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Autore: Aelian    01/09/2014    5 recensioni
John faceva di tutto per evitare di pensare alle leggende che si sussurravano al villaggio, ma quelle continuavano a ronzargli in testa, insistenti; l’Albero aveva un guardiano unico nel suo genere, una creatura solitaria che aveva votato la sua esistenza immortale alla protezione di quell'albero, probabilmente antico quanto lui.
* * *
«Intendi dire che dovrò rimanere qui per sempre?» mormorò, la gola secca ed il cuore che perdeva un battito.
Fawnlock tirò su col naso, inclinando la testa da una parte.
«Oh no, certo che no, non per sempre;» rispose infine. «solo fino alla tua morte.»
Genere: Fantasy, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Furry
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Epilogo.

 

We're all stories, in the end.
Just make it a good one, eh?

 

John si stava arrampicando fuori dalla buca, ma l’alba tardava ancora ad arrivare.

Il ragazzo non se ne curò mentre, le lacrime che tornavano a riempire gli occhi esausti, faceva del suo meglio per sollevare il corpo del guardiano. Lo calò con dolcezza nella buca, rimanendo a lungo ad osservare quei lineamenti che gli erano diventati famigliari in così poco tempo.

Ma quando sentì di poter ricordare ogni più piccola sfumatura nella pelliccia che ricopriva il corpo di Fawnlock, si decise ad alzarsi; il suo corpo gli era estraneo mentre lanciava la prima terra nella buca, e non sembrava sentire niente, non lo sforzo dei muscoli, non il sudore che fastidioso gli colava negli occhi… Solo un freddo vuoto dietro al cuore, come se stesse seppellendo una parte di sé, e non il leggendario guardiano che per millenni aveva fatto la guardia ad un albero dai poteri ultraterreni.

 

Alla fine rimase solo un tumulo di terra quasi nera nella luce plumbea delle ultime ore della notte ad indicare che Fawnlock era esistito e la sua risata simile al rombo di un fiume aveva rimbalzato per quella radura.

John gettò la pala lontano da sé, lasciandosi cadere per terra e poggiando la schiena contro una radice. Era coperta di scanalature e profondi avvallamenti, ma John la trovò incredibilmente comoda.

Non aveva idea di cosa avrebbe fatto ora; di certo non poteva semplicemente tornare al villaggio e ricominciare la sua vita di tutti i giorni, andando a caccia e vedendo Sally quasi ogni giorno.

Seppellì la testa tra le ginocchia. Sally. Cosa doveva fare? Probabilmente quando si sarebbe svegliata sarebbe stata tremendamente in pensiero per lui, l’avrebbe cercato, ma lui non aveva il coraggio di rivederla, di parlare, di dirle che era stato tutto solo un enorme sbaglio.

Meglio sparire semplicemente dalla sua vita e sperare che col tempo sarebbe andata avanti.

«Non volevo che ci fosse un altro Gerard…» La sua voce triste gli rimbalzò nella mente, e lui tentò invano di tapparsi le orecchie, di dimenticare.

 

Il sole era finalmente sorto quando John liberò la testa dalla morsa delle ginocchia, e batté velocemente le palpebre per adattarsi alla luce che filtrava tra gli squarci tra i rami ed illuminava a chiazze il prato davanti a lui.

Anche la tomba di Fawnlock era illuminata, e John sentì l’ormai familiare morsa attorno al cuore stringersi dolorosamente.

Fu in quel momento che accadde.

John avvertì la radice dietro di sé tremare, e per un attimo temette un terremoto, ma quando si voltò spaventato verso l’enorme tronco cinereo, lo vide soffuso di una lieve luce interiore.

Terrorizzato, si alzò in piedi ed indietreggiò, continuando a fissare il tronco. Sentiva i rami sopra la sua testa muoversi e stormire rumorosamente, ma non un alito di vento soffiava. La luce pulsante si fece sempre più forte, ed ogni foglia blu notte della cupola arborea sembrava risplendere.

Con un fruscio particolarmente rumoroso, le foglie iniziarono a piovere su di lui, e mentre erano in volo appassivano accartocciandosi su loro stesse e sfumando in un viole pastello. In breve tempo, la radura ne era quasi sommersa, e John non riusciva più a trovare la tomba del suo Fawnlock.

Quando anche l’ultima foglia toccò il suolo, fu il turno dei rami; il ragazzo assisteva sbalordito a quello spettacolo, e sotto i suoi occhi gli enormi rami rinsecchirono tingendosi di grigio sporco, simili a lunghe dita adunche protese verso il cielo limpido che ora aveva preso il posto della cupola blu notte.

La luce all’interno del tronco pulsava sempre più vivida, ora di un blu che stingeva nel viola e quasi nel nero, e pareva irradiarsi in ogni propaggine dell’albero morente, fino alla più piccola radice.

Quello che più sconvolse John dello spettacolo fantastico a cui stava assistendo era che si stava svolgendo nel più profondo silenzio, eccezion fatta per il fruscio che avevano provocato le foglie.

Anche le radici stavano avvizzendo e marcendo, funghi e muschio verde smeraldo che spuntavano a velocità raddoppiata da ogni avvallamento della corteccia cinerea.

Ma John non prestava più attenzione al mutamento dell’Albero, perché a pochi passi da lui una luce soffusa illuminava un mucchio di foglie; si avvicinò, e le foglie presero a muoversi mentre alle orecchie gli arrivava un rumore ovattato di terra smossa. Stava come paralizzato ad osservare la luce farsi più forte, e finalmente qualcosa spuntò dal mucchio di doglie secche: una mano, una mano che John conosceva bene.

C’era però qualcosa di strano: la mano che John ricordava, infatti, era molto più grande e con dita notevolmente più lunghe. Alla mano poi seguì un braccio, il tutto leggermente illuminato come dall’interno, e poi una spalla.

John non trattenne un gemito quando un agile orecchio da cerbiatto fece la sua comparsa, seguito da una testa di ricci disordinati e intrecciati a bacche e foglie di pungitopo.

Il ragazzo si ritrovò a fissare il volto che solo poche ore prima aveva temuto di aver perso per sempre, il cuore finalmente libero; eppure non era il volto che ricordava, era infatti molto più giovane e felice, e molto meno stanco.

Era indubbiamente il volto di Fawnlock, ma dimostrava appena vent’anni umani.

«John!» fu la prima cosa che esclamò mentre si issava fuori dalla buca, il maglione –ora troppo grande- e la pelliccia coperti di terra; anche la voce era sempre quella simile allo scorrere di un fiume, ma più giovane.

John continuava a restare immobile, senza sapere cosa fare, e trovandosi per la prima volta a fissare quegli occhi di ghiaccio di cui aveva già sentito la mancanza senza dover piegare la testa all’indietro.

Il giovane Fawnlock non sapeva come reagire al mutismo del ragazzo umano di cui era follemente innamorato, e decise di aspettare a sua volta, tormentando l’orlo del maglione.

Poi, John si mosse; coprì la distanza tra loro in due passi, e quando si trovò faccia a faccia con la creatura il suo profumo familiare lo ubriacò all’istante; era proprio Fawnlock, la creatura di cui si era innamorato, la creatura di cui aveva seppellito il cadavere poche ore prima era ora davanti a lui, anche se non riusciva a capire come.

«Come…?» chiese infatti, lasciando la frase a metà; come hai fatto a resuscitare? Come sei tornato in vita quando solo poche ore fa piangevo sul tuo corpo morto?

John aveva la sensazione che Fawnlock fosse arrossito sotto il vello chiaro. «L’Albero si è sacrificato per me, donandomi la vita che restava a lui…» mormorò ai suoi piedi scalzi, le dita che giocavano nervose con la lana del maglione. John si era completamente dimenticato dell’Albero, e quando si volse nella sua direzione trovò solo un vecchio tronco avvizzito color grigio cenere. Non rimaneva nulla dell’imponente arbusto che Fawnlock aveva custodito tanto a lungo.

Tornò a voltarsi verso di lui, che ora non brillava più.

«Ma perché…» le parole gli morirono in gola. Fissò a lungo l’azzurro limpido degli occhi dell’altro prima di ricominciare. «Perché non me l’hai detto?»

Fawnlock si strofinò il collo sfuggendo al suo sguardo. Era di nuovo calato un silenzio innaturale sulla radura illuminata dal sole.

«In realtà non pensavo avrebbe funzionato» si decise poi a rispondere. «Era più un istinto, un’idea che era maturata in me come se l’Albero me l’avesse sussurrata mentre Sally mi puntava la freccia al cuore e-»

Lo sguardo di John gli fece morire le parole in gola.

«Sally?» domandò questo, le mani dita che si stringevano a pugno per poi rilassarsi. «È stata Sally ad ucciderti?!» quasi urlò.

Le mani di Fawnlock corsero ai pugni stretti di John, infilandovisi e incastrando le loro dita mentre i loro occhi non si staccavano gli uni dagli altri.

«Sì, John, è stata lei, ma che importanza ha ora?» mormorò con dolcezza, e il cuore rallentò la sua corsa nel vedere che anche lo sguardo del ragazzo davanti a lui si addolciva.

«Hai ragione» sussurrò avvicinandosi a lui, alzando le loro mani unite e schiacciandole tra i loro petti.

Sentiva i battiti lenti del cuore di Fawnlock attraverso la stoffa del maglione.

«Ora non ha alcuna importanza…» continuò posando le labbra su quelle in attesa di Fawnlock, tornando finalmente ad assaporarne il sentore pungente di resina.

E quando dovettero separarsi, le dita di John corsero tra i ricci morbidi di Fawnlock mentre l’altro posava la testa contro il suo petto, ascoltando il battito ritmico dal cuore.

«È per sempre, questa volta?» domandò John, continuando ad accarezzare i capelli dell’altro.

Sepolto nella maglia impregnata dell’odore che tanto amava, Fawnlock annuì.

«Per sempre.»

 

 

 

Note dell'autrice

Ed ecco qui l'epilogo della mia prima (mini) long in assoluto; sono così felice di essere riuscita a finirla, e che sia stata seguita da tanta gente. Non sapete cosa vuol dire per me, davvero. Spero che questo epilogo sia per voi all'altezza del resto e niente, grazie a chi ha letto, recensito o messo la storia tra seguite, preferite e ricordate.

Grazie a Sorting Hat, che tra Supernatural, dubbi filosofici e (non così) profonde riflessioni su Fawnlock mi ha incoraggiata -un po' con le buone e un po' con le cattive- a pubblicare la prima long che io abbia mai portato a termine.

E poi grazie a Chiara, la mia ragazza, a cui devo l'ispirazione per ogni cosa che scrivo, dalla lista della spesa all'abbozzo di una storia seria; grazie anche a lei per avermi obbligata con ferma gentilezza a pubblicare qualcosa.

In conclusione, grazie di nuovo e spero di pubblicare presto qualcos'altro. 

 

 The Big Bang, Eleventh Doctor 

  
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