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Autore: Colli58    01/09/2014    6 recensioni
Ryan sorrise e si voltò verso Esposito mormorando.
“Siamo patetici. Quasi mendichiamo per del cibo.”
Esposito non si fece abbindolare. “Ehi, siamo al lavoro da ore. Un amico se è tale porta cibo per tutti… non solo per…”
“Bada a come parli Espo.” Lo richiamò Kate sorridendo. Gli fece l’occhiolino divertita e finalmente sazia.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Javier Esposito, Kate Beckett, Kevin Ryan, Richard Castle, Victoria Gates | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Achab Story'
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“Dai dimmi cosa è successo. Espo…” Disse Castle inseguendo Esposito in tono petulante. Aveva capito che era successo qualcosa, ma perché nessuno gli aveva raccontato nulla?
Esposito sistemò i documenti cercando di ignorare Castle.
“Senti non è stato nulla di che, ma quel pezzo di merda sembra non voler capire che deve stare al suo posto.” Si voltò e vide lo sguardo serio di Castle su di lui.
“Raccontami...” ripeté lamentoso.
Esposito scosse il capo sorpreso. “Ma davvero Beckett non ti ha detto nulla?” Castle negò con il capo.
“E’ uno scherzetto che si faceva ai pivelli troppo esuberanti: una nottata passata impacchettato come si deve nell’archivio delle prove.”
“Kate ha partecipato?” Chiese lo scrittore con un tono risoluto.
Esposito sorrise beffardo. “Ne è stata la regina… Beckett vecchio stile.” Disse e allungò una mano per battere il cinque su quella di Castle che non arrivò. Lo guardò con stupore. Castle sembrò rimuginare.
“Sono andati alle mani?” Chiese sgranando gli occhi. “Quando?”
Esposito indicò il corridoio. “La sera stessa della vostra rissa. Kate lo ha messo ko senza che lui potesse obbiettare… Poi lo abbiamo confezionato per bene e messo a frollare in archivio per tutta la notte imbavagliato e ammanettato ad una sedia.
Esposito notò gli occhi lucidi di profondo orgoglio di Castle misto a qualcosa d’altro. Era apprensione? Poi scosse la testa sorridendo.  “Gli ha fatto del male bro, una bella ginocchiata nei gioielli…” Castle fece una smorfia di dolore e si appoggiò alla parete. 
Esposito non capiva il suo turbamento. Di solito si galvanizzava per la forza di sua moglie, ma stavolta non era del tutto entusiasta. Era troppo silenzioso.
“Castle… ma stai bene?” Chiese quindi allo scrittore che si guardava le mani.
“Lo sai com’è fatta no, certi torti non possono essere ignorati…” Spiegò pensando che forse c’era una ragione per cui Beckett non aveva detto nulla a Castle. Magari era proprio stata lei a non volerglielo far sapere, per non ferire il già ammaccato ego di Castle sulla sua capacità di fare a botte. No, quello non era il suo modo di usare al meglio le mani e in effetti Beckett lo aveva anche ripreso per averlo mandato in palestra dal suo amico Pitt.
“Certo che lo so. Approvo, che dire!” Esclamò Castle all’improvviso, come togliendosi da una trance. “Però…”
Il viso dell’amico era un mix di sorpresa e curiosità.
“Javi, posso chiederti di cercare di evitare che Kate… per il prossimo futuro… si metta a fare a botte con qualcuno?”
Sorpreso della richiesta Esposito squadrò l’amico con interesse. “E come potrei? E’ un poliziotto! E poi è così divertente in certi casi…”
Castle si morse le labbra. Non voleva svelare ancora la notizia ai colleghi, non senza di lei, ma Kate era una donna che non si risparmiava nel suo lavoro. Avrebbe dato sempre il 100% e nelle sue attuali condizioni non era certo un bene. Non voleva metterla sotto una campana di vetro… o forse sì, su quel particolare argomento si sentiva un po’ confuso, ma doveva comunque cercare almeno di ridurre al minimo i rischi. Non era poi pretendere troppo.
“Vedi, lei…” Iniziò a dire cercando il modo migliore per spiegarsi, ma non terminò la frase. Qualcuno di schiarì la voce e voltandosi trovò La Gates in piedi di fronte a lui. Deglutì sorpreso e anche un po’ perplesso. Doveva andarsene? “Ok, non mi tratterrò ancora molto…” La sua giustificazione sembrò non interessare il capitano.
“Signor Castle, mi segua per cortesia. Detective, dica a Steve Denver di raggiungere il mio ufficio.” Non attese risposta. Si voltò e tornò sui propri passi con andatura decisa.
Castle seguì il suono cadenzato dei tacchi della donna oscillando la testa allo stesso ritmo. Incrociò Kate lungo il corridoio e lei lo bloccò qualche secondo. Aveva indubbiamente bisogno di redarguire suo marito prima che andasse in pasto al leone.
“Che succede?” Chiese lui e Kate sorrise. “Tranquillo, non ti mangerà. Però cerca di non reagire e soprattutto non cadere nella trappola delle provocazioni di Denver…” Gli mise un mano sul petto per tranquillizzarlo.
“Andrà bene se resta calmo. Ok? E non fare battutacce...”
“Io non faccio battutacce, soprattutto su questioni serie come questa!”
Kate gli schioccò uno sguardo di fuoco. “Non fare come tuo solito almeno…”
Castle annuì sconsolato. Riusciva solo a pensare che il capitano volesse operare un chiarimento definitivo sulla sua situazione. “Farò del mio meglio.” Rispose con un sorriso dolce. Alla sua meravigliosa donna non sapeva negare nulla e quello sforzo valeva la pena di essere fatto per riconquistare il suo posto al distretto accanto a lei. Ci sarebbe stato tempo dopo per parlare della vendetta ai danni di quel maiale.
Entrò per primo e attese in piedi che il simpaticone si facesse vivo.
“Ehi, la mammoletta è di ritorno?” La sfacciataggine di Denver venne congelata dallo sguardo freddo del capitano.
“Zitto Denver, ora parlo io e lei apre bene le orecchie. Signor Castle…” annuì con il capo verso lo scrittore che non emise un fiato.
“In questo distretto ho un problema di organico e ho bisogno di tutti gli uomini disponibili.” Esordì alzandosi e camminando in tondo davanti e alle loro spalle.
“Quelli con stipendio…” E indicò con un gesto della mano Denver, “e quelli volontari…” aggiunse in direzione dello scrittore.
“Ma non ho alcuna voglia di avere a che fare con dei puerili litigi perché le persone non sanno stare al proprio posto.” Disse giocherellando con gli occhiali.
“Non desidero dover rivivere l’incresciosa situazione della settimana scorsa, ne desidero che questo distretto sia sotto osservazione per problemi interni con il personale. Non arriverò a tanto quindi vi informo che sarò rapida e decisa. Il primo che sgarra esce da quella porta e da questo posto in via definitiva.”
Lasciò alcuni minuti a decantare le proprie parole in modo che fossero ben chiare ai due uomini di fronte a lei. “E la carenza di personale sarà l’ultima cosa a cui penserò.” Aggiunse con sarcasmo.
“Signor Castle, le sono grata per non aver sporto denuncia, ma sono anche certa che il suo comportamento sarà sicuramente professionale d’ora in poi, lasciando da parte le questioni personali. Se dovesse…” Si girò verso Denver e lo congelò nuovamente con lo sguardo. “Se solo dovesse avvenire qualcosa che disturba lei o sua moglie in modo personale e non attinente alle attività del distretto, gradirò essere informata e agirò di conseguenza. Ma lei si guardi dall’agire contro un ufficiale di polizia.”  Castle aprì la bocca e scosse il capo. “Ne pagherò le conseguenze. Ma… non deve… più succedere…” replicò secco scandendo le parole.
“Se accadrà ancora, mi comporterò da privato cittadino e muoverò ben precise accuse contro il detective. Non mi limiterò a lasciargli lividi in faccia.” Si voltò verso Denver. “Ho molti buoni avvocati…” Disse con un sibilo.
Gates annuì perplessa. “Sì, signor Castle. E’ suo pieno diritto...”  
Denver sbuffò restituendo a Castle un’occhiataccia.
“In quanto a lei…” Iniziò a dire rivolta al detective, “smetterà di comportarsi come un idiota, si rimetterà agli ordini del detective capo Johnson e farà quello che ci si aspetta da lei. Avete un caso da risolvere, spero si dia da fare.”
Denver, vedendosi surclassato in un ruolo che dava per scontato, reagì replicando con stizza.
“Nel mio vecchio distretto ero a capo della mia squadra!”
La Gates sorrise sprezzante. “Non qui. In questo distretto lei ha perso dignità e punti con il suo comportamento grezzo e incivile. Lei farà quello che dico oppure…” Indicò la porta con un gesto secco e imperioso. Un sorriso fece capolino sul viso di Castle che cercò a fatica di reprimere. Si beccò un’occhiataccia dal capitano. Il suo entusiasmo si raffreddò. Come aveva detto Kate non doveva reagire, doveva restare calmo anche nell’entusiasmo.
“Detective, lei porterà rispetto alla sua collega Beckett e a suo marito. Il signor Castle è un nostro valido collaboratore, oltre ad essere il marito di Beckett, e come tale lei lo deve considerare. In questo distretto e sotto il mio comando, il matrimonio è un’istituzione che ha ancora il suo profondo valore e intendo preservarlo.” Il capitano si fermò davanti a Denver guardandolo in viso con durezza.
“Valido?” Interloquì Castle in un momento di euforia dato da quell’improvviso, quanto inatteso, complimento da parte del capitano. Lei fece un sorriso forzato. “Signor Castle?”
“Mi scusi…” disse agitando le mani in segno di resa.
La Gates continuò a parlare girando intorno a loro.
“Quindi…” Disse riprendendo il filo del discorso, “se non le sta bene potrà fare richiesta di essere reintegrato nel suo vecchio distretto. Nel qual caso spero che in sostituzione mi mandino qualcuno di meno… molesto.” La voce della Gates era sprezzante e il ritmo cadenzato era usato con grazia per sottolineare gli aggettivi scelti con cura per la situazione. Il detective non sembrava comunque gradire la situazione, del resto pareva tutta a suo sfavore. Castle abbassò lo sguardo e pensò a quanto fosse notevole la fierezza espressa da quella donna, così come altrettanto notevole era la sua integrità di poliziotto. Beckett era decisa allo stesso modo e riuscì a immaginarla con chiarezza nei panni della Gates, in un futuro non troppo lontano, a comandare un dipartimento di polizia. Sarebbe stata grandiosa. E poi con Beckett nella posizione di capitano chi poteva allontanarlo? Deglutì senza voltarsi a guardare lo scontro tra i due.
Sentiva Denver respirare velocemente, segno che fosse piuttosto nervoso. Castle rimase impassibile, per quanto gli riuscì. Quel discorso gli stava conferendo il diritto di rientrare al lavoro al distretto. Era più di quanto avesse sperato dopo otto giorni di lontananza e silenzio.
“Signor Castle può riprendere servizio in compagnia di sua moglie. Mi raccomando. Si ricordi che questo posto non è una sala giochi. Questo è un ambiente piuttosto duro e lei dovrebbe averlo già capito.” Castle annuì. Eccome se lo aveva capito, lo aveva vissuto sulla sua pelle per lunghi anni, e sapeva che la filosofia del porgi l’altra guancia in quel posto non pagava mai. La Gates lo stava congedando così lui ringraziò ed uscì con un sorriso compiaciuto stampato in viso.
La Gates tornò a camminare verso al sua scrivania, ma con Denver non aveva finito. C’era qualcosa di personale che aveva bisogno di chiarire con quello zoticone.
“So che lei è stato vittima di un po’ di… intrattenimento vecchio stile, chiamiamolo così. Che le hanno fatto? L’hanno chiusa nell’archivio per una notte?” Chiese senza modificare il suo tono divertito.
Denver si mosse indeciso su cosa dire. Il capitano sapeva tutto? Era d’accordo con gli altri?
“Lo so, quello è uno scherzetto per pivelli…” Spiegò dando voce ai dubbi ben leggibili sul volto dell’uomo.
“Beh erano in tre...” Replicò per chiarire. Era stato sopraffatto.
La Gates fece un sorriso acido. “Non faccia la vittima… Non le si addice.”
“Fa la morale a me e queste cose le tollera?” Denver scosse il capo.
“Ufficialmente io non le so.” Gates mimò le vigolette con una mano. 
“Ma questa volta le dico anche il perché le ho volute sapere.”
“Spari. Sono curioso…”
“Per prima cosa mi sembra il minimo da parte del detective Beckett per averle messo le mani addosso. E’ stata ancora gentile, io sarei stata meno tenera.” Disse allontanandosi dall’uomo.
Denver strinse i denti e scosse il capo. Troppo potere a quelle due.
“E’ una questione di rispetto e di limiti, e io qui ho occhi e orecchi dovunque.” Aggiunse cercando di fare il punto. Storse le labbra e si sistemò gli occhiali.
“I più dicono che lei debba ringraziare il signor Castle che ha… reso Beckett più morbida.” La Gates andò a sedersi alla sua scrivania. “So che c’è stato un giro di scommesse, ma questa mania devo ancora riuscire ad estirparla. Scommettevano sul tempo impiegato da Beckett a vendicarsi. Pare abbia vinto Gore, del settore informatico.”
Lo stupore sul viso del detective si andava via via amplificando mentre lei elencava tutte le informazioni. Doveva saperlo, lei era il capitano: era informata su tutto quello che accadeva nel suo distretto. Fece una smorfia di disgusto.
“Oh andiamo, per una pacca amichevole sul culo ne state facendo una tragedia!” Sbottò Denver cercando di giustificarsi. La situazione era inutilmente degenerata. Non era la prima volta che lo faceva e non sarebbe stata l’ultima ed una scazzottata con un marito geloso non era certo una novità.
Il Capitano sbottò innervosita. “Le sue attenzioni ossessive non gradite sono una tragedia…”
“Sa, posso accettare che in un ambiente duro gli uomini non vadano d’accordo. Che abbiano modi di pensare diversi o che si sentano in competizione…” Lo guardò negli occhi e Denver sembrò capitolare un po’ nel suo atteggiamento da superuomo.
“Noi siamo poliziotti, abbiamo una vita difficile e posso capire che le tensioni e la violenza dell’ambiente in cui lavoriamo spesso generino conflitti, ma non posso… davvero non posso accettare che lei mi crei un problema di natura comportamentale per l’interesse su una donna… Interesse morboso per una donna che evidentemente non desidera le sue attenzioni.”
Denver si mosse facendo qualche passo e umettandosi nervosamente le labbra.
“Lo scrittore, è stato lui a iniziare, io non ho alzato le mani su di lui. E poi chi diavolo è per avere il diritto di mettere le mani addosso a me? Un agente di polizia?”
Replicò amareggiato e mantenendo sempre quel tono sprezzante che la Gates continuava a detestare.
“Si sta ascoltando vero?” La Gates non gli lasciò il tempo di reagire.
“Il signor Castle è qui per diversi motivi. Il principale è l’essere un collaboratore del tutto gratuito e particolarmente efficace. Il Team di Beckett ha risolto casi che lei nemmeno può immaginare, alcuni sono addirittura classificati dall’FBI. Quindi se l’è… ampiamente meritato il diritto a stare qui. E se lo ripete là fuori lei è licenziato.” Denver deglutì confuso. “Non ho capito.” Replicò.
“Immagino.” Sentenziò il capitano. “Ma a parte questo, il sindaco potrebbe diventare all’improvviso suo nemico. Io non ho voglia di avere guai a causa sua. Soprattutto con il sindaco. Chiaro?”
L’uomo annuì.
“Ma la cosa che più mi urta è quello che lei sta pensando di fare…” Continuò fredda. “Lei sta deliberatamente cercando di mettersi in mezzo ad una coppia che stimo e apprezzo. Ho partecipato al loro matrimonio. Ho visto dolore, fatica e sangue in quei due prima di arrivare dove sono ora. Ho vissuto con loro alcune vicende personali e non le permetterò di fargli del male.” Disse a bassa voce.
Pensava alla Beckett donna, al suo dolore, alla sua storia e a quel giorno terribile in cui pensava di aver perduto l’amore della sua vita. Una vicenda così crudele da lasciare il segno anche in lei. Avevano dimostrato una resistenza inaudita, una tenacia degna di nota e da semplice donna provava ammirazione per loro.
Ed aveva capito che c’era aria di novità. Non era ancora arrivato il momento di renderla partecipe ma l’atto stesso di iscriversi al concorso per ufficiali da parte di Beckett era arrivato in un momento perfetto. Non era una coincidenza, non credeva minimamente che lo fosse.
Denver abbassò il capo sempre rimanendo sulla difensiva. Cominciò a farsi un’idea precisa sulla situazione. Il capitano li stava proteggendo, come tutto il resto del distretto. L’irlandese lo aveva giusto avvertito poco prima, ma non immaginava che la cosa fosse tanto estesa. Quelli erano la mascotte del distretto, o meglio ne erano il cuore. Nel suo vecchio distretto c’era un detective, un veterano con cui un po’ tutti avevano lavorato e che aveva insegnato loro il mestiere. Tutti volevano bene al vecchio Talbot. Certo non era uno schianto di donna come Beckett ma il concetto era simile. Molestare Beckett e consorte era considerato tabù in quel posto.
E poi lo scrittore si era comprato tutti con una macchina del caffè espresso e chissà che altro.
Alzò le mani in segno di resa. Ma la Gates non era ancora del tutto a posto. Un’ultima sentenza uscì dalle sue labbra prima di congedarlo.
“Umanamente lei mi fa ribrezzo, ma su questo posso soprassedere se farà il suo lavoro come si deve. Ora torni a lavoro.”

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Rieccomi qui con un nuovo capitolo. Mi piace la Gates!

 
  
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