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Autore: bbboylux    02/09/2014    0 recensioni
Lei è appena tornata dalla Scozia per un matrimonio. Lui non può fare a meno di vedere quanto lei sia cambiata.
"-Mi sei mancato.- La voce incrine al pianto. La guardai negli occhi, mentre lacrime leggiadre e copiose le rigavano le guance arrosate. Gliele baciai, per asciugarle via, riservando poi quel dolce sale alle sue labbra.
Fui catapultato in una realtà parallela, un mondo di cui non avevo mai avuto percezione. Non era solo un bacio, ma una fonte di nuova resurrezione, l’inizio di una vita piena di meraviglia.
-Mi sei mancata anche tu, non sai quanto.-"
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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-Sorpresa!-
Entrò, sfoderando un brillante sorriso, il fiammante taglio di capelli e una nuova luce negli occhi. Mi sembrò, in quel momento, di non aver mai smasso di averla accanto, ma, al contempo di avere davanti qualcuno che non avevo mai conosciuto.
Erano tre mesi che non la vedevo, tre lunghi mesi passati a distrarmi tra la monotona compagnia dei libri e dei videogiochi, per scacciare il lieve sentore di depressione che lei mi aveva lasciato assieme a un’ultima notte insieme.
Non erano bastate le telefonate quotidiane o l’aver imparato a usare la videochat, mi era mancata da morire e vederla lì, ancora non mi sembrava vero.
Un saluto di gruppo la accolse, regalando a me un sorriso.
Perché, mi chiesi, perché non mi aveva detto che sarebbe tornata, o per lo meno, perché non chiamarmi prima, almeno per vederci da soli.
Uno stormo di avvoltoi la circondò: -che bel tartan!- -Che borsa meravigliosa!- -Ma hai fatto qualcosa ai capelli?-
Si, li aveva tagliati, ora le arrivavano appena sopra le spalle e erano sfumati di rosso. Si dice che quando una donna voglia dare una svolta alla sua vita, parta dai capelli, più li cambia, più la svolta è radicale. E lei mi sembrava così diversa.
Un pensiero a tutti e un saluto da Giorgio. Poi risposte su risposte, calcate da sublimi note di ilarità nella voce.
-E tu, non vieni a salutarmi?-
Tornai alla realtà. Mi stava guardando, in un misto di allegria e perplessità, quasi chiedendosi perché me ne stessi seduto sul banco, triste e solo, esattamente come avevo fatto negli ultimi mesi a scuola.
Le rivolsi un sorriso dolce alzandomi con calma, solo per godermi appieno la sensazione di averla di nuovo vicino. Ma mi saltò in braccio, stringendomi con una forza carica d’affetto.
-Mi sei mancato.- La voce incrine al pianto. La guardai negli occhi, mentre lacrime leggiadre e copiose le rigavano le guance arrosate. Gliele baciai, per asciugarle via, riservando poi quel dolce sale alle sue labbra.
Fui catapultato in una realtà parallela, un mondo di cui non avevo mai avuto percezione. Non era solo un bacio, ma una fonte di nuova resurrezione, l’inizio di una vita piena di meraviglia.
-Mi sei mancata anche tu, non sai quanto.-
 
 
-Non c’è nessuno vero?- Dissi mentre, tra un bacio e l’altro, stava cercando di aprire la porta.
-No, tranquilla, via libera.-
Dio quanto mi era mancato! I suoi occhi, le sue labbra, ogni piccolo angolo del suo corpo.
-Attenta allo spigolo!- Risi sulle sue labbra, mentre indugiavo sulla cerniera del giubbotto. Sentii le sue mani percorrere con dolcezza e possessività la curva sinuosa della mia schiena. Mi sfilò prima la giacca, poi la maglietta, mentre alla cieca cercava di condurmi verso la sua camera.
Casa. Pensai mentre cadevo supina sul letto.  Un serafico brivido si distese docile sulla linea del ventre mentre sentivo le sue labbra sfiorarmi il solco tra i seni.
 
Era bellissima. Non avevo mai smesso di pensarlo. Lo era sempre stata. La prima volta che avevamo fatto l’amore mi era sembrato di aver accanto una creatura onirica. La spogliai piano, godendomi ogni singolo centimetro del suo corpo e già mi sembrava di non essere ormai più cosciente quando lei cominciò a fare lo stesso con me. In un istante la ritrovai a cavalcioni su di me, velata soltanto dalla sublime naturalezza della sua nudità. Sfilandomi la maglietta, carezzò il torace, per poi sfiorare l’orlo dei pantaloni.
-Mi farai impazzire.- Dissi, trattenendo il respiro. Sfoderò un malefico sorriso, avvicinandolo con fare mellifluo all’altezza della lampo.
-Mi rimangio quello che ho detto, sono già impazzito.-
Si, mi era decisamente mancata.
 
Fare l’amore con lui non mi era mai sembrato così bello. Come una prima volta, ma senza l’inesperienza e la goffaggine.
 
Fare l’amore con lei era stato diverso. Né peggio né meglio delle altre volte, solo diverso.
 
 
Decisi di chiamarlo quella stessa sera.
-Ti prego dimmi che succede!-
-Di cosa stai parlando?- C’era perplessità nella voce di Giorgio.
- Sai benissimo di cosa sto parlando, lei è diversa, è cambiato qualcosa.-
-Ma che dici? Non essere paranoico dai, piuttosto cerca di godertela che tra qualche giorno riparte!- Anche se c’era ilarità nella sua voce, sapevo benissimo che qualcosa non andava.
-Non farmi incazzare per favore. Mi dici che succede? Lei non è più quella di prima. E’ arrivata e non mi ha chiamato, non mi ha fatto nessuna sorpresa ma si è presentata in classe, facendo quindi la sorpresa a TUTTI. E poi i capelli, il modo audace di vestire, quello strano barlume negli occhi. E poi, quando abbiamo fatto l’amore, bè, non era più lei. C’era troppa sicurezza nei suoi gesti, come se lì con lei non ci fossi più io, ma qualcuno al quale dimostrare di essere cresciuta. Mi è sembrata un’altra persona, una persona, come dire, adulta. E io mi sono sentito totalmente inutile.-
Silenzio.
-Pronto? Giorgio? Ci sei?-
Ancora silenzio.
-Ehi?-
-Parlale…-
-Come hai detto?.-
-Parlale. Queste cose che hai detto a me, dille a lei.-
Mi crollò il mondo addosso.
-Quindi vuol dire…-
-Io non posso dire nulla. Fa come ti dico, vedrai, andrà tutto bene.-
 
Ma si sbagliava, niente sarebbe andato bene.
 
 
Vediamoci al solito posto, ho bisogno di parlarti. E’ urgente.
-Ti è arrivato un messaggio!- Mi disse mia sorella mentre ero sotto la doccia.
-Mh, e che dice?-
-E’ suo. Dice di vedervi al solito posto, è urgente.-
Chiusi il getto d’acqua fiondandomi fuori dalla cabina ancora densa di vapore.
-Ma non finisci di sciacquarti i capelli?-
Ha bisogno di parlarmi, è urgente. Per dirmi così, doveva trattarsi di qualcosa di grave, lui era abituato a affrontare la vita sempre con molta leggerezza, evitando di preoccuparsi per la maggior parte delle cose. Perciò quando definiva una faccenda “urgente” significava che si trattava di qualcosa di davvero serio.
Dieci minuti dopo ero in piedi di fronte a quella panchina, il nostro posto.
-Sei arrivata finalmente, non ci speravo più.- Si stava sforzando di sorridere ma era evidente l’apprensione sul volto.
-Ehm, si scusa, io ero sotto la doccia. Ho fatto più in fretta che ho potuto.-
Chinai lo sguardo, tra di noi si era materializzata una nuvola carica di tensione, estranea generalmente a qualsiasi nostro incontro.
Sentii le sue labbra sulle mie, forti, prepotenti e cariche di disperazione, ma quando cominciai ad abbandonarmi a quella piacevole sensazione, finì.
Riaprii gli occhi, respiravo a fatica. Avevo le guance arrossate e le labbra gonfie.
-Che succede?- Mi chiese un istante dopo, fissandomi.
-Forse dovrei chiederlo io, sei strano oggi, qual è l’urgenza? Sto cominciando a preoccuparmi…-
Mi strinse le mani. –Mi ha tradito?-
Gli rivolsi uno sguardo più che perplesso. –Ma che stai dicendo?- La mia voce era un misto tra l’ansioso e il calmo. –Come diavolo ti vengono in mente certe cose?-
-Ho parlato con Giorgio.-
Sbarrai gli occhi, non poteva averglielo detto, sapeva benissimo che era compito mio parlargliene.
-So che c’è qualcosa che devi dirmi…-
Crollai sulla panchina, stringendomi le ginocchia, fermandomi a riflettere come se in quel momento lui non fosse stato in piedi di fronte a me.
-Volevo parlartene dopo il matrimonio, ma a questo punto non mi lasci scelta.-
 
-Che vuol dire che dobbiamo lasciarci?- Sbottai con foga davanti alla sua figura esile e tremante. –Da quando per noi due non c’è più scelta?-
Aveva preso la decisione da sola, senza neanche prendermi in considerazione. Le avevano offerto l’opportunità che aspettava da una vita. Grazie alla sua scuola le era stato proposto un corso di informatica all’università di Oxford e se poi si fosse rivelata idonea all’esame finale, avrebbe avuto, con facilità, l’accesso all’ateneo di ingegneria della più prestigiosa università d’Inghilterra.
-Vuol dire che non tornerai?-
Annuì, tra le lacrime.
Mi fu tutto chiaro. La sua sicurezza, la luce negli occhi, il modo di vestire e il taglio di capelli. Il non avermi avvisato del suo arrivo o il suo modo di fare l’amore con me. Aveva già cambiato vita, e io non ne facevo più parte. Non si trattava se mi amasse o meno, non era più questione di sentimenti. Qui c’era in ballo il suo futuro, e non avrebbe saputo rinunciarne per nulla al mondo. Nemmeno per me.
 
-Come l’hai capito?- Gli domandai timidamente, cercando di ricacciare le lacrime.
-Ti conosco, ecco come l’ho capito. Anche se sono tre mesi che non vedi la tua ragazza ti accorgi che ha qualcosa di diverso.-
Non sapevo più cosa dire. Non riuscivo neanche a guardarlo in faccia, mi sentivo terribilmente in colpa, ma ancor più non riuscivo a dover rinunciare a tutto per lui.
-Ma non ti sembra un po’ drastico doverci lasciare?-
No, non mi sembrava drastico, mi sembrava la cosa più giusta da fare. Risi. Una risata amara.
-Ricordi quello che ti dico sempre riguardo alle relazioni?-
Mi guardò un attimo prima di rispondermi. –La quotidianità dell’incontro, il contatto fisico.-
-Appunto.- La mie voce era una discordante armonia di note amare. –Già è stato difficile questi mesi, figuriamoci per anni interi. Non posso incatenarti a me.-
Un barlume di positività gli lampeggiò negli occhi.
-Si invece. Non posso sopportare l’idea di starti lontano. Voglio venire a stare con te.-
Venire a stare con te. Venire a stare con te.
Quelle parole mi rimbombarono nella testa per qualche secondo. Poi aprii bocca.
-Il problema non è questo. Non so se sono io a volerlo.-
 
 
Mi crollò il mondo addosso. Di nuovo. Non mi voleva più, ecco qual era il problema. La carriera e nient’altro. Non c’era spazio nella sua vita per uno scansafatiche come me. L’avrei rallentata, l’avrei distratta, come era già successo in passato. Non riuscii a dirle nulla. Solo rimasi a fissarla, ma lei aveva già chinato  lo sguardo. Provò a dirmi qualcosa, ma niente. La baciai un’ultima volta, fu l’unica cosa che mi venne in mente di fare. Poi mi voltai e fuggii via, sperando con tutto il cuore di sentirmela correre dietro, gridandomi che mi amava e che voleva che restassimo insieme.
Ma non accadde. Nulla di tutto questo accadde.
 
-Forse dovevo corrergli dietro.-
- Se non hai sentito di farlo, forse non era quello che avresti dovuto fare.-
Parole sante. La mia migliore amica sapeva sempre come riportarmi alla realtà, mettendomi di fronte ai miei problemi.
-Neanche lo so più cosa sento, ecco la verità. Io credo di amarlo. Ma non so che cosa implicherebbe chiedergli una cosa così importante, chiedermi una cosa così importante.-
-Sai bene quello che senti, e sai anche meglio qual è la cosa più giusta da fare. Non serve che sia io a dirtelo.-
Già, sapevo esattamente qual era la verità, ma non volevo crederci.
 
Noi andai al matrimonio. Dopo quel giorno non c’eravamo più sentiti. Lei non aveva chiamato, io non avevo chiamato. L’indomani sarebbe partita, aveva il volo alla stessa ora in cui io entravo a scuola.
E a dispetto di ciò che chiunque avrebbe potuto immaginare, quel giorno sarei andato a scuola.
 
L’aereo stava partendo esattamente in quel momento, ma la mia valigia stava ancora accanto al mio letto.
Sei sicura di volerlo fare? Mi chiede mia madre mentre sbuccia le patate. Sicurissima. Mi sorride. Oh, beh, se lo dici tu. Piuttosto, mi aiuti?
Ci avevo pensato a lungo, ma sapevo che l’avrei fatto già quando gli avevo detto addio.
 
Erano state le cinque ore più noiose della mia vita. Amorfo. Stavo diventando amorfo. Di cinque ore seduto all’ultimo banco non mi era rimasto niente, come non mi sarebbe rimasto niente di tutte le lezioni a venire.
Uscii, lasciando indietro le risa degli altri, cercando di soffocare il rancore. Sforzo vano. Non mi sembrava neanche di essere presente. Corsi giù per le scale, ignorando le voci che mi chiamavano, volevo correre a casa il più in fretta possibile.
Poi al di là della strada la vidi. Seduta sul muretto la vidi. Si stava guardando intorno. Poi si voltò e mi sorrise.
-Ma non dovevi partire oggi?- Ero corso al di là della strada, rivolgendomi a lei con un malcelato entusiasmo.
-Si, ma non sono partita più.- Stava tendando di sorridere.
-Perché?- Alzò un sopracciglio, poi scoppiò a ridere. Sentirla ridere così era un dono di inestimabile valore.
-Che ti ridi?-
Continuò, mentre le lacrime cominciarono a uscirle dagli occhi. –Scusa, è che non riesco a essere seria, sono venuta qui con tutte buone intenzioni. Solo che non ci riesco a tenerti il muso solo perché l’ultima volta che ci siamo visti non era esattamente l’appuntamento ideale. –
Continuai a fissarla senza capire.
-Senti, so che forse in questo momento dovremmo stare discutendo, con aria seria e sostenuta sulle scelte del futuro, con tanto di lacrime e sospiri. Ma non ce la faccio. Ti amo.-
Che? Oddio. Era stata la prima volta che me lo diceva, ecco perché rideva così di gusto. Quando era nervosa per qualcosa di importante si comportava sempre così.
Le sorrisi, abbracciandola.
-Aspetta, non ho ancora finito. Scusa. Mi hai spaventata l’altra volta.- La sua voce era diventata improvvisamente seria. –Io ti voglio accanto a me, ma non voglio costringerti a fare qualcosa che non vuoi solo per starmi vicino. Credimi, non volevo risponderti in quel modo…-
-Sposami.-
Senza pensarci mi inginocchiai.
-Sposami.-
 
Sposami. Sposami. Ma che è impazzito?
-Si.-
Le mie labbra si erano mosse di volontà propria.
Ecco, ero impazzita anche io.
Ma poi guardai i suoi occhi, capendo che c’era sincerità nel suo sguardo e ce n’era ancora di più nella mia risposta.
-Si.-
   
 
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