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Autore: FallingStar    01/09/2014    2 recensioni
[AU][KoguHaru][Ispirata a "MilCrown Chain" di Hatsune Miku]
Dal testo:
Quel giorno pioveva.
[...]
- Detesto la pioggia.-
[...]
- Sembra che la pioggia sia come una maledizione per te. Forse con l’ombrello riuscirai a spezzarla.-
[...]
Appena fu abbastanza vicino, raggruppò tutto il coraggio che aveva, e, porgendole l’ombrello, disse:- Il mio ombrello è un po’ piccolo, però se ci stringiamo dovremmo riuscire a starci entrambi.-
[...]
C’era qualcosa, o qualcuno, che poteva spezzare quel sortilegio?
Genere: Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Celia/Haruna, Scott/Yuuya
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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La Maledizione della Pioggia
 
 
 
Quel giorno pioveva.
E non era neanche una pioggerellina lieve, era proprio una pioggia fitta. Fortunatamente non c’era vento, altrimenti sarebbe diventata una vera e propria tempesta d’acqua in piena regola.
- Detesto la pioggia.-
Quel commento gli uscì spontaneamente dalle labbra. Non poteva farci niente, la pioggia per lui era sempre stato un brutto segno.
La campanella che segnava la fine delle lezioni suonò, mettendo fine all’ennesima giornata scolastica. Arrivato nell’atrio, si rese contò di essersi scordato l’ombrello al tempio. Ma non l’avrebbe data vinta alla pioggia. Infatti, per combattere quel genere di situazioni, si portava sempre appresso, ben piegato in una comoda borsetta, il suo impermeabile verde. Dopo che fu sicuro di essere abbastanza coperto, si buttò sotto la pioggia. Correva come se da questo dipendesse la sua stessa vita, con una mano stringeva la bretella della sua cartella, mentre con l’altra si assicurava che il cappuccio gli coprisse bene la testa. Raggiunse l’incrocio e girò a destra, dove si trovavano le due fermate per gli autobus che prendeva per andare e tornare dal tempio alla scuola e viceversa. Si aspettava di trovarci una piccola folla o, al contrario, nessuno, invece c’era solo una persona, priva dell’ombrello e coperta da un mantello con cappuccio blu. Avvicinandosi leggermente, riuscì ad intravedere la divisa femminile della Teikoku da sotto il mantello (per inciso, per entrare in quella scuola o dovevi avere dei genitori ricchi, o vendevi un rene).
-“Fantastico! Fermo sotto la piaggia, senza ombrello, costretto ad aspettare un autobus ritardatario in compagnia di una riccona snob!”- fu il pensiero seccato del ragazzino mentre si avvicinava alla fermata.
Sentendo dei passi venire verso di lei, la ragazza, che stava guardando una locandina attaccata ad un palo, si voltò verso di lui. Dal cappuccio, si vedevano dei ciuffi di capelli blu che incorniciavano un bel visino roseo e i grandi occhi, anche quelli blu, venivano messi in risalto dalla montatura rossa di un paio di occhiali da vista. Lo fissò solo per pochi secondi, poi tornò a leggere la locandina.
Eppure, appena aveva visto il suo viso, in quei pochi secondi in cui i loro sguardi si erano incontrati, il ragazzo sentì il suo cuore fermarsi per poi prendere a battere all’impazzata.
-“Ch-Che mi sta succedendo?”-
Si ritrovò spalla a spalla con lei, anche se lui era girato dalla parte opposta. Per tornare al tempio lui prendeva l’autobus che saliva. Lei invece prendeva quello che scendeva fino alla periferia.
-“Abiterà sicuramente in qualche villa. Però, di solito quelli della Teikoku vanno in giro in limusine, macchine di lusso o addirittura jet privati. Perché lei aspetta l’autobus?”-
Si voltò leggermente a guardarla, sperando che non se ne accorgesse. Si era tolta gli occhiali (probabilmente erano solo da lettura) e si era messa a guardare un punto imprecisato davanti a se. Ma lui capì subito che non stava guardando niente.
Perché quello sguardo lontano e un po’ malinconico era proprio come il suo.
All’improvviso lei si accorse di essere osservata e si voltò a sua volta verso di lui, facendo incontrare di nuovo i loro sguardi. Il ragazzino sussultò leggermente prima di voltarsi di scattò, le guance che andavano a fuoco e il cuore che sembrava un tamburo in festa.
-“Ma che mi prende?”-
In quel momento arrivò il suo autobus. Quasi ci saltò dentro per la fretta e corse a mettersi seduto al primo posto libero che trovò. Quando il mezzo prese a muoversi, si girò a guardare la ragazza, ancora ferma sotto la pioggia, che aveva ripreso a fissare il vuoto.
-“Avrei voluto parlarle…”-
Quel pensiero attraversò la sua mente così spontaneamente che se ne stupì. E mentre fissava quel punto blu che si allontanava, capì che la pioggia l’aveva battuto di nuovo.
 
 
- Ehi! Terra chiama Yuya! Sei ancora fra noi?-
Il ragazzino sobbalzò colto alla sprovvista.
Si trovava a tavola, insieme agli altri ragazzi che, come lui, vivevano al tempio. Davanti a lui stava Kakita Taichou. Poiché era il più grande aiutava i monaci a prendersi cura degli altri orfani, e poiché Yuya era il più piccolo, nonché il più pestifero, tendeva ad incentrarsi su di lui, per quanto il diretto interessato sostenesse di non apprezzare la cosa (almeno da fuori, in realtà gli piaceva ricevere attenzioni, solo era troppo orgoglioso per darlo a vedere).
- Che-Che c’è?-
- Ti comporti in modo strano.-
- In che senso?-
- Da quando sei rincasato non fai altro che guardare il vuoto, non hai fatto scherzi a nessuno e non hai toccato cibo. Non ti sarà mica venuta la febbre?- chiese preoccupato per poi allungarsi verso di lui in modo tale da potergli poggiare una mano sulla fronte.
- Sto bene, non è niente!- disse Yuya cercando, in vano, di levarsi la mano dell’altro dalla fronte.
La verità era che era distratto. Non riusciva a smettere di pensare alla ragazza misteriosa e ai suoi magnetici occhi blu.
- In effetti sei fresco come una rosa, principe delle rane.- disse tranquillo, levandogli la mano dalla fronte e rimettendosi seduto composto.
- Quante volte ti ho detto di non chiamarmi così?!- disse seccato il ragazzino riferendosi al soprannome, secondo lui stupido ed imbarazzante, che gli avevano affibbiato qualche mese dopo il suo arrivo al tempio.
- Se non sei malato allora… oh!-
- Che cosa?- chiese incuriositi due ragazzi che stavano seduti vicino a loro.
- Credo proprio che il nostro principe delle rane sia alle prese con la sua prima cotta.-
Un silenzio scioccante invase il tavolo.
Inutile dire che dopo cinque secondi il ragazzino fu bombardato di domande dalla metà delle persone che si trovavano nella mensa del tempio.
Ma l’unica reazione che ebbe Yuya, dopo l’essere arrossito fino alla punta dei suoi appuntiti capelli blu e prima di andarsene imbarazzato ed irritato lanciando occhiatacce a tutti con i suoi occhi dorati, fu urlare:- NON SONO AFFATTO ALLE PRESE CON LA MIA PRIMA COTTA! E NON CHIAMATEMI PRINCIPE DELLE RANE!-
 
 
La settimana dopo, pioveva ancora.
O meglio, aveva smesso il giorno dopo l’incontro con la misteriosa ragazza dagli occhi blu, ma quando quel giorno Yuya arrivò nell’atrio della sua scuola vide una pioggia fitta come quella della settimana prima. Ma questa volta, oltre al suo fedele impermeabile verde, si era portato anche l’ombrello.
- Alla faccia tua pioggia! Questa volta non vincerai!-
Ignorando le occhiate stranite degli altri alunni, Yuya si incamminò sotto la pioggia con il suo ombrello. Era un ombrello non troppo grande, ma nemmeno troppo piccolo, verde con delle ranocchie rosa disegnate sopra. Era stato uno dei monaci a regalarglielo dopo che Yuya gli aveva spiegato perché odiava tanto la pioggia. Si ricordava ancora ciò che gli aveva detto.
 
- Sembra che la pioggia sia come una maledizione per te. Forse con l’ombrello riuscirai a spezzarla.-
 
All’inizio Yuya aveva pensato che volesse solo prenderlo in giro, ma poi si era accorto che l’uomo era serio e che non aveva poi tutti i torti.
Mentre era perso nei suoi pensieri arrivò al solito incrocio, voltò verso destra e si bloccò di colpo.
Lei era di nuovo lì, di nuovo da sola, di nuovo avvolta dal suo mantello blu, di nuovo senza l’ombrello, che stava di nuovo leggendo la stessa locandina dell’altra volta. Di nuovo si voltò a guardarlo per qualche secondo e di nuovo si rigirò verso la locandina.
E lui sentì di nuovo il cuore battere all’impazzata. L’unica differenza era che lui stavolta aveva l’ombrello. Le parole di Kakita e del vecchio monaco gli tornarono alla mente.
La settimana prima la pioggia l’aveva battuto, di nuovo.
Forse, stavolta…
Prese un bel respiro e si avvicinò alla ragazza.
Appena fu abbastanza vicino, raggruppò tutto il coraggio che aveva, e, porgendole l’ombrello, disse:- Il mio ombrello è un po’ piccolo, però se ci stringiamo dovremmo riuscire a starci entrambi.-
Sinceramente si aspettava una risposta negativa, o un commento acido e sdegnato (come si sarebbe aspettato da una ragazza snob), quindi restò sorpreso quando lei, dopo qualche interminabile secondo di silenzio, afferrò il manico dell’ombrello e disse:- Va bene, grazie.-
E così si ritrovarono schiena contro schiena, con l’ombrello che li copriva entrambi. Poiché lei era più alta di lui di tutta la testa, era lei a reggere l’ombrello. La cosa lo seccava parecchio, soprattutto perché probabilmente lei doveva avere più o meno la sua stessa età, ma lei probabilmente pensava che lui fosse più piccolo a causa della sua scarsa altezza.
Avrebbe voluto parlarle, avrebbe voluto chiederle come si chiamava, come mai prendeva l’autobus invece della limusine (era certo che doveva averne una), come mai aveva uno sguardo così malinconico quando guardava la pioggia, ma l’autobus che doveva riportarlo al tempio arrivò prima che lui riuscisse a trovare un modo per intavolare una conversazione.
Ma non si sarebbe lasciato battere dalla pioggia, non di nuovo!
Appena le porte del mezzo si aprirono, Yuya si infilò velocemente dentro, chiedendo all’autista di sbrigarsi a causa di un motivo falso che inventò e spiegò nell’arco di cinque secondi.
Quando la ragazza se ne rese conto, si voltò e lo chiamò con un:- Aspetta!-, ma l’autista aveva già chiuso le porte e stava muovendo l’autobus verso la prossima fermata.
Yuya guardò dal finestrino la ragazza che lo guardava sorpresa con ancora il suo ombrello in mano mentre si allontanava insieme al mezzo. Non era riuscito a parlarle, ma era certo che finché aveva il suo ombrello si sarebbe ricordata di lui. Non aveva battuto la pioggia, ma non ne era neanche uscito sconfitto. Era un pareggio. E Yuya se ne sentì pienamente soddisfatto.
 
 
La settimana dopo ancora, non pioveva.
O meglio, aveva piovuto tutta la notte per poi fermarsi all’alba.
Ma quando Yuya uscì dalla scuola si rese conto che i nuvoloni grigi oscuravano ancora buona parte del cielo. Si infilò per sicurezza l’impermeabile, ma evitò di alzarsi il cappuccio. Si guardava intorno circospetto, pronto a mettersi a correre al primo segnale di pioggia. Poi, all’improvviso, un goccia d’acqua cadde davanti ai suoi occhi in una pozzanghera che si trovava ai suoi piedi.
Nei cerchi concentrici formati dall’acqua, rivide il giorno in cui il padre morì, pioveva, il giorno in cui sua madre cominciò a disperarsi sempre più, pioveva, il giorno in cui sua madre lo abbandonò alla stazione del treno, pioveva, le settimane che aveva passato in mezzo alla strada, pioveva.
Tutti i suoi giorni più brutti erano legati alla pioggia.
In fondo gli altri orfani e i monaci avevano ragione. Lui era un principe delle rane bloccato dalla maledizione della pioggia.
C’era qualcosa, o qualcuno, che poteva spezzare quel sortilegio?
- Serve un ombrello?-
Si voltò di scatto e, per un momento, vide una bellissima principessa con in mano un ombrello del colore dell’arcobaleno.
Sbatté un paio di volte le palpebre e si accorse che in realtà era la ragazza misteriosa dagli occhi blu. In mano reggeva il suo ombrello verde con le ranocchie rosa.
- Tutto a posto?- chiese lei in tono preoccupato, e Yuya si rese conto che aveva dei grandi lacrimoni che stavano per scendergli dagli occhi.
- Si.- rispose lui asciugandosi gli occhi con una manica con fare imbarazzato per essere stato visto in quello stato.
- Grazie.- aggiunse poi riprendendosi l’ombrello.
- Figurati. E comunque sono io che devo ringraziare te per avermelo prestato.-
- Di niente.-
E, intanto, lui e la ragazza avevano preso a camminare.
- Comunque, io sono Kidou Haruna. Tu come ti chiami?-
Haruna. Primavera. Si, gli piaceva.
- Kogure Yuya. Come mai non vai in giro in limusine o in jet come gli altri studenti della Teikoku?-
Si morse la lingua, rendendosi conto che, forse, era stato un po’ troppo diretto.
Ma lei non sembrò offesa dall’insinuazione e, facendo un’alzata di spalle, disse semplicemente:- A me e a mio fratello non piace andare in giro in limusine, per questo preferiamo prendere l’autobus. Ammetto che non mi dispiacerebbe andare in giro in jet, ma il nostro nuovo papà ha detto che va usato solo in caso di emergenza o per i viaggi lunghi.-
- Nuovo papà?-
- Siamo stati adottati. Scusa se te lo chiedo, ma tu a che scuola vai? No perché non mi risulta che ci siano scuole elementari da queste parti.-
Ovviamente… 
- Io non faccio le elementari, ma la prima media!- disse Kogure irritato, anche se in realtà se l’aspettava.
- Quindi tu avresti la mia stessa età?- chiese lei sgranando gli occhi.
- Sono basso, okay?!-
- Scusa, non volevo offenderti.-
Intanto, erano arrivati davanti alla fermata degli autobus.
- Quando incontriamo delle persone per la strada e diciamo loro che siamo fratello e sorella, all’inizio loro non ci credono perché io e Yuuto non ci somigliamo molto, e poi quando finalmente ci credono pensano che siamo gemelli mentre lui ha un anno in più di me.- disse all’improvviso Haruna, probabilmente per cercare di cambiare discorso.
- Frequenta un’altra scuola?- chiese Kogure, più per parlare di altro che per reale interesse.
- No, anche lui viene alla Teikoku.-
- E perché in queste tre settimane non l’ho mai visto con te?-
- Perché si è preso un febbrone da cavallo per aver giocato a calcio sotto la pioggia con i suoi amici. E dovrebbe essere un genio.- e mentre lo diceva alzò gli occhi al cielo con fare esasperato.
- Odio la pioggia.- disse lui in automatico.
- Non sei il solo.- rispose lei con un sorriso amaro.
E, in quel momento, Yuya si rese conto che loro due erano più simili di quello che pensava.
Ad un tratto, Haruna indicò il cielo e, con un’espressione raggiante, disse:- Guarda! E’ spuntato l’arcobaleno!-
Yuya alzò lo sguardo e vide che un grosso pezzo di cielo si era liberato dalle nuvole, lasciando passare i raggi del sole e formando un tenue arcobaleno.
Sorrise.
La maledizione della pioggia era stata spezzata.
 
 
 
Angolo dell’Autrice:
 
Ehilà! Per chi non si ricorda di me o per chi non mi conosce, sono di nuovo io, FallingStar.
Cavolo, sono anni che non pubblico qualcosa in questa sezione, ma ho avuto dei blocchi da scrittrice e mi sono anche interessata ad altri fandom, poi ci sono stati impegni vari e bla, bla, bla…
Le solite cose per cui un autore non riesce a scrivere, insomma.
Che posso dire riguardo alla fiction?
Fin dalla prima volta che ho sentito “MilCrown Chain” di Miku Hatsune, mesi fa, ho subito pensato a Kogure. Non chiedetemi perché, ma tutte le volte che sento parlare di rane mi viene in mente lui (ad essere sincera, adesso quando sento parlare di rane oltre a Kagure mi viene in mente anche un altro personaggio, ma è di un altro fandom, quindi tralasciamo). Così ho pensato che, con i ruoli invertiti e qualche modifica alla trama, sarebbe stata perfetta come base per una KoguHaru, mia coppia etero preferita di IE. E visto che quando sto nella mia casa al mare l’ispirazione mi viene a frotte (non chiedetemi come sia possibile, perché non lo so nemmeno io. Secondo mio padre è merito dell’aria di mare, ma secondo mio padre l’aria di mare aiuta a risolvere metà dei problemi mondiali, quindi… =.=’), ho deciso di approfittarne per provare a scrivere questa storia che avevo in mente già da un bel po’.
E poi, diamine, ci vogliono più ff KoguHaru nel mondo, ecco!
Comunque sia, facciamo un paio di chiarimenti che credo siano necessari. In questa AU, Kogure e Haruna vivono nella stessa città, il tempio-scuola dove Kogure andava (non ricordo il nome) qui è un tempio-orfanotrofio e, per finire, Haruna è stata adottata dal signor Kidou insieme a Yuuto (per questo qui hanno lo stesso cognome) e frequenta insieme a lui la Teikoku.
Devo ammettere che mi piacerebbe disegnare una cover di questa storia (basandomi sul disegno del video di “MilCrown Chain”), ma non sono molto brava a disegnare…
Magari, se lo faccio davvero e, soprattutto, se riesco a fare un disegno decente, potrei metterlo nella mia galleria su DA (che non tocco da secoli, dovrei dargli una sistemata…) e aggiungere il link qui sotto. Va beh, poi vedrò…
Non credo che ci sia altro da aggiungere. Ringrazio in anticipo chi troverà un ritaglio di tempo per leggere questa storia, sperando che gli o le piaccia.
A presto,
FallingStar
 
  
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