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Autore: ticci    03/09/2014    1 recensioni
Ci mise qualche secondo a rendersi conto che non si sentiva cosi felice da diverso tempo, ormai. Ci mise qualche secondo a rendersi conto che non è poi così difficile esserlo.
Ci mise qualche secondo a rendersi conto che non è poi così spaventoso esserlo.
Ci mise qualche secondo a rendersi conto che la felicità che aveva provato quel pomeriggio di diverse estati precedenti, era niente in confronto a quello che aveva appena provato, e tutti gli altri giorni precedenti.
Ci mise qualche secondo a rendersi conto che il merito di tutto era dovuto al ragazzo goffo, allampanato, con terribile accento, che l'aspettava dietro la porta.
***
Pansy/Viktor| Partecipa al contest "Absolutely!Crack di Liberty_Fede sul forum di EFP
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Pansy Parkinson, Viktor Krum
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
Capitoli:
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Ormai del veliero non si vedeva più niente. Raccolse la borsa appoggiata a terra, e si diresse verso i sotterranei. Entro poche ore sarebbe tornata a casa e doveva ancora finire di preparare il baule. Mentre si dirigeva verso la sua stanza, passò accanto a Harry Potter e i suoi amici e sentì quello rosso esulare: “Ho l'autografo di Krum”, mentre Potter e Hermione si scambiavano uno sguardo divertito.
Evitando gli studenti rimasti nella Sala Comune dei Serpeverde, si diresse nella sua stanza, che divideva con Daphne e Millicent. C'era solo la prima, la quale era seduta sul proprio baule per tentare di chiuderlo.
“Dannazione, non capisco perché a Settembre le cose ci stanno e ora non più” esclamò esasperata la bionda Serpeverde.
Pansy sorrise debolmente e iniziò a raccattare le sue cose, buttandole alla rinfusa dentro il proprio bagaglio. Alzò il cuscino per prendere il pigiama che riponeva sempre lì, e trovò una mollettina per capelli. Non era per niente bella, di quelle che si mettono per fermare i capelli, piuttosto che a scopo decorativo. Reggendola con la mano destra si sedette sul letto, osservandola.
“Ehi, cos'hai lì?” domandò Daphne.
“Niente” replicò Pansy, stringendola nel pugno e infilandosela nella tasca della gonna.
Si alzò e diede le spalle all'amica.
Mentre si chinava per controllare di non aver dimenticato nulla sotto al letto, altri ricordi riaffioravano.
---

Ricordava perfettamente la prima volta che gli aveva parlato.
Pansy correva velocemente tra i corridoi di Hogwarts. Era terribilmente in ritardo, come sempre. Con una mano teneva la borsa e con l'altra cercava infilarsi la camicia nella gonna. Girò l'angolo e finì contro una delle tanta armature che decoravano il castello. Finendo a gambe all'aria, imprecò: “Maledizione”.
Nel cadere, la borsa si aprì, così che tutto quello che vi era contenuto si disperse nel pavimento: una vecchia piuma, un pacco di Cioccorane, una pochette verde-acqua, e un piccolo taccuino. Alzandosi goffamente, diede un calciò alla vecchia decorazione e raccolse le proprie cose. Si era appena sistemata la borsa sulla spalla, quando sentì la voce cantilenante di Pix: “Ohi, ohi, ohi chi ha fatto cadere l'armatura?!”.
Oh, no! Ci mancava solo quel dannato Poltergeist. Arriverò tardi anche oggi e mi toccherà sedermi accanto a Millicent.
Cercò di nascondersi, per non farsi vedere, ma non fu abbastanza veloce.
“É stata muso di Carlino, è stata muso di Carlino” gridò elettrizzato Pix, e iniziò a salterellare vicino alla testa della ragazza. Questa provò ad allontanarlo con la mano, ma ciò aumento il divertimento del Poltergeist.
“Muso di Carlino ha messo a soqquadro il castello, la sera stessa del grande arrivo” ripeté il fantasma.
“Piantala, Pix. Altrimenti te ne pentirai”.
“Oh, muso di Carlino, che paura”.
La ragazza chiuse gli occhi in due sottili fessure e tirò fuori la bacchetta. Pix rise per il gesto della ragazza e si fiondò sopra l'elmo, e prese a batterci sopra il guanto metallico dell'armatura, facendo un rumore terribile. Notando che il fantasma era impegnato in quella nuova attività, Pansy fece un passo laterale per andarsene.
Silente avrà già iniziato il suo discorso, per Salazar!
“Ehi, tu, dove vai?” gridò il Poltergeist e le lanciò addosso un pezzo di armatura. La ragazza si chinò e questo andò a sbattere contro una finestra della scuola, crepandosi vistosamente. Pansy la guardò per qualche secondo stupita, mentre Pix rideva.
Oh, cavalo.
Dopo qualche attimo comparve Mrs Purr, la gatta di Gazza, segnale che tra qualche secondo sarebbe arrivato anche il suo padrone. Allora Pansy, per evitare di essere messa in punizione, iniziò a correre velocissima. Quando svoltò l'angolo, per infilarsi nell'ultimo corridoio prima della Sala Grande, sentì la voce del custode che diceva: “Cosa succede mia cara?”.
Era troppo presa a sorridere per il sollievo di averla fatta franca, che finì addosso, nuovamente, a qualcosa. Questa volta non era qualcosa di duro, ma molto morbido, quasi fosse una pelliccia.
Ma che diavolo...?
Alzò lo sguardo e incontrò due occhi scuri con la guardavano con curiosità.
“Ciao” disse il ragazzo allampanato, con le sopracciglia folte e gli occhi scuri.
Imbarazzata, Pansy fece un passo indietro. Non ottenendo nessuna reazione, il ragazzo ripeté il saluto.
La ragazza sorrise debolmente, e stava per rispondere, quando vide, con la coda dell'occhio, Draco avvicinarsi all'orecchio di una ragazza con dei capelli rossi ricci. Li vide scambiarsi un'occhiata d'intesa e scoppiare a ridere. Facendo un respiro profondo, superò il ragazzo dicendo: “Levati, lasciami passare” e sgattaiolò nella Sala Grande.
“Dov'eri finita?” sussurrò Millicent alla trafelata Pancy.
“Mi sono addormentata. Perché non mi hai svegliata?” abbaiò Pancy.
“Non me l'avevi detto” rispose la compagna. Pansy alzò lo sguardo verso il soffitto, scuotendo la testa. Si sporse verso Asteria Greengrass, seduto di fronte a lei, e domandò: “Cosa mi sono persa?”. L'avvenente ragazza si sistemò i capelli dietro le orecchie e disse: “Solo l'arrivo della delegazione di Bauxbatons e di Durmstrang”.
“E come sono arrivati? Con il treno?”.
“Macché!” si intromise nella discussione Daphne.“Quelli di Bauxbatons sono arrivati a bordo di una grossa carrozza di un blu polveroso, trainata da cavalli enormi, mentre quelli di Durmstrang sono arrivati a bordo di un vascello”.
Pansy annuì colpita, e si innervosì ancora di più per essersi persa un evento del genere.
“Ma la cosa migliore” continuò Asteria “è che tra quelli d Durmstrang c'è Viktor Krum”.
“Chi?” domandò Pansy.
“Viktor Krum, il Cercatore che ha fatto vincere alla Bulgaria la Coppa del Mondo di Quidditch” rispose spazientita Asteria. “Non sapevo andasse ancora a scuola” continuò Millicent. “Neanche io” concordò Daphne.
“Eccolo che arriva” cinguettò la rossa, seduta vicina a Draco.
“Deve sedersi con noi” dichiarò Malfoy, e così dicendo si alzò e con mano tesa si avvicinò al Campione.
Pansy non prestava ascolto a ciò che veniva detto: a lei il Quidditch non era mai piaciuto. Certo, non si perdeva mai una partita dei Serpeverde, ma le seguiva solo per vedere Draco. Partecipava anche alle discussioni che inevitabilmente seguiva ogni incontro con le altre Case, ma lei si limitava ad annuire e assecondare i commenti del suo compagno. Quindi non si accorse quando il Cercatore più famoso al mondo si avvicinò al loro tavolo, né quando questo si sedette accanto lei, né tanto meno quando Asteria si sporse verso lui lanciandogli il suo sorriso più smagliante. Era presa a guardare la rossa che ora sorseggiava il succo di zucca, cercando di recuperare dalla memoria il suo nome e se l'avesse mai vista parlare prima con Draco.
“Ciao” sentì improvvisamente dire.
La ragazza si girò fulminea e si ritrovò accanto il ragazzo contro il quale era piombata addosso poco prima.
“Ciao” disse, dopo essersi schiarita la gola.
“Tu sei?” chiese il ragazzo, con un forte accento straniero.
“Oh, lei è solo Pansy” disse Draco.
La ragazza sentì defluire il sangue dalla guance e si guardò le mani, abbandonate sulle ginocchia.
“Ciao, solo Paggie” ripeté lo studente di Drumstang.
Draco scoppiò a ridere e Pansy replicò indignata: “Come mi hai chiamata?”.
“Paggie. Non essere tuo nome?”
“No, idiota. Io mi chiamo Pansy” dopodiché sillabò il proprio nome.
“Pansy? Come fiore?”
Lei annuì debolmente, mentre Draco domandava divertito: “Ti chiami come un fiore?”
I due ignorarono il commento del biondo, e Vicktor aggiunse: “Me chiamare Viktor”.
“Sono certo che lei sappia chi tu sia. Chi non lo sa” disse, adulatorio, Draco.
“Lei no” rispose duramente Viktor. Pansy alzò lo sguardo per vedere se il suo volto era duro come il tono che aveva utilizzato, ma invece vide un guizzo divertito nei suoi occhi.
---

Pansy non riusciva a dimenticare la prima volta che era rimasta sola con lui.
“Secondo me è ingiusto che possano partecipare al Torneo solo chi ha 17 anni” ripeté, per l'ennesima volta, Draco, nella Sala Comune dei Serpeverde.
Daphne e Pansy annuirono contemporaneamente.
“Come fanno a essere certi che verrà selezionato il Campione più meritevole se metà degli studenti sono esclusi?” sbuffò Draco.
“Beh, lo stesso discorso vale anche per le altre due scuole” replicò Blaise.
Draco scoccò un'occhiata risentita al compagno di classe e continuò: “Tenendosi qua a Hogwarts, è ovvio che saremo noi a vincere. Mi chiedo chi sarà selezionato dei nostri”.
“So che Cedric Diggory ha messo il suo nome nel Calice” annunciò Pansy. Mentre si recava a lezione, anzi, mentre correva a lezione (ancora una volta in ritardo), aveva visto il bel ragazzo dei Tassorosso mettere il proprio nome nel calice, incitato da tutta la sua Casa.
“Diggory, eh? Non è male, ma non verrà mai scelto. Sarà sicuramente un Serpeverde, magari Higgs” meditò Draco. Blasie, seduto accanto a lui, scosse la testa, segno che era in disaccordo. Pansy si stava sciogliendo la treccia che aveva fatto al mattino, quando notò che Draco seguiva con lo sguardo qualcosa, o meglio qualcuno.
Con la scusa di sistemarsi i capelli si girò per vedere che cosa avesse catturato l'attenzione del giovane e scorse la rossa che, dopo una lunga occhiata verso di loro, usciva dalla Sala Comune. Dopo qualche attimo, Draco si alzò, e senza nessuna spiegazione, se ne andò.
Ancora lei.
Pansy si sistemò i capelli dietro le orecchie e bisbigliò a Daphne: “Come si chiama la ragazza con i capelli rossi con cui parlava Draco ieri sera?”
Daphne la guardò non capendo a chi si riferisse.
“Dopo tutto quello che è successo ieri, l'arrivo delle due scuole e il resto, non ricordo chi fosse seduto vicino Draco”.
“Dai, è quella con cui si allontanato ora. L'ha raggiunta ora alla porta”.
Daphne appoggiò la testa alla spalla dell'amica e mormorò. “Oh, Pansy...”.
“Zitta, lascia perdere”.
Daphne si tirò su e guardò la compagna negli occhi: “Pansy...”
“No!” la zittì ancora, e si alzò rabbiosa, dirigendosi verso un gruppo di studenti del primo anno. Si sedette su l'unica sedia libera, tirò fuori un libro dalla borsa, e iniziò a leggere. O almeno a provarci.
Chi è quella là? Come l'ha conosciuta? Cosa staranno facendo? No, non lo voglio sapere... anzi sì... no, no, assolutamente no! La prenderà per mano, come ha fatto con me quell'estate?
Era stato solo per qualche minuto, ma ancora, al solo pensiero, sentiva il cuore batterle velocemente nel petto.
La guarderà come voglio essere guardata io da lui? La bacerà finché non avranno le labbra gonfie? La farà ridere? Le regalerà qualcosa per ricordarsi per sempre di questo giorno speciale?
Alzò lo sguardo dal libro persa nei propri pensieri. Fu distratta dalla voce esitante della bambina seduta accanto a lei.
“Ehi, scusa, tu sei del quarto anno, vero?”
Pansy la trafisse con uno sguardo gelido. “Sì, e allora?”
La piccola con i cappelli crespi, dopo essersi schiarita la voce, continuò: “Abbiamo notato che Viktor Krum si è seduto vicino a voi ieri sera al banchetto”.
Pansy alzò gli occhi al soffitto. Non ci poteva credere: ancora lui. Ieri sera aveva dovuto sentire i commenti delle sue compagne di dormitorio sulla fortuna che avevano avuto di parlarci.
“Dite che si siederà ancora con noi, domani sera?”, “É ancora più bello dal vivo che sui poster o sui giornali”. “Sul serio?” aveva domandato sconcertata Pansy, guadagnandosi un'occhiataccia da tutte. Lei proprio non riusciva a trovarlo bello: aveva i piedi troppo lunghi, era troppo alto, aveva sempre un cipiglio imbronciato, due folte sopracciglia, e i capelli nerissimi, come gli occhi. Era completamente opposto a Draco, cosa di cui lei era fin troppo consapevole.
“Ecco, cosa vi ha detto? Dici che ci firmerà qualche autografo?” chiese la piccola Serpeverde.
“Non parla molto, onestamente. E io che ne so? Mica siamo amici” detto questo, raccattò il suo libro, e uscì diretta alla Biblioteca. Andava sempre lì per stare da sola, sicura di non incontrare nessuno dei suoi compagni, e soprattutto certa di non vedere lui, in compagnia di una ragazza che non fosse lei.


Pansy rilesse tema che aveva scritto per Pozioni, soddisfatta. Era stato molto complicato, ma era riuscita a cavarci qualcosa di buono. Sistemò la pergamena nella borsa, mise via la sua piuma e si avvicinò verso l'uscita.
Oh no, è tardissimo.
Infatti non c'era nessuno a gironzolare tra i corridoi, a scrivere saggi, a sfogliare i libri. Anche il tavolo che occupava abitualmente Hermione So-Tutto-Io Granger era completamente libero. Sospirando rumorosamente, accelerò il passo, fiondandosi verso la porta. Non fece in tempo a uscire che travolse una persona. Sarebbe sicuramente finita a terra, se il malcapitato non l'avesse sorretta dalla vita.
“Ciao Paggie” si sentì apostrofare da Vicktor.
Allontanandosi da lui, gli scoccò un'occhiata gelida: “Oh, ciao” rispose, sistemandosi la borsa sulla spalla.
“Tu essere sempre in ritardo”.
Pansy sorrise debolmente: “Già, non mi accorgo di come il tempo sia tiranno”
Il ragazzo aggrottò la fronte, non capendo cosa la ragazza stesse dicendo.
“Lascia perdere. Sì, sono sempre in ritardo”, e si incamminò verso la Sala Grande. A metà corridoio si girò e disse: “Stai andando a cena?”.
Viktor annuì. Pansy attese che il ragazzo la raggiungesse.
Dopo qualche momento di silenzio, Vicktor esclamò: “Essere molto bella vostra scuola”, mentre Pansy domandava: “Ti piace Hogwarts?”. Vicktor sorrise e rispose: “Sì. Essere molto più grande di Durmstrang e ha più decazioni?”
Pansy si girò verso di lui non capendo cosa intendesse: “Decazioni?”
“Non si dire così?”.
Pansy scosse la testa. Vicktor ci riprovò: “Avete più dipinti, più colonne, più armature...”.
“Ah, più decorazioni” lo interruppe Pansy.
“De...co...ra...zioni, sì” disse, a fatica, Vicktor.
Pansy alzò le spalle. Non ci aveva mai fatto caso.
Mentre camminavano uno accanto all'altro, notò che il ragazzo spesso inciampava nei suoi stessi piedi. Erano decisamente troppo lunghi rispetto al resto del corpo.
E questo sarebbe il bellissimo, agilissimo, stupendo Campione di Quidditch?
A stento trattenne un sorriso.
“Che c'è?” chiese Vicktor. “Perché tu sorridere?”
“Non sto ridendo” rispose acidamente, sistemandosi meglio la borsa.
Vicktor scosse la testa divertito. “Tu essere strana, Paggie”.
“In che senso...?” domandò lei, ma non riuscì a finire la frase perché vide Draco Malfoy e la rossa teneramente abbracciati vicino a una colonna.
Notando l'improvvisa tristezza della ragazza e intuendo il motivo del suo cambiamento d'umore, il bulgaro domandò: “Essere il tuo ragazzo quello là?”.
Pansy scosse la testa.
“Vorresti che lo fosse?”.
Pansy gli scoccò un'occhiata gelida e aumentò il passo. Vicktor la raggiunse in un paio di falcate.
“Non essere gelosa, Pansy. Quello essere cattivo ragazzo. No piace me come ti ha parlato ieri”.
“Come puoi dire che è un cattivo ragazzo se non lo conosci? Presuntuoso da parte tua”.
“Mi parla solo perché sono un giocatore di Quidditch. Ho parlato con lui pochi minuti e ha già invitato me a casa sua e a feste dove vanno persone che contano”.
Tipico di Draco.
“Tutti parlano con te perché sei famoso” replicò freddamente Pansy, e aumentò ancora di più il passo.
“Tu no” disse Vicktor.
Pansy si fermò e si girò verso il ragazzo. Si guardarono per qualche attimo, non sapendo bene cosa dire. A rompere il silenzio fu Vicktor: “Tu sapere che le pansy essere mio fiore preferito?”.
Pansy sorrise dolcemente: “Lo erano anche per mia mamma”.
“Tua mamma non esserci più?” chiese Vicktor, raggiungendola.
Pansy annuì, guardando il pavimento. Vicktor appoggiò una mano sulla spalla della ragazza e disse: “Speriamo esserci carrot cake. Io adorare carrot cake”.
Pansy rise sprezzante: “La carrot cake? Krum che guasti da nonnetto. Meglio la red velvet”. Vicktor scoppiò a ridere, contagiando anche lei.
---

Pansy ricordava con estrema precisione la prima volta che si erano baciati.
Quel pomeriggio faceva davvero molto freddo. Fiocchi di neve scendevano copiosamente, accompagnati da un gelido vento. Pansy nascose maggiormente il viso sotto la sciarpa con i colori della sua Casa e affrettò il passo. Non c'erano molte persone nelle strade di Hogsmeade. Tutti erano rinchiusi in qualche pub a bere qualcosa di caldo e molti studenti erano rimasti al castello.
Dopo quella che le sembrò un'eternità individuò l'Ufficio Postale e soprattutto il ragazzo allampanato, che si proteggeva dal freddo con la sua pelliccia.
“Paggie, sei in ritardo” esclamò quando la riconobbe.
Pansy alzò le spalle. La professoressa McGranitt l'aveva trattenuta a lungo a causa di un tema che aveva completamente sbagliato.
“Hai già ritirato il tuo pacco?” chiese lei, proteggendosi dal vento sistemando meglio il cappello.
Vicktor di risposta glielo fece vedere.
“Andiamo a bere qualcosa?” domandò lui.
Pansy annuì, desiderosa di entrare in un posto caldo. Durante il tragitto non si scambiarono molte parole, troppo presi a camminare veloce.
Facendo strada, Pansy entrò ai Tre Manici di Scopa. Come aveva immaginato, era pieno di persone e non c'era neanche un tavolo libero. Individuò alcuni insegnanti nell'angolo opposto a loro scambiarsi qualche battuta divertente; poco distanti da loro c'era un gruppo di Corvonero del suo anno che si guastavano una fumante cioccolata, insieme a qualche studente di Bauxbatons; vicino al bancone individuò la sua amica Daphne in compagnia di uno studente di Durmstrang: lei rideva di cuore a una battuta che aveva fatto lui.
“Non esserci posto” dichiarò Vicktor. “Non esserci altro pub?”.
Pansy lo guardò, mordendosi l'interno della guancia. Le alternative non erano molte: la Testa del Porco o Da Madama Piediburro. Il primo era un posto lercio, poco frequentato: le faceva venire il volta stomaco solo guardarlo; il secondo era un rinomato locale per coppiette. Non l'avrebbe mai ammesso con nessuno, ma lei adorava quel posto e sognava andarci con Draco. Ma lui non le aveva mai dato un appuntamento.
Ovviamente.
Combattuta, optò per il primo.
“Andiamo” disse e fece strada al compagno.
Per recarsi alla Testa del Porco dovettero attraversare il centro, passando davanti al bar di Madama Piediburro. Notando il negozio, Vicktor esclamò: “Perché non entrare noi qua?”
Pansy: “Ma è brutto. Così rosa, così dolce” e per far vedere meglio cosa intendeva, spinse il ragazzo verso una finestra.
Vicktor guardò a destra e sinistra e decretò: “A me piace”.
Pansy non rispose: stava osservando due teste, una bionda e l'altra rossa, baciarsi. Presa dalla gelosia, esclamò: “Allora entriamo” e si avviò come una furia verso l'ingresso. A Vicktor non restò che seguirla.
Si accomodarono in un tavolino vicino al camino.
“Cosa prendere te?” chiese il ragazzo.
Pansy non lo sentì nemmeno, troppo presa a lanciare sguardi rabbiosi e gelosi verso la coppia poco lontana da loro.
“Paggie, non è detto che se ci sono loro tu non potere divertire” disse lui, appoggiando la sua grande mano su quella piccola e arrossata di lei.
Pansy si girò verso di lui e sorrise: “Hai ragione. Se Draco ha un'amichetta non vedo perché non posso averlo anch'io”.
Vicktor la guardò senza capire. Pansy alzò una mano e la scosse con fare non curante: “Lascia stare. Ti piace ancora questo posso?” chiese lei, quando la proprietaria del negozio si avvicinò verso di loro, con una Foto Magica.
“Ma tu sei Vicktor Krum? Posso avere un autografo? Ho seguito tutte le tue partite, dall'esordio fino, ovviamente, all'ultima. Quella chi non l'ha vista?” e scoppiò a ridere.
Vicktor sorrise imbarazzato e scarabocchiò il proprio nome sulla foto della signora.
“Non dovrei, ma tifo per te al Torneo Tremaghi. Sapevo che saresti stato uno dei Campioni. E scommetto che sarai a tu a vincere. Ricorda le mie parole, Vicktor caro”.
Il ragazzo bofonchiò un grazie e guardò intensamente Pansy, nel tentativo di mandarle un chiaro segnalo: vogliamo restare soli.
“Quando avete scelto cosa prendere, chiamami, Vicktor caro. Vi servirò io” e così dicendo si allontanò.
“Scusa” disse imbarazzato lui.
“Di niente, Vicktor caro” replicò lei, facendolo ridere.
“Cosa prendere te?” domandò lui.
“Hum... Daphne mi ha detto che la cioccolata con i mashmellow è deliziosa. Prenderò quella” disse lei, chiudendo il menù.
“Non sei mai stata qui?”.
Pansy scosse la testa, facendo cadere sul viso una ciocca di capelli. Si chinò per prendere la borsa, e tirò fuori una mollettina per tirarsi indietro quel ciuffo ribelle.
“No, tu stare meglio con i capelli sciolti” e così dicendo, gliela sfilò. Si scambiarono un lungo sguardo. La magia fu interrotta quando sentirono la voce della ragazza che accompagnava Draco riempire la stanza. Pansy sospirò rumorosamente e scoccò un'occhiataccia gelida in quella direzione.
“Perché piacere tanto quel ragazzo?” domandò Vicktor.
Pansy afferrò la zuccheriera e disse: “Non mi va di parlarne”.
“Secondo me dovresti”.
“E, invece, per me no, Vicktor caro. E poi non sono affari tuoi”.
Vicktor stava per replicare quando Madama Piediburro arrivò per prendere le ordinazioni.
“Vicktor, caro, cosa vorresti?”
Leggendo il menù, il ragazzo rispose: “Per lei una cioccolata con i mashmellow, mentre io un thé caldo aromatizzato al gusto di pansy”.
Nel sentire la richiesta del ragazzo, Pansy sentì le guance tingersi di rosso.
“Molto bene. Torno subito” e si dileguò.
“Esiste un thé al gusto di pansy?” domandò lei.
Vicktor annuì: “Per fortuna essere te quella inglese”.
Dopo qualche istante arrivò Madama Piediburro con un vassoio pieno di pasticcini.
“Offre la casa” disse lei, ammiccando verso il Campione.
“Beh, ha il suo lato positivo essere famosi” commentò Pansy, prendendo un bignè ripieno di cioccolato.
Vicktor afferrò una piccola crostata alla frutta e la mangiò in un boccone.
Pansy non ricordava esattamente cosa si dissero quel pomeriggio. Passarono diverse ore a chiacchierare delle rispettive vite al di fuori della scuola, di come Vicktor avesse deciso di trasformare la passione per il Quidditch in un lavoro, delle avventure di Pansy con le sue sorelle più piccole nella loro casa al mare, della dolorosa perdita della madre e del Torneo Tre Maghi.
Mentre afferrava l'ultimo dolcetto, Pansy disse: “Draco mi è sempre piaciuto”.
Vicktor appoggiò lentamente la tazzina del thé sul vassoio sorpreso per il repentino cambio di argomento.
“Non so dirti quando mi sono innamorata di lui, ma è così da sempre. I nostri genitori sono amici da molto tempo, così, spesso, ci raggiungevano per le vacanze, o andavamo noi da loro. Draco, anche da piccolo, è sempre stato un tipo carismatico, che riusciva a creare intorno a sé una nicchia di privilegiati. E chiunque di noi voleva farne parte. Quindi quando arrivava si diffondeva una certa eccitazione tra noi bambini. Con chi avrebbe giocato? Con chi avrebbe condiviso una divertente avventura? Chi sarebbe stato il fortunato a essere scelto come suo preferito? Vicktor, dovevi vedere la gioia che si dipingeva sul volto di chi veniva scelto e la delusione su coloro che, invece, rimanevano esclusi”.
Pansy fece una pausa, addentando il dolcetto.
“Mi scelse una volta, l'estate prima del nostro ingresso ad Hogwarts. Voleva fare una gita in mare con il pedalò, e c'era posto solo per due persone. Lui e il fortunato che avrebbe scelto. Guardò ogni singolo bambino che quel giorno era in spiaggia e esclamò: <>. Dovetti metterci qualche secondo a comprendere le sue parole perché non mi mossi di un passo, tant'è che dovette prendermi per mano e condurmi verso il mare. Non ho dimenticato mai la gioia che provai quel giorno. Mi sentii speciale. Per una volta, fui scelta. Per una volta, fui la numero uno. Io, Pansy Parkinson, scelta da Draco Malfoy. Non sto neanche a dirti che fu un pomeriggio perfetto”.
Pansy finì il pasticcino e finalmente guardò Vicktor.
“Quindi ecco perché mi sono innamorata di lui. Per quello che mi ha fatto provare quel giorno”.
“Solo quel giorno?” chiese il ragazzo, mescolando il poco thé rimasto.
“Sì. Però so che sceglierà me. So che si accorgerà che è di me che ha bisogno”.
“Pansy, tu non essere innamorata di lui. Tu ami l'idea che hai di lui”.
“Non sai di cosa parli” replicò lei.
“Tu dire? Io sapere benissimo di cosa parlo. Tutte le ragazze che si sono avvicinate a me erano innamorate di me come campione di Quidditch e non hanno neanche voluto conoscere Vicktor, il ragazzo che sono fuori dal campo. La stessa cosa fare tu con ragazzo biondo. Ti sei innamorata dell'idea che ti sei costruita di lui quando tu eri bambina, ma non vedi com'essere lui ora con te”.
“E com'è lui con me?”.
Vicktor prendendole dolcemente la mano rispose: “Dispiace me dirtelo, ma ti tratta come un vecchio giocattolo, che mette in un angolo quando non servire a lui e riprende quando, invece, fa comodo a lui”.
Pansy ritrasse la mano, profondamente ferita dalle sue parole.
“Non è come dici tu!” gridò, afferrando le sue cose, per uscire di corsa dal bar.
Come si permette quel spocchioso a parlarmi così? Cosa ne sa lui? Niente, assolutamente niente!
Come una furia si mise il cappello. Fortunatamente il tempo era migliorato: la neve non cadeva più, cosi riuscì a camminare velocemente.
E allora perché mi fanno stare così male quelle parole? Perché nel profondo so che sono vere!
Una lacrima scendeva libera sulla sua guancia. Pansy se l'asciugò con un gesto stizzito.
Al Basilisco Draco! Al Basilisco Vicktor! Al Basilisco tutti!
E tirò un calcio fortissimo a un cumulo di neve.
“Pansy fermati!” sentì gridare alle sue spalle Vicktor, ma lei continuò a camminare furiosa.
“Paggie, per favore”.
A sentire quelle parole, ridusse il passo, dandogli la possibilità di raggiungerla.
Ma che sto facendo?
“Okay, dispiacere me per avere detto te in quel modo. Ma è quello che penso”.
“Ne prenderò atto” disse lei, spostando con la punta del piede un piccolo sasso ghiacciato.
Vicktor le alzò il viso prendendole dolcemente il mento e disse: “Tu meritare di essere sempre la numero uno. Ogni giorno, non solo un pomeriggio”. E avvicinandosi alle sue labbra le sussurrò lentamente: “Ogni giorno”. Vicktor colmò il poco spazio che li separava chinandosi e appoggiò le labbra sulle sue. Fu un bacio veloce, dolce, casto. Quando Vicktor si staccò Pansy emise un suono di dispiacere.
Voglio di più.
Vicktor sorrise e le porse il pacchetto che aveva ritirato prima di vedersi con lei.
“Per te”.
“Cos'è?”.
Vicktor sorrise e si incamminò verso il castello: “Paggie, devo andare. Sono in ritardo” e si congedò con un occhiolino.
Pansy rimase immobile a guardare il pacco che stringeva per qualche secondo. Si riscosse solo perché una voce familiare la chiamò: “Ehi, Pansy, tutto bene? Che te ne fai imbambolata in mezzo alla strada?”.
Finalmente staccò gli occhi del regalo di Vicktor e vide Draco con le braccia sulle spalle della ragazza con cui l'aveva visto nelle ultime settimane.
“Niente” girò sui tacchi e corse verso il castello.
Entrò velocemente nella sua stanza e, senza togliersi gli indumenti pesanti, si sedette sul letto e aprì il pacchetto.
Dentro ci trovò un mazzo di fiori profumatissimi. Le pansy. Inspirò profondamente, facendosi invadere dal loro profumo. Sorridendo si buttò sul letto, con il mazzo di fiori appoggiato al petto.
Dopo qualche secondo si rese conto che quell'odore l'aveva accompagnata per tutto il tragitto verso la sua stanza. Si passò una mano sulle bocca.
Era lo stesso aroma che Vicktor aveva lasciato sulle sue labbra.
---

Pansy ricordava benissimo la prima volta che si rese conto di amarlo.
Era una calda giornata primaverile. Il solo brillava alto nel cielo in tutta la sua bellezza, senza neanche una nuvola ad oscurarlo. Pansy decise di andare a fare due passi con Daphne. Si avvicinarono vicino al Lago Nero, si tolsero le giacche e le usarono come tela su cui stendersi per prendere un po' di sole. Il vascello della delezione di Durmstrang era bene visibile dalla loro posizione.
“Mi sono talmente abituata a scorgerlo che sarà strano non vederlo, l'anno prossimo” disse Daphne.
“Cosa?” chiese Pansy, aprendo un occhio.
“L'imbarcazione dei bulgari” replicò la bionda Serpeverde, indicandola.
Pansy richiuse l'occhio, restando in silenzio.
“È da un po' che volevo chiedertelo... sì, insomma, avevo notato che te e Vicktor passavate molto tempo insieme”.
Di risposta Pansy emise un sospiro esasperato.
“Lo so che non ti piace parlare di certe cose, però, ecco, mi sembravi più serena quando ti frequentavi con lui”.
“Se lo dici tu” rispose Pansy, continuando a tenere gli occhi chiusi.
“Da quand'è che non vi parlate più?”.
Da quattro mesi, due settimane e quattro giorni.
“Non conto mica i giorni, eh” replicò Pansy.
“Lascia che te lo dica, al costo di mettere la bacchetta nella piaga. Non puoi rimediare?”
No.
“Passavate un sacco di pomeriggi insieme. Non ti vedevo cosi raggiante, spontanea, felice da... non so, sempre!”. Daphne tacque per alcuni attimi, in attesa che l'amica confermasse o smentisse le sue parole.
“Non dirmi che avete litigato per Draco”.
Il silenzio che seguì alla sua affermazione valse più di mille parole. Daphne si alzò a sedere di scatto.
“Oh, Pansy! Perché?”.
Pansy strinse ancora di più gli occhi.
“Parlami, dannazione! Perché ti tieni tutto dentro? Sono mesi che vedo che stai male per lui e non mi hai ancora voluto dire nulla”.
Non vedendo nessuna reazione nell'amica, le toccò una spalla.
“Non mi toccare” scattò Pansy.
“Voglio solo aiutarti. Raccontami cos'è successo”.
“Cosa devo fare? Passare le ore a piangere in camera come hai fatto tu quando ti ha mollata quello di Durmastrang? Io non voglio farmi compatire, non voglio che quando gli studenti di questa dannata scuola mi vedano pensino che sono stata male per quel goffo, scontroso bulgaro. Non sono come te, Daphne” replicò, quasi urlando, Pansy. Le parole dell'amica ferirono profondamente Daphne, i cui occhi azzurri si riempirono di lacrime.
Guardando il viso della ragazza, Pansy si rese conto di aver esagerato. Strappò un pezzo di erba e iniziò a giocarci: “A che serve parlarne, Daffy. Non lo farà tornare da me”.
“Ti farà sentire meglio. Quando questa ragazza compatita da tutti ha versato le sue lacrime è tornata a sorridere”. Pansy sorrise e le lanciò il pezzo di erba.
Sospirando ammise: “Non ci parliamo dal Ballo del Ceppo”.
“Ma sono passati...”
“Quattro mesi, due settimane e quattro giorni” finì, per lei, Pansy.
“Cos'è successo?”.
Abbassando lo sguardo, Pansy disse: “Ho scelto di andare con Draco”. Dopo qualche secondo aggiunse: “Come potevo rifiutare. Draco aveva chiesto a me, a me, di andare al Ballo. Tutta la scuola avrebbe visto che tra tutti aveva scelta me, la goffa-Pansy, faccia-da-carlino-Pansy, la stronza-Pansy”.
“Ma non era con lui che volevi andare”.
“Quando ho accettato ero veramente convinta che era quello che volevo. Insomma non lo aspettavo da sempre? Poi, però, rifiutare l'invito di Vicktor è stato più difficile di quello che credevo, vederlo correre lontano da me mi ha fatto stare male, capire che non ci sarebbero state più le nostre chiacchierate, che non avrei sentito più le sue battute, che non avrei più coretto la sua pronuncia, che non avrei più sentito il profumo sui miei vestiti, che non l'avrei più baciato mi ha spezzato qualcosa dentro”.
Daphne le appoggiò una mano sulla spalla: “Passerà, vedrai”. Pansy sorrise poco convinta. Tornarono a sdraiarsi al sole, cercando di parlare di cose più piacevoli.
Dopo qualche ora Daphne si alzò, dicendo che doveva andare i biblioteca a finire un compito. Pansy decise di rimanere ancora un po' lì, per godersi gli ultimi raggi di sole.
Si stava per appisolare quando sentì la risata di una ragazza che la svegliò. Si alzò a sedere e vide che era Hermione Grenger che rideva di guasto alla battuta di un ragazzo che le dava le spalle. Pansy le riconobbe subito, così come quei capelli scuri e corti, quelle gambe lunghe e quei piedi troppo lunghi. Era Vicktor.
Pansy si sentì morire e si sentì invadere da profonda gelosia, devastante, quella che ti toglie il respiro, che ti fa venire voglia di urlare, di spaccare tutte le cose a portata di mano. Invidiava Hermione Grenger, e la odiava. Sì, la odiava. Perché lei aveva avuto il coraggio di scegliere Vicktor, un altro Campione, nonostante il legame che aveva con Harry Potter, suo avversario. La odiava perché stava provando le cose che lei cercava da una vita. La odiava perché ora era lei che sentiva gli aneddoti della sua vita. La odiava perché erano le sue parole che ora lui ascoltava come se fossero la cosa più importante del mondo. La odiava per come Vicktor la guardava, come se ci fosse solo lei. La odia perché ora era lei la sua numero uno. La odiava perché in quel momento era riuscita a farlo ridere. La odiava perché toccava il suo braccio, quando voleva farlo lei. La odiava perché ora posava le sue labbra su quelle di lui, in un gesto che le sembra così tanto normale, da far star male. La odiava perché ora sarebbero state le sue labbra a profumare di thé. La odiava perché baciava il ragazzo che amava.
Raccattò velocemente le sue cose e corse velocemente verso la sua stanza. Mentre apriva la porta della sua stanza, si imbatté in Daphne che stava uscendo.
Vedendo il voto dell'amica domandò: “Che...?” ma non riuscì a terminare le frase, zittita dall'abbraccio di Pansy, che iniziò a singhiozzare sulla sua spalla.
Finalmente piangeva tutte le sue lacrime.
---
Ricordava perfettamente la prima volta che aveva fatto l'amore con lui.
Pansy uscì trafelata dal castello. Il vento gelido la colpì in pieno viso, facendole arruffare i lunghi capelli neri. Sbuffando, se li legò in una pratica coda di cavallo e fermò il ciuffo con una mollettina. Scrutò il giardino della sua scuola alla ricerca di Vicktor. Nonostante la brezza fredda, molti dei suoi compagni avevano sfruttato quel pomeriggio per godersi la neve che si era accumulata nel giardino del castello. Tuttavia, non ci mise molto ad individuarlo. La aspettava sempre là.
Si sorprese sorridere e si maledisse tra sé e sé.
Che ti prende? È solo Vicktor.
Scuotendo la testa, si incamminò verso di lui. Così facendo incrociò la Granger con Harry Potter. I due si zittirono di colpo quando la videro arrivare. Sfoderano il suo sorriso più perfido disse: “Fazzolettino, Potter?”.
E scoppiò a ridere. L'articolo di Rita Skeeter sui pianti del giovane Grifondoro per le ingiustizie della vita l'aveva molto divertita. Odiava la gente che si piangeva addosso. Un gruppo di Tassorosso, poco lontano da loro, si unì a lei, aumentando di più la sua ilarità.
“Parkinson, quando la smetterete? Non è divertente” esclamò, esasperata, Hermione.
“Mai. Dovresti essere contenta, Granger, magari così il suo bisogno di attenzione” e mentre diceva queste parole mimò con le mani il segno delle virgolette “si risolve”.
“Piantala” sibilò la Grifondoro, e afferrando il braccio del ragazzo, si allontanò.
“Ah, Potter! Salutami Weasley” gli urlò dietro, ben sapendo che i due non si parlavano da Halloween.
Sorridendo, raggiunse Vicktor che la guardava duramente.
“Sì, lo so... lo so... sono in ritardo”.
Vicktor scosse la testa: “Perché tu fare così?”.
“Così come?”.
“Parlare loro in quel modo?”.
Pansy alzò le spalle: “È divertente”.
Vicktor scosse la testa, guardando nella direzione dalla quale la giovane era giunta.
“Non metterai il muso per questo, Krum?” disse lei, alzando un sopracciglio.
Vicktor rimase qualche minuto in silenzio, e poi, senza guardala, affermò: “Andiamo”.
“Andiamo dove?” domandò lei, aumentando il passo per potergli stare di fianco.
Lui rimase in silenzio. Pansy, sconcertata dal comportamento del ragazzo, che si solito la sommergeva di domande per poi ascoltare in silenzio e affascinato, almeno, così le sembrava, le sue risposte, dichiarò, fermandosi: “Senti, non sei dell'umore. L'ho capito. Me ne torno al castello”.
Vedendo che lui non replicava, emise un gemito scandalizzato. Si sistemò meglio la borsa sulla spalla, e ritornò sui suoi passi.
“Paggie, fermati”.
La ragazza si arrestò e disse: “Non mi vuoi parlare, però vuoi che resti con te. Fai pace con il cervello!”.
“Non riesco a capire chi sei, Pansy. Sei la ragazza che passa pomeriggi interi a parlare, a sognare, a fantasticare con me o sei quella che maltratta gli altri solo perché si diverte?”.
Pansy alzò le spalle e affermò: “Non so cosa dirti. Io sono così”.
“Dopo quello che ho visto oggi non essere più sicuro se tu piacere me”.
Pansy sgranò gli occhi, sorpresa: “Beh, non posso certo cambiare per te. Prendere o lasciare”.
Dopo quello che le sembrò un'eternità, Vicktor si avvicinò a lei e disse: “Prendere. Non capire perché tu non fare vedere agli altri come essere veramente, ma per ora andare bene così”.
“Per ora?” domandò lei.
Lui annuì e, battendo le mani, esclamò: “Bene, Paggie! Oggi portare te su vascello”.
La ragazza annuì entusiasta: “Finalmente, Vicktor”.
“E magari noi fare tuffetto in lago” dichiarò felice Vicktor. Voleva farle fare dei tuffi che aveva provato con i compagni nei giorni scorsi.
“Tu sei pazzo! L'acqua sarà gelida!” disse lei, rabbrividendo sotto il maglione alla sola idea.
“Rispetto a quella che c'è Durmstrang, questa essere bollente” replicò entusiasta.
Pansy scosse la testa, sorridendo.
Per poter accedere all'imbarcazione, i due ragazzi dovettero passare sopra una passerella. Pansy la guardò sospettosa: “Regge?”.
Vicktor per l'ennesima volta annuì: “Sì, Paggie! Ci passiamo su tutti i giorni, anche tutti insieme, e non essere ancora rotta”.
“Sarà...” replicò lei dubbiosa, stringendosi più forte al braccio del ragazzo.
Vicktor scoppiò a ridere: “Non ti facevo così paurosa, Paggie”. Di tutta risposta, lei gli fece una linguaccia.
Quando, finalmente, raggiunsero la barca, Vicktor le fece fare il giro dell'imbarcazione, le presentò alcuni suoi compagni e le fece vedere la sua cabina. Non era molto grande, e predominava il letto, accuratamente in ordine. L'arredamento era molto spartano: poteva individuare un paio di libri (di Quidditch, ovviamente), un baule, uno specchio e una cornice con la fotografia della sua famiglia. Pansy si avvicinò per osservare meglio i genitori, di cui aveva sentito parlare, e la sorella più piccola.
È identica a Vicktor, povera ragazza.
“Ti assomiglia” affermò lei.
“Chi?”.
“Elga” rispose lei, indicando la ragazza sulla foto.
Lui sorrise: “Non avere mai detto, ma me mancare lei”.
Pansy annuì: anche a lei mancavano le sue sorelle, anche se non l'avrebbe mai ammesso sotto tortura.
“Lui essere mio padre” affermò il ragazzo, indicando un uomo corpulento, con uno sguardo duro, sulla cinquantina. Pansy era a conoscenza del rapporto difficile che c'era tra i due. L'uomo aveva deciso di licenziarsi e vivere di rendita sulle spalle del figlio, sottoponendolo a una quantità di stress maggiore, rendendo un giovane ragazzo responsabile di un'intera famiglia.
Cosa fosse successo se lui si fosse infortunato e non avrebbe più potuto giocare? Vicktor le aveva posto questa domanda diverse volte, con moti di stizza e anche con tristezza infinita.
“L'ultima cosa che ha detto a me prima di venire qua è stata: << Vinci, vinci ad ogni costo>>” disse il bulgaro, e poi aggiunse: “Ed è l'unica cosa che scrive di suo pugno nelle lettere che loro spedire me”. Pansy gli appoggiò una mano sul braccio. La Prima Prova del Torneo era vicina. Sapeva che lui era parecchio nervoso, anche se non affrontava mai l'argomento.
“Beh, a lui non assomigli per niente” disse lei, facendolo ridere di gusto.
“E questo che piacere di te” e si chinò per baciarla.
Pansy dischiuse le labbra, accogliendo la lingua che nelle ultime settimane aveva imparato a conoscere. Lui la strinse a sé, mentre lei gli cingeva le spalle con le braccia. Furono interrotti dal leggero bussare alla porta.
Entrò un ragazzo più basso e tarchiato di Vicktor, che domandò in bulgaro qualcosa al ragazzo.
Sciogliendosi dall'abbraccio con Pansy, annuì.
“Che succede?” chiese lei.
“Adesso vedrai” replicò lui, tirandola leggermente per un braccio.
La condusse all'aperto, verso uno dei tre ponti di cui era munito il vascello. Nonostante l'aria gelida, c'erano tre ragazzi in pantaloncini e canottiera, completamente bagnati, che iniziarono a urlare quando videro i due sopraggiungere.
Vicktor presentò gli amici alla ragazza. Indicando un bel ragazzo alto, moro, con gli occhi azzurri come il cielo nelle giornate estive più belle disse: “Lui essere Friederick”. Pansy annuì, l'aveva riconosciuto: era il ragazzo di cui aveva le aveva parlato Daphne.
“Mentre lui essere Antòn”, indicando un ragazzo, se possibile, più alto e più magro di Vicktor.
“Quello sopra la ringhiera essere Ivan”. Il ragazzo la salutò e si buttò nel lago, facendo una capriola nell'aria.
Pansy esclamò: “Voi siete completamente pazzi” e si sporse per vedere il ragazzo riemergere, che la salutò, ridendo a crepapelle.
Vicktor si mise dietro a lei, e le sussurrò: “Adesso fare anche noi”.
Ignorando i brividi che provò nel punto in cui il suo alito l'aveva toccata, scosse la testa.
“Non se ne parla”.
“Dai, Paggie. Sarà divertente”.
“No” replicò, mentre seguiva con lo sguardo Ivan nuotare verso la passerella.
“Sarai l'unica di Hogwarts ad aver fatto il bagno nel Lago”, gli disse lui, giocherellando con la coda della ragazza.
“Sarò l'unica deficiente a Hogwarts ad aver fatto il bagno del Lago” replicò lei, girandosi verso di lui.
“Sarai l'unica defficenze a Hogwarts che dice no a una cosa del genere” le fece il verso.
“Deficiente, coso mai”. Lui la guardò con un'espressione che significava: “E io cosa ho detto?”.
“Lascia perdere” disse lei, portandosi una mano alla fronte.
“Io sarò con te. Solo io e te” insistette il ragazzo.
“Anche volendo, non ho niente da mettermi” affermò lei, dopo qualche attimo.
“Questo non essere problema” esclamò, felice, lui, e la trascinò, nuovamente, in coperta.
Quando rientrano nella cabina del Campione bulgaro, il ragazzo tirò fuori da sotto il letto un pacco e glielo porse: “Per te”. Pansy aprì il sacchetto e trovo dentro la versione femminile della tenuta con cui aveva visto gli amici di Vicktor: un paio di pantaloncini e una canottiera.
“Tu potere cambiarti qua. Io vado vestire in camera di Antòn” e, così dicendo, tirò fuori dal baule gli indumenti.
“Ehi, non ho ancora detto di sì” provò a protestare debolmente la ragazza, mentre Vicktor si allontanava.
Si rigirò tra le mani la canottiera.
Lo sto per fare davvero? Non è pericoloso? Cosa direbbero Daphne, se lo venisse a sapere? E il resto della scuola?
Sarebbe stata sulla bocca di tutti. Non che fosse una novità. Sapeva che la gente sparlava di lei, per via del suo modo scontroso di trattare tutti, per via delle sue battute cattive, per via di essere l'ombra di Draco.
Lui le avrebbe mai proposto una cosa del genere?
Pansy scorse il suo sguardo, riflesso nello specchio. Conosceva perfettamente la risposta.
No.
Pansy si sorprese a rendersi conto che non le importava più.
Al Basilisco, Draco.
Si levò il cappotto e iniziò a slacciarsi la camicetta e si tolse la gonna. Velocemente si mise gli indumenti che gli aveva procurato Vicktor. Aveva appena finito di abbassarsi la canottiera, quando sentì bussare: “Paggie, sei pronta?”.
“Sì” rispose la ragazza, mentre si osservava allo specchio.
Non propriamente carina, ma pace.
Dal riflesso scorse Vicktor che la guardava intensamente. Quando si girò verso di lui, lui distolse lo sguardo. Pansy notò che era diventato rosso. Non poté fare a meno di sorridere.
“Tieni, tu mettere questa sopra” le disse, porgendole la sua pelliccia.
Pansy la guardò senza capire.
“Sono sicuro che tu inizieresti a lamentarti per il freddo, una volta fuori” spiegò il ragazzo.
“Non è affatto vero” rispese con voce infantile lei, infilandosi la giacca del ragazzo.
Vicktor rise e le scoccò un bacio veloce sulle labbra: “Andiamo”.
Quando giunsero sul ponte, gli amici di Vicktor non c'erano più. Pansy si sporse, e li vide nuotare vicino al vascello, lanciandosi bombe d'acqua, create con le bacchette. Vicktor le sfilò la pelliccia e l'appoggiò su una sedia lì vicino.
Baciandole l'incavo del collo domandò: “Pronta”.
Lei annuì, poco convinta.
Vicktor l'aiutò a superare la ringhiera e poi si mise accanto a lei.
Pansy guardò verso la scuola. Non aveva mai ammirato il castello dal Lago Nero. Certo, era passata sulle acque il primo giorno a Hogwarts, quattro anni prima, ma ero troppo terrorizzata nel capire cosa stava accadendo, quindi non aveva osservato il panorama. Poi abbassò lo sguardo verso le acque del Lago, e disse: “Anche prima era così in alto?”.
“Sì, Paggie. Non essere poi così in alto”.
Un alito di vento le fece venire la pelle d'oca: “Sei sicuro che non ci sono sassi grossi che ci aprano il cervello in due? Non siamo lontani dalla riva”.
Lui la guardò disgustato: “Come puoi pensare te una cosa del genere? Hai visto prima Ivan. Non essersi fatto nulla”.
“Non so se lo sai, ma nel Lago Nero ci sono un sacco di creature”.
“Lo so, ma Silente ha fatto un incantesimo o patto che tiene loro lontani da nostro vascello”.
“Forse è il caso che ti dica che non sono una brava nuotatrice”.
“Non preoccuparti, ci sono io”.
“Ma...”
“Paggie, basta. Saltiamo!” e cosi dicendo, la prese per mano e saltarono.
Mentre precipitava, Pansy sentiva l'aria gelida colpirle il viso e lo stomaco. Una mano la muoveva freneticamente, mentre l'altra si stringeva introno quella grande e callosa di Vicktor. Mentre percorreva quel breve tragitto nel vuoto si sentì leggera, spensierata, libera. Iniziò a ridere a crepapelle.
L'impatto con l'acqua fu forte. Non si aspettava che fosse così vicina, quindi non era pronta. La prima sensazione che provò fu freddo: l'acqua era gelida. La seconda sensazione fu invece salato: sebbene fosse un lago, le sue acque erano salate come quelle di un mare. La terza sensazione che provò fu la sicurezza che la mano di Vicktor le dava.
Quando riemerse per prendere aria, iniziò a tossire e ridere contemporaneamente. Il ragazzo le chiese se andava tutto bene, e lei di risposta lo schizzò con l'acqua.
Eccome se va tutto bene.
Vicktor cercò di afferrarla per spingerla sott'acqua, ma lei guizzò voi, lanciandogli addosso un altro po' d'acqua. Iniziarono così a rincorrersi, alternando baci salati, schizzi d'acqua e nuotate vicino, uno accanto all'altra.
Stringendosi forte al ragazzo sussurrò: “Per Salazar, è freddissima”.
Lui strinse il corpo della giovane con entrambe le braccia: “Forse è meglio uscire. Sarà tardi”.
Rabbrividendo, lei annuì.
La condusse nella sua cabina e disse: “Puoi cambiarti qua. Io aspetto fuori”, porgendole un asciugamano.
Lei annuì iniziò ad asciugarsi. Scorse la sua immagine allo specchio: aveva i capelli sciolti, che gocciolavano; il suo naturale pallore era accentuato, eccezion fatta per le guance arrossate per il vento e le labbra gonfie, per i continui baci che si era scambiata con Vicktor; gli occhi avevano trovato quel luccichio che, si rese conto in quel momento, era sparito da un po'.
Ci mise qualche secondo a rendersi conto che non si sentiva cosi felice da diverso tempo, ormai. Ci mise qualche secondo a rendersi conto che non è poi così difficile esserlo.
Ci mise qualche secondo a rendersi conto che non è poi così spaventoso esserlo.
Ci mise qualche secondo a rendersi conto che la felicità che aveva provato quel pomeriggio di diverse estati precedenti, era niente in confronto a quello che aveva appena provato, e tutti gli altri giorni precedenti.
Ci mise qualche secondo a rendersi conto che il merito di tutto era dovuto al ragazzo goffo, allampanato, con terribile accento, che l'aspettava dietro la porta.
Senza pensarci, si diresse verso la porta e l'aprì.
Vicktor si girò verso di lei e domandò: “Hai fatto...”, ma vedendo la ragazza, con ancora addosso i vestiti bagnati, si bloccò.
La ragazza si alzò in punta di piedi e lo baciò. Staccandosi dolcemente da lui, lo prese per il bavero della canottiera zuppa e lo trascino nella stanza, facendo chiudere la porta con un tonfo. Iniziò a baciarlo più ardentemente di prima, esplorando con le mani la lunga schiena, mentre lui la stringeva nella sottile vita. Vicktor iniziò a baciarle il collo, soffermandosi dietro l'orecchio, quando si accorse dei mugugni di piacere della ragazza.
Pansy si lasciò cadere sul letto, trascinando con sé il ragazzo.
Il ragazzo le sussurrò: “Sei sicura, Pansy?”, mentre si girava tra le dita una ciocca di capelli della Serpeverde.
Lei annuì, riprendendolo a baciarlo.
Non sono mai stata più sicura.
Della sua prima volta Pansy ricordava l'imbarazzo di farsi vedere nuda, il dolore che aveva provato nel momento in cui lo aveva accolto dentro di sé, il piacere che ne immediatamente ne seguì e l'assoluta certezza che non se ne sarebbe mai pentita.
Mentre correva verso il castello, non poteva immaginare che da lì a un paio di giorni, Draco le avrebbe chiesto, nella Sala Comune dei Serpeverdi, davanti a tutti, di andare al Ballo insieme. Non poteva immaginare che lei si sarebbe sentita in dovere di accettare in onore dei sentimenti che aveva provato (o creduto di provare) in passato. Non poteva immaginare che quella scelta l'avrebbe fatta essere in ritardo nel cogliere la sua possibilità di essere felice, di essere la numero uno per qualcuno. Non poteva immaginare che quel sì al ragazzo sbagliato le avrebbe fatto perdere per sempre Vicktor.
  
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