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Autore: francy4e99    01/09/2014    5 recensioni
Siamo nell'ultimo episodio, sono passati tre anni da quando Kagome è tornata nella sua epoca. Il pozzo si riapre e Kagome decide di ritornare nell'epoca Sengoku. Ma dentro il pozzo, nella strada per l'epoca Sengoku, Kagome fa la conoscenza di un demone. Esso impedirà a Kagome di passare, a meno che ella non accetti un patto. Come può questo cambiare la sua intera vita? In questa nuova avventura Kagome sarà affiancata dall'ultima persona che si sarebbe mai aspettata. Riuscirà Kagome a superare questa nuova sfida?
Dal prologo:
"[...] Altre due lacrime mi bagnano il viso, ma questa volta le lascio scorrere. Che senso avrebbe asciugarsele? Tanto valeva lasciarle scorrere. [...] Quella è stata la seconda volta che ho pianto. Ho pianto per la contentezza di riaverla qui, ma anche per te, che mi hai ridato la cosa più importante della mia vita. Ma io, io cos’ho fatto per te? Vorrei che tu fossi qui. Ti chiederei che cosa desidereresti più di qualunque altra cosa al mondo, solamente per esaudirla. [...] "
Con ancora due storie in corso mi accingo a iniziarne una terza. Non preoccupatevi, mi sto dando della scema da sola! Con questa vedremo se riuscirò a finirla!
Baci, francy4e99
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Inuyasha, Kagome, Rin, Sesshoumaru | Coppie: Inuyasha/Kikyo, Kagome/Sesshoumaru
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ghiaccio Bollente

 
Capitolo 4: Atto I – Sei tu?

"Addio umana. Benvenuta Kagome.”


Kagome
 

 - Come faremo a rintracciarlo? Insomma, non abbiamo idea di dove sia … -

Rin mi sorrise teneramente. Come si potrebbe mai dubitare di quel sorriso?

 - Non c’è bisogno di sapere dov’è al momento. Ci basterà arrivare al suo castello, poi da lì non dovremo fare altro che aspettarlo. –
 - Castello? – Rin annui.
 - Si, castello. In fondo, è pur sempre il figlio di uno dei più importanti demoni maggiori, non ti pare? –
 - Uhm … immagino tu abbia ragione. Allora, dove siamo dirette? –
 - Alle valli dell’Ovest. –
 - Bene. Andiamo, allora! –
 - Si! –

Lasciammo la locanda e ci avviammo verso ovest. A detta della locandiera, le valli dell’Ovest non erano poi così distanti; inoltre, Rin, che c’era già stata, si ricordava la strada.

Camminammo per tre giorni, fermandoci per la notte in qualche grotta, oppure, se non trovavamo nulla, sotto qualche albero dalle grandi fronde, per ripararci. Quando, ormai nel quarto giorno, ci preparammo a partire, successe una cosa a cui non ero preparata. Quella cosa era il dolore. Così, velocemente come mi ero alzata, sempre velocemente mi accasciai al suolo, con il braccio premuto contro la pancia. Sentivo la mia energia spirituale diminuire in un batter d’occhio; mi sentii debole: la vista mi si appannò, il respiro diventò affannoso, come se avessi appena corso per kilometri, e a malapena sentivo la voce di Rin, preoccupata.

Rin mi aiutò a sedermi e mi appoggiò la schiena contro un tronco di un albero. Aguzzando lo sguardo, vidi gli occhi di Rin riempirsi di lacrime. Una stretta al cuore si aggiunse ai dolori addominali che stavo provando. Con non poca fatica presi a parlare.

 - R-rin … ascoltami – Una fitta intensa al petto mi interruppe e mi fece gemere di dolore.
 - Kagome! Non parlare, non sforzarti, ti prego! –
 - Rin … le … le valli sono vicine ormai … no? … Raggiungi il castello … Rin … -
 - Non voglio lasciarti qui! Non da sola! Kagome … - Vidi Rin iniziare a piangere.
 - Tesoro … non piangere … è l’unico modo. S-se … se vuoi salvarmi … vai al castello … -

Percepivo la confusione e l’indecisione di Rin. Non sapeva cosa fare. Ad un tratto, vidi il suo viso farsi più deciso e, asciugandosi le lacrime, mi guardò.

 - D’accordo. Kagome, ti prego, resisti, ok? Torno presto, te lo prometto! –

Le sorrisi, per quanto riuscissi a farlo nonostante i dolori.

 - Rin … fai attenzione … e torna … presto … -

La vidi annuire, convinta. Si alzò e fece per andarsene, però torno indietro e la sentii baciarmi la guancia.

 - Ti voglio bene, Kagome. –
 - Anche io … tesoro … -

Si girò e iniziò a correre; io la guardai finché non sparì completamente dalla mia vista, tra gli alberi. Sentii le forze venir meno e, in pochi attimi, tutto divenne buio.
 
Rin
 
Correvo. Correvo senza sosta, ignorando il protestare dei miei piedi, che stavano pulsando dal dolore e dalla fatica, e dei polmoni, che stavano chiedendo tregua, bruciando. Semplicemente continuai a correre, anzi, aumentando il ritmo. Sembrava che la foresta non finisse mai, facendomi agitare sempre di più. Avevo fretta, molta fretta. Nella mia mente mi ripetevo in continuazione “Più veloce, Rin, più veloce” , sperando che il mio corpo capisse la gravità della situazione e che mi aiutasse, in qualche modo. Il solo pensiero di Kagome, la mia cara mamma, dolorante a terra, le fece inumidire gli occhi di nuovo, appannandogli così la vista. All’improvviso sentii un piede impigliarsi in un ramo caduto e inciampai, cadendo a terra.

Sentii il piede dolere molto e i ginocchi bruciarmi. Quando mi misi seduta, potei vedere che entrambi i ginocchi erano sbucciati e da essi, caldo sangue colare giù per le gambe fino a toccare terra. Non me ne curai e mi rialzai. Potei felicemente constatare che il piede non aveva riportato alcun danno grave, solo qualche graffio superficiale.

Ricominciai a correre. Rallentai il ritmo: i ginocchi dolevano troppo. Continuai per poco, prima di smettere di correre. Non ce la facevo più, dovevo riposare. Quasi istintivamente, incominciai a piangere. Non potevo fermarmi, Kagome aveva bisogno di me. Io dovevo salvarla. Mi rialzai a fatica da terra, presi un paio di respiri profondi, cercando di calmarmi. Mi asciugai le lacrime, che erano scese copiose sulle guance, con la manica del kimono. Guardai avanti, cercando di calcolare mentalmente quanta strada avessi fatto. Nel mio ricordo, la strada da fare per arrivare a destinazione era molto più breve.

Passo dopo passo, mi ritrovai nuovamente a camminare. Non mi sarei arresa ora, soltanto per dei ginocchi sbucciati. Il loro dolore non mi avrebbe fermato. Mai.

Accadde in un attimo. Mi fermai all’istante, chiedendomi se quello che vedevo fosse reale o solo la mia immaginazione che mi faceva qualche scherzo. Sbattei le palpebre più volte e, per l’ennesima volta in quella mattinata, mi ritrovai a piangere. Erano lacrime di gioia, quelle.

 - Padron Sesshomaru … -

Lui era lì davanti a me. Veramente. Subito mi fiondai ad abbracciarlo e, nello stesso tempo, iniziai a piangere più forte. Lui sciolse l’abbraccio giusto quello che bastava per guardarmi in faccia.

 - Cosa ti è accaduto, Rin? –
 - La prego! Deve venire subito! Sta male, molto male! La prego, venga ad aiutarla! –
 - Chi? Chi sta male Rin? –
 - Kagome! Sta molto male! La aiuti, per favore! –

Distolse lo sguardo dai miei occhi per guardare la foresta davanti a sé. Dopo avermi guardato ancora una volta, mi prese in braccio e iniziò a volare nella direzione opposta alla mia. Durante il tragitto mi chiese cos’era accaduto e io gli raccontai ogni cosa, non tralasciando neanche il minimo dettaglio. Sesshomaru ascoltò tutto senza aprire bocca e, quando finii di parlare, lui atterrò dolcemente, appoggiando i piedi nell’erba e facendomi scendere dalle sue braccia. Sentii il cuore mancare un battito a quella vista. Kagome non sembrava più lei. Non era più con la schiena appoggiata al tronco, ora era sdraiata a terra, in posizione quasi fetale. Entrambe le braccia si stringevano contro il petto, facendo pressione su di esso. Strizzava gli occhi dal dolore, non impedendo comunque alle lacrime di scorrere lungo tutto il suo viso. Ma non era l’unica cosa che stava scorrendo sul suo corpo.

Sangue, tanto sangue. Una intera pozza di sangue circa all’altezza del suo viso e le sue labbra, macchiate di quel liquido rosso vivo. Mi portai le mani davanti al viso, coprendomi la bocca. Non ragionavo. Me ne stavo lì, impalata, senza far nulla. Ero troppo scossa per notare che i suoi capelli si erano allungati di molto e non erano più mossi, sui lati delle sue guance quattro segni bluastri erano comparsi, due per guancia. Non avevo notato nemmeno gli artigli nelle sue mani, che avevano ormai per sempre preso il posto delle sue piccole unghie.

L’unico cambiamento di cui mi accorsi, mi fece ancora di più sgranare gli occhi. Capii che Sesshomaru lo aveva visto, quando anche lui, forse per la prima volta in vita mia, lo vidi sorpreso. In fondo, era impossibile non notarlo.

Nel centro della fronte di Kagome, una piccola lunetta dai contorni blu faceva bella mostra di sé. Un simbolo che avevo imparato a vedere solamente nella fronte di Sesshomaru e di sua madre. Un simbolo che solo un demone completo poteva avere. Un demone cane.



 
   
 
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