormai completamente allontanata dai documenti sparsi davanti a lui.
Incrociò le mani sotto il mento e fissò gli occhi chiari in un punto invisibile sul muro di fronte. Ianto lo stava evitando: non gli parlava più, a meno che non fosse strettamente necessario, non veniva più nel suo ufficio di nascosto e se per caso si trovavano da soli nella stessa stanza, trovava sempre una scusa per defilarsi. Persino il caffè che gli preparava sembrava meno buono rispetto a prima. Un paio di volte gli aveva chiesto persino se voleva venire a caccia di Weevil con lui, ma aveva sempre declinato l’offerta.  E tutto questo da quando Jack era tornato da quel suo viaggio con il Dottore, portandosi dietro John Hart e tutto quello che era successo.  Ma da allora era passato più di un mese. Non erano più neanche usciti per quell’appuntamento, non ne avevano nemmeno più parlato.
Jack non lo poteva biasimare, certo, se n’era andato via così, senza dire niente e dopo essere tornato non aveva neanche dato una spiegazione.  Solo che non si era aspettato quel comportamento da parte del giovane che con lui era sempre stato paziente e non aveva mai chiesto niente, limitandosi a fare quello che gli veniva chiesto di fare.  Forse lo stava sottovalutando.
Però gli mancava, gli mancava in modi che il Capitano non avrebbe mai immaginato. Gli era mancato anche quando stava viaggiando col Dottore, si era ritrovato a pensare a lui sempre, tutti i giorni. E ora averlo lì davanti costantemente sapendo di non poterlo toccare e vederlo deluso era persino peggio.  Era da tanto che non sentiva una sensazione di questo tipo  e la cosa lo faceva uscire fuori di testa.  Doveva fare qualcosa per la sua sanità mentale.
E anche quella fisica.

 

Non appena fu rientrato a casa, Ianto si tolse velocemente il completo elegante, per indossare i pantaloni di una tuta e una semplice maglietta bianca. Poi si buttò sul divano scompostamente.  Avrebbe dovuto farsi la doccia ma proprio non ne aveva voglia.
Così prese a fare zapping, guardando la tv con occhi appannati. Si fermò su un canale che stava trasmettendo un film in bianco e nero e tenne il volume al minimo. Aveva la testa piena di pensieri che non riusciva a togliersi e tutti quanti riguardavano Jack.
Erano giorni che si trastullava su di lui. Si sentiva ferito e abbandonato e la cosa che peggiorava ancora di più era la sua parte razionale che gli diceva che si stava comportando come uno stupido adolescente sfigato che si era innamorato della ragazza più popolare della scuola .
Be’, non c’erano dubbi sul fatto che Jack, se avesse frequentato un liceo sulla Terra in questo secolo , sarebbe stato il ragazzo più popolare della scuola. Decisamente.
Inoltre, questa parte razionale gli diceva anche che non aveva motivo di prendersela così con Jack. In fondo, il Capitano non gli doveva niente, non erano fidanzati e lui poteva fare della sua vita quello che voleva e frequentarsi con chi voleva. E lo stesso poteva fare Ianto.  Perciò non c’era un motivo concreto per cui sentirsi in collera con Jack. Non c’era davvero.  Però, non poteva farne a meno.  Jack, in fondo, di qualcosa era colpevole.
Ogni volta che si ritrovavano da soli nella stessa stanza, aveva un’irrefrenabile desiderio di saltargli addosso. E anche Jack.  La tensione sessuale tra loro due era lampante come la spia della benzina che lampeggia sul cruscotto dell’auto. Però resistevano, tutti e due.  Jack non aveva osato avvicinarglisi più del dovuto, non lo aveva toccato in nessun posto che non fosse lecito dal buon costume e Ianto non poteva che essergliene grato.  Significava che ancora lo rispettava. Non che Jack gli avesse mai mancato di rispetto, chiarò, però… però tutta quella storia che era nata tra loro due, quell’essere compagni di letto e quelle occhiatine e battutine sempre a sfondo sessuale che si lanciavano  sempre lo avevano stufato. No, non esattamente stufato. Non gli bastavano più. Lui voleva di più, un di più che Jack non sarebbe mai riuscito a dargli.
Era questo il motivo principale per il quale lo evitava. Jack era il fuoco e Ianto aveva paura di rimanere scottato.
Sperava solo di riuscire nel suo intento. Fortunatamente era dotato di pazienza e volontà d’animo ed era sicuro che un giorno sarebbe arrivato a vedere Jack solo come il suo capo al lavoro e nulla di più.

 

Il campanello della porta trillò sonoramente, riportando Ianto alla realtà. Chi poteva essere a quell’ora?
Si alzò dal divano sbuffando e si trascinò pigramente alla porta. Non controllò neanche attraverso lo spioncino, ma spalancò subito l’uscio e strabuzzò gli occhi nel trovarsi davanti Jack in tutto il suo splendore. Si era pure cambiato i vestiti e profumava davvero davvero di buono. Ma Ianto sapeva che quello non era l’odore del suo dopobarba.
“Ciao”, salutò il gallese, ma quel saluto suonava più come un perché diavolo sei qua?
“Non voglio più rimandare il nostro appuntamento”, sbottò il Capitano con una certa urgenza nella voce.
Ianto alzò gli occhi al cielo. “Jack, non ho voglia di uscire. Ti ho detto che sono stanco”.
Jack allora gli sorrise sornione. “Chi ha detto che dobbiamo uscire?” E gli mise davanti una bottiglia di vino ancora sigillata e una busta bianca con dentro probabilmente la spesa che aveva appena fatto.
Ianto rimase a guardarlo in silenzio, senza sapere come comportarsi.  Se lo avesse fatto entrare, avrebbe buttato nel cesso il suo buon proposito di evitare Jack.
“Non lo so, Jack. Devo ancora farmi la doccia e…”.
“Tu vai a farti la doccia e io cucino. Scommetto che hai fame”.
“Perché? Tu sai cucinare?”
“Resteresti sorpreso di quante cose so fare”. E gli mostrò quel sorrisetto sghembo che mostrava una parte della sua dentatura perfetta, avvicinandosi un po’ di più alla soglia.
Ianto, quasi involontariamente, si scostò per farlo passare.  Subito dopo si maledisse. Però Jack aveva ragione: aveva molta fame, solo che si sentiva talmente stanco che non aveva nemmeno avuto la forza di mettere qualcosa nel microonde.
Jack, senza troppe cerimonie, si diresse in cucina e Ianto lo seguì a testa bassa.
“Posso lasciarti da solo o mi bruci tutta la casa?”
“Non ti preoccupare: se dovesse succedere, verrò a salvarti”.
Ianto non sapeva se sentirsi rincuorato oppure no. Tuttavia lo lasciò al suo lavoro, mentre lui si diresse in bagno.
Si spoglio, lasciando cadere i vestiti a terra ed entrò nella doccia. L’acqua gli piovve addosso facendolo sentire immediatamente più rilassato. Si aspettava che Jack entrasse da un momento all’altro, ma non arrivò nessuno. Una parte di lui se ne dispiaceva.
Quando uscì dal bagno, le sue narici vennero subito punte da un buon odore di cibo proveniente dalla cucina.  Possibile che Jack gli stesse veramente preparando la cena?
Da quando aveva suonato alla sua porta, tutta quella situazione gli era sembrata paradossale.
Ianto entrò cautamente in cucina, come se temesse di risvegliare un drago, e allo stesso modo si sedette a tavola, dove due piatti e due bicchieri colmi di vino rosso stavano già in bella mostra. Jack era ancora impegnato ai fornelli, così il ragazzo si bevve un sorso di vino, constatando che era ottimo.
“Ti piace la cucina italiana?” chiese il Capitano, facendo saltare la pasta in una padella.
“Non mi dispiace”, rispose Ianto, rimanendo sul vago.
Era un po’ confuso. Sorpreso e confuso. Voleva capire che cosa fosse saltato in testa a Jack per fare un’improvvisata del genere, ma non voleva chiederlo. Perciò rimase a guardargli la schiena, sorseggiando il suo vino. 
La cena finalmente fu pronta e Jack la servì sul tavolo. Erano spaghetti alla carbonara e, dopo solo la prima forchettata, Ianto dovette ammettere che erano ottimi.
Ok, Jack sapeva cucinare. Sì, bene. E allora?
Mangiarono in silenzio per un po’, tesi ed imbarazzati. Ianto non sapeva che discorso incominciare, o meglio, lo sapeva ma non gli sembrava il caso di parlarne adesso.
Jack, invece… Jack avrebbe avuto mille cose da dire, ma non sapeva da dove iniziare. Né come iniziare.
“Pensi che domani avremo molto da fare?” chiese allora il ragazzo, buttando lì la prima cosa che gli veniva in mente.
“Non lo so. Dipende dalla Fessura. E dagli alieni”.
“Già”.
Ma che sciocchezze! Ci bastava solo che tirasse fuori qualcosa sul tempo e avrebbe potuto vincere la medaglia del conversatore peggiore della storia.
“Ti piace?” chiese Jack e nel suo sguardo sembrava esserci una certa luce speranzosa. Sembrava essere anche piuttosto teso, si muoveva con cautela e il fatto che non stesse parlando come suo solito e nemmeno flirtando era piuttosto preoccupante.
Jack era cambiato, lo si poteva vedere. Ma anche Ianto era cambiato e le cose tra loro due non potevano più funzionare così.
Ianto era ormai a metà della sua cena, quando finalmente sbottò. Era ormai inutile tergiversare. “Perché stai facendo tutto questo?”
“Questo cosa?”
“La cena, il vino…”.
“Te l’ho detto, non mi va più di rimandare quell’appuntamento. Anche se vorrei ancora portarti fuori come si deve… cinema, ristorante… Sempre se tu ci stai”.
“Non è questo il punto?”
“E allora qual è il punto?”
Quando Jack alzò lo sguardo su Ianto, trovò questi che lo guardava con un’espressione  incredibilmente glaciale e seria, come non lo aveva mai visto.
Ianto dal canto suo cercava di studiare Jack, ma come al solito non riusciva a capire niente. Era sempre un mistero per lui quell’uomo.
“Il punto è che non capisco perché ci tieni, all’appuntamento, intendo”.
“Perché questa situazione non può continuare così”.
“Quale situazione?”
“Quella tra noi due”.
“E cosa c’è che non va tra noi due?”
“Oh andiamo, Ianto!” Jack lasciò la forchetta nel piatto e si accasciò contro lo schienale della sedia. Era un classico, fare finta di non capire. Banale, ma efficacie. Solo che Jack non era uno che demordeva.
Ianto si passò la lingua sulle labbra e abbassò lo sguardo.
“Mi stai evitando”, concluse il Capitano.
“Felice che tu te ne sia accorto”. Il tono di Ianto era estremamente duro e un po’ cinico.
“E sei arrabbiato con me. Per quale motivo?”
“Te ne sei andato”.
“Ti ho chiesto scusa”.
“Sì, ma non hai dato una spiegazione”.
“L’ho detto, ero col Dottore”.
“Dottore. E poi?”
Forse l’appuntamento non aveva preso la piega che avrebbe voluto Jack, ma Ianto era stanco di quello che voleva Jack. Lui voleva delle spiegazioni e le avrebbe avute.
“E’ complicato”.
“E’ complicato per te o per me?”
Jack spostò lo sguardo da un’altra parte, indeciso su che cosa dire. Sembrava essere irremovibile quella sera, il suo gallese, qualsiasi cosa gli dicesse non gli andava bene. Questa volta non sarebbero bastati un paio di baci e delle parole rassicuranti.
“Perché fai domande di cui non vuoi sapere la risposta?”
ianto alzò gli occhi al cielo e sospirò frustrato. “Ecco, è sempre così con te!” esclamò allora, allontanandosi con la sedia. “Pensi sempre di sapere tutto, persino che cosa pensano o vogliano gli altri. Ti credi superiore a tutti e pensi che tutti cadano ai tuoi piedi quando sorridi in quel modo civettuolo o sbatti le ciglia. Te ne va e poi ritorni a tuo piacimento e sei convinto che a nessuno importerà perché tu sei il grande Jack Harkness che non può morire mai. E io sono stanco di tutto questo. Stanco di accontentarti senza fare domande, stanco di sopportare i tuoi malumori e sono stanco di essere la tua bambola del sesso”. Si alzò da tavola e, lanciando un’ultima occhiata di sbieco a Jack, sparì in salotto dove uscì fuori sul terrazzo.
Appoggiò i gomiti sul bordo del bancone e rimase a guardare la luna. Lo aveva ferito? Forse sì, ma non gliene importava. Ben gli stava, era ora che qualcuno gliene dicesse quattro.
Aveva ancora tutta l’adrenalina in corpo e lo faceva stare incredibilmente bene, anzi, voleva dirgliene ancora.
Ma dopo nemmeno cinque minuti, cominciò a pentirsene. Forse era stato un po’ duro.
Jack non lo aveva raggiunto e Ianto ebbe paura di esserci andato giù pensate. Forse se n’era andato, ma non aveva sentito alcun rumore. Non aveva il coraggio di andare di là e affrontarlo di nuovo oppure scoprire che se n’era andato senza che avessero concluso il discorso.
Certo che anche lui però se n’era scappato via come un coglione.
Improvvisamente sentì la porta dietro di lui aprirsi e capì che Jack non se n’era affatto andato. Ma Ianto non si girò né diede segno di averlo sentito. 
Sentì il Capitano avvicinarsi a lui cautamente e poi in tono molto dolce, nonostante quello che gli aveva praticamente urlato prima, gli sussurrò: “Tu non sei affatto la mia bambola del sesso. Non lo sei mai stato”.
“Ah no?”
Jack si accostò a Ianto e voltò il capo nella sua direzione, scorgendo il suo profilo illuminato debolmente dalla luna.
“Allora cosa sarei per te?”
Il Capitano prese un grande respiro. “Sei importante per me, Ianto”. Era di questo che aveva bisogno? Conforto? Sentirsi importante per qualcuno? No, ne dubitava… non era solo questo. “ Hai ragione sulle cose che hai detto.  Sono vanitoso, egocentrico, a volte egoista, ma non è vero che non mi importa di nessuno.  E tu sei molto importante per me”.
Finalmente Ianto puntò i suoi occhi azzurri in quelli di Jack, ma questa volta non erano più duri e freddi come prima. Erano… sofferenti. “Però non hai alcun problema ad andartene e mollare tutto”.
“Non è così, Ianto. Mi dispiace se l’ho fatto, davvero. Mi dispiace se ti ho ferito, non avrei mai voluto farlo. È solo che… non ci ho pensato. Ho agito d’istinto, come faccio sempre. Il Dottore era lì e io avevo bisogno di lui. Dovevo parlargli, chiedergli che cosa non andava in me e se potesse aggiustarmi”.
“Questo… questo lo capisco, Jack”.
Il giovane abbassò lo sguardo, il labbro inferiore stretto tra i denti. Jack era così sincero in quel momento, come mai lo era stato. E si sentiva in colpa per avergli detto quelle cose. In fondo per lui non doveva essere semplice, vivere in quel modo, non poter morire mai… e si difendeva nell’unico modo che gli era possibile.
“E allora perché ce l’hai così tanto con me?”
Ianto sollevò di nuovo gli occhi sul Capitano. La sua espressione gli fece tenerezza, sembrava un cucciolo bastonato.
“Perché…”. Il gallese scrollò le spalle senza sapere come dirgli quello che voleva dirgli. “Perché non mi hai lasciato alcuna scelta, alcuna via di fuga. Mi hai preso e basta e io non ho avuto modo di scappare, di sottrarmi a te”. Erano occhi negli occhi adesso, come incatenati. “E ora… ora mi sono scottato ed è una bruciatura che non guarirà mai. Ma tutto questo, tra noi, non potrà mai funzionare, non come vorrei io. E questo mi fa impazzire, mi fa soffrire”. Aveva preso leggermente ad urlare e aveva paura che la signora che abitava nell’appartamento vicino al suo lo potesse sentire. Ma che gli importava? Stava facendo una vera e propria confessione all’uomo del quale si era innamorato e davvero, davvero tutto il resto non importava. Importava solo Jack in quel momento, fermo lì in piedi davanti a lui.
Jack… Jack che in quel momento stava scuotendo la testa, la bocca distorta in un broncio misto tra delusione e rabbia.
“Stare con me ti fa soffrire? Bene, allora smetterò di comportarmi da egoista e ti lascerò andare. Non ho mai voluto farti questo, Ianto. Mi dispiace. La finiamo qui…”. Il Capitano si voltò per andare via, ma Ianto lo trattenne per un braccio e lo riportò indietro. Non poteva lasciarlo andare via così. Immaginava che la soluzione migliore per entrambi sarebbe stata quella di terminare ogni rapporto, ma non voleva chiudere in quel modo. In realtà non voleva chiudere proprio, ma era la cosa più giusta da fare.
“Aspetta, Jack. Non intendevo questo. Cioè, sì, lo intendevo, ma… non ho mai detto che non mi piacesse. E poi… non è solo colpa tua. Mi sono lasciato incastrare da solo. È che quello che provo per te, quello che tu mi dai è… è pazzesco e mi piace, mi piace tanto. Anche se a volte mi spaventa”, sospirò, il cuore che andava a mille. Neanche Lisa lo aveva mai fatto sentire così. Ma ora, l’unica cosa che sentiva era paura, paura di aver rovinato tutto e di aver chiesto troppo a Jack.
Il Capitano si avvicinò a Ianto e gli mise le mani sui fianchi, attirandolo a sé. “Vorrei davvero darti tutto ciò che meriti, ma non ho molto da offrirti”.
“Jack, tu non mi devi offrire proprio niente! E’ solo che sono stanco di fare con te solo del sesso casuale o di accompagnarti a caccia di Weevil dividendo un cheesburger. Non posso più continuare così. Quindi, o la finiamo qui, oppure…”.
“Voglio stare insieme a te. Voglio che siamo una coppia o come tu preferisci chiamarlo”.
Ianto strabuzzò gli occhi e inarcò le sopracciglia. Poi il suo viso si addolcì e le sue labbra si piegarono in un sorriso intenerito. Davvero gli stava offrendo quella possibilità, la possibilità che aveva desiderato da non si ricordava nemmeno quanto tempo? Forse o forse no. Jack agiva sempre d’impulso, dopotutto.
“Non voglio costringerti a fare niente che non vuoi, non voglio costringerti ad essere ciò che non sei. Non ti sto dando un ultimatum, solo… ho solo bisogno di certezze nella mia vita, di qualcosa di… stabile”.
“Io voglio stare con te!” esalò Jack, calcando bene sul voglio. “Lo voglio davvero. Voglio che torniamo a casa insieme dal lavoro la sera e che usciamo più spesso e che andiamo a letto insieme e tutto il resto. Tu mi fai sentire… mi fai sentire bene e non mi sentivo così da tanto tempo. Diamine, mi sei mancato da morire quando ero via e tu sei l’unico motivo per cui sono tornato. Sono restato davanti a una fioreria per venti minuti prima di decidermi se comprarti dei fiori o no quando stavo venendo da te. Ianto, vorrei davvero che tu lo capissi. Io… io ti…”.
Jack si bloccò, il cuore che gli batteva a mille. Che cosa diamine gli aveva fatto Ianto? Aveva scongelato il suo cuore, letteralmente.
Ianto si avvicinò di più a lui e gli circondò la vita con le braccia. “Proprio non riesci a dirlo, eh?” gli soffiò a poca distanza dalle labbra. “Ce l’hai sulla punta della lingua ma non riesci a dirlo”.
“E’ che nel momento in cui lo dirò diventerà definitivo”.
“E’ già definitivo”.
“Non è facile, per me. Ho paura, davvero tanta paura”. Jack gli stava aprendo il suo cuore e Ianto non poteva che sentirsene onorato. Ma allo stesso tempo, sapeva di avere il privilegio di possedere una cosa preziosa e fragile, perché il cuore di Jack era prezioso e fragile, e temeva di poter dire o fare qualcosa di sbagliato. “Io posso vivere per sempre mentre tutti quelli a cui tengo invece se ne vanno. E non faccio che ritrovarmi solo con tanti ricordi e… dolore. E anche tu un giorno te ne andrai. Vorrei poter invecchiare con te e morire con te, ma non posso. Tu puoi passare il resto della tua vita con me, ma io non posso passare il resto della mia, con te. E questo fa male. Perciò, scusami se a volte ti ho tenuto a distanza o ti ho allontanato”.
Ianto circondò il collo di Jack con le braccia e appoggiò la fronte su quella dell’uomo. Sentiva le lacrime premergli sugli occhi. “Vorrei poter fare qualcosa per sistemare tutto questo. Lo vorrei tanto”. Poi gli diede un bacio dolce sulla bocca, senza esagerare, senza spingere troppo. Jack socchiuse le labbra e si lasciò travolgere.
“Ti amo, Ianto Jones”, sussurrò al giovane quando si furono staccati. Aveva ragione, era inutile cercare di non dirlo. Tanto ci era caduto dentro con entrambi i piedi. “E ti prometto che non me ne andrò via mai più. Non senza di te”.  Poi gli diede un altro bacio, assaporando il sapore delle sue labbra. Non si erano mai baciati così dolcemente e così appassionatamente; sarebbe potuta cadere una bomba oppure gli alieni avrebbero potuto conquistare la Terra e a loro in quel momento non sarebbe importato niente. Non si curavano nemmeno della vecchia vicina che li stava spiando dal suo balcone.
“Ti dispiace se rientriamo? Ho un po’ di freddo”, esalò Ianto, rabbrividendo. Solo allora Jack constatò che era in maniche corte e il clima di certo non era favorevole per quel tipo di abbigliamento.
“Adesso rientriamo”. Ma non aveva ancora voglia di rientrare. Attirò il ragazzo ancora di più a sé stringendolo tra le proprie braccia e si fiondò di nuovo sulle sue labbra. Sembrava che volesse recuperare tutti i baci che aveva perso durante la sua assenza.
“Ahia!” esclamò Ianto a un tratto, allontanandosi bruscamente.
“Che succede?”
“Niente!”
Il Capitano inclinò il capo da un lato guardando il ragazzo con un’occhiata torva, intuendo che gli stesse nascondendo qualcosa.  Ianto si portò una mano al fianco e non riuscì a trattenere un gemito. Allora Jack gli sollevò velocemente la maglietta senza esitare o chiedere il permesso, scoprendo una grossa cicatrice arrossata e circondata da lividi violacei. “E’ successo durante un combattimento alieno”, spiegò il ragazzo, evitando di guardare Jack.
“Intendi che te l’ha fatto l’alieno o che ti sei infilzato da qualche parte come uno spiedino?”
Ianto ridacchiò. “Me l’ha fatta l’alieno ma non è niente di grave. Owen ha già controllato”.
“Però ti fa male”.
“Solo quando ci premo sopra. Ogni tanto la devo pulire”.
“Quando te la sei fatta?”
“Una settimana prima che tu arrivassi”.
“E non mi hai detto niente?”
Il gallese gli lanciò un’occhiataccia e questi non fece più domande. “Andiamo dentro”.

 

Ianto era steso sul divano, le braccia poste sopra la testa e il petto scoperto. Jack gli stava applicando della pomata sulla ferita, facendolo ogni tanto rabbrividire per il bruciore anche se non si lamentava. Quando terminò, ripose via gli strumenti e si sdraiò accanto al ragazzo che gli poggiò la testa sulla spalla.
“Ianto?”
“Hmm?”
“Voglio che d’ora in poi mi dici tutto quello che ti succede. Voglio sapere tutto su di te”.
“La cosa è reciproca”.
Jack ammutolì e tra i due calò il silenzio, questa volta un silenzio rilassato, in cui si sarebbero crogiolati per sempre. Se solo avessero potuto fermare il tempo… il Capitano accarezzava con una mano molto delicatamente il braccio di Ianto e lo osservava di profilo. Poi lo prese per il polso e gli piegò l’avambraccio, osservando la piccola cicatrice bianca che gli deturpava la pelle.
“Come te la sei fatta?”
“E’ stato mio padre. Mi picchiava e picchiava mia madre”.
Il Capitano lo strinse di più a sé, come se lo volesse proteggere.
“Quella me l’ha fatta con un attizzatoio rovente”.
“Mi dispiace”.
“E tu?” Ianto si voltò su un fianco per poter guardare Jack in viso. “Com’era la tua famiglia? Com’era tuo padre?”
Il Capitano sembrò esitare e Ianto temette che avrebbe di nuovo trovato una scappatoia o che avrebbe tergiversato per non dovergli dire niente. invece, ciò non successe e il ragazzo ne rimase piuttosto sorpreso. “Era il miglior padre del mondo, ma io l’ho deluso. Ho lasciato che prendessero mio fratello e che lo torturassero”.  Una lacrima gli scese lungo la guancia e Ianto velocemente gliela asciugò col pollice. Si fermò ad accarezzargli la guancia e gli diede un bacio a cui Jack rispose molto volentieri.
Era perfetto, tutto quello era perfetto.
Finalmente avevano avuto la loro occasione, la loro possibilità. E non importava quanto sarebbe durata, avrebbero cercato di vivere la loro storia appieno, in modo da non perdersi niente, in modo da non sprecare un solo attimo.
Ianto era rimasto scottato dal fuoco di Jack, ma si rendeva conto che non avrebbe voluto diversamente. E lo stesso valeva per Jack. L’eternità era lunga per starsene da soli.

 

 

MILLY’S SPACE

Lo so che io avrei altre fanfiction da aggiornare, ma ho letto una bellissima storia in inglese che mi ha ispirato questa oneshot e non ho potuto fare a meno di scriverla. Sì, lo so che sono caduta nel fluff più fluffoso che ci sia, ma sono un animo romantico io. E ancora non mi sono messa il cuore in pace per la morte di Ianto.

Comunque, magari qualcuno di voi l’avrà notato, una frase che dice Jack (“Tu puoi passare il resto della tua vita con me ma io non posso passare il resto della mia”) è preso da Doctor Who ed è la frase che il Dottore dice a Rose. Sigh.

Che altro dirvi? Venitemi a trovare sulla mia pagina facebook https://www.facebook.com/MillysSpace?ref=bookmarks

E date un’occhiata alle altre storie che ho in cantiere. Vi linko anche la storia che mi ha ispirato così, se siete portati con l’inglese, ve la potete leggere perché merita https://www.fanfiction.net/s/10631748/1/Quixotic

E niente… bacioni a tutti,
M

  
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