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Autore: Jamima    01/09/2014    2 recensioni
All'esterno dell'ospedale si sente solo il lento scorrere del traffico mentre all'interno di esso echeggiano diversi suoni che si mescolano, creando una folle armonia... tra tutto quel frastuono solo in una stanza non si sente nulla... tranne una penna che scivola su un foglio e un respiro sempre più debole
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quanto è brutto il tempo oggi” mi dico, mentre l’infermiera mia aiuta a sistemarmi sulla sedia a rotelle.
“C’è qualcos’altro che posso fare per lei, signora Margaret?” mi chiede la giovane ragazza, io ci penso un po’ su e annuisco 
“Sì grazie, Lucia, vorrei tanto avere un foglio e una penna” 
Lei mi sorride ed esce dalla stanza. 
Nel lasso di tempo che lei passa a cercarmi gli oggetti che ho chiesto il mio cuore ha un sobbalzo, la mia vista si offusca e improvvisamente non sento e non vedo più niente. 

Mi risveglio, la mia vista è sfocata e non vedo ad un metro dal mio naso “Ancora?” mi chiedo “Eh sì” mi rispondo prontamente, ancora una crisi cardiaca, mi guardo intorno e ti vedo, sei seduto sulla poltroncina di fianco al mio letto, io ti sorrido e tu ricambi con uno sguardo preoccupato
“Ciao Riccardo”
“Ciao nonna” mi sorridi e mi stringi forte la mano con la tua, quanto è liscia e levigata in confronto alla mia… così rugosa e imperfetta.
“Come stai? Ti senti meglio?” mi chiedi
“Come vuoi che mi senta? Come una vecchietta di ottantacinque anni!”
Sorridi dolcemente, mi è mancato il tuo sorriso in questi giorni, hai lo stesso sorriso da ventiquattro anni e io non mi stancherò mai di vederlo.
“Dai nonna! Ci hai fatto preoccupare!”
e chi avrei fatto preoccupare?I tuoi amici immaginari?
Non posso nemmeno dirti che sono i tuoi genitori a preoccuparsi di me, da quando un imbecille armato di pistola se li è portati via.
“Scusami caro, la prossima volta vedrò di contenere i miei attacchi cardiaci, va bene?” ti chiedo sarcasticamente ma questa volta tu non sorridi al contrario ti fai cupo e abbassi il capo.
“Come siamo vestiti elegante” riprendo osservando il tuo abbigliamento: pantaloni e giacca viola con una camicia bianca “Dove stavi andando così ben vestito?” ti chiedo “E non dirmi -da te- perché non ti credo”
Sorridi di nuovo e io ne sono felice.
“Ecco… stavo andando a trovare Giulia” dici arrossendo
“Oh… la tua ragazza… mi dispiace di averti rovinato la serata stellina, ma credimi… avresti fatto davvero “colpo”… però non sei costretto a restare qui! Vai da lei, su!” 
Tu però non mi ascolti, prendi la tua borsa e tiri fuori un oggetto incartato ornato da un fiocco rosso
“Che giorno è oggi?”
“Buon anniversario!”
Il 19 Aprile, mi rispondo
“Non avresti dovuto, Riccardo!”
“E invece l’ho fatto!” rispondi sorridendo e porgendomi il regalo.
Lo sfioro con le dita, è un libro, scarto il regalo… non è un libro qualunque
“E’ il libro delle storie che mi leggevi quando ero piccolo”
“L’ho riconosciuto… io…” non riesco a continuare la frase, le lacrime mi scivolano lungo le guance e cadono sulla copertina, le asciugo con il palmo della mano e con essa ti faccio segno di avvicinarti, tu obbedisci e improvvisamente ti ritrovi le mie esili braccia che stringono le tue possenti spalle.
“Ti voglio bene nonna”
“Anche io te ne voglio Riccardo” ti do un bacio sulla fronte.
I tuoi occhi azzurri sono velati da un sottile strato di lacrime ciò nonostante ti chini su di me e mi baci delicatamente una guancia, io ne approfitto per accarezzarti i capelli riccioluti e scompigliarteli come facevo quando avevi cinque anni.
“Il tempo per le visite è finito” annuncia la voce di Lucia.
Tu mi guardi ancora un po’ e mi sorridi poi ti riprendi la borsa e poggi il libro sul comodino.
“Ciao nonna, ci vediamo dopo domani” mi dici baciandomi la fronte per poi sparire dietro all’angolo della porta.

Sono le dieci del mattino quando mi sveglio.
Noto che sulla scrivania oltre ad esserci il libro ci sono anche il foglio e la penna che avevo chiesto il giorno prima. Mi metto a sedere e poggio il foglio sul libro.
Riccardo… se solo sapessi quanto tempo mi resta… 
Prendo la penna
Forse oggi saresti qui per starmi vicino mentre me ne vado…
Inizio a scrivere

Caro Riccardo,
ho passato buona parte della mia vita a crescerti come un figlio.
Ti ho insegnato ad andare in bicicletta
A leggere le storie
A costruire i castelli di sabbia
A soffiarti il naso in maniera educata
E anche a cucinare un’ottima crostata alle mele


La mia lettera si interrompe, il mio respiro comincia a farsi più affannato e il cuore rallenta ma non posso fermarmi, non adesso

Ciò nonostante io mi chiedo se tu da me abbia imparato la cosa più importante: vivere.
Ti ho spiegato come si fa ad amare? Hai capito come ci si rialza dopo le cadute? Hai imparato ad aiutare chi ne ha bisogno? Sono queste le ultime domande che ti pongo e intanto me ne rivolgo una a me stessa:


Io ti ho insegnato a vivere?

Ma a quella domanda non ho potuto rispondere… 

   
 
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