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Autore: SkyDream    01/09/2014    4 recensioni
Per sapere se è gelosa.
Per sapere se soffre.
Per sapere se ti ama.
[...]
Per dirle che sei geloso.
Per dirle che soffri.
Per dirle che la ami.
Sono questi i primi passi...
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Heiji Hattori, Kazuha Toyama, Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa | Coppie: Heiji Hattori/Kazuha Toyama
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Raccolta storie su Heiji e Kazuha'
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Primi Passi.
_One Shot_

Seduto sul letto a gambe incrociate, il piccolo Conan sorrideva al suo amico apparentemente più grande.
“Così vuoi che io accetti questa sfida di…ehm…deduzione?” Un ragazzo mulatto si grattava il mento con fare pensieroso.
“Direi che è ovvio! Così una volta per tutti ti renderai conto di ciò che prova lei…” Scese dal letto e si avvicinò al suo amico seduto sulla sedia della piccola cameretta. “E soprattutto capirai cosa provi tu, per lei. E’ importante Heiji, più di quanto tu possa immaginare.”
Heiji si ritrovò il piccolo dito di Conan sul petto, all’altezza del cuore.
“E con questo cosa vorresti dirmi?”
“Che è arrivato il momento di smettere di fare il detective e cercare ipotesi su ipotesi, la verità è una sola Hattori…e tu la conosci bene.”
I loro occhi blu si incrociarono e il più grande si morse il labbro, scostò gli occhi e cercò qualcosa di pungente per rompere quell’atmosfera troppo seria.
Ma nulla uscì dalle sue labbra, guardò bene il bambino che era tornato a sedersi sul letto.
“E’ qual è la verità? Non la mia, ma la tua.” Disse a Conan che alzò lo sguardo incuriosito. “Fin dove si spinge il tuo amore per lei?”Continuò Heiji.
Ran. La sua Ran. La sua fragile e forte Ran.
“Abbastanza lontano da limitare le sue sofferenze e aumentare il mio masochismo, ti basta?”
Hattori e Kudo non si parlarono per dieci minuti buoni, le loro menti avvolte da mille parole: quelle giuste per rivelare la verità a chi la chiedeva disperatamente, qualunque essa fosse.
“Sono pronto.” Heiji tornò a sorridere trasportando con se anche l’amico.
Che l’operazione “ Primi Passi” abbia inizio.
 
Per sapere se è gelosa.
I capelli si muovevano leggiadri scossi dal vento, un dolcissimo profumo di sapone si librava nell’aria: proveniva da lei, dalla sua pelle candida che avresti preso volentieri tra le tue mani, tra le tue labbra…morivi dalla voglia di abbracciarla da dietro, di tirare il nastro del suo fiocco verde e di lasciarti inondare da quella cascata di capelli morbidi e lisci, avresti avvicinato la tua bocca al suo collo e le avresti carezzato le braccia con le tue mani, le avresti volentieri baciato la clavicola e…magari anche le labbra.
“Tutto bene? Mi sembri troppo taciturno.” Tornasti a guardarla in viso e cominciasti a divenire rosso per il pensiero appena fatto. No, dovevi darti un contegno.
Non eri innamorato…per il semplice fatto che non potevi darla vinta a Kudo.
“S-si nota tanto? Sai, domani abbiamo il compito di matematica e non so se ho ripassato bene.” Mettesti le braccia dietro il collo e sollevasti la testa in aria, il cielo era limpido e celeste.
“Puoi venire a ripassare da me, per una volta sarò io ad aiutarti. Ti aspetto più tardi, e non ti dimenticare il quaderno come l’ultima volta!” Ti voltasti e le facesti la linguaccia, lei rispose allo stesso modo cominciando a camminare indietro per raggiungere casa, senza rendersi conto di essere ormai in mezzo alla strada.
Una macchina passò a velocità essendo in discesa, tu cominciasti a correre verso di lei…che però era scomparsa.
“Ti sei fatta male, piccola?” Un ragazzo sulla ventina le teneva il colletto della camicia e respirava un po’ affannato per lo sforzo e per la paura; Kazuha sbiancò in voltò e poi arrossì all’improvviso rassicurando il passante e ringraziandolo di cuore senza lasciare la tonalità cremisi.
“Chi era quello?” Fu l’unica cosa che riuscisti a dire dopo l’accaduto.
“Sì, grazie, sto benone non preoccuparti.” Lei ti guardò contrariata e un po’ risentita per il tuo comportamento.
Non sapevi ancora se lei fosse gelosa o meno, ma una cosa era certa: tu eri geloso marcio.
 
Per sapere se soffre.
“Cosaaa?” Heiji guardò sbalordito Kazuha, e poi scoppiò a ridere schernendola.
“Perché ridi? E’ solo per provare…” Lei lo guardò male e poi sospirò prima di entrare in classe. “Sei proprio un cretino, Hattori!” Continuò per poi sedersi e aprire il quaderno di ripasso.
La guardasti bene in viso prima di sederti alla fila opposta, il lucidalabbra le rendeva le labbra tremendamente invitanti, e l’ombretto marrone le risaltava gli occhi smeraldini.
Il tuo cuore batteva a mille, la penna che avevi tra le mani continuava ad aprirsi e chiudersi sotto lo stressante movimento delle dita, sospirasti esasperato e uscisti dall’aula con la scusa di  andare in bagno.
No, non era quello il modo giusto di fare le cose. Dovevi chiederle se soffriva, tutto qui.
Perché era quello lo scopo del giochino fatto con Shinichi, vedere se lei soffriva.
“Heiji, tutto bene?” La sua voce ti arrivò alle orecchie scostandoti dai pensieri che ti opprimevano l’animo. Stavi impazzendo e non capivi perché.
“Ehi, Heiji…” Ti schioccò le dita davanti e ti guardò con aria preoccupata.
“Devi dirmi qualcosa?”Non pensasti altro, sentivi che c’era qualcosa che non andava, lo sentivi e basta.
“Stasera non posso aiutarti con i compiti dopo cena, mio padre è stato invitato da alcuni colleghi e non posso proprio dire di no, e di pomeriggio ho gli allenamenti per la gara nazionale di dopodomani. Mi dispiace.” Il suo sguardo si posò per terra e divenne più rosato del solito.
“Certo, a loro non puoi dire no…ma a me sì.” Il tuo cuore aveva deciso di dirle tutto quella sera, e proprio in quel momento lei stava fuggendo.
No, lei era rimasta alla finestra…eri tu quello che era scappato in bagno per restare solo. Ma avresti solo sofferto di più.
Non sapevi ancora se lei soffrisse o meno, ma una cosa era certa: se era lontana tu soffrivi.
 
Per sapere se ti ama.
“Heiji! Heiji! Apri questa porta!” Sentivi una voce ben distinta che proveniva dal corridoio, eri sdraiato sul letto e fissavi silenzioso il cielo dalla finestra.
“E’ aperta, idiota.” Sibilasti senza voltarti.
Tac Tac: erano sicuramente le sue scarpe scolastiche, quelle col tacchetto consumato.
Sbum, ahio!: aveva poggiato la borsa per terra, pungendosi contro la spilletta rotta.
“Heiji…”: Si era sistemata sul letto per ben tre volte, quindi aveva la gonna scolastica ormai troppo corta che continuava ad alzarsi.
“Dimmi, ti sto ascoltando.” Nel cielo cominciava a farsi strada una nuvola grigiastra, tra non molto avrebbe piovuto.
“Stamattina non sei venuto a scuola, mi sono preoccupata e ti ho chiamato ma avevi il telefono spento. Ho chiamato a tua madre e mi ha detto che questa mattina non sei uscito dalla camera. Perché?”
Il tuo cuore te lo chiedeva disperato, non potevi stare ai suoi capricci…eppure te lo chiedeva seriamente disperato, ti chiedeva di guardarla e tu non potevi nemmeno rimanere impassibile; ti voltasti a guardarla negli occhi.
“Non mi andava di vederti.”
Perché, perché le hai detto una menzogna simile? Perché ti stai mordendo il labbro? Sai già che lei non ha colpa, che lei non ha fatto nulla.
“S-scusami.”
Tac Tac: sapevi che erano le sue scarpe scolastiche.
Frush: la borsa sulla spalla destra.
“Scusami”: Un singhiozzo prima di dire quella parola, quella parola che ti aveva dilaniato il cuore.
E’ vero, non volevi vederla perché stavi impazzendo. Più la guardavi negli occhi più ti rendevi conto che nessuno era come lei e che lei era sempre stata lì per te, più la guardavi più ti rendevi conto di ciò che provava il tuo cuore.
Ma la tua mente diceva l’opposto. E hai preso la decisione sbagliata: fuggire.
Ti alzasti dal letto e guardasti fuori dalla finestra: le gocce di pioggia scivolavano imperterrite sul vetro e sull’asfalto.
Scivolavano su di lei, sui suoi capelli raccolti e sul fiocco che li teneva, sulle sue ciglia e sulle sue labbra, sui suoi vestiti e sulle sue mani…sulla sua pelle.
Non sapevi ancora se lei ti amasse o meno, ma una cosa era certa: tu l’amavi alla follia e per una volta avresti seguito il tuo cuore.
 
“Sei un cretino!” La vocina infantile ti faceva stare ancora peggio: rimproverato da un bambino.
“Grazie, anche io ti voglio bene.” Conan ti guardò sconvolto e si avvicinò a te.
“Ma ti rendi conto di quello che hai fatto? Ti sei reso conto di ciò che provi e le dici che non vuoi vederla? Oh! Svegliati Hattori!” Shinichi ti stampò cinque dita in viso, e nonostante tutto fece comunque male.
“Non pensavo di dirle quelle cose, non stavo capendo più nulla!” Cercasti di giustificarti e poggiasti la schiena al muro.
“Cosa pensi di fare ora?” I suoi occhietti ti penetrarono l’anima e ti fecero sentire più verme ancora.
Come avresti riparato? Puoi veramente riparare un cuore distrutto?



Per dirle che sei geloso.
“Dove mi stai trascinando, Hattori!” Il piccolo Conan a stento riusciva a poggiare i piedi per terra per quanto andavano veloce, Heiji si stufò di sentirlo lagnare e in un colpo secco se lo caricò sulle spalle, le esili gambe sbattevano incessanti sul suo petto.
Si fermarono davanti un edificio ed Heiji –ancora col fiatone- lo fece scendere.
Vari urli di incitamento si sollevavano nell’aria, un paio di ragazzi lottavano sul tatami e altri alzavano pugni e cartelli in aria per tifare con più passione.
Lei era lì: seduta e sconfortata. Cosa avevi fatto? Eri un mostro.
“Ehi, vuoi tenere questa faccia per tutta la gara?” Il suo viso si voltò verso di te e si accese di un rosso vivo quando si scontrò a pochi centimetri dal tuo.
“Che ci fai qui?” Le sue labbra tremarono a pronunciare quelle quattro parole, e tu avresti volentieri voluto fermarle con un bacio.
“Non avrei permesso a qualcun altro di sostenerti al posto mio…” Ti sedesti accanto a lei e le carezzasti la coda di capelli. Lei sorrise, un sorriso dolce.
“Sei, geloso?”
 
Per dirle che soffri.
“Non avrei permesso, al di là della gelosia, che qualcun altro ti sostenesse…perché avrei sofferto anche io, a me piace sostenerti”  Ti passasti le braccia dietro la nuca e la poggiasti al muro. “Non avrei permesso a nessuno di non vederci oggi, io ho bisogno di vederti, Kazuha. Soffro a non vederti.”
Gli occhi della ragazza tornarono bassi e le gote si tinsero di cremisi, fece per dire qualcosa ma una voce imponente la fermò.
‘Il prossimo incontro vedrà Toyama con Kazami.’
Ti sollevasti di colpo e le prendesti la mano fra le tue, così bianca e candida in confronto alla tua.
“Vai e vinci.” Kazuha sorrise e ti diede un bacio in piena guancia.
“Lo farò per te.”
 
Per dirle che la ami.
“Non avresti dovuto stenderlo in quel modo…hai lasciato tutti a bocca aperta.” Sorridesti e ti sedesti sulla spiaggia seguito dalla tua amica, il tramonto illuminava tutto e rendeva arancioni anche le stille d’acqua che scendevano dagli occhi della ragazza.
“Dai, Kazuzu…capita a tutti di sbagliare.” No, non eri riuscito a consolarla ricordandole le sue mosse migliori.
“I-io mi ero allenata tanto, il Sensei credeva tanto in me.” Si coprì il viso con entrambe le mani e si rannicchiò su sé stessa portando le ginocchia al petto, i singhiozzi la scuotevano e la coda oscillava a ritmo con i suoi sospiri.
“Ehi, piccola…non c’è bisogno di fare così. Anche a me è capitato tante volte di perdere a kendo…capita.” Le massaggiasti i capelli e la facesti poggiare alla tua spalla.
“G-grazie.” Singhiozzò l’altra mentre si asciugava le ultime lacrime, perdere alla semifinale era qualcosa che non si sarebbe perdonata facilmente.
“Kazuha, visto che siamo qui…soli…ecco…dovrei rivelarti una cosa.” Guardasti il mare davanti a te e arrossisti sotto i teneri raggi del tramonto.
“Dimmi.” La ragazza sbucò fuori dalle ginocchia e rivelò le piccole gemme che, fino a poco prima, lacrimavano stille salate.
“Te la dirò fino a fartela venire a noia, ti avevo promesso questo. Oggi è arrivato il momento di dirti quello che…che provo, Kazuha.” Stringesti i pugni fino a far divenire le nocche bianche e sentisti il cuore fremere come impazzito.
“Vedi, non me ne sono reso conto se non qualche giorno fa, o forse l’ho sempre saputo ma non ho voluto ascoltare la verità. Eppure sono un detective, proprio io che la verità dovrei cercarla e rivelarla e non...”
“Girarci attorno per la paura di affrontarla, è arrivato il momento di smettere di fare il detective e cercare ipotesi su ipotesi, la verità è una sola Hattori…e tu la conosci bene.” Disse Kazuha arrossendo e citando la frase del piccolo Conan.
“Come fai a saperla? Tu…hai origliato!” Per un attimo sperasti che non avesse sentito tutto.
“No, ho sentito solo questa frase perché ero venuta a salutare Conan ma voi eravate in stanza con la porta semi aperta e ho sentito.
“Il punto non era quello, Kazuha.” Attirasti le gambe al petto e ci poggiasti il mento sopra per poi guardare il tramonto che ormai si eclissava dietro il mare.
 “E quale sarebbe?” La piccola coda di capelli, ormai completamente rovinata dall’incontro, fu sciolta dalla tua mano che ne rubò il nastro per giocherellarci e, in qualche modo, trattenere tutto il nervosismo, l’ansia e la paura.
“La verità è che mi piaci, mi piaci da impazzire e credo di…di…” sospirasti capendo che il cuore di entrambi era arrivato al limite: “Credo di amarti, Kazuha.”
 
A Beika-cho nel frattempo…
_Due giorni dopo_
“Conan! Conan! Ho una bella notizia!” Una Ran sorridente bussò con gioia alla porta del quasi fratellino.
Nessuna risposta.
“Conan!” La ragazza aprì la porta e trovò il fratellino rannicchiato su stesso, intento a leggere un manga con aria fin troppo distratta.
“Ah? Sì, dimmi.” Alzò gli occhioni e li fece cadere sulle labbra della ragazza.
“Heiji si è dichiarato a Kazuha!” Il suo entusiasmo era come una boccata d’aria fresca per la coscienza del piccolo detective.
“Immagino che non si siano messi insieme.” Sorrise tornando a fissare un supereroe disegnato sul fumetto.
“No, no…”- cominciò con un sorriso- “Non sarebbero loro due se si mettessero insieme così. Però è come se lo fossero, Kazuha dovrà vedere un ragazzo col binocolo da oggi in poi.”
Conan sorrise seguito dalla ragazza.
“Ran -eechan, io…vedi io…” Aveva chiuso forte gli occhi come a reprimere le lacrime.
“Che succede, piccolo?” Chiese mettendogli una mano nei capelli.
“Ti voglio bene, Ran.”
Quell’intonazione aveva fatto perdere un battito alla ragazza.
“Anche io, Shinichi.”


                                                                                                                                     

 

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