Libri > I segreti di Nicholas Flamel
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Autore: Porrima Noctuam Tacet433    01/09/2014    0 recensioni
[I segreti di Nicholas Flamel, l\'immortale.]1994, Reims.
Un curioso e sfortunato giornalista si trova nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Quanto sarà disposto a rischiare per ottenere le risposte che cerca?
Riuscirà ad avere la sua intervista?
Genere: Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Dee, Niccolò Machiavelli, Nicholas Flamel, Nuovo personaggio, Perenelle Flamel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ed è solo l’inizio.

 

Quando Machiavelli aprì gli occhi, il buio fu tutto quello che riuscì a vedere. Non osò provare a muovere un muscolo, sentiva appena di avere le braccia e le gambe. Aprì la bocca per respirare meglio e al contempo provò a sentire il sapore e l’odore dell’aria, per capire dove si trovasse.

Presto arrivò la consapevolezza di un pavimento gelido sotto ai polpastrelli e si accorse di avere un forte mal di testa che gli faceva pulsare le tempie. Gli ci volle qualche secondo per riprendere completamente lucidità, ma dopo si guardò intorno e si stupì ancora di non trovare neanche un minimo barlume di luce.

« Ben svegliato, italiano. »

Machiavelli spalancò gli occhi e si mise in ginocchio, voltando di scatto la testa verso il punto da cui proveniva la voce.

Una voce che non poteva dimenticare.

« Padrone…  »

Machiavelli tese le orecchie con un brivido freddo che disegnava la curva della sua schiena insieme a qualche goccia di sudore gelido.

« Hai fallito.» la constatazione di Aton rimbombò nell’ambiente e nella testa dell’immortale. Machiavelli chiuse gli occhi e sentì una morsa di terrore puro attanagliargli le viscere.

Aveva fallito. E ora, lo aspettava la punizione eterna o la morte. Se Aton avesse anche scoperto che aveva lasciato fuggire Richard… come si sarebbe discolpato, cosa avrebbe potuto raccontare?

Non aveva nemmeno abbastanza fiato da mettere insieme le parole.

I ricordi cominciarono a mettersi in ordine nella sua mente e Niccolò si sforzò di mantenersi lucido.

« La Lancia di Odino… » cominciò, col respiro leggermente esitante « Assorbe l’aurea. »

Non riuscì a trattenere una nota d’accusa nel tono della voce. Il suo padrone non gli aveva detto nulla riguardo a quel dettaglio. Come si aspettava che potesse portargliela se quell’oggetto, che tra l’altro poteva toccare solo lui in quel Regno d’Ombra, minacciava di ucciderlo?

Lui non aveva la possibilità di cambiare corpo come l’essere che aveva incontrato chissà quante ore prima. Spalancò gli occhi per un momento. Ecco perché non aveva sentito nessun tipo di aurea attorno al corpo di Richard, nemmeno un’aurea contaminata da qualcos’altro, niente.

Quella… creatura, la annullava nelle sue vittime.

Richard era già morto.

Niccolò si alzò in piedi sulle gambe tremanti.

« Non mi aveva informato di questo dettaglio. » aggiunse, per incentivare il suo padrone a rispondere.

« Non lo sapevo. » ammise la voce vibrante di rabbia del suo Signore.

« Ora che lo so, posso trovare un modo di… » la voce di Machiavelli si affievolì, spenta da un ricordo improvviso.

« Ebbene sì, Niccolò. » nel buio, Machiavelli poteva solo immaginare che Aton ghignasse, ma ne rimase comunque irritato. « La creatura che ha preso il corpo del ragazzo umano è riuscita a far passare la Lancia nel suo Regno d’Ombra. » 

Machavelli strinse le labbra con rabbia crescente.

« Mi dispiace molto per il tentativo fallito, Signore. » disse, ma il suo tono fu più eloquente delle parole. Si capiva che non gli dispiaceva affatto ma in quel momento a Machiavelli non interessava. Sentiva un insano sentimento di rivalsa per quella situazione, un senso di ingiustizia. Sapeva solo che non era colpa sua e che non intendeva essere punito per aver fallito in una missione così… stupida, per non essere riuscito ad ottenere quel simpatico giocattolino per il suo padrone.

« Non preoccuparti, Machiavelli. » rispose Aton, gelido. « Ti rifarai. »

Machiavelli si fece attento incrociando le braccia al petto. L’oscurità cominciava a stancarlo.

Doveva far affidamento solo sull’udito per sostenere quella conversazione, quando gli sarebbe piaciuto poter vedere in faccia il su interlocutore. Spesso era il miglior modo per svelare le cattive intenzioni.

« Puoi ancora recuperare Gungnir. »

« Non vedo come. » disse secco Machiavelli.

« Così. » disse Aton e un vento caldo si sprigionò dal nulla e scompiglio i capelli di Machiavelli.

Un angolo della stanza si illuminò. Due torce si accesero da sole e simultaneamente, i fuochi verdi scoppiettanti e lievemente inquietanti. Machiavelli distinse la sagoma del corpo di Richard e i suoi tratti giovanili.

Il ragazzo era sdraiato sul pavimento di pietra, supino, gli occhi chiusi, pallido come un cadavere. In effetti, Machiavelli si stupì che non lo fosse.

« Temo di non capire, padrone. »

« Mi deludi, Niccolò. » rise Aton, ma tornò subito serio. « Sai cosa hai fatto quando hai cercato di impedire che quell’essere ritornasse nel suo Regno d’ombra? »

Machiavelli rimase in silenzio.

« Hai smembrato il corpo senza aurea e immateriale di quella creatura, e questa, non potendo superare la tua barriera, ha cercato di sopravvivere ed è rientrata nel corpo di Richard Anderson. »

Machiavelli deglutì col cuore in gola, ma ora tutto gli appariva chiaro. Ricordava vagamente di aver pensato ad una cosa del genere, anche se era accaduto tutto troppo velocemente in quel momento e lui non era riuscito ad avere un’idea completamente razionale di ciò che stava facendo.

« La quantità dell’essenza dell’essere che si trova nel figlio degli homines… » continuò la voce profonda di Aton. « è troppo debole per far presa sulla sua mente, troppo debole per uscire, ma abbastanza forte da tenerlo in vita. »

Machiavelli non staccava gli occhi da Richard. Se non avesse percepito il suo respiro, avrebbe davvero pensato che fosse morto. La sua aurea non esisteva più.

« Questo vuol dire… » proseguì Aton, con un certo fanatismo nella voce.

« Che lui potrebbe essere in grado di prendere la Lancia nel Regno d’Ombra dell’essere che è dentro il suo corpo. » affermò mesto Machiavelli.

« Esatto. » confermò Aton con una certa esultanza.

« Naturalmente… » riprese, dopo qualche istante di silenzio « Lo condurrai tu. Dato che vi conoscete bene… »

Machiavelli sentì un brivido gelido corrergli per la schiena. Il tono di Aton si fece pericoloso e l’immortale lo sentì aprirsi in un’insana e rauca risata senza gioia.

« Dovrei ucciderti seduta stante. »

Machiavelli ne ebbe la conferma con un colpo al cuore: Aton sapeva che aveva salvato il ragazzo.

« L’ho usato per portare Dee dai Flamel. Per portare avanti la ricerca del Codice degli Oscuri Signori, padrone. » disse l’italiano, cercando di apparire sicuro e fiero. E riuscendoci, probabilmente.

Aton rimase in silenzio per parecchio tempo.

Machiavelli aspettò prima di dire qualcos’altro. Lo lasciò riflettere sulle sue parole.

« Dee non ha detto nulla a riguardo. » affermò, con una lieve esitazione. Machiavelli annuì.

« Non mi sorprende» rispose, con un ghigno. « Ma i Veglianti lo sapranno. »

Visto che fate spesso loro visita, aggiunse col pensiero Machiavelli, potreste chieder loro se davvero non sto mentendo.

Aton intuì il suo discorso implicito. «Come sai tu dei Veglianti? » chiese, gelido.

« Me lo ha detto Alypion. Il tizio alato. »

E Aton dovette ammettere la verità di ogni sua parola.

« Ha funzionato, comunque? » chiese Machiavelli, capendo di essere fuori pericolo con un sollievo che non avrebbe mai pensato di poter provare con così tanta intensità. « Dee ha catturato i Flamel? »

Aton emise uno sbuffo divertito.

« No. »

« Che ingrato. » sorrise Machiavelli « Dopo tutta la fatica che ho fatto. »

Se ci fosse stato Dagon, avrebbe alzato i suoi enormi occhi al cielo. Ogni tanto Machiavelli sentiva i suoi velati rimproveri nella testa.

Ma l’immortale capì presto che era l’ora di tornare alle conversazioni un po’ meno piacevoli.

« Lei sa di che Regno d’Ombra si tratta? » chiese, riferendosi chiaramente alla sua missione non ancora conclusa.

« Io no… » rispose Aton. « Ma i Veglianti sì. E me lo farò dire. »

Machiavelli immaginò che i Veglianti fossero così disperati da rispondere a qualunque domanda senza esitazione, indipendentemente dall’identità di chi gliela poneva, nella speranza di ottenere abbastanza consensi per comprarsi la libertà. Aton non avrebbe dovuto sforzarsi molto.

« Come sta il vostro emissario? » chiese l’immortale, stringendo appena la presa delle dita sulla sua giacca. Ricordava di averlo visto contorcersi a terra dal dolore appena era stato sfiorato da Gungnir.

« I miei emissari hanno dei tempi di ripresa molto ristretti. Raido non fa eccezione, e ti seguirà nella tua missione. »

Machiavelli ghignò. « Allora ce l’ha un nome. »

« Lui non lo sapeva, quando glielo hai chiesto. » affermò neutro Aton, quasi annoiato. « Do loro un nome solo per distinguerli, prendendoli dalle lettere di vari alfabeti umani. Ma non ritengo che sia saggio far pensare loro di aver una sorta di identità. »

Machiavelli si augurò che Aton non potesse vedere la sua espressione di sufficienza, sostituita in un secondo dalla solita fredda impassibilità.

« è potente… » constatò Machiavelli, sincero. Aveva sentito più volte percepito la potenza del bambino immortale come degli spilli sulla pelle.

Aton lesse tra le righe la sua curiosità e decise, inspiegabilmente, di soddisfarla.

« Raido è uno dei miei sei servi migliori. » disse, ma non c’era traccia d’orgoglio nella sua voce, né di qualunque altra cosa. « I loro nomi sono i primi sei segni dell’alfabeto runico. Ma solo due di loro lo conoscono. »

« Perché a loro lo ha rivelato? » chiese Machiavelli.

Aton rise brevemente.

« è un regalo del loro Signore. L’unica cosa che desiderano. Quei due miei servi hanno svolto molto bene il loro dovere, portandomi a molti privilegi. »

« Non serve altra ricompensa? » si stupì Machiavelli.

Nell’ombra, Aton scosse la testa e l’immortale lo intuì dal fruscio delle vesti che sentì col suo udito sviluppato.

« Vivono per servirmi. » e Niccolò immaginò il suo sorriso scaltro.

Abbassò lo sguardo sul vuoto, distogliendolo dalle torce e da Richard. Non riteneva di poter vantare la solita fedeltà al suo padrone, e non ne era minimamente dispiaciuto. Inspiegabilmente, venire a conoscenza di quelle informazioni gli aveva fatto scivolare addosso un amara e velata tristezza.

« Io potrei dirglielo. » ammise.

« Non avevo dubbi. » dichiarò Aton. « Ma non dovrai disturbarti. L’ho già fatto io. »

Machiavelli alzò la testa di scatto e sbarrò gli occhi, stupito.

« Davvero? Perché? »

« Non hai idea di quanti secoli siano che svolge ogni sorta di compito per me. Inoltre… non hai nemmeno idea di cosa abbia dovuto superare per portarti vivo da me. »

*

 

Quando Raido era riuscito a tornare dal suo Signore, non era più quello di prima.

Anche al limite delle forze, aveva annientato una quantità di mostri infernali che nessuno si sarebbe mai immaginato di poter trovare riuniti nel solito posto. Cercavano tutti la Lancia, e non trovandola, avevano attaccato lui, che aveva ancora il suo odore addosso. Machiavelli era svenuto e inerme.

Raido si era presentato dal suo Signore Aton seguendo l’istinto, ma non sembrava essere in grado di riconoscerlo. La sua mente aveva mantenuto saldi i principi di alcuni specifici ordini – proteggi l’italiano, sii fedele ad Aton, uccidi chi intralcia i tuoi piani- ma per il resto, dopo il contatto involontario con la Lancia tutto era diventato più confusionario e meno nitido. Il mondo intorno a Raido era avvolto dalla nebbia e dall’apatia.

Non si sarebbe mai ripreso, probabilmente, se non avesse conosciuto il nome che Aton gli aveva dato. Era stato un fattore decisivo. Piano piano, i ricordi erano tornati. E così l’essenza della sua personalità. Aton aveva detto che si era meritato il suo nome.

Da quel momento, non riusciva a smettere di ripeterselo nella testa con un sorriso folle di gioia.

*

 

Richard si svegliò come in qualsiasi altro giorno. Si sentiva come se avesse la febbre, ma niente di più anormale. Si rigirò su quello che sembrava un comodo materasso e si scoprì circondato da cuscini e ricoperto di lenzuola. La testa gli girava mentre si guardava attorno e per un attimo fu stupito di non riconoscere casa sua.

Un brivido di paura lo fece quasi sobbalzare e il ragazzo si tirò a sedere di scatto, il cuore che batteva all’impazzata.

Per un secondo provò di nuovo a illudersi che tutto quello che era successo fosse solo un incubo, ma anche con la vista un po’ appannata riusciva a capire che quelli non erano i suoi mobili, quello non era il suo letto e le pareti non erano dello stesso colore di quelle di casa sua.

Imprecò mentalmente. Ogni più piccolo dettaglio dei suoi ricordi tornava alla mente strisciando, incentivando se possibile il suo mal di testa.

La sua attenzione fu catturata da un profumo dolce e speziato, qualcosa che sapeva di raffinato calore domestico.

Sembrava quasi una… tisana?

« Aspetta, Dagon, non trovo lo zucchero.» disse una voce, e Richard puntò lo sguardo su una porta che prima non aveva notato. « Non ne sento nemmeno l’odore. »

« Non lo sente perché non c’è. » rispose un’altra voce, più rauca e profonda.

« Ma ti avevo scritto di comprarlo. » ribatté la prima voce, leggermente sospettosa.

« Mi perdoni, signore. Non ho idea di cosa voglia dire. »

« L’ho scritto nella busta! » sbottò la prima voce.

« Quale? »   

Richard sentì un piccolo sbuffo rassegnato.

Poi la porta si aprì. Richard vide entrare un dall’aspetto giovanile nonostante i capelli bianchi che arrivavano a coprirli le orecchie. Il suo portamento era fiero e i tratti di bell’aspetto coperti appena da una corta e curata barbetta che gli incorniciava le labbra.  Gli occhi grigi avevano qualcosa di magnetico e ipnotico.

Portava due tazze fumanti nelle mani.

Si avvicinò al suo letto e gliene porse una. Richard la prese esitante, senza staccare gli occhi dal volto dell’uomo.

« Buongiorno. » gli disse affabile l’uomo, con un sorriso che sembrava sembra sul punto di ghignare.

« Buon… giorno. » mormorò Richard.  E improvvisamente lo riconobbe. Sembrava passato un secolo dall’ultima volta, e anche la prima,  che lo aveva visto. La tazza gli cadde quasi di mano.

Un’altra figura fece capolinea dalla porta. E Richard, questa volta, la riconobbe subito, spalancando gli occhi intimorito e dimenticando perfino il mal di testa. Dagon incrociò le braccia al petto, ponendosi dietro alle spalle dell’italiano cn il solito atteggiamento protettivo.

« Calma, calma. » disse l’uomo, con una pacca sulle spalle di Richard. « Nessuno vuole farti del male. Bevi. » aggiunse, accennando alla tisana « Ti farà bene. » e per dare l’esempio bevve un sorso della sua.

Storse il naso con una smorfia di disgusto che cercò di dissimulare.

« Chi siete? E stavolta voglio una risposta precisa, voglio la verità! »

Richard si stupì della sua stessa arroganza. La paura però gli aveva lasciato addosso una sorta di forza inaspettata, o forse una parte di lui sapeva che oramai ne aveva passate così tante in quei pochi giorni che il bisogno di sapere poteva spingerlo a fare qualunque cosa.

« Questo è Dagon, una specie di… demone marino. Non viene dal nostro mondo. » disse l'uomo dagli occhi grigi, accennando col pollice alle sue spalle dove il suo servitore osservava Richard con gli occhi coperti dagli enormi occhiali a specchio.

Richard non fu stupito di trovarlo di nuovo al fianco del tizio dai capelli bianchi. Sapeva, in qualche modo, che tutto ciò che gli aveva raccontato durante il loro ultimo incontro era una menzogna.

Bevve con una sorta di rassegnata eccitazione un sorso della sua tisana. La trovò dolce al punto giusto. Ma decise di non farlo troppo notare.

« Io invece… » continuò l’uomo e tese la mano verso di lui. « Mi chiamo Niccolò Machiavelli. »

Richard annuì, ancora stordito.

« Come il politico. Quello italiano. » disse, distrattamente.

Machiavelli ghignò, distendendo il suo sorriso.

« Sì, come lui. »

« Cosa volete da me? » chiese ancora Richard, sulla difensiva. Machiavelli e Dagon si scambiarono uno sguardo. Poi il primo sospirò con un sorriso sarcastico.

« Sarà una lunga conversazione. » commentò, guardando in viso il ragazzo « Tu cerca solo di non svenire. »

 

 

Nda: mentre scrivevo questo capitolo mi sono resa conto che era quasi indispensabile conoscere quelli precedenti, per i Veglianti e per… lo zucchero di Dagon e Machiavelli XD. Se qualcosa non è chiaro, chiedete pure. E se qualcosa non vi piace, fatemelo notare.

A proposito… ho un dubbio atroce. A qualcuno ha dato fastidio il nome dell’emissario?

Grazie infinite a chi è arrivato eroicamente fino a qui, e scusatemi per il capitolo corto.

 

 

  
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