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Autore: lucabovo78    01/09/2014    0 recensioni
Se per cambiare la nostra vita in meglio fossimo costretti a sacrificare una cosa a cui siamo legati, ne saremmo in grado?
Piccola favola metropolitana per aiutare ad essere ottimisti.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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2. Papa-mobile


Il meccanico mi porge il foglietto, sul quale ha annotato il dettaglio dei lavori da fare con relativi preventivi, con un’espressione del tipo “mi spiace ma meglio di così non posso fare e poi sono cavoli tuoi se hai deciso di comprarti un’auto che ha dei pezzi di ricambio da gioielleria”.

   Io me ne accorgo e intuisco, fisso per un momento il pezzo di carta senza alzare la mano, non sono sicuro di volerlo leggere.

   “Va bhè dai, via il dente via il dolore…”

Afferro il foglietto e guardo direttamente il totale. Faccio finta di niente, ma svengo in piedi per qualche secondo.

    « Ah no, mi scusi, non è corretto…»

Fa il meccanico, una flebile luce di speranza mi fa rinvenire. Si è sbagliato!

    « …mi sono dimenticato di mettere il costo del deposito della carcass…ehm…dell’auto durante le riparazioni, ci vorrà un po’ e dobbiamo riservare un posto in officina».

   Svengo di nuovo, ma prima mi siedo.

 « Huanha themh ch vhrh…?»

   Le parole mi escono sussurrate e aspirate.

« Prego? »

   Deglutisco per riprendere il controllo.

 « Quanto tempo ci vorrà? »

    « Un mesetto credo, c’è molto da fare, come avrà intuito… »

Annuisco e ringrazio. Mi alzo puntellandomi con entrambe le braccia, le gambe sono di pongo, e mi trascino fuori dall’officina. Passando affianco al cadavere dell’Alfa non la degno di uno sguardo, in questo momento penso di odiare quell’ammasso di lamiere e elettronica succhia soldi. Fuori, rassicurante come sempre, la mia R4 mi sta aspettando placida. Salgo a bordo e mi accascio sul volante. Poi accendo il motore e ingrano la prima. Come sempre, il borbottio degli 845 cc mi strappa un sorriso. Accendo la radio e quello che sento mi fa spalancare gli occhi.

   “Papa Francesco ha deciso di usare come papa-mobile una R4 bianca del 1989 con 300.000 Km, l’auto gli è appena stata consegnata da un prelato di Verona, che la usava per le attività della sua Onlus. Papa Bergoglio è salito subito al volante per fare un giro di prova per le strade del Vaticano, prendendo anche una strada contromano. Quando è sceso, felice come un bambino, ha ammesso che ne aveva una identica, in Argentina.”

   « GRANDISSIMO! »

Urlo ridendo e dando gas.

Dopo qualche centinaio di metri, mi accorgo che lo specchietto retrovisore si è di nuovo piegato verso il basso.

   “Devo ricordarmi di sistemarlo in qualche modo”.

Lo rimetto in posizione con la mano destra, nel farlo vedo che nel sedile posteriore ci sono il vasetto e il sacchettino di terriccio che mi aveva regalato All-Tyson. Immediatamente ho la sensazione che ci sia qualcosa che non torna, torno quindi con i pensieri a ieri sera.

  

   Dopo essere uscito dallo strano negozio, ero tornato alla macchina perché mi ero accorto di non avere le chiavi di casa e speravo mi fossero cadute sotto il sedile. Ovviamente non c’erano ma, prima di rinunciare, avevo cercato sotto tutti i sedili e in qualunque anfratto dell’abitacolo, anche il più improbabile, tipo il soffietto del cambio. Una volta costatato che, per non essere costretto a passare la notte in macchina, sarei dovuto andare da Stefania a chiederle il suo mazzo, ho rivolto al cielo il mio disappunto e ho infilato in una borsa di plastica da shopping, di quelle che si ripiegano in una pallina, trovata durante le ricerche e della quale ignoravo l’esistenza, il fagiolo e il sacchetto di terriccio.

   L’incontro con la mia oramai ex è stato fortunatamente più semplice del previsto.

Mi ha aperto la porta sorridendo e mi ha trattato come se fossi un suo amico qualunque passato a trovarla, facendole una sorpresa. Ero distrutto fisicamente e mentalmente, dopo la scarpinata di quasi cinque chilometri a piedi per arrivare lì, senza contare il resto della giornata ovviamente, per cui decisi di reggerle il gioco e fare finta che non fossimo stati insieme negli ultimi quattro anni, tre mesi e due giorni e che quella mattina non mi avesse scaricato con una telefonata di quattordici secondi.

   Ho sfoderato il mio sorriso di circostanza e le ho chiesto se potevo avere il mazzo di chiavi di casa mia.  A quella domanda lei si è fatta triste e mi ha chiesto come mai non l’avessi chiamata, prima di farmi tutta quella strada a piedi, se l’avessi fatto mi avrebbe detto che le aveva già imbucate nella mia cassetta della posta, quella mattina stessa.

   “Però…non perdiamo tempo…proprio gettato via come un fazzoletto sporco…

Stranamente non sono rimasto particolarmente sorpreso della cosa, le ho detto che non l’ho fatto perché il mio telefono aveva preso fuoco, mi sono congedato con un semplice “Ok grazie ciao, ci vediamo.” e mi sono incamminato verso casa.

   Altri cinque chilometri senza la possibilità di prendere uno straccio di autobus: senza portafogli e vista la giornata, una multa non me l’avrebbe tolta nessuno se avessi provato a prenderlo senza biglietto, per cui ho scartato subito l’idea del mezzo pubblico.

   Al terzo chilometro ammetto di essere entrato in seria difficoltà.

Mi ero appena seduto su una panchina per riprendere fiato e riposarmi un po’, quando sono stato avvicinato da un tizio dall’aspetto poco rassicurante.

   “Ecco, ci mancava solo lo scippatore

Il Tizio era vestito con un lurido impermeabile lungo fino ai piedi con le maniche strappate, dalle quali spuntavano due nerborute braccia tatuate in modalità “random”, nel senso che gli innumerevoli disegni erano sparsi senza apparente senso o ordine sulla pelle.

   “Ecco che fine ha fatto Materazzi…” ho pensato, facendomi venire un mezzo sorriso.

« Che cazzo hai da ridere?! » ha ringhiato subito il Tizio-Materazzi, estraendo dall’impermeabile una specie di machete da guerrigliero Tutsi, lungo almeno quaranta centimetri, e puntandomelo al viso.

   Mi sono tolto immediatamente il sorriso e ho incominciato a sudare freddo.

“Sono sempre senza portafoglio, adesso questo mi decapita dalla rabbia, quando lo scopre”

   « Tira fuori il portafogli, sbrigati! »

“E adesso cosa faccio?”

   « M-m-i d-dispiace… » balbetto, alzando le mani inconsciamente «…n-non ce l’ho…»

In quel momento mi accorgo di avere in mano la borsetta con il fagiolo e il terriccio. Me ne ero dimenticato, ma l’avevo portata inconsciamente fino a lì. Il Tutsi-Tizio-Materazzi mi ha guardato in cagnesco per un secondo, dubbioso su quale parte del corpo amputarmi prima, per costringermi a tirare fuori il portafoglio non credendo minimamente alle mie parole, quando è successa l’unica cosa positiva della giornata: il suono di una sirena in avvicinamento l’ha fatto desistere dai suoi intenti ed è sparito correndo nella direzione opposta alla quale arrivava il leggiadro (per me) suono, non prima però di avermi strappato di mano la borsetta, nel tentativo di avere almeno un seppur misero bottino.

 

   A quel punto inchiodo, scatenando le ire del guidatore dell’auto che mi segue, e mi giro di scatto verso il sedile posteriore, dove sono appoggiati (come hanno fatto a non cadere con l’inchiodata?) fagiolo e sacchettino di terriccio.

   « Come fate a essere qui? » dico, rivolgendomi ai due oggetti inanimati.

« E dov’è finita la borsetta di plastica? » aggiungo, come per prendermi in giro per quello che sto facendo.

   Sento dei colpetti al finestrino e mi giro. Il tipo della macchina dietro la mia è sceso e sembra voler farmi sapere cosa ne pensa di chi frena in quel modo senza motivo. Accenno una serie di scuse patetiche, anche perché il tipo è bello grosso, e riparto.

   “Ci mancava solo un fagiolo magico posseduto dallo spirito di Lessie…non ero già abbastanza incasinato di mio?”

   La R4 borbotta in mezzo al traffico, mentre io borbotto perplesso, e a dir la verità un po’ spaventato,  tra me e me. 

  
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