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Autore: NightmareInsomnia    01/09/2014    0 recensioni
«Sai Cass, questo è un Fiordaliso. Io non lo trovo molto bello ma la mamma una volta mi ha detto che nel linguaggio dei fiori significa amicizia sincera e io vorrei che tu fossi mia amica. Lo so che non so nemmeno quanti anni hai, ma le bambine fanno così. Quando saremo amiche sapremo tutto l’una dell’altra. Per questo mi piacerebbe che lo tenessi tu…» spiegò tutto d’un fiato, non dimostrando affatto quei sei o sette anni che doveva avere.
Ma non glielo porse, non ancora, nonostante il viso di Cass sembrava essere diventato tutto d’un tratto sereno.
Si inginocchiò, completamente disinteressata del verdognolo che le avrebbe macchiato le calze bianche, quasi trasparenti.
Cass inclinò la testa aggrottando leggermente le sopracciglia.
«Vuoi essere la mia migliore amica? »
Non c’è bisogno di dire che quello che seguì fu una gioiosa risata fanciullesca seguita da un “Sì!”
One-Shot partecipante al contest: "With flowers and words."
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Fiordaliso

 

«Non urlare, non aver paura.»
La mora, che fino al momento prima stava indietreggiando agitando la mano pallida al vento, smise di produrre quei fastidiosi lamenti infantili.
«È solo un’ape. »
Cass lo sapeva però. Sapeva che quell’animaletto era soltanto un innocuo insetto che non l’avrebbe attaccata fino a quando lei stessa non sarebbe diventata il pericolo. Ma non poteva, non poteva davvero fare a meno di avere paura.
Non una paura soffocante come quella che la notte l’avvolgeva al minimo rumore proveniente dal salotto o uno scricchiolo dal suo armadio. Solo un istinto. Era istintivo per lei indietreggiare allo sconosciuto. Infondo non era mai stata punta da un’ape.
Passi corti sull’erba ancora umidiccia. Passi leggeri, quelli di una piccola principessa bionda che la guardava con la testa inclinata e un sorriso ampio, troppo ampio, a incurvare le labbra rosee.
«Candy» le disse la bambina porgendole senza esitazione la manina dal palmo bianco come la neve e il dorso leggermente abbronzato dal sole che per tutta la primavera e tutta l’estate aveva incorniciato il bel panorama di montagna.
Cass fissò la mano per qualche secondo, con in realtà lo sguardo perso. Era confusa.
«Lo so che è strano ma i grandi fanno così ed io ho deciso che voglio crescere in fretta, voglio essere come i grandi” riprese sempre con lo stesso sorriso a illuminarle il volto liscio e morbido da bambina rendendola impossibile da prendere sul serio.
La mora allungò la mano, lentamente ma senza esitazione, e afferrò quella dell’altra sussurrando un «Cass» leggero che si perse nella leggere brezza.
«Carino il nome Cass! Solo… non sussurrare. Hai una bella voce per essere una bambina! Non è squillante e fastidiosa. Mi piace! »
Si guardarono ancora un po’. Candy diminuendo il sorriso e rendendolo così rassicurante, Cass con lo sguardo nelle iridi azzurre dell’altra ma con la testa da tutt’altra parte.
«Okay, ho capito. Non sei una gran chiacchierona. Grazie al cielo neanche io. È mia madre che dice che quando voglio farmi delle amiche devo fare così» la bionda blaterò tenendo ancora la morsa sulla mano dell’altra. «In effetti hai ragione, ora sto davvero chiacchierando. Ma non è questo di cui hai bisogno, non è vero occhi blu? Dai, sediamoci, si sta bene all’aperto. »
Candy scivolo lentamente sull’erba forse non molto verde e Cass dovette seguirla.
Si era appena trasferita con suo padre e si sentiva completamente persa. Non aveva più una mamma, degli amici, non avrebbe rivisto i nonni e la zia almeno fino alle vacanza natalizie. Ma sapeva che si sarebbe abituata. Sapeva che le cose infondo sarebbero andate bene, anche lì, in quello sperduto paesino di montagna. Aveva solo bisogno di tempo. Era ancora una bambina.
La bionda, non molto preoccupata della sorte dei suoi bei capelli color del grano e del suo delizioso e fanciullesco vestitino azzurro cielo, lasciò cadere la schiena e la testa all’indietro, sdraiandosi completamente e chiudendo gli occhi. Probabilmente le piaceva la sensazione che le regalava il sole quando i raggi battevano sulla sua pelle.
Cass la guardò con una leggera sensazione d’invidia. Aveva dei capelli così belli, così simili a onde di oro colato che le cadevano sulle spalle, un viso così delicato e grazioso. Probabilmente era quel tipo di bambina che veniva ammirata dagli adulti quando camminava felice insieme ai suoi genitori, quella davanti a cui tutte le donne si fermavano dicendole un “Come sei bella!” seguito da un “Come ti chiami?” e “Quanti anni hai?” Un qualcosa che faceva sicuramente sentire orgogliosa la madre che avrebbe così iniziato una lunga chiacchierata sulla propria figlia, le sue abitudini e dei curiosi aneddoti che solo qualche hanno dopo sarebbero diventati oggetti di una leggera vergogna e imbarazzo.
«Perché mi fissi? » chiese ad un tratto Candy aprendo un solo occhio e strizzandolo infastidita dalla luce.
«Sei… bella» sussurrò appena Cass, avvampando imbarazzata dopo qualche secondo di silenzio.
La bionda emise uno strano suono, quasi infastidito, per poi sollevarsi lentamente con l’aiuto delle braccia, rimanendo inginocchiata davanti all’altra.
«Sei bella anche tu» ammise poi incurvando le labbra specchiandosi negli occhi chiari dell’altra.
Arricciò il naso, quasi con fare pensieroso, e poi si alzò di scatto dando le spalle all’altra e correndo urlando un “Torno subito!”
Fu di parola, perché davvero torno subito. Solo con un piccolo fiore di prato azzurro dalle sfumature che variavano dal blu scuro al lilla nella mano destra.
«Sai Cass, questo è un Fiordaliso. Io non lo trovo molto bello ma la mamma una volta mi ha detto che nel linguaggio dei fiori significa amicizia sincera e io vorrei che tu fossi mia amica. Lo so che non so nemmeno quanti anni hai, ma le bambine fanno così. Quando saremo amiche sapremo tutto l’una dell’altra. Per questo mi piacerebbe che lo tenessi tu…» spiegò tutto d’un fiato, non dimostrando affatto quei sei o sette anni che doveva avere.
Ma non glielo porse, non ancora, nonostante il viso di Cass sembrava essere diventato tutto d’un tratto sereno.
Si inginocchiò, completamente disinteressata del verdognolo che le avrebbe macchiato le calze bianche, quasi trasparenti.
Cass inclinò la testa aggrottando leggermente le sopracciglia.
«Vuoi essere la mia migliore amica? »
Non c’è bisogno di dire che quello che seguì fu una gioiosa risata fanciullesca seguita da un “Sì!”
 
«Candy, non puoi mangiare il miele! »
La bionda si girò, facendo oscillare i grossi e morbidi boccoli. La bocca era chiusa attorno a un cucchiaino di argento e un’espressione perplessa le aleggiava in viso.
Cass la guardò arricciando il naso, quasi disgustata.
«Perché no? » chiese stranita appena la posata fu di nuovo fra le sue dita e la lingua ebbe leccato le labbra appiccicose.
«Perché il miele lo puoi mettere nel tè, o nei dolci, nelle tisane o nel latte. Non lo puoi mangiare e basta. È già troppo dolce insieme al resto. Da solo è impossibile da mandar giù! » spiegò come se fosse ovvio arrampicandosi su uno degli sgabelli della cucina.
«Ma è buono proprio perché è dolce. Ti rende felice, davvero! » si giustificò riempendone ancora un cucchiaino e portandoselo velocemente alla bocca. «Ed è delicato» aggiunse poi.
«Una cosa troppo dolce non può essere delicata. Una cosa sobria è delicata! » replicò l’altra seguendo rapita i suoi movimenti con lo sguardo.
«Per me è perfetto invece» sorrise Candy.
 
«Ho sonno Cass» disse piano la biondina avvicinandosi all’amica totalmente presa dalla lettura di un fumetto.
«Tu hai sempre sonno Candy! » esclamò l’altra non sollevando neppure lo sguardo.
«Non è che ho sempre sonno. La notte non ho sonno» si difese l’altra per poi sbadigliare senza nemmeno preoccuparsi di mettere una mano davanti alla bocca.
«Ed è per questo che il giorno dopo ti addormenti su tutte le superfici possibili. »
 
«Candy, inizio a pensare che tua madre sia una veggente e che ti abbia dato questo nome apposta. Non può essere una coincidenza! » strillò la bambina di undici anni alzandosi dal letto e buttando l’ennesima carta di caramella divorata dall’amica.
Cass sapeva che c’era qualcosa di strano. Candy era sempre stata una graziosa bambina, felice, splendente ma sempre pronta a sommergerti di parole senza alcun senso, nonostante la sua intelligenza non comune ai suoi coetanei fosse stata appurata da tempo, oppure a combinare qualche piccolo guaio.
Ora invece se ne stava sempre sdraiata o seduta, completamente rapita dai libri o dalla matita che scivolava sotto la sua capace mano su un foglio da disegno. Non si stava chiudendo, stava solo diventando più tranquilla e tutta quella vivacità e gioia di vivere si stavano molto lentamente trasformando in semplice felicità e immensa delicatezza.
Era strano. Ora si guardava attenta intorno, passando la mano sugli oggetti, come in una dolce carezza. Non afferrava più saldamente le cose. Semplicemente le tratteneva in dita che sembravano a primo impatto troppo fragili per poter stringere qualcosa, bramose, senza spezzarsi.
Ma a Cass infondo non dispiaceva questa nuova di Candy. Si limitava a stare sdraiata al suo fianco, sul comodo letto della camera della sua migliore amica, completamente avvolta da riproduzioni di meravigliosi quadri, vecchi e simpatici pupazzi di pezza e foto ritraenti delle alti e verdi montagne, venendo pian piano catturata dalla bellezza di quei libri che la bionda si ostinava a leggere e rileggere e sì, anche dal profumo di nocciola della sua pelle. Il profumo più delicato che avesse mai sentito.
 
«Voglio del cioccolato» sussurrò piano Candy, strusciando il viso contro la spalla dell’amica, come un cucciolo bisognoso si attenzioni.
«Interessante Fiordaliso. Se cerchi in dispensa dovrebbe essercene una tavoletta alla nocciola. Ora fammi finire di leggere l’articolo» spiegò velocemente l’altra.
«Perché ti interessi di una stupida frana? Puoi leggerlo dopo. Ora mi andresti a prendere il cioccolato? » chiese con voce dolce, delicata.
«No» rispose secca
«Ti prego…»
Cass alzò gli occhi osservando il suo viso dolce e implorante, sentendo qualcosa nello stomaco che una normale dodicenne solitamente non prova. Affatto.
 
«Cass, ti piace? »
La mora, sgranocchiando la sua barretta al cioccolato, si avvicinò a gran passi all’amica che, comodamente seduta su una sedia di legno, ammirava storcendo il naso un disegno in bianco e nero.
Lo afferrò fra le mani, quasi trappandolo via. Non voleva avvicinarsi troppo. Non voleva mettersi dietro di lei, appoggiare il mento sulla sua spalla, facendo finta di star guardando il suo ultimo lavoro, fissando in realtà completamente rapita il suo volto che iniziava a cambiare. Non voleva che il suo cuore accelerasse. Non voleva ritrovarsi le mani improvvisamente sudaticce. Non voleva che l’altra la scoprisse e le chiedesse cosa stesse facendo. Non voleva aprire la bocca per inventarsi una scusa ma non emettendo alcun suono a causa della forte sensazione di nausea che certamente l’avrebbe attanagliata.
Spostò il suo sguardo dal cane di peluche, appoggiato sopra la mensola azzurra che si trovava proprio dietro alla migliore amica, al foglio per poi impallidire in un battito di ciglia.
«Questa… questa…» lasciò cadere la frase quasi strozzandosi con la propria saliva.
«Sì, sei tu» confermò Candy leggendole nel pensiero e deglutendo imbarazzata. L’altra ci stava mettendo troppo a emettere la sentenza.
«Lo so, mi è venuto male, purtroppo non sono ancora molto pratica dei ritratti e…» lasciò cadere la frase quando notò il gesto dell’amica che le chiedeva di zittirsi.
«Non dire niente, è semplicemente fantastico. È davvero bellissimo! Sei bravissima! »
Candy, sorrise lievemente, arrossendo vistosamente.
«Sei tu a renderlo così, sei tu ad essere bellissima» sussurrò con voce appena udibile.
E no, il cuore di Cass non aveva per niente accelerato come aveva previsto. Si era semplicemente fermato.
 
«Ti trucchi troppo»
Era un giorno di ottobre e la scuola era iniziata da sole tre settimane. Nessuna delle due aveva intenzione di studiare per la verifica di storia del giorno seguente. Infondo entrambe avrebbero preso un bel voto visto che la loro memoria sarebbe corsa loro in aiuto.
Se ne stavano sedute sul pavimento, entrambe con gli occhi stanchi di chi aveva dormito quasi per nulla durante la notte, ad ascoltare musica rilassante.
«Non mi trucco troppo, Candy. »
Un respiro di beatitudine e un sorrisetto sulle labbra chiare.
«Sì, lo fai. E non stai male, davvero. Solo sei una ragazzina. »
«Non mi rompere. Non è vero. E fammi finire il libro!” la ammonì  non troppo seriamente.
«Va bene, va bene. Comunque hai il trucco sbavato sotto gli occhi. Posso sistemartelo? »
Cass si fece più vicina a Candy che le prese tranquillamente il viso fra le mani, mentre l’altra cercava invano di deglutire e non arrossire, cosa in cui fallì miseramente.
La bionda sfregò i pollici contro la pelle liscia dell’altra, insistendo per un po’ su del mascara che non voleva saperne di andare via.
«Ecco fatto» sorrise infine.
Cass non la stava affatto ascoltando, ancora persa in quel dolce tocco e immersa in quelle iridi non molto diverse dalle sue ma che volevano dire soltanto una cosa: Candy.
 
 
«Quale mi metto?” »
Candy alzò piano gli occhi dal suo blocco da disegno, poggiando la matita ormai spuntata sul letto.
«Cass, dobbiamo solo andare a una festa di compleanno di un nostro amico. Va benissimo la felpa rossa.»
«È vero, ma si dà il caso che quell’amico sia comunque il ragazzo più carino della scuola! »
La bionda alzò le spalle con fare disinteressato.
«Vada per la maglia nuova! » esclamò infine gettando una maglietta blu sul letto insieme alla sua gruccia.
«Cass, posso farti notare che hai solo quattordici anni e che lui non ti piace nemmeno? » Sbottò quasi infastidita l’altra, afferrando un temperamatite dalla scrivania in legno dell’amica.
«E allora? Tutti pensano che sia bellissimo. So di avere tredici anni. Non sto cercando l’amore della mia vita. Solo non mi dispiacerebbe far colpo su qualcuno. »
La bionda sbuffò, portandosi indietro con una mano una ciocca di capelli che sembrava divertirsi a ricadere ogni volta davanti ai suoi occhi.
«Va bene, fai quello che vuoi. Ricordati semplicemente che io lo trovo stupido» dichiarò alzandosi a fatica dalla sedia e sbadigliando rumorosamente. «Io vado a farmi un tè. Vuoi qualcosa anche tu? » chiese una volta arrivata alla porta della stanza, appoggiandosi allo stipite.
«Un tè andrà benissimo» sorrise.
Quando sentì che lo scricchiolo nel pavimento in legno farsi sempre più lontano si voltò, quasi di scatto e afferrò il blocco da disegno che l’altra ormai le mostrava raramente a causa del moto di timidezza che l’assaliva spesso quando si trattava dei suoi disegni.
Lo osservò pagina per pagina, sfogliandolo affascinata. Non si capacitava dell’immensa bravura della sua amica.
Un rumore dalla cucina la distrasse e quando riportò l’attenzione sul foglio sentì una strana morsa al petto che si espanse gradualmente, rendendo dolorante ogni parte del suo corpo.
Oltre a un’infinità di boschi, di animali e di teiere, c’erano almeno una decina di suoi ritratti. Ritratti di lei mentre dormiva beatamente sul letto di Candy, mentre all’aria aperta si sedeva per terra intrecciando fiori come quando era una bambina, lei seduta su un banco di scuola con la testa completamente fra le nuvole.
 
«Candy, mi apri la porta?» disse piano alla porta verniciata di bianco.
«No. »
«Almeno mi dici perché fai così? » provò con, se possibile, ancora più pazienza. In realtà vederla così la faceva soltanto sentire male a sua volta.
«Non lo so! » urlò quasi l’altra. Una cosa totalmente non da lei.
«Ti prego Candy, dimmi che cos’hai! »
Sentì i passi felpati dell’altra avvicinarsi e poi la porta scattare.
Una spaventata Candy le si presentò davanti, avvolta in un maglione in cui ci sarebbe stata tranquillamente tre volte, i pantaloni della tuta grigia completamente spiegazzati, gli occhi rossi e le guance rigate dalle lacrime. Sembrava così stanca, come se tutto il peso della sua vita le fosse crollato d’un colpo addosso.
Cass la prese per le spalle e la fece indietreggiare fino a quando le ginocchia toccarono il materasso e la spinse a sedersi, tornando indietro per chiudere la porta e poi fiondarsi fra le braccia dell’altra che stava singhiozzando.
Sentiva il suo petto, premuto contro il suo viso, alzarsi e abbassarsi in modo troppo veloce, innaturale, mentre all’orecchio le arrivavano indistintamente i battiti del suo cuore.
Pensò per qualche secondo che quello dovesse essere il paradiso ma si dovette ricredere quando sentì un singhiozzo scuoterle interamente il corpo. Ora tutto il dolore e la sofferenza di prima tornò ad aleggiare nel suo petto.
«Ti prego Candy, dimmi cosa ti è successo per farti stare così. Lo sai che di me ti puoi fidare. »
La bionda la allontanò leggermente dal suo corpo, quel tanto che bastava per guardarla negli occhi.
«Non è successo niente» disse alla fine «è questo il problema. Non è successo niente. »
Cass la fissò a lungo, non potendo purtroppo fare a meno di notare la sua bellezza nonostante le sue condizioni.
 
La mora guardò sorridendo una Candy sedicenne che, seduta sul pavimento sporco, stava abbracciando Alex, un ragazzo più grande di loro di due anni che sembrava essere nella stessa condizione della bionda.
L’ultima volta che aveva pianto era stato tre mesi prima e da allora non era successo niente. Tutto andava alla perfezione. Quando Alex, il riccio, si alzò sfuggendo alla sua presa dopo aver notato un ragazzo uscire da un’aula, Candy si tirò in piedi, scrollandosi con le mani della polvere rimasta attaccata al tessuto pesante dei jeans e sistemando il maglione azzurro che l’era salito alla pancia mettendo in mostra la maglietta bianca. Cacciò fuori dalle tasche una caramella e, dopo averla scartata, la guardò come se fosse la cosa più bella che avesse mai visto. A volte era proprio una bambina.
 
«Cass, Mark ti avrà già chiamato almeno dieci volte. Perché non rispondi? »
Cass roteò gli occhi quando l’amica entrò in camera sua, con quell’espressione da mamma severa che ricorda di aver visto soltanto sul suo viso e il suo cellulare nella mano, mentre le sue unghie laccate di azzurro picchiettavano contro la cover rigida nera.
«Non mi va!» sospirò gettandosi sul letto e rimbalzando appena sulla schiena.
«Cass, è il tuo ragazzo. Non lo puoi ignorare solo perché ti va!» replicò l’altra quasi urlando. Gli occhi spalancati e il viso leggermente rosso.
«A dire il vero lo posso ignorare proprio perché è il mio ragazzo» mugugnò la mora rotolando sul petto e affondando il viso nel cuscino coperto da una profumata federa blu. Sapeva di nocciola.
«Ti ama! Che ti ha fatto? »
«Lui dice di amarmi” la corresse Cass “e non mi fa fatto niente. Semplicemente non mi va di parlargli»
«E tu lo ami? » chiese abbassando il tono di voce e sedendosi  al fianco dell’amica e passandole dolcemente la mano sulla schiena.
Cass si stava sentendo male.
Doveva smetterla di toccarla. Le faceva male. Sentiva dei forti brividi, simili a quelli del freddo, nonostante gli strato di vestiti la dividevano dall’altre. Alcune volte la facevano annaspare. Il suo viso diventava completamente rosso, la testa iniziava a girare e tutte le cose a cui dava priorità da una vita scomparivano nel nulla.
«Vuoi che ti dia la risposta sincera o ciò che lui vorrebbe sentire? » chiese a sua volta dopo aver riacquistato l’uso della parola.
«Sincera» mormorò sdraiandosi a sua volta e facendo perdere un battito all’amica.
«No. Non lo amo. Non l’ho mai amato. Non lo amerò mai. E non amerò mai nessun ragazzo. »
«Cass, non fare la drammatica, hai solo vent’anni! » sorrise l’amica.
Candy non poteva capire. Cass amava già qualcuno.
 
«Sai Candy, ieri ho visto Alex» iniziò tranquillamente senza nemmeno salutare l’amica che era appena entrata nell’appartamento dopo aver passato la notte fuori «Hai presente? Il nostro vecchio Alex. Quello che alla scuola superiore ci salutava tutte le volte che ci vedeva in corridoio.”
Candy deglutì nervosa.
«E indovina un po’? È fidanzato. Da due mesi, proprio da quando inizi a passare la notte fuori e saltare le lezioni all’università, cosa che, dato che dovrei conoscerti più di chiunque altro, non è proprio da te! E sai come si chiama lei? Candy! Che strana coincidenza, non è vero? » concluse acida Cass.
La bionda abbassò lo sguardo sulle proprie mani, nervosa.
«Perché non me l’hai detto? » urlò furibonda alzandosi di scatto dalla sedia.
«Io… volevo esserne sicura» rispose l’altra con in faccia un’espressione da bambina spaurita, indietreggiando di qualche passo.
«Di cosa? Essere sicura di cosa? »
«Di amarlo! È vero, stiamo insieme da soli due mesi, ma ho una cotta per lui dalla prima superiore! » rispose quasi senza fiato, stridendo alcune parole.
Cass spalancò gli occhi e le sue labbra si schiusero. Appoggiò una mano sul tavolo, piegandosi leggermente, come se avesse avuto un mancamento. Una volta essere riuscita a risiedersi lo chiese.
«E tu… lo ami? »
«Sì, penso proprio di sì. Anzi, ne sono certa. »
Cass non ricorda un giorno in cui si era sentita peggio.
 
Il solo batteva contro le loro pelli  unite in un caldo abbraccio. Cass era seduta con la testa di Candy in grembo, mentre quella dormiva profondamente, cullata dalle carezze dell’amica che con le dita le pettinava lentamente i capelli con lo sguardo perso sul viso di lei.
Candy era sicuramente la ragazza più bella che avesse mai visto. Era anche la più dolce, la più delicata. Non se la meritava. Non con quel comportamento brusco. Non con quel carattere scontroso e iracondo. Non con il suo modo di atteggiarsi da vera bastarda.
Quel campo, quell’erba leggermente secca, quei piccoli e freschi fiori sparsi ovunque le faceva tornare in mente quel pomeriggio di sedici anni prima quando una bambina fin troppo gioiosa le aveva chiesto in modo assai singolare di diventare la sua migliore amica.
Lo sguardo le si posò su un fiore dai petali azzurri e blu, con alcune sfumature violacee. Sgranò gli occhi e con le labbra socchiuse lo raccolse per poi rigirarselo fra le dita. Era quello. Era quello il fiore.
Un debole “Fiordaliso” uscì dalle sue labbra prima che lo sistemasse con estrema lentezza e dolcezza fra i capelli. Ricorda di aver utilizzato quella parola per soprannominarla quando erano piccole e poi aver smesso gradualmente di usarla.
Abbassò il busto, lentamente, fino ad arrivare a faccia a faccia con l’altra godendosi il momento di completa beatitudine visto non sapeva quando avrebbe potuto rifarlo.
Si abbassò ancora un po’ e finalmente tocco con le labbra quelle dell’amica. Non sapeva nemmeno se poterlo chiamare “bacio”. Sapeva soltanto di non essere mai stata così felice e per un attimo si dimenticò che il suo amore così forte, uno di quelli che capitano raramente, di cui si legge solo nei libri, fosse a senso unico.
Perché sì, Candy era il suo primo, unico, vero amore. Da sempre. Da quando a sei anni aveva perso tutto e si era ritrovata a stringere la mano a una totale sconosciuta.  La mano del suo, unicamente suo, Fiordaliso.

 
 
 
 

Hi!
Non mi posso trattenere perchè fra poco parto.
Come vedete questa OS partecipa a un contest ed è stata partorita in un'oretta senza nemmeno essere riletta *incrociamo le dita*
Fra una settimana la sistemerò e allegherò tutti i links necessari-
Il banner è di
LadyRiri
Ora devo davvero andare.

   
 
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