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Autore: missimissisipi    01/09/2014    4 recensioni
La figura della bambina che ha contestato prima si pone dinanzi ai suoi occhi, di spalle, in aggiunta: tutto ciò che vede è un corpo sinuoso, pelle particolarmente olivastra e capelli lucenti che farebbero concorrenza a quelli di Stefan, pensandoci.
Non collega subito al fatto che sia lei, che sia lì—rimane come un impalato a fare il maschio alfa guardandole il corpo, non prestando nemmeno attenzione a quella voce morbida che diventa più acuta quando deve rimproverare una certa Caroline.
Sabato non è stata la giornata nazionale della vista perspicace, realizza: avrebbe visto oltre quella ragazzina che gli gettava liquidi bollenti addosso e si proponeva, con gentilezza calpestata, di dargli una mano ed essergli amica. Avrebbe intravisto oltre, superficialmente parlando, e avrebbe trovato, senza nemmeno pensarci troppo, un modo per farla tacere. Più modi per farla tacere. Giura di non guardare le sue gambe quando si focalizza anche su ciò che sta dicendo (“Ammaliante è il termine che stai cercando, credo… Caroline, non tutti i bei visi devono solo portarti a letto”). Ma prima regola che si apprende quando si vuole sbloccare il livello quattro: Damon mente.
College!AU
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bonnie Bennett, Caroline/Stefan, Damon Salvatore, Elena Gilbert, Un po' tutti | Coppie: Damon/Elena
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: nessuno
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1Sorority girl and fraternity boy

potrei suggerire che l'ho già vista prima 
da qualche altra parte 
giusto per fare la prima mossa 
monologhi ubriachi, confusi perchè 
non è che mi sto innamorando 
voglio solo che tu mi faccia male 
e sembri una che è capace di farlo

No. 1 Party Anthem, Arctic Monkeys

La vita al college di Damon Salvatore si può brevemente riassumere mediante pochi numeri. Quindici, le sbronze nell’ultimo semestre. Undici, i giorni mancanti alla fine del noioso, noiosissimo terzo anno. Tre, gli esami non dati. Sette, i compagni di stanza cambiati in due anni. Dodici, le lezioni saltate. Due, gli amici che si è fatto in quest’arco di tempo. Innumerevoli, le ragazze che si è fatto nel medesimo arco di tempo. Inscrivibile, la voglia di voler andar via e buttare tutto all’aria.

Ma.

Uno, l’anno che gli resta da frequentare.

Il suo Senior Year alla Brown… chi l’avrebbe mai detto? Non suo padre, pensa sarcasticamente Damon, mentre rotea gli occhi al cielo e apre la porta della sua stanza. Mancano undici fottuti giorni, e sino all’ultimo (nonostante sia costretto a vederlo anche a casa, lui gli fa visita… assurdo) deve sopportare le ramanzine di una matricola: Stefan Salvatore.

“Cosa ti fa pensare di avere il controllo totale sugli Omega Chi, sentiamo?” Damon vorrebbe non ridere, in effetti, ma gli bastano pochi attimi per scoppiare in una sonora risata. Suo fratello è… così ingenuo. (matto è la prima parola che gli è venuta in mente, dovrebbe ammettere, ma, senza offesa, la coppia Stefan-matto non rende nemmeno l’idea… L’immagine di suo fratello, del perfetto fratello minore, non esprime pazzia. Peggio -- Damon non è così cattivo, forse non lo è e basta, il punto sta nel fatto che non lo vuole ammettere. E fa quello che sa far meglio al mondo: mentire. Quindi sì, matto, ingenuo… quel che si voglia)

“Il fatto che loro mi vogliano come presidente della confraternita, forse?” ghigna Damon stravaccatosi sul letto, i colori rosso, bianco e marrone

che catturano l’attenzione di chiunque entri nella stanza.

“Loro co—cosa?”

Stefan è così sorpreso che Damon potrebbe persino offendersi. Ma non lo fa, stringe le labbra ed annuisce distrattamente. “L’anno prossimo. Mio Senior Year, i loro semestri indimenticabili. E’ un’offerta promettente”

Stefan incrocia le braccia. “Dovrai prenderti la responsabilità di certe cose… sai?”

Alza gli occhi al cielo. “Andiamo, non è successo nulla” Ed ecco perché Stefan non è in nessun Club del campus. Ecco perché non verrebbe mai accettato negli OC, nemmeno avendo superato tutte le prove di iniziazione.

Nulla? Aver tinto di verde le palestre della Brown è nulla? Tu che hai dato l’ordine e non fai nemmeno parte degli Omega Chi…?”

“Ecco perché mi vogliono e mi vogliono presidente” Damon scatta con un sorriso bonario sulle labbra “Non capita tutti i giorni di incontrare una persona con così… influenza? Carisma? A te la scelta, Stef”

Questi arranca un sospiro stanco. Calato il silenzio nel dormitorio, Damon non riesce a non osservare il sangue del suo sangue: Stefan, invece, sembra che stia scegliendo le parole da pronunciare con cura maniacale. Deglutisce.

“Mancano undici giorni – undici, dannazione, anche meno di due settimane. Ti prego, Damon, abbi cura di te”

 

 

Undici giorni e qualche mese dopo, Elena Gilbert ha due trolley stretti nelle mani affusolate e un sorriso raggiante stampato sulle labbra piene, che fa venire i brividi a chiunque posi lo sguardo su di lei. Si potrebbe dire che è persino contagioso. Elena ama la Brown, davvero, l’ha amata l’anno precedente come freshman e l’anno ancor precedente quando alcuni professori del corpo docenti le hanno fatto fare il tour completo dopo la lettera in cui dicevano che l’accettavano con piacere nel loro college e speravano “che la nostra lieta dimora divenga tale anche per lei, miss Gilbert”.

Ma se c’è una cosa che le manca, quella è la sua amica Caroline, un anno più grande di lei, che frequenta il Whitmore non avendo avuto altra scelta. Il Whitmore, lo stesso a un’ora di distanza da Mystic Falls, lo stesso che avrebbe accettato senza batter ciglio Elena se solo vi avesse fatto domanda… Caroline non era stata semplicemente accettata dalle sue prime cinque scelte. Brown, UCLA, NYU, Yale e persino la NYADA per cui si era esibita in una perfetta, a detta sua, performance di “Don’t rain on my parade”… avrebbe fatto un baffo a Rachel Berry se solo avesse avuto un quarto del talento della suddetta.

Caroline le aveva scritto una lettera – sì, forse erano le sole a farlo in tutta l’America, ma a detta di entrambe rafforzava il loro legame – in cui diceva che non le dava fastidio, no di certo, era la sua migliore amica e il college dei suoi sogni. Ma aveva dei bei ricordi al Whitmore e persino un affascinante professore di Biologia. Quindi era tutto come prima. Splendido.

Elena aveva degli amici, alla Brown. L’unico problema è che non li aveva visti per tutta l’estate. Bonnie Bennett, ad esempio, dagli occhi grandi e scuri e i capelli mossi che le ricadono dolcemente sulle spalle. Le sorride, adesso, perché è di fronte a lei, ed entrambe si trovano all’ombra della porta marrone ed enorme chiusa di fronte a loro.

La loro stanza del dormitorio!

“Non ci credo, per fortuna siamo assieme… non avrei sopportato quelle del primo anno, sai? Ne ho viste alcune quest’estate, durante i corsi di approfondimento che ho fatto… orrende. Delle sgualdrine diciannovenni convinte di poter cambiare le gerarchie della Brown. Sì, certo, come no!” borbotta divertita mentre Elena inserisce le chiavi nella toppa ed apre la porta.

Subito si abituano alla luce soffusa data dalle imposte semichiuse della loro vecchia stanza… ci sono i due cassettoni enormi beige, le bacheche vuote con pochi puntini dati dalle foto che avevano appeso l’anno precedente… il parquet, la stanza che altro non è se non il bagno comune…

“Elena…”

…e tre letti. Tre. Tre?!

“Bonnie, che tu sappia avremo una coinquilina, quest’anno?” domanda Elena con una sfumatura di preoccupazione nella sua voce.

“Sì” ribatte una voce convinta più di quanto lo sia quella di Elena. E anche quella di Bonnie. “Tanto piacere, Katherine Pierce”

 

 

Katherine Pierce non era nei piani di Elena e Bonnie, tanto per cominciare. Perché già l’idea di avere un estraneo quasi amico per coinquilino non è il massimo della tranquillità (eppure Gilbert e Bennett si sopportano. E adorano, per certi versi) sperata, ma averne un altro, l’anno seguente, non le rassicura. E principalmente perché suddetta ragazza è una “delle sgualdrine diciannovenni convinte di poter cambiare le gerarchie della Brown” intraviste agli stand estivi per il giardino della Brown quell’estate da Bonnie. E, oh, santo cielo, quanto è piena di sé! Per non parlare dell’ordine maniacale, degli orari del bagno e quello delle sere – se (e solo se) Katherine ha intenzione di portare un ragazzo nella loro stanza.

Le prime settimane di studi non sono affatto come sperate e la ragazza ne è la causa: Elena cerca di evitare la propria stanza, la freshman insopportabile e bellissima che attira numerosi curiosi nelle vicinanze del loro corridoio e, soprattutto, lo sguardo di questa, Katherine, se intercettata nel campus.

Eppure ha una distrazione: le Omega Psi Delta, di cui sarà co-presidentessa quest’anno. Si stampa un adorabile sorriso sulle labbra quando va a lezione, Storia, per l’appunto.

“Salve a tutti” – quello non è il loro professore, realizza Elena sbattendo le lunghe ciglia – “Sono Alaric Saltzman, senza cappa finale e troppo giovane tanto da essere scambiato per un Senior.” Questo scatena qualche risata fra i compagni di corso, Elena inclusa. Dove diavolo è il signor Tanner?

“Il vostro professore, signorina…?” osserva Elena e la incalza a parlare. Lei deglutisce e risponde in fretta e atona, come un automa.

“Gilbert”

“…Signorina Gilbert, mancherà per il tempo necessario a riprendersi. Brutti scherzi di confraternite, mi dicono. Meglio non far nomi, questa storia potrebbe risultare persino più interessante di quella vecchia e logora da studiare durante l’anno”

Altre risate si scatenano dopo il borbottio di dissenso di Saltzman, mentre Elena apre il libro senza fiatare. Tanner l’adorava – nonostante l’essere burbero e cinico. Aveva una certa predisposizione per lei, per il suo essere buona e attenta, rapida nell’alzar la mano e rispondere correttamente, senza mai tentare di sfidarlo.

“Allora” – riprende il professore dopo qualche attimo di lieve confusione – “Chi sa dirmi qualcosa sulle popolazione Azteche?”

E la mano di Elena è già scattata in aria, facendo sorridere Alaric e lasciandogli dimenticare una faccenda più complicata e fin troppo divertente, un Omega Chi con l’aria di essere chi ben presto sarà sulle bocche di tutti, daccapo dopo una certa palestra verde.

 

 

“Che razza di pazzo farebbe ubriacare e collassare un professore facendolo immischiare in una festa di confraternita dove gira dell’alcool anche fra minorenni?!”

Non ne ho idea?” – ribatte sarcastica Caroline, al Whitmore e stesa sul suo letto, con un libro di Microbiologia fra le mani – “Ma se lo scoprissi sei obbligata a farmi sapere tutto su di lui – il mio sesto senso dice che è qualcuno di profondamente affascinante e scopabi-“

“Caroline! Santo cielo, devo ricordarti che sei quasi fidanzata, pazza per il tuo professore e non hai cinque sensi? Il tuo tatto manca terribilmente, sarcasticamente parlando”

“Ed è per questo che mi reputo offesa. Attacco fra tre… due…”

“Caroline!”

“Uno… ciao ciao, Lena, vado a divertirmi e ad usufruire del mio tatto meraviglioso!”

Allunga le gambe sul letto e chiude gli occhi, sospirando rumorosamente. Caroline è … Caroline. Senza ulteriori parole che possano descriverla. Anche perché, riflettendo, Elena lo nota: non ce ne sarebbero altre.

All’improvviso, così come è entrata nella sua vita, la porta del loro bagno di apre, di scatto, facendo sobbalzare Elena per lo spavento e mostrando una Katherine avvolta in un asciugamano bianco gocciolante. Per qualche attimo si era dimenticata della sua presenza.

“Ehi, Lene, non sapevo fossi qui!” il tono di sorpresa usato quasi convince Elena. Katherine sorride amabile, frazionando i lunghi capelli con un altro asciugamano e continuando ad osservare la sua coinquilina. Poi la sua espressione cambia: è come se fosse sul punto di parlare, ma qualcosa la bloccasse.

“So che il nostro rapporto non è dei migliori, perché sono sbucata all’improvviso nella vostra vita e stanza… ma voglio davvero conoscervi, essere vostra amica” sorride calorosamente e si siede al bordo del letto di Elena. Sono tre i dettagli che le rendono esteriormente simili: la pelle olivastra, la cascata di capelli cioccolato e i grandi occhi del medesimo colore. Eppure, nonostante i tratti somatici quasi identici, le due sono basicamente diverse. Appaiono, persino a prima vista, differenti.

Elena la scruta senza proferir parola, il che sembra incitare Katherine a continuare.

“Che ne dici di bere qualcosa alla caffetteria del Campus e studiare assieme? O semplicemente bere e parlare… ho le mie amiche” e detto questo indica con il capo qualcosa che Elena non aveva notato prima: la borsa ai piedi del letto della sua coinquilina. E’ aperta, intenta a mostrare due fiaschette argentate di alcool…

“Whisky” si affretta a specificare, mentre un sorriso increspa le sue labbra rosee e carnose.

“Facciamo adesso?”

 

La caffetteria alla fine del grande giardino interno, quella sempre affollata dopo le lezioni e la sera, adesso è pressoché vuota, il che sembra rallegrare Katherine. E’ un locale molto grande, ben illuminato e grazioso nella sua semplicità. Ci sono diversi tipi di tavoli, da quelli più semplici (rotondi con sedie di legno scuro) ad altri più complessi e quasi sempre occupati (rettangolari con divani e poltrone in ecopelle bordeaux). Ed è pieno di luci, cosa che piace ad Elena: il buio la spaventa, poi questo va a braccetto con l’equilibrio della Gilbert che sempre più spesso pare vacillare fino a scomparire. (L’alcool aiuta molto in questo. Elena non ne è dipendente, ma crede fermamente che aiuti gli studenti più laboriosi che, pur facendo parte di una sorellanza piuttosto nota, non hanno dei contatti nei bar e caffè del campus. Ergo, meno di ventun’anni, nessun documento falso che regga e bottiglie di alcool distanti da lei – il viso a cuore e l’espressione innocente e da bambina contribuiscono a rendere il tutto più frustrante).

Katherine si fa avanti, al bancone, e ordina due cappuccini, “Uno con una spruzzata di cannella e l’altro con cacao amaro al settantacinque percento”. Il ragazzo pare pendere dalle sue labbra: non ha tutti i torti la sua coinquilina dicendo che potrebbero diventare amiche, perché questo è esattamente il genere di cose che Elena vorrebbe accadesse più spesso – cappuccino con il  suo amato cacao senza che l’impiegato le imprechi contro e la mandi a quel paese.

“Allora” esclama tutta contenta quando si siedono ad un tavolino di quelli complessi e ricercati troppo spesso dai Senior che, oggi, stranamente, non affollano la caffetteria. “Qual è il tuo corso di studi?”

Elena non si aspettava questo genere di domanda: più che altro qualcosa del tipo “il tuo colore preferito? La tua taglia? ci scambiamo i vestiti?”.

“Archeologia” risponde con tranquillità, “Tu, invece?”

“Studio per diventare giornalista” – fa Katherine improvvisamente raggiante, gli occhi luminosi e le labbra incurvate all’insù in quello che è un sorriso orgoglioso delle proprie scelte e convinzioni – “E’ sempre stata la mia passione, sin da piccola, con mio padre editore del Daily News e mia madre scrittrice. Credo che sia di famiglia… no?” e termina il tutto con una risatina spontanea, prima di continuare: “Sai che ti facevo… più da giurisprudenza? Economia? Seria ed impeccabile... in un certo senso ti invidio, io ho difficoltà a concentrarmi con gli studi, con gli svaghi del college… è stato difficile, per te, il primo anno?”

Ed Elena continua a parlare del suo primo anno, delle aspettative e delle poche volte in cui si è lasciata andare, dei voti bassi e colloqui privati con alcuni professori. Poi sorride, svelta, citando la sua sorellanza e “Ci si aiuta tanto, si fissano dei giorni dedicati allo studio e, se hai bisogno di una mano, i senior – o chi per loro- son lì ad aiutarti”.

Poi succede: Katherine poggia il volto sui palmi delle mani, Elena ha un’idea e i cappuccini si freddano.

“C’è una riunione, questa sera… Le Omega Psi Delta, sai… parliamo delle nuove reclute e fissiamo la serata dell’iniziazione”

“Sembra bello”

Elena inclina il capo, “Ti sto invitando, Katherine”

Lei scuote la testa e poi sorride: “Ed io avevo accettato nel momento in cui me l’hai proposto”

Poi tira fuori una fiaschetta dalla borsa e ne beve una sorsata. “La mia prima confraternita. Che figo, eh? Vado… in bagno”

Tutto ciò che affolla la mente di Elena, adesso, sono preoccupazioni e domande a cui non trova risposta: Katherine, sul serio? Ne vale la pena? È davvero una brava ragazza? È un po’ fuori, sì, d’accordo, ma…

Ma poi lo vede.

Il ragazzo del volantino. Quello dell’anno scorso. Durante la giornata dell’incontro con i genitori, stava distribuendo, fra i tantissimi stand e le milioni di matricole, fogli riguardanti argomenti che Elena nemmeno ricordava. C’era solo lui ed i suoi sbuffi, le facce annoiate e le peggiori espressioni quando si voltava per osservare il fondoschiena di qualche bella ragazza. Non rappresentava nessuna confraternita, eppure era accerchiato da un sacco di persone e altrettante cercavano di attirare la sua attenzione: molte erano le voci che giravano su di lui, dal fatto che spacciasse droga a quelle che apparivano più vere, ossia che aveva organizzato la green sport, la grande messa in scena che aveva visto una delle palestre più frequentate del campus tinta di verde… di male in peggio, insomma; eppure ad Elena non importa, adesso, mentre lo guarda: ha un bell’aspetto che la costringe a tener lo sguardo fermo su di lui, un portamento rispettoso e un sorriso luminoso. Elena, secondo Bonnie (e Caroline, tanto perché lei c’è sempre), ha la più gigantesca e pazzesca cotta per uno dei peggior volti della scuola. Una cattiva persona. Un ragazzo bello e che lo sa, eccome, e che sfrutta il suo charme per avere un caffè corretto. Che generazione corrotta dall’alcool.

Elena si costringe a voltare il capo nella direzione opposta: eppure due fattori, adesso, la distraggono e producono un certo annebbiamento nella sua testa. Numero uno, Saltzman che si avvicina pericolosamente a lui, il ragazzo-sbagliato-e-cattivo, e due, qualche attimo dopo, voci alte che sfociano in un disastro, ovvero…

“Cazzo, cazzo!”

“Modera il tono, Salvatore!”

Bollente. E’ quello che percepisce Elena: il rossore sulle sue guance e la borsa di pelle gocciolante di caffè macchiato e corretto… i suoi appunti… l’agenda… oh, diamine

“Hai sporcato la mia borsa!” esclama a gran voce Elena, diventando ancora più rossa quando incontra il suo sguardo freddo e apparentemente di ghiaccio.

“Beh, grazie per l’intuizione, Watson”

“Oh, no! Non fare sarcasmo su un casino che hai combinato tu, Sherlock!”

Alaric scoppia a ridere quando nota che, pur imbarazzata e rossa, Elena gli ha tenuto testa: la migliore del suo corso, quella seria e studiosa che sembra apprezzare maggiormente il professore mandato in ospedale… Che scena, pensa allora lui, eh?

“Si da il caso che sappia cosa ho combinato, grazie, principessa del caz-”

“Damon!”

Ma entrambi ignorano Alaric che sbraita vicino loro.

“Sì, certo, potresti anche chieder scusa, no? O aiutarmi, cavernicolo che non sei altro!”

“Principessa” – esclama sarcastico Damon facendo un inchino – “Non è giornata. Scusa. Non volevo buttare il mio prezioso caffè sulla tua preziosissima borsa, ma mi sonoincazzato perché ho un’orrenda punizione da sbrigare, proprio questa sera, e sono presidente degli Omega Chi e devo presiedere ad una riunione del cazzo e…”

E poi succede che Elena svuota le due tazze di cappuccino – la sua e quella di Katherine che non torna e chissà – su Damon. Questi smette di parlare. Elena torna a respirare e si rende conto di quello che ha fatto.

“Signorina Gilbert, perché non da una mano a Salvatore con la punizione? Altrimenti sarò costretto a parlarne con il direttore”

Oh, santo. Cielo. La voce di Alaric è dura, tagliente e con una sfumatura ironica mentre dice questo. Non sa, Elena, il perché del proprio gesto, perché Salvatore ha una punizione e perché si sia ficcata in questo guaio.


Salve a tutti! Questa minlong è nata come OS... mi frulla in testa da fin troppo tempo e ne impiegherà altrettanto per essere completa! Spero vi piaccia, credo saranno massimo quattro capitoli ... credo di questa misura, idk.

vi lascio con alcune note che spiegano qualche punto di questo capitolo!

·         Il college, in America, dura quattro anni, a differenza del Regno Unito, in cui la durata è di tre, un anno in meno, perciò

·         Katherine non può essere identica ad Elena, per cui vi lascio il prestavolto con cui è identificata qui, ma voi immaginatela un po’ come volete! 

·         rosso, bianco e marrone” i colori della Brown

·         Mixer party: un party dove una confraternita ed una sorellanza si uniscono per bere e far conoscenza.  

·         Negli USA la legge vieta l’acquisto di alcool ai minori di 21 anni

non sono brava con queste cose, nè tanto meno con i college... ma ci ho provato, amo troppo quest'ambientazione! 
(non abbandonate presto la lettura)  (pls)

questa canzone è stata ciò che ha ispirato tutto,  ne sono follemente innamorata e la consiglio a tutti i lettori! :)
pareri e consigli sono bene accetti, due altre cose poi vi lascio!

vi invito a passare da qui,  To bet is to get,  e buon primo settembre a tutti (sono pazza perchè volevo assolutamente postare qualcosa oggi, sì, lo so, mandatemi al San Mungo per questo se volete... già che ci siete, è un anno di Give me love)

  
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