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Autore: SafeAndSound_    02/09/2014    3 recensioni
Solo ora comprende l'inutilità di tutti quegli schemi.
Così, ironicamente, decide di dividere, catalogare, l'ultima cosa gli è rimasta e che sta per perdere: la sua vita.
Non in modo ordinario.
Ripensa alla Granger, lascia che i sentimenti che prova per lei occupino la sua mente, non lotta, lascia che vincano loro, per una volta.
I suoi tratti fieri, gli occhi, il carattere, i capelli indomabili, il suo profumo..
Decide di suddividere la sua vita in stagioni.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger, Severus Piton | Coppie: Draco/Hermione
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VI libro alternativo
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[Questa storia partecipa al "Tormenti e ossessioni - Draco Malfoy Contest - di MaryScrivistorie]



 

A drop in the ocean


 

"A drop in the ocean,
a change in the weather
I was praying that you and me might end up together.
It's like wishing for rain as I stand in the desert,
but I'm holding you closer than most."





A Martina,
ti voglio bene












Draco Malfoy basa la sua vita su schemi, ordine, puntualità ed emozioni catalogate e smistate nella sua testa, ciascuna con un proprio nome.
Fin da piccolo è stato cresciuto in luoghi perfettamente controllati, circondato da gente scelta appositamente dai suoi genitori, in particolare da suo padre. Quindi, se dovesse descrivere la sua vita, basterebbe una sola parola: ordinaria.
In sedici anni, tralasciando alcune eccezioni, tutto nella sua vita si è svolto come doveva svolgersi.
Ad essere proprio precisi, si è svolto tutto secondo i piani di Lucius Malfoy.
Mai che suo figlio Draco abbia avuto scelta.
Di certo non ha avuto una vita come di Potter, suo nemico da quando, il primo anno ad Hogwarts, il ragazzo che è sopravvissuto ha rifiutato di diventare suo amico, scegliendosene altri. Questo si aggiunge alla lista dei motivi per cui Draco lo invidia: ha potuto fare delle scelte. Non lo dice a nessuno, però, perché superficialmente lo odia. La stessa cosa vale per Lenticchia e la Granger – vorrebbe riuscire a chiamarla con nomignoli dispregiativi anche nella sua testa, ma proprio non ci riesce -; per quest'ultima, infatti, le cose sono diverse, i suoi sentimenti sono diversi. Se c'è una cosa che Draco ha imparato, infatti, è che non tutto va come deve andare.
O come suo padre vorrebbe che andasse.
Arrivato a questo punto della sua vita, quindi, Draco Malfoy si sente in gabbia, intrappolato, marchiato; e lo è. Lo hanno marchiato.
Spesso pensa che se non avesse fatto tutto quello che suo padre gli ordinava, fidandosi ciecamente dell'uomo che prometteva di proteggerlo e di garantirgli un futuro, la vita di Draco sarebbe perfetta.
«Fidati di me, figliolo» ripeteva Lucius, «esercitati a far del male a questo topo, proprio come fa tua zia Bella» gli diceva, anzi ordinava, quando aveva dodici anni.
«Quando il Signore Oscuro tornerà avrai un futuro, sarai un uomo importante, avrai qualcosa di importante da fare, non come tutti gli altri» gli aveva detto quando ne aveva quattordici.
Ora, in effetti, un ruolo ce l'ha. Peccato che non ha un futuro.
Il Signore di suo padre, ormai anche suo, gli ha dato un compito impossibile da portare a termine solo per vendicarsi del fallimento di suo padre.
Un compito che lo ha fatto agire da assassino, un compito che lo farà diventare un assassino.
Vorrebbe poter scegliere, poter dire di no, ma non può.
«Hai un anno di tempo, Draco, se fallirai ucciderò te e tutta la tua famiglia» gli aveva detto Voldemort con quel tono di voce viscido, sorridendogli in quel modo spaventoso.
«Come desidera, mio signore» gli aveva risposto allora lui, cercando di mantenere ferma la voce, inchinandosi a lui, inchinandosi alla morte.
Uccidere.
Deve uccidere.
Non una persona qualunque – sarebbe stato orribile, ma non allo stesso modo -, no, Albus Silente.
Si sdraia sul letto del suo dormitorio, sapendo che non riuscirà a dormire.
Quando si trovava a Malfoy Manor la villa era sempre piena di Mangiamorte, non riusciva più a sentirsi a casa. Con sua madre parlava sempre meno, gli diceva che doveva essere grato per ciò che aveva, ma la notte la sentiva piangere.
E ancora l'anno precedente, in casa sua non si faceva altro che parlare di Lord Voldemort e delle sue vittime recenti e si sentivano le urla delle vittime di sua zia.
Solo Silente, ad Hogwarts, riusciva a farlo sentire a casa, per quanto gli costasse ammetterlo.
Ora invece deve ucciderlo, compito che diventa più difficile ad ogni tentativo.
Gli è rimasta una sola possibilità.
Sospira.
Solo ora comprende l'inutilità di tutti quegli schemi.
Così, ironicamente, decide di dividere, catalogare, l'ultima cosa gli è rimasta e che sta per perdere: la sua vita.
Non in modo ordinario.
Ripensa alla Granger, lascia che i sentimenti che prova per lei occupino la sua mente, non lotta, lascia che vincano loro, per una volta.
I suoi tratti fieri, gli occhi, il carattere, i capelli indomabili, il suo profumo..
Decide di suddividere la sua vita in stagioni.
È indeciso se scriverlo da qualche parte, magari iniziando così un diario, o se invece tenersi tutto dentro di sé quando sente bussare alla porta.
L'anno precedente è stato nominato prefetto, così ha una stanza personale; pensare che Silente si sia fidato di lui lo fa sentire ancora peggio.
Si alza sbuffando, pronto a mandare via Zabini – può essere solo lui, alle nove di sera.
«Buona sera, Malfoy» infatti il ragazzo entra senza il bisogno di un invito, con il solito sorriso impertinente sul volto.
Draco lo saluta con un cenno del capo, «Cosa c'è?»
Non cerca nemmeno di fingersi disponibile, con Blaise non ce n'è bisogno.
Infatti il suo amico sbuffa, non smettendo però di sorridere di proposito, in modo da farlo innervosire: «Ti ho già detto che diventi ogni giorno più scorbutico?»
Il biondo alza gli occhi al cielo, vorrebbe sorridere ma la stanchezza e lo stress glielo impediscono. «Me lo dici sempre. Ora, se ti dispiace, vorrei andare a dormire, sono piuttosto stanco», il che è vero, in parte.
Non riesce a dormire, non ci riesce più.
Zabini non ci crede, ma non gli fa domande, sa che comunque non riceverà risposta.
«Beh, mi sa che non andrai a dormire, mi dispiace. Mi ha mandato Piton, vuole parlarti» detto questo si avvicina alla porta, scrutandolo.
Lo sa che qualcosa non va.
Ma Draco non gli dice cosa, è freddo, di ghiaccio, come i suoi occhi.
Si potrebbe descriverlo anche come “puro”, ma non lo è più, anche se nessuno lo sa.
«Oh»
Non nasconde di essere rimasto sorpreso.
Se l'aspettava, in realtà, dopo il tentativo di avvelenare la bottiglia di idromele destinata a Silente, ma non pensava che Piton lo avrebbe chiamato davvero.
«D'accordo, ci vado subito»
Sperava che il professore, una volta saputo che Ron Weasley è stato avvelenato, non avesse pensato subito a lui.
Evidentemente l'aveva fatto, però, così sospira - di nuovo - e si avvia verso il suo ufficio.
Una volta arrivato bussa, ricevendo subito un «avanti» come risposta dalla voce strascicata di Piton.
«Desiderava vedermi, professore?» chiede, in modo da sembrare cordiale, nonostante non provi più il rispetto che provava per l'uomo negli anni precedenti.
«Sì, Draco, siediti»
Piton fa tutto ciò che che Draco si aspettava che facesse.
«Immagino tu sappia perché ti ho fatto chiamare», gli dice, guardandolo negli occhi come se volesse guardarlo dentro. Quello sguardo lo fa sentire a disagio, sa che potrebbe leggergli la mente e la cosa lo spaventa.
Nonostante questo, continua a far finta di niente. «Veramente no. Me lo dica lei» torna ad usare il suo tono acido, aggiungendo «signore» in maniera ironica, stavolta.
Piton continua a fissarlo. «So cosa stai passando, Draco, e voglio aiutarti»
Si aspettava anche questo. Gliel'aveva già detto.
È uno dei motivi per cui disprezza Piton. Vuole aiutarlo, ma non gli dice perché. Draco pensa che voglia farlo perché lo voleva lui quel compito, visto che è il traditore per eccellenza: ha mentito a Silente per tutto questo tempo.
Si sente comunque ridicolo ad avercela con lui perché fa il doppio gioco con il preside, visto che è la stessa cosa che sta facendo lui.
Non risponde. Rimane in silenzio, a fissare a sua volta Piton, sperando che lo lasci andare. Ha da pensare al suo ultimo tentativo, deve fare un piano e deve suddividere la sua vita in stagioni.
Solo a pensarci gli viene da sorridere.
Sa che, se continua così, fallirà. Ma sa anche che fallirà comunque, è tutto scritto.
È un perdente dall'inizio.
«Posso farlo io al posto tuo, lo sai. Lasciati aiutare» insiste Piton.
Draco sospira. Questa parte della sua vita è sicuramente inverno.
È in gabbia, sta per fallire, sta per morire.
«È questo che non capisco, professore. Perché ci tiene così tanto ad aiutarmi?»
gli risponde, come gli ha risposto anche l'ultima volta.
Mentre osserva Piton combattere una guerra contro sé stesso per decidere se dirgli perché per lui è così essenziale aiutarlo, Draco continua la sua suddivisione, concentrandosi sulla parola “essenziale”.
È inverno anche perché deve continuare a escogitare piani per uccidere un uomo che non vuole assolutamente uccidere, piani che lo tengono lontano dall'unica cosa, o persona, in questo caso, che gli interessa e considera essenziale: Hermione Granger.
Ogni volta che pensa a un piano che potrebbe funzionare, si allontana sempre di più da lei, dal bene.
È come se fosse tornato ai primi anni ad Hogwarts, a quando le lanciava insulti gratuiti, convinto che fossero più che meritati, visto quello che gli stava facendo.
Si sentiva quasi oltraggiato, perché lei, che era tutto ciò da cui suo padre lo aveva messo in guardia, lo faceva pentire di essere come era, comportandosi in quel modo fiero, lottando per le giuste cause, dimostrando di non essere inferiore a causa del suo sangue; ogni volta che la offendeva, voleva correre subito a consolarla: era per questo che credeva che la Granger si meritasse tutti i suoi insulti.
Le cose da allora sono comunque cambiate, tutto era molto meglio prima.
Per questo decide che quel periodo era primavera.
Era confuso per quello che provava per la Granger, ma almeno ci parlava e non aveva un compito impossibile da portare a termine, non era poi così distante da lei.
«Ho fatto il Voto Infrangibile. Tua madre mi ha chiesto aiuto, ti basti sapere questo», Piton lo fa tornare alla realtà.
Questo non se lo aspettava.
Tutti quei «sii grato per la possibilità che il Signore Oscuro ti ha dato, Draco» erano falsi, quindi. Nemmeno sua madre era felice. Avrebbe dovuto immaginarlo da tutti quei pianti, avrebbe dovuto immaginare il suo dolore; ma come al solito aveva pensato principalmente a sé stesso, credendo di essere l'unica vittima della situazione.
Piton continua a guardarlo come se potesse leggergli dentro, e Draco ha paura che l'uomo capisca quanto sia vulnerabile. Così raccoglie velocemente i pezzi del suo cuore spezzato e ribatte: «agire al posto mio, inoltre, farebbe in modo che lei venga ancora più rispettato da Voldemort, non è così?»
Non riesce a definire Voldemort Signore Oscuro come non riesce a farsi aiutare da Piton. Cosa succederebbe, poi? Lui morirebbe, e così anche la sua famiglia.
Solo a pensarci gli vengono i brividi, tutto intorno a lui si raffredda, come se fosse davvero inverno.
Invece, ironicamente, la primavera è alle porte.
Piton scuote la testa, lo fissa ancora a lungo prima di dire «non mi lasci altra scelta. Se non vuoi condividere i tuoi piani con me, dovrò ottenere informazioni in un altro modo» e la paura di Draco si avvera.
Nel momento in cui Piton prende la bacchetta e urla «Legilimens!» il ragazzo vorrebbe piangere, non per i suoi piani – certo, sarebbe un problema - , ma per tutti gli altri pensieri. Cerca di svuotare la mente senza riuscirci, troppo preso dall'ansia.
Si trova in una stanza aspettando di essere smistato insieme a tutti gli altri allievi del primo anno. Chiede a Potter di diventare suo amico, e prova di nuovo l'invidia che aveva provato allora nei confronti del bambino che può fare le sue scelte.
È al binario nove e tre quarti e vede una bambina con dei folti capelli riccioluti, e come allora sente qualcosa nello stomaco, di nuovo quella sensazione stranamente piacevole.
Si trova nel cortile di Hogwarts, sta ridendo e un secondo dopo è sconvolto perché la Granger gli ha tirato un pugno. Si sente come si era sentito in quel momento: vorrebbe odiarla, ma non può.
Si trova a Malfoy Manor, nella sala, circondato dai suoi familiari e da Voldemort. Sta per essere marchiato. Non vorrebbe, ma non può scegliere.
È nella sala comune di Serpeverde quando all'improvviso entra uno studente del secondo anno dicendo che Katie Bell di Grifondoro è stata mandata al San Mungo per via di una maledizione. La sensazione di aver fallito si impossessa di Draco, seguita da uno strano senso di colpa.
È nella stanza delle necessità, cammina velocemente per la stanza con una mela in mano. Sa già cosa sta per succedere, che cosa vedrà Piton.
Cerca di nuovo di svuotare la mente. Si rilassa.
Pensa al bianco. Il bianco è un colore neutro, secondo lui è il colore del nulla.
Si ritrova nello studio di Piton. Ce l'ha fatta.
Piton serra le labbra, e come prima lo guarda.
Stavolta Draco si sente nudo, perché l'uomo ha visto quello che nessuno doveva vedere o sapere.
Dopo aver sentito di nuovo tutte quelle sensazioni, sente che potrebbe scoppiare.
Capisce che il suo cuore non si può più spezzare: non si può spezzare un cuore già spezzato.
«Vuoi parlarmene?»
Il ragazzo non sa se l'uomo gli sta chiedendo di parlargli di quello che prova o di cosa ha in mente per portare a termine il compito, ma in la risposta è la stessa in entrambi i casi: «No».
«Come vuoi. Ma è necessario, Draco» e di nuovo alza la bacchetta.
Sta per pronunciare tutta la formula, quando Draco lo interrompe: «protego!»
Stavolta è lui che vede cose di cui non dovrebbe essere a conoscenza.
Vede l'infanzia difficile di Piton, l'adolescenza altrettanto difficile, tutto è scuro, tranne che per un particolare. Come una luce infondo ad un tunnel.
Una ragazza con i capelli rossi e gli occhi intensi che gli sorride. Sente quello che ha provato Piton allora, emozioni forti, come il dolore che prova subito dopo.
Ci sono Piton e la ragazza con i capelli rossi, lui gli sta chiedendo scusa per averla chiamata in un certo modo e a quel punto Draco capisce e si sente più vicino che mai a Piton. Altro dolore, stavolta più forte mentre il suo professore abbraccia il corpo senza vita della donna di prima.
Poi il vuoto.
Draco si ritrova a sedere sulla poltrona davanti alla scrivania, sconvolto quasi quanto l'uomo che è dall'altra parte.
Dopo tutto quello che ha visto, vorrebbe quasi chiedergli scusa.
Severus Piton scuote lentamente la testa, i capelli neri e unti che gli incorniciano il volto più pallido del solito. Ha già passato una cosa simile l'anno precedente, anche se aveva reagito in modo diverso.
«Come vuole, signorino Malfoy. Torni nella sua camera» dice in tono gelido, allontanandosi da lui. L'inverno è tornato nella stanza.
Draco si alza senza dire una parola e si incammina verso il dormitorio dei Serpeverde.
È ancora sconvolto, perché non pensava di essere così simile a Piton.
Ripensa all'ultima immagine che ha visto, sentendo ancora il dolore di Piton addosso, promettendo a sé stesso di non arrivare mai a provare un dolore del genere.
Non vuole finire così.
Si sente addirittura fortunato, perché è ancora in tempo per cambiare le cose.
Entra nella sua camera, del tutto consapevole che da questa sera le cose cambieranno. Sa che non concentrandosi del tutto sul suo piano fallirà, ma ha appena scoperto che esistono modi di fallire ancora peggiori.
Si sdraia sul letto senza cambiarsi, tanto non riuscirà comunque a dormire.
Ricorda i giorni in cui, quando era piccolo, sua madre lo portava in giro con lei, al parco giochi e lo lasciava correre e giocare, senza assicurarsi che fossero tutti maghi, perché lei non era come Lucius. Lei, prima di tutto, amava suo figlio.
Quei giorni vengono subito definiti da Draco estate.
Quando tutto era tranquillo e non c'erano ancora così tante regole.
Si sofferma sul ricordo di sua madre, sul suo sorriso dolce, ed è forse per questo che si concentra sul suo piano, la sua ultima possibilità: l'armadio svanitore nella stanza delle necessità. Ha fatto due tentativi, per ora, e l'oggetto è svanito solo per metà.
Deve lavorarci ancora molto.
Continua a pensare a queste cose finché, all'alba, non si addormenta, venendo svegliato mezz'ora dopo dalla sua sveglia.
Non ha fatto incubi, stranamente, ma si sente come al solito: appeso a un filo.
Sa che, se continuasse a pensare solo piano, le possibilità di fallire diminuirebbero, ma comunque sarebbero ancora tante, quindi morirebbe.
E se solo smettesse di farlo, o se lo facesse in modo meno costante, morirebbe lo stesso. Solo che, probabilmente, morirebbe amato.
Si lava, osservando il suo riflesso allo specchio: è pallido, molto più del solito, con le occhiaie sotto gli occhi di ghiaccio.
Si sistema e poi si avvia in Sala Grande, accompagnato da Blaise che gli chiede se va tutto bene e lui risponde di sì, mentendo come fa ormai da mesi.
Cerca di mangiare qualcosa ma, come gli succede da giorni, ha lo stomaco chiuso. Incrocia lo sguardo della Granger un po' di volte, beandosi di quegli occhi intensi anche se per pochi secondi.
Questo ovviamente non sfugge a Blaise, ma evita di farglielo notare, come ha evitato di fargli notare che la Granger ha detto, riguardo all'Amortentia, di sentire odore di erba appena tagliata, quello che ricorda il profumo di Draco, mischiato alla menta; in quel caso non ce n'è stato bisogno, in effetti, perché il biondo se n'era accorto e infatti la sensazione piacevole e incredibilmente forte lo aveva accompagnato per giorni. Quando si trattava di lei non riusciva a dare un nome alle emozioni, e ormai si era arreso da anni.
Lei era sempre un passo avanti a lui, che continuava a perdere.
Se dovesse suddividere la vita in vittorie e sconfitte, però, non è sicuro di dove metterebbe la Granger, anche è piuttosto convinto di poterla mettere nella prima categoria.
Così Draco passa il resto della giornata a lezione, pensando alla scelta che dovrà fare.
A quanto pare però il destino ha già scelto, perché non dev'essere un caso che si ritrovi faccia a faccia con la Granger, dopo la fine delle lezioni, mentre è diretto alla Stanza delle Necessità.
La ragazza sembra decisamente triste, e Draco si sorprende del fatto che, per una volta, la colpa non è sua.
Si guardano, stavolta senza tutta la gente della Sala Grande in mezzo, mentre il ragazzo ripensa a com'è finito Piton, a tutto quel dolore che era troppo per una sola persona e pensa – non per la prima volta – che la Granger possa leggergli nel pensiero, che provi anche lei lo stesso dolore, perché sussurra il suo nome e lui sussurra il suo.
Dopodiché Draco, preso dalla disperazione, o forse dalla follia, l'attira a sé e la bacia, decidendo che Hermione – Hermione – è decisamente una vittoria, migliore di quando era riuscito a volare per la prima volta su una scopa, di quando, la sera prima, è riuscito a svuotare la mente e di tante altre vittorie; e quasi non è più inverno, è autunno, ma potrebbe essere anche primavera.
Come sempre, quando si tratta di lei, non ha uno schema preciso da seguire, niente è chiaro, è sempre un passo indietro rispetto a lei.
È un perdente, in confronto, ma quando si lasciano si ritrova a pensare, guardandola, che alcune sconfitte sono più trionfali delle vittorie.

  
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