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Autore: Kaho    22/09/2008    6 recensioni
Raccolta di 31 one-shot di vario genere. Ispirata dalla community 31Days di LJ. Mese: Maggio 2008.
9. She was my first, she was my last, she was my friend until the end [Sakura&Ino] [AU]
«TACI!» aveva cominciato ad annaspare e, di nuovo, sentì le lacrime rigarle le guance. «Dio, Ino, perché…?»
Il sorriso smaltato di rossetto rosso tagliava il viso scavato di Ino, rendendolo una maschera spigolosa di ironia.
«Ah, non sai che esistono i vicoli ciechi in questa vita Sakura?»
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sorpresa
Note: Alternate Universe (AU), Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!
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See it in your eyes.

 

 

Raccolta varia su Naruto © Kishimoto.

 

 

 

 

 

25.

 

You will excuse me if I skip the masquerade

 

 

 

 

 

 

È una serata particolare, questa.

Jiraya lo sa.

Non si tratta di una data specifica, o di un festeggiamento, o di un incontro da vecchi compagni per annegare nel mare placido dei ricordi.

È solamente una serata particolare, di quelle che si ricordano fino alla morte.

Prima di questa, ve ne sono state altre quattro.

Ma non vuole annegare nel passato, piuttosto rimanere ancorato nel presente, perché lui sa, semplicemente, con una consapevolezza che gli brucia il petto, che il presente è sfuggevole, talmente tanto che basta un minimo gesto, una sola parola e il futuro è già , impalpabile davanti a lui, che lo fissa divertito, quasi stralunato.

Forse si sente così per via della profezia.

Un giorno, bighellonando in uno dei suoi giri intorno al mondo, gli era capitato di incontrare una cartomante.

Aveva lunghi capelli unti da strega, legati da una striscia di stoffa colorata, e due occhi sgranati da pazza, ma un sorriso accogliente sotto la rete di rughe.

Rigirandosi tra le mani i tarocchi con tranquillità, l’aveva fissato a lungo con uno sguardo febbrile che vedeva oltre il suo viso e oltre i suoi occhi, così intimo che Jiraya era rimasto impietrito per la strada. La paura era arrivata improvvisa, come un acquazzone, e una parte di lui sarebbe voluta fuggire.

Alla fine la zingara aveva sentenziato, con la voce giocosa di una bambina, quasi non fosse mai invecchiata: << Chi sa il proprio futuro, non conosce il rimpianto. >>

L’aveva detto con leggerezza, quasi fosse una frase di cortesia, e Jiraya le aveva lasciato qualche moneta per la previsione non richiesta, prima di andarsene. Lei aveva ringraziato e aveva nascosto il ghigno enigmatico dietro il mantello scuro, lasciando che gli occhi parlassero per lei.

Jiraya aveva pensato a lungo, a quelle parole.

Non era riuscito a dormire, aveva piluccato qualcosa senza davvero gustarlo, si era fermato ad allenarsi in un bosco fino a che non aveva compreso cosa avesse voluto dirgli la canuta cartomante.

E, alla fine, l’aveva capito.

La Profezia.

Quella donna, in qualche modo, aveva già visto il Futuro.

(Non lo hai letto nei suoi occhi inquieti, Jiraya?)

E lei sapeva bene che la profezia lo aveva legato inevitabilmente a quel futuro nascosto appena dietro l’angolo, e che la foga di adempierlo al meglio lo aveva allontanato, (e lo allontana ancora spesso) dal varcare i mari tranquilli, fatti tuttavia di acqua pesante e viscosa, della Memoria.

La sua schiena, sotto il peso di quel vaticinio, è gobba e gli duole; perciò Jiraya non ruota il collo all’indietro, guarda ostinatamente davanti a sé, sfrutta il presente – che scivola, Kami, si scivola troppo qui – e si affanna per avvicinarsi alla morte nel modo che più si addice ad un eroe.

Perché lui vuole essere un eroe, in fin dei conti.

Non vuole lasciarsi scivolare via il presente senza tentare di afferrarlo un po’, fermarlo.

In questo, un po’ si identifica nella ossessione per l’immortalità – o di una parvenza di essa – di Orochimaru e Tsunade.

Tsunade.

È lei che rende tutto particolare, stasera.

Anche se non si è ancora seduta con lui, la avverte dappertutto, come il formicolio fastidioso dei muscoli intorpiditi, una spuma invadente che si espande come un’onda nella carne.

È andata un attimo nel suo bagno, a truccarsi, o così ha affermato.

Jiraya non ha fatto commenti, anche se una battuta mordace su una piccola ruga sotto gli occhi gli solleticava la lingua. Per fortuna è riuscito a sopprimerla.

Non sempre gli riesce, con Tsunade.

Si sente così felice che diventa troppo sincero, con lei.

La sua visita serale è arrivata improvvisa e accompagnata da due bottiglie di buon sakè.

Jiraya le ha aperto la porta con un sorriso spontaneo, ha tentato di baciarle le guance fallendo, le ha fatto strada nella casa in ordine, quasi mai abitata.

Forse, più che casa, la dovrebbe chiamare appartamento, togliendole la connotazione famigliare che denota l’uso della parola ‘casa’.

Tsunade è entrata, ha storto le labbra in un grugno irritato (chissà per cosa, poi) e gli ha detto seccamente: << Ho bisogno del bagno. >>

Detto fatto: Jiraya è saltato per l’appartamento e, controllando che tutto fosse effettivamente a posto, l’ha lasciata lì sull’uscio. Ricompensa per l’ospitalità perfetta: un << Grazie >> bofonchiato con riluttanza.

Subito dopo ha acceso la luce rosata della abat-jour del salotto, per creare un’atmosfera più romantica, ha preparato due cuscini vicino ad un piccolo e basso tavolino, e si è seduto, sakè e bicchierini appoggiati sulla superficie liscia del mobile, lì accanto le carte da gioco.

Si è perso in strani pensieri nell’attesa, fino al rumore dello sciacquone che, con sorprendente irruenza, si è infilato nei suoi pensieri: la normalità alle volte lo spiazza, tanto è potente.

Tsunade esce finalmente dallo stanzino, fissa un po’ sorpresa lui e i suoi preparativi, ma non dice nulla. Prende posto accanto al sennin e raccoglie le carte, cominciando a mischiarle.

La ruga sotto gli occhi, come ha immaginato Jiraya, è sparita.

Mi piaceva, pensa intristito.

<< A cosa giochiamo? >>

<< È uguale. Tanto vinco io in ogni caso. >> risponde bonariamente.

Tsunade gli lancia un’occhiata omicida e appoggia il mazzetto con un po’ troppa forza sul tavolino.

È il turno di Jiraya di accigliarsi.

<< Ehi, l’ho pagato. >>

<< Ma non lo usi mai. >>

<< Avrei potuto usare quei soldi in qualche localino con belle cameriere! >>

Tsunade sospira, scocciata.

<< Sempre a quello pensi, tu. >>

<< Ti muovi con queste carte? >>

<< Sì, sì. >>

Tsunade passa un dito sulla lingua, e sistema le carte con fare esperto.

<< Ci vorrebbe un po’ di borotalco, sai? >>

Jiraya sorride. << Non sono io l’appassionato, qui. Non so questi trucchi. >>

Tsunade sogghigna impercettibilmente.

<< Ah già, tu sai i trucchi per spiare una donna. Non è curioso? Sia tu che io che Orochimaru abbiamo avuto dei vizi licenziosi. Tu le donne, io il gioco, lui l’esumazione. >>

<< Non ci avevo mai pensato… >>

Ed è vero.

Non ha avuto il tempo di farlo, in questi anni, mentre Tsunade ne ha avuto parecchio, dato che vive nel Ricordo.

<< Allora poker? >> domanda lei, anche se ha già cominciato a smistare le carte. Jiraya annuisce, pensieroso, e appena il mazziere, Tsunade in questo caso, ha finito, guarda le sue carte distrattamente.

Doppia coppia. Non male.

Dalla faccia arrabbiata di Tsunade pare che lei non abbia avuto fortuna.

Lancia nel mezzo una banconota, lei lo segue, allora Jiraya rilancia di un pugno di monete, lei tituba poi rilancia a sua volta.

La fissa sorridendo, e sente che il tempo con lui è più crudele del solito.

Non riesce a sfruttare il presente come vorrebbe, anche se non è proprio da eroe quello a cui sta pensando. Però è un’impresa eroica, quello sì.

<< Tenti la fortuna? >> le domanda, con sarcasmo e divertimento.

Gli occhi di Tsunade vorticano verso l’alto.

<< Zitto! Quante carte? >>

<< Una. >>

Tsunade si morde il labbro e obbedisce, poi prende per sé tre carte.

Jiraya spia la sua. Un re, stranamente nessuna donna né un fante da aggiungere alle sue coppie. Poco male, pensa con tranquillità, e mette una discreta somma sul tavolo.

Tsunade aggrotta le sopracciglia, lo guarda come per leggere nei suoi occhi cosa ha in mano, fa la sua giocata.

<< Vedo. >>

Jiraya sorride. << Doppia coppia. >>

<< Merda. >>

Non c’è bisogno che veda le carte di Tsunade; le riempie il bicchiere di sakè e glielo porge, lei accetta e ne beve, mentre lui si riempie il proprio e poi la imita.

Primo bicchiere, prima partita.

Quarta partita e il numero di bicchieri, se ha tenuto bene il conto, è salito a dieci.

Mentre Tsunade conta le monete rimastele, Jiraya avverte ancora quel bruciore febbricitante che è il segno del risveglio, e sente con più coscienza il cuore battergli in petto regolarmente.

<< Tsunade? >>

<< Non rompere, non ho finito i soldi e non gioco i miei baci. >>

<< Peccato, sarebbe stata una buona idea! >> sospira teatrale. << Ma non volevo dirti questo. >>

<< Ah no? >>

<< No. >>

<< E cosa, allora? >>

Jiraya rigira il sakè nel proprio bicchierino, le labbra secche piegate appena all’insù, in un sorriso un po’ enigmatico un po’ sghembo.

<< Credo che giocare con le carte sia come intravedere il futuro, un po’. Bisogna conoscerlo. Probabilmente per questo fai schifo a giocare. >>

Tsunade arresta il suo frenetico conteggio, ma gli occhi rimangono sulle monete d’argento, incerti.

<< Chi lo conosce, il futuro? >>

<< Un po’, solo un po’, ma qualcosa so. >>

<< Che mi vuoi dire, Jiraya? >>

<< Nulla. Scusa, non volevo, solo che– …le dai queste carte o no?! >>

Lei lo guarda strano, poi si sporge un po’ verso il tavolo, il seno prosperoso è una calamita irresistibile.

<< Stai male? >>

<< Benissimo. Altro sakè? >>

Ne versa per sé, Tsunade rifiuta scuotendo il capo. O forse non capisce, chissà.

<< Sei bizzarro, stasera. >>

Jiraya sorride, gli piace sorriderle.

Spera di non sprecare mai il presente, tentando di far breccia in questo modo dentro di lei.

<< E tu sei particolare. >>

Si ferma sulla lingua un ‘Ti amo’ sincero. Un po’ di controllo ce l’ha ancora.

Ma stasera è una serata particolare, e Jiraya non sa quanto può continuare così.

La confessione di una vita scalcia nella sua mente, nel petto, nella stessa aria che respira, e lui ne sente l’eco nelle orecchie e gli pare così assordante che si stupisce che Tsunade non riesca a sentirlo.

Mentre da mazziere provetta Tsunade dà le carte, Jiraya appoggia il bicchiere di sakè nuovamente vuoto.

<< Tsunade? >>

<< Uh? >>

<< Mi faresti vedere una volta sola il tuo viso? >>

Lei gli lancia per l’ennesima volta uno sguardo strano, sospettoso e incuriosito, e vede la sua mano indugiare su una carta.

<< Lo vedi. >>

<< No. Quello vero, da cinquantatreenne suonata. >>

Tsunade scuote la testa, i codini biondi si muovono veloci sulle spalle, freneticamente quanto il capo. << No, Jiraya, no. >>

<< Peccato. >> Sospira lui.

Le sue spalle larghe si curvano verso il basso, inconsciamente.

<< Ti amo. >>

Ecco, è sfuggito quel misero sussurro.

Gli sovviene lo sguardo stralunato della zingara, mentre osserva gli occhi di Tsunade, sgranati e impauriti, chiedergli di mentire ancora, come in passato.

Ma il futuro è diverso, Tsunade, vorrebbe avvertirla, ma non lo fa.

Lascia che Tsunade deglutisca, appoggi le carte sulla superficie fredda del tavolino, tasti il sapore del sakè sul palato – così amaro, ora, per nulla confortante – e che riporti gli occhi su di lui, supplicanti.

<< Come ti sentiresti se morissi, Tsunade? >>

La vede boccheggiare appena, stringere i pugni e mordersi il labbro con vigore, come fa sempre quando è in ansia o è scombussolata.

Tsunade appoggia il mento sulle mani strette a preghiera, e prende un gran respiro, lungo, meditativo.

<< Perché questo ora, Jiraya? >>

Lui le sorride.

Gli piace, sorriderle.

Vuole che nel suo mare di ricordi ci sia anche lui, e vuole sorriderle anche lì, in quel mondo che le è più consono del presente – estraneo a tutti – e del futuro.

<< Il presente è scivoloso, Tsunade. >>

Gli occhi scuri di Jiraya danzano nella penombra della stanza, ed è sicuro che la spaventino occhi così spiritati e sconosciuti.

<< Ora posso dire che non conosco rimpianto davvero. >>

Tsunade esita, poi tocca il petto dove stava il ciondolo dell’Hokage.

<< Sei ubriaco, Jiraya. >> sussurra piano, accartocciandosi su se stessa. << Forse è meglio che vada a dormire a casa mia. Ci vediamo domani nel mio ufficio. >>

La guarda prendere la giacca verde, i soldi rimasti, e uscire dalla porta.

E tutto ciò che riesce a pensare è che un bacio da lei l’avrebbe davvero voluto, stasera.

La verità si paga cara, Jiraya.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

In teoria, questa raccolta doveva rimanere sepolta. L’idea era di fare tutti i 31 titoli di 31Days (community di LJ) con vari pairing e personaggi, ma si sa c’è altro nella vita oltre allo scrivere e io non ho più tanto tempo.

Comunque, anche se rimarrà incompiuta, la pubblico lo stesso, sperando che piaccia a qualcuno questa vecchia shot malinconica – e che piaccia a Claudia che me l’ha ordinat-ehm, richiesta! XD

 

Un grazie va alla Shàra, che mi ha consigliato il titolo.

E un altro a quelli che leggeranno e commenteranno.

 

 

 

Bye,

Kaho

  
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