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Autore: Federico    22/09/2008    2 recensioni
"L’ultima cosa che i due videro prima della catastrofe furono due spaventosi occhi rossi come le fiamme dell’inferno che oltrepassavano il buio."
Anno 1878: due comunità di emigranti, una proveniente dalla Francia e l'altra dall'Inghilterra, fondano un insediamento nelle selvagge foreste del Canada.
La loro vita armoniosa viene sconvolta dalle trame di vendetta di alcuni oscuri personaggi e da una mente diabolica che si serve di una creatura leggendariaper compiere efferati omicidi nelle foreste.
Genere: Azione, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Sulle tracce dei mostri'
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Il terrore dei boschi solitari

In viaggio verso il Nuovo Mondo

Quebec,Canada, 20 maggio 1878

Malgrado fosse ormai maggio i due uomini indossavano pesanti giacche di cuoio,perché in mezzo alla foschia l’aria diventava fredda e umida.

Uno dei due portava un fucile a tracolla, l’altro aveva un’ascia infilata nella cintura e un lungo pugnale da cacciatore nascosto nella tasca del cappotto.

Entrambi avevano i cinturoni pieni di pistole e si coprivano il viso con ampi cappelli da cowboy e lunghe bandane di panno scuro.

“Bel bottino eh Zabuza?”disse all’improvviso uno dei due cercando di vincere l’opprimente sensazione di freddo.

“Puoi dirlo forte Kisame!”replicò l’altro indicando la moltitudine di sacchi e bauletti che ingombravano il carro su cui si trovavano.

Tutto quel ben di Dio era frutto della loro recente rapina alla banca dell’insediamento civile più vicino; la razzia aveva fruttato ben 25.000 dollari.

Nei giorni successivi la coppia di banditi avrebbe proseguito il viaggio attraverso i vasti boschi di,Michigan, Wisconsin e Minnesota fino a far perdere le proprie tracce nelle sconfinate praterie del Dakota.

Là si sarebbero riuniti al resto della bande, che compieva crimini sia ad est che ad ovest del Mississippi, e sarebbero vissuti come signori per tutta la loro vita.

Le autorità americane, assorte com’erano nella conquista del West, non si sarebbero certo curate di una piccola rapina avvenuta nell’immenso Canada.

Il carro,seguendo il sentiero in terra battuta, si inoltrò in un’enorme foresta vergine.

Era impossibile vedere cosa avveniva ai due cigli della “strada”poiché erano fiancheggiati da maestosi e scuri pini dietro i quali poteva annidarsi qualsiasi cosa.

Le chiome degli alberi sbarravano il passo alla luce e immergevano la zona nell’oscurità perenni: la fitta nebbia non migliorava certo l’ambiente, e il vento soffiava in modo lugubre trascinando con sé il fitto tappeto di foglie che giaceva a terra; fra i rami si sentivano macabri scricchiolii che cessavano subito e a volte i cespugli si aprivano, lasciando intravedere occhi dello stesso colore delle tenebre.

D’improvvisò echeggiò un urlo spettrale; sembrava il lamento di un uomo ferito.

“Aiutooo!Aiutatemi per favore!Sto male!Aiuto!Soccorsooo!”.

Kisame, che teneva le redini, faticò a riportare i cavalli alla calma e iniziò a tremare dietro una foglia, battendo i denti dietro il tessuto scuro.

“Chi mai può esserci in questo posto? E se fosse una trappola del wen…”

Con una mossa fulminea Zabuza mise una mano sulla bocca dell’amico e strinse come una morsa,mentre un sudore freddo gli imperlava la fronte.

“Taci figlio di puttana!Sei forse pazzo?Non sai che basta dire il suo nome per evocarlo?No, dev’essere un semplice viandante ferito!E se mai dovesse scoprire qualcosa di troppo possiamo sempre ficcargli una pallottola un testa”lo ammonì mentre con l’altra mano accarezzava il calcio di una delle sue innumerevoli Colt.

Il carro procedette il proprio cammino, e il conducente cercava di consolare il ferito pur non riuscendo a vederlo

Improvvisamente si udì un ruggito violentissimo e una presenza invisibile e velocissima balzò in avanti e iniziò a saltare da un albero all’altro smuovendo l’aria e le foglie, senza tuttavia lasciar intravedere nessuna sagoma, uomo,animale,mostro o demone che fosse.

“Scappiamo! Presto Kisame, i cavalli!”.

I banditi spronarono con disperati colpi di frusta gli animali che iniziarono a fuggire come forsennati; Kisame si sporse e sparò con il fucile, senza colpire il terrificante inseguitore.

L’ultima cosa che i due videro prima della catastrofe furono due spaventosi occhi rossi come le fiamme dell’inferno che oltrepassavano il buio.

Il carro si rovesciò e i cavalli fuggirono; Zabuza restò schiacciato dal veicolo e spirò mentre i sacchi si laceravano e i soldi si spargevano sul terreno.

Kisame, che nella caduta aveva perso il cappello e la bandana, si gettò in una vana corsa lungo il sentiero; il mostro strappò l’ascia al morto e la scagliò, colpendo nella schiena l’uomo nonostante le tenebre e la foschia.

Il bandito si accasciò in mezzo al fango e in un attimo la creatura gli fu sopra,dilaniandolo con le zanne e con gli artigli e divorando il cuore, i polmoni e il cervello; poi, veloce come era apparsa, svanì attraverso le nebbie e i pini.

Portsmouth, Inghilterra,20 maggio 1878

Dall’altra parte dell’oceano era una giornata calda, ma non troppo, e soleggiata.

I gabbiani volteggiavano sul porto di Portsmouth, mentre una moltitudine di vele e bandiere situate sulle navi ormeggiate veniva agitata dal vento fresco.

La sirena di un piroscafo emise un suono acuto e prolungato.

“Allora,ci siamo tutti?”chiese Minato Namikaze , in piedi sulla passerella della nave, rivolgendosi agli emigranti che lo fissavano ansiosi.

“Va bene,facciamo l’appello!Famiglia Uchiha da Leeds!”.

“Presente!”urlò il capofamiglia Fugaku, emergendo a stento dalla massa di parenti che si ritrovava.

“Famiglia Inuzuka da Southampton!”.

“Presente!”.

“Famiglia Aburame da Liverpool!”.

“Presente!”.

“Famiglia Akimichi da Manchester!”.

“Presente!”.

“Famiglia Yamanaka da Londra!”.

“Presente!”.

Alla fine del lunghissimo elenco Minato si accorse che mancava qualcuno.

“Naruto! Ma dove sarà finito? Possibile che sia sempre in ritardo?”esclamò dopo aver pensato a lungo.

Contemporaneamente un giovane biondo sui diciotto anni stava correndo come un matto per le vie della città.

“Accidenti accidenti accidenti!Ma perchè papà non mi ha svegliato?Lo sa che ho il sonno pesante!”.

In più, oltre a tale pensiero, era anche preoccupato perché durante la corsa aveva travolto un paio di bancarelle, e temeva di essere inseguito dai proprietari.

Senza accorgersene inciampò in qualcosa e cadde a terra, rotolando per un bel tratto.

Si rialzò dolorante e si massaggiò la testa, ma si sentì toccare e vide che un vecchio signore lo stava aiutando a alzarsi.

“Che c’è figliolo?Perchè diamine stavi correndo come un disgraziato? Stai perdendo il treno?”.

“Non esattamente. Sono in ritardo pazzesco e devo prendere a nave che parte dell’America: grazie comunque dell’aiuto”.

“E così vai in America eh? Ho quello che fa per te!”fece il vecchio sparendo nella libreria che gestiva e riapparendo pochi secondi dopo con in mano un libro dalla copertina rossa che porse al giovane.

“ ‘Miti, leggende e creature fantastiche del Nuovo Mondo’? Mi dispiace, ma non sono tanto ricco e non penso di avere dietro le dieci sterline che chiedete!”.

“Ah è così? Non preoccuparti, per te farò un prezzo speciale: due pence!”.

Naruto pagò si mise a correre come prima salutando il vecchio e esaminando il volume.

Era composto da 400 pagine, forse troppe per uno che aveva a malapena finito la scuola dell’obbligo e si manteneva lavorando in fabbrica, ma decise che avrebbe provato a leggerlo, almeno per ingannare la noia del viaggio.

Quando salì sulla passerella della nave si trovò davanti un Minato alquanto infuriato.

“Ma insomma che comportamento è questo?Stavamo per partire senza di te!E poi cos’è quel libro?”.

“Ah questo? L’ho preso a un buon prezzo!Ma adesso andiamo papà: la nave sta levando le ancore!”.

Si udì un altro fischio della sirena di bordo e il bastimento uscì dal porto, carico di persone disperate che non vedevano l’ora di ammirare le leggendarie ricchezze del Nuovo mondo.

Erano per la maggioranza famiglie piuttosto povere, ma non ancora ridotte all’accattonaggio e alla fame, che desideravano abbandonare la città con i suoi ritmi stressanti per fare fortuna e vivere a contatto con la natura dedicandosi ad attività pure come caccia, pesca, agricoltura e artigianato.

In mezzo al ponte Naruto, Choji Akimichi e Kiba Inuzuka stavano giocando a dadi: erano tre ragazzoni sani e robusti che non vedevano l’ora di trasferirsi dalle fabbriche inglesi ai boschi nordamericani.

Naruto in particolare godeva di grande stima fra i coetanei perché era figlio di Minato Namikaze, l’uomo che per il suo carisma si era messo a capo degli emigranti e gli aveva convinti a ipotecare le loro case per acquistare alcuni ettari di terreno nel Quebec che avrebbero assicurato loro un futuro migliore.

Il biondo era eccitatissimo all’idea di partire ed era convinto di trovare oltreoceano il paradiso terrestre; Kiba ,spaccone dal cuore d’oro, si vedeva già nei panni del cacciatore o del boscaiolo;

Choji si preoccupava solo del fatto che là sarebbe stato più difficile procurarsi da mangiare.

Shino Aburame e Sasuke Uchiha sedevano in disparte vicino al parapetto: il primo confidava di trovare in una vita migliore e di potersi dedicare alla sua passione segreta,la zoologia, poiché il loro insediamento sarebbe sorto in mezzo alla natura più selvaggia; il secondo invece osservava malinconicamente il mare.

“Posso sedermi vicino a voi? Prometto che non disturbo!”disse InoYamanaka, una ragazza ingenua,vanitosa e petulante per nulla contenta di abbandonare la comoda vita di Londra per un’altra fatta di incertezze e avventure.

Il moro non rispose e abbassò la testa tornando ai propri tristi pensieri: per lui il Nuovo Mondo significava soprattutto Itachi, il suo amato fratello scomparso in Canada anni prima mentre esercitava il mestiere di cacciatore di pellicce, e la segreta ma vana speranza di ritrovarlo.

La nave sparì all’orizzonte, portando un carico di uomini e di sogni.

Brest,Francia, 20 maggio 1878

Un’altra nave, anch’essa destinata agli emigranti, era ormeggiata nel porto della città francese e ondeggiava, mentre una pioggia battente flagellava ogni cosa.

Nella stiva un mare di facce scrutava il capo della comunità.

Anch’egli, similmente a Minato Namikaze, fece l’appello.

“Famiglia Haruno da Parigi!”.

“Presente!”.

“Famiglia Nara da Orleans!”.

“Presente!”.

“Lee e TenTen da Lione!”.

I due fratelli orfani annuirono.

Seguirono molti altri nomi, tutti presenti, quindi Hiashi Hyuga, soddisfatto, richiuse l’elenco degli imbracati e si recò dal capitano a comunicare che potevano salpare.

Un fischio squarciò l’aria e, nonostante il maltempo,il timoniere condusse il piroscafo fuori dal porto.

Gli emigranti si impaurirono sentendo alcuni scoppi in sala caldaie, ma era tutto a posto.

La giovane Sakura Haruno si stese sul pavimento, vicino alla propria famiglia, e guardò il soffitto.

Quel viaggio in America era un vero e proprio balzo nell’ignoto,un salto nel buio: potevano morire di fame o perdere tutto ,ma potevano anche arricchirsi e chissà, magari tornare in Francia da milionari.

Ma per il momento non poteva fare altro che pregare, pregare, pregare, per il bene proprio e di tutta quella povera gente.

Shikamaru Nara, nonostante il baccano infernale, stava dormendo.

La sua filosofia era questa: gli altri, il mare, la nave, il viaggio, l’America e l’emigrazione in generale erano delle enormi seccature che sarebbe stato meglio evitare ma andavano affrontate.

Lee e TenTen si abbracciarono fra loro per riscaldarsi.

Avevano speso tutti i loro miseri risparmi per pagarsi il viaggio fino a Brest, quello fino in America e l’acquisto di una casa con relativo terreno.

Se tutto fosse fallito sarebbero dovuti tornare nelle strade di Lione, l’inferno in cui vivevano da quando i loro genitori erano morti di malattia in carcere: freddo, fame, botte, elemosine e furti.

Erano più che mai decisi a dare una svolta alla loro vita.

Nel frattempo Hiashi Hyuga aveva raggiunto la cabina di prima classe dove dormiva insieme alla famiglia.

“Gli eredi di quella che fu una delle più potenti casate di Francia non si mischiamo alla feccia”pensò sogghignando.

La sua famiglia infatti,contrariamente a tutte le altre, era ricca ,e si trasferiva nel Nuovo Mondo, non per povertà, ma semplicemente per abbandonare la soffocante e mondana Francia.

Gli Hyuga in passato si erano già recati più volte in America, dove avevano alcuni parenti, ma stavolta il viaggio era di sola andata.

Salutò freddamente i vari parenti che aveva davanti.

La debole figlia Hinata, che nel profondo dell’animo odiava, stava suonando maldestramente un pianoforte, mentre il suo prediletto nipote Neji era intento a giocare a scacchi.

Sia Neji che Hinata erano dei bravi ragazzi, anche se forse troppo freddi e aristocratici: ma negli occhi di entrambi c’era un che di demoniaco, secondo molti.

  
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