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Autore: Sebs    02/09/2014    2 recensioni
Dal momento in cui Sebastian Moran viene cacciato dall'esercito, crede di non avere un grande futuro davanti a sé, e non crede di averne bisogno.
Ma quando un distinto sconosciuto in Westwood gli si avvicina, tutto il suo mondo comincia a girare in senso contrario...
Chi è questo tipo? E perché sostiene di aver bisogno di lui?
Genere: Angst, Introspettivo, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Irene, Adler, Jim, Moriarty, Quasi, tutti, Sebastian, Moran, Sebastian, Moran
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Tre.
 
Dopo un paio di settimane, la più importante richiesta di Sebastian non era stata accolta da Jim -voleva che lo chiamasse così, diceva che solo sua madre lo chiamava James e solo i suoi professori o i suoi vecchi alunni Moriarty.
Perché prima di diventare un maestro nel campo del crimine era un professore di liceo, Jim glielo aveva confessato perché una volta Sebastian aveva trovato nella sua posta una cartolina dell'istituto per cui lavorava.
Comunque, dopo due settimane, non si sapeva ancora niente dell'appartamento, nonostante stesse lavorando già al terzo caso.
Jim però lo telefonò un attimo prima che riuscisse a contattarlo lui. -Sebby, ho bisogno che…
-Jim, non chiamarmi così. E poi volevo chiederti quando avrò il mio appartamento. Il padrone di casa mi sfratterà a breve e...
-Appunto, compra il caffè, vengo a prenderti e ti ci porto.
Sebastian andò al bar dove lavorava prima che Jim piombasse nella sua vita e prese due caffè, uno per sé e uno per il capo. Tornò sotto casa e vide che Jim lo stava aspettando nella sua auto grigia perfettamente lucida. Lo salutò, e Sebastian entrò in auto. -Dove abiterò?
-Nel centro di Londra, bello eh? Se ti affacci appena vedi anche il Big Ben. Ho già preso le cose che erano in casa tua, quelle due scatole eccetera.
Arrivati in un quartiere poco trafficato, Jim fermò l'automobile e scortò Sebastian nel palazzo. Arrivati al piano, Jim aprì la porta dell'appartamento e fece entrare Sebastian per primo.
-Sicuro che sia questo?
-Certo, perché?
-Sembra abitato.
-Perché lo è.
Sebastian si voltò a guardare Jim con le sopracciglia alzate. Voleva farlo vivere di straforo a casa di un riccone?
La faccia innocente di Jim che guardava l'appartamento tutto orgoglioso, poi, gli faceva saltare i nervi. -Che vuol dire che è abitato?
-Vuol dire che ci abito io. Non dovrebbero andare persone intelligenti alle cariche di colonnello, nell'esercito?
Sebastian sospirò e iniziò a massaggiarsi le tempie. -Vuol dire che vivremo insieme?
-Beh, sei la cosa più vicina ad un braccio destro, e vuoi essere sempre informato delle mie mosse, quindi...
-Volevo solo essere informato dei miei casi. Quelli dove ammazzo io le persone. I. Miei. Casi.
-Avrò capito male. Stai qui o torni nel tuo appartamentino?
-Almeno avrò una camera per me?
-Certo. E avrai l'unica copia delle chiavi della tua camera, così avrai la privacy che ti serve.
-Disse l'uomo che trovò le pagelle delle elementari del sottoscritto.
Jim annuì. -Lo so, sono un po' volubile.
L'appartamento era davvero grande, e molto disordinato. Era all'ultimo piano del palazzo, e avevano un balcone più grande degli altri condomini. Jim mostrò a Sebastian la sua camera, che precedentemente era la camera degli ospiti, e gli consegnò le chiavi.
-Ti avverto che io non so cucinare e che non sono quasi mai a casa, quindi, non so, vai a qualche ristorante se hai fame. Fai venire qui meno persone possibili, cerco di non dare nell'occhio.
"Ha un'agenzia di criminali e non vuole dare nell'occhio?", pensò Sebastian. Se le sue povere sopracciglia si fossero alzate ancora, avrebbero potuto toccare la radice dei suoi capelli rossicci.
-Credo sia tutto. Fai come se fosse casa tua! Io devo andare. Divertiti!
Sebastian continuò il tour per conto suo. La cucina era ricoperta da uno strato di polvere, se non si contavano i piatti e i bicchieri che riempivano il lavabo; nel frigo, la maggior parte delle cose erano scadute; i letti erano sfatti; il bagno un disastro.
Sebastian si arrotolò le maniche, si tolse le medagliette che portava appese al collo, e iniziò a riordinare. Cercò in tutti i modi di ignorare tutto ciò che c'era fuori dalla sua stanza, ma non ci riuscì, e alla fine si mise a fare i servizi domestici. Era stato più forte di lui.
Una volta finito, ordinò i pochi capi di abbigliamento nella cassettiera in legno che c'era di fronte al letto.
Andò nella sala e iniziò a leggere del suo nuovo caso, e quando gli occhi iniziarono a sembrargli gonfi chiuse la cartella e accese la televisione. La risoluzione dell'immagine era così alta che quasi credette di aver vissuto negli anni settanta fino a quel momento.
Iniziò a sbadigliare e quasi non si accorse di essersi addormentato.
-Stai guardando "Hannibal" senza di me?
-Cosa?
Jim indicò la televisione. Un tipo con una miriade di cani aveva un'espressione agonizzante.
-Non lo spoilerare, devo vederlo in maratona. Non ti permettere!
-Ma io stavo dormendo…
-Meglio così. Maratona d'ufficio. Vai nel tuo letto a dormire, te l'ho comprato per quello.
Sebastian annuì e andò nel suo letto. Era molto più confortevole del divano, in effetti.
 
La mattina seguente, dopo essersi lavato e vestito, andò in cucina per cercare di arrangiare una colazione. La camera di Jim era chiusa, quindi stava ancora dormendo, probabilmente.
Trovò dei biscotti e li mangiò, e si appuntò mentalmente di comprare qualcosa da mangiare.
Andò in giro a tenere d'occhio un paio di persone e a fare qualche domanda.
Quando tornò a casa, trovò Jim che guardava il telegiornale e ridacchiava mangiando una ciotola di cereali.
-Sebastian, ciao. Ma tu hai solo quelle magliette con scollo a "V"?
-Sì, mi servivano per avere a portata di mano le medagliette quando ero sul…
Si portò una mano al petto e lo sentì vuoto. Una sensazione di panico gli fece sciogliere le ginocchia.
-Non è che… hai visto le mie…
-Queste?
Jim prese dalla tasca le piastrine e le tenne appese, in mano.
-Sì, grazie.
Sebastian fece in modo di andarle a prendere, ma Jim le tirò indietro. -Ho fatto qualche modifica. Tieni.
Sebastian le prese in mano, ma non notò niente di diverso. Nome, cognome, gruppo sanguigno, codice. La girò, e vide che la seconda non riportava i suoi dati, ma un'altra scritta. "J. Moriarty's Web. Tiger".
-Qui tutti hanno un soprannome, era tempo che ce lo avessi anche tu, visto che sei diventato mio. Spero ti piaccia. È ispirato da quei graffi che ti sei fatto sulla schiena. - il tono di Jim era serio, e la voce più profonda. Sembrava un altro, e Sebastian si sentiva minacciato, veramente minacciato per la prima volta da quando lo conosceva.
Anche il suo viso rotondo sembrava più affilato.
Come aveva fatto a sapere delle sue cicatrici? Lo aveva visto nudo? O era scritto nella sua cartella?
E un attimo dopo, eccolo che sorrideva di nuovo, con la sua ciotola di cereali e il suo telegiornale pieno di omicidi e criminali.
  
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