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Autore: altan    02/09/2014    3 recensioni
John se ne stava tranquillamente spaparanzato sulla sua poltrona a sorseggiare del tè caldo e a leggersi un vecchio libro. Quando, tornato dall’ambulatorio, si era accorto che il suo coinquilino non era in casa, non aveva impiegato più di un paio di secondi a decidere che le pulizie potevano aspettare e che in frigo c’era ancora abbastanza cibo commestibile da non richiedere che si recasse al supermercato più vicino a comprare qualcosa, litigando così con la cassa automatica che – John ne era sicuro- ce l’aveva a morte con lui per qualche motivo.
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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John se ne stava tranquillamente spaparanzato sulla sua poltrona a sorseggiare del tè caldo e a leggersi un vecchio libro. Quando, tornato dall’ambulatorio, si era accorto che il suo coinquilino non era in casa, non aveva impiegato più di un paio di secondi a decidere che le pulizie potevano aspettare e che in frigo c’era ancora abbastanza cibo commestibile da non richiedere che si recasse al supermercato più vicino a comprare qualcosa, litigando così con la cassa automatica  che – John ne era sicuro- ce l’aveva a morte con lui per qualche motivo. Deciso che non c’era niente di così urgente da fare il dottore aveva iniziato a godersi quella tranquillità così inusuale in quella casa.
Non appena sentì dei passi salire le scale John seppe – ancor prima di vedere Sherlock entrare nel loro appartamento- che la sua pace era finita. Non appena il sociopatico iperattivo con cui si era trovato a dividere un appartamento fece il suo ingresso come un tornado John capì che non avrebbe più potuto finire di leggere la storia che aveva iniziato. Non che non la conoscesse, ma il brutto anatroccolo era stata una delle sue storie preferite fin da bambino, quando sua madre gliela raccontava per farlo addormentare, per questo nonostante fosse ormai un uomo di quarant’anni, gli piaceva leggerla ogni tanto. Gli ricordava la sua infanzia, i momenti felici, in cui sua madre, si sedeva su una sedia accanto al suo letto e con voce dolce gli leggeva quella o molte altre storie.
«Ciao Sherlock, dove sei stato?» domandò John appoggiando suo malgrado il libro di fiabe sul tavolino accanto alla tazza di tè ormai vuota.
«Mycroft» ruggì Sherlock seccato andando a buttarsi sul divano. «Se non fosse così dannatamente pigro riuscirebbe tranquillamente a risolverseli lui i suoi problemi! Invece no! Deve venire a disturbare me per ogni cosa! La prossima volta si arrangia!» si lamenta Sherlock per poi continuare a borbottare per un po’, insultando, in ordine: la pigrizia di suo fratello, la stupidità di certa gente, idioti che lasciano piani riservati del governo in giro, e ancora suo fratello per essersi rivolto a lui per un motivo così stupido, banale e noioso.
Durante la sfuriata di Sherlock – durata una decina di minuti- John se n’era rimasto tranquillamente seduto sulla sua poltrona evitando di dire qualsiasi cosa per non irritare ulteriormente il suo già impossibile coinquilino. Finita la sfuriata il dottore aveva ripreso in mano il libro, sperando che Sherlock si mettesse a fare uno qualunque dei suoi esperimenti lasciandolo libero di leggere ancora per qualche minuto. Ovviamente non fu così. Non appena il dottore riprese in mano il suo libro lo sguardo di Sherlock si puntò su di lui.
«Fiabe John? Cos’è sei regredito all’età di cinque anni?» domandò sarcastico il consulente investigativo.
Ora se John non fosse stato un uomo dalla pazienza infinita, con un indole tranquilla, e soprattutto, non fosse stato così abituato ai commenti privi di qualsiasi tatto di Sherlock, probabilmente avrebbe anche potuto offendersi, cosa che invece non successe.
«Mia madre mi leggeva sempre una storia da questo libro per farmi addormentare quando ero piccolo» spiegò John con infinita pazienza. «Avevo giusto iniziato a leggere il brutto anatroccolo quando sei entrato e visto che è una dei miei racconti preferiti ti sarei grato se, quanto meno, me lo lasciassi finire in pace»
«Il brutto anatroccolo? Mai sentito» fu l’unico commento di Sherlock.
A quel punto fu il turno di John di essere sorpreso, perché insomma chi non conosce il brutto anatroccolo?
«Come non l’hai mai sentito? È una storia famosa, tutti la conoscono» disse infatti il dottore.
«Non io» fu la risposta piccata di Sherlock.
«Ma dai è impossibile!» sbottò il dottor Watson sinceramente sorpreso. «Biancaneve e i sette nani, Cenerentola, Hansel e Gretel, Alice nel paese delle meraviglie, almeno queste le conosci vero?»
«No» fu l’unica, lapidaria risposta seccata di Sherlock che lasciò basito John.
«Come no? Che razza di storie ti raccontavano da piccolo?» domandò il dottore sinceramente curioso di conoscere la risposta a quella domanda.
«Nessuno mi ha mai letto delle storie John. Mia madre era troppo occupata a scoparsi il giardiniere, mio padre era sempre a lavoro e mio fratello non è esattamente il tipo da leggere storie ad un bambino» rispose Sherlock tranquillamente, come se quella fosse la cosa più normale del mondo. E fu allora che John si immaginò un bambino piccolo, con una massa di capelli neri ricci e ribelli e due grandi occhi azzurri, disteso su un letto troppo grande per lui, in una stanza piena di mobili tanto ricchi quanto anonimi, privi di quel calore necessario ad un bambino per crescere, con un grosso libro in mano. John lo immagina, premere forte il dito sulle pagine di un libro troppo complicato per un bimbo della sua età, per non far scappare quelle lettere che dovevano essere ancora del tutto domate dal suo super cervello. John lo vede mentre, nella solitudine della sua stanza, Sherlock con lentezza metteva insieme le lettere, ripetendole poi tutte insieme, velocemente, formando parole ancora sconosciute. Vede quel bimbo caparbio leggere in quel modo,  lento, faticoso, per ore, senza sosta, fino a riuscire a domare perfettamente lettere e parole, per leggersi quelle storie che tanto lo affascinavano e che nessuno ha mai trovato il tempo per raccontargli.
Per qualche motivo quell’immagine che la sua mente ha creato, stringe il cuore di John in una morsa di tristezza.
«Ti va se te ne leggo una io?» propone John, perché anche se Sherlock è adulto, anche lui merita che qualcuno gli racconti, almeno per una volta, una fiaba.
«Non ho tempo per ascoltare queste sciocchezze John» è la risposta di Sherlock. Ma la voce con cui pronuncia quella frase alle orecchie del dottore sembra priva della solita arroganza, e così John lo ignora, come sempre, fa quello che il suo cuore gli dice.
«Non hai niente di meglio da fare, perciò stenditi sul divano, stai zitto e ascolta». John attende che il suo reticente coinquilino faccia come gli ha appena ordinato, poi posiziona la sua poltrona vicino al divano, accanto alla testa di Sherlock, come tanti anni prima faceva sua madre con lui, e inizia a leggergli la storia di un anatroccolo brutto, maltrattato da tutti quanti, che alla fine diventa un bellissimo cigno.
Quando il dottore finisce il suo racconto Sherlock è beatamente addormentato  sul divano. John, non resistendo alla tentazione, gli fa una leggera carezza sui capelli, e un sorriso dolce gli distende labbra mentre osserva il suo coinquilino dormire. Adesso anche Sherlock può dire di aver avuto qualcuno che gli ha letto una storia.
      - FINE-

 è la prima volta che pubblico qualcosa perciò siate clementi. Mi farebbe molto piacere se mi lasciaste un commmentino anche solo per dirmi che farei meglio a darmi allo yoga :D accetto di tutto.
grazie alla prossima
   
 
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