Non potevo non
cimentarvi anch’io al contest di Mnemosyne, il “First-Aid-Kit Challange!”
Prompt 3#
Cerotti
L’idea è
nata dopo aver partecipato, sabato, al matrimonio della mia migliore amica,
quindi aspettatevi alte dosi zucchero vi avverto
*___*
Tsubasa
stava camminando per la strada, con le mani infilate nelle tasche del giubbotto,
sospirando. Ormai era da qualche settimana che si sentiva confuso e non sapeva
che cosa fare. Dopo aver visto capitolare il suo grande amico Genzo si era
ritrovato a pensare insistentemente al matrimonio. Finora era sempre stato un
concetto astratto, un qualcosa che aveva in progetto ma in un futuro non
preciso. Invece cominciava a rendersi conto che sposarsi non l’avrebbe privato
della sua libertà o della possibilità di giocare a calcio, ma gli avrebbe dato
modo di dividere tutte quelle emozioni insieme a Sanae.
Forte di queste considerazioni, alcuni giorni prima, era entrato in una gioielleria comprando un anello di fidanzamento. Lo stesso che ora stava nella tasca destra del suo giubbotto, con cui stava giocherellando con le dita.
Il
problema era che non riusciva a sbloccarsi.
Quando si trovava davanti a Sanae, la gola diventava improvvisamente secca e non riusciva a dire più niente.
Per
questo stava girando da mezz’ora a vuoto, senza trovare il coraggio di andare da
lei. Rimpiangeva di aver lasciato a casa il pallone, forse qualche tiro
l’avrebbe aiutato a scaricare un po’ della tensione che aveva dentro. Con una
smorfia estrasse la scatolina verde scuro, alzandola all’altezza del viso,
squadrandola attentamente.
Perché
doveva essere così maledettamente difficile?
Aveva
affrontato dei grandi campioni sul campo di calcio, era riuscito a rimanere in
piedi con una spalla slogata superando il dolore lancinante, ma non riusciva a
pronunciare una semplicissima domanda.
Forse
doveva smettere di pensare e agire.
Camminando rapido arrivò davanti alla casa di Sanae e suonò il campanello prima di cambiare idea.
Fu
lei ad aprirgli.
“Tsubasa?
Cosa ci fai qui?”
Si
strinse nelle spalle stringendo, di nascosto, la scatolina nella sua
tasca.
“Passavo
da queste parti e ho pensato…”
Si
guadagnò un sorriso da parte di Sanae, che felice di quella sorpresa, si
avvicinò stampandogli un bacio a fior di labbra.
“Entra,
vieni. Scusa ma stavo finendo di sistemare in cucina, mia zia è a letto con la
febbre e la mamma è andata a darle una mano”
“Non
c’è problema ti faccio compagnia”
Raggiunsero
la cucina.
“Siediti
pure” lo invitò lei.
“In
realtà io avrei una...”
“Vuoi
bere qualcosa?” lo interruppe mentre si avvicinava al lavandino, voltandogli le
spalle, con uno strofinaccio in mano.
“No…
grazie. Ho pensato molto in questi giorni…”
“Sei
preoccupato per la ripresa del campionato brasiliano?”
“Non
avremo vita facile ma non mi preoccupo. Abbiamo una squadra forte e… Ma non era
di questo che volevo parlare”
Sanae
si voltò, le mani appoggiate ai fianchi, con un’espressione stupita in
viso.
“Oozora
che non vuole parlare di calcio? Sei per caso malato?” lo prese in
giro.
In
risposta lui incrociò le braccia al petto fingendosi
offeso.
“Questa
non è divertente. Ho una cosa da dirti e se tu continui ad interrompermi non ci
riuscirò”
“Ok,
scusami. Giuro di non farlo più. Finisco solo di asciugare questi
coltelli”
“Stavo
dicendo che ho pensato molto a… noi due. Ormai sono è più di un anno che siamo
insieme, senza considerare…”
Il
rumore di una posata che cadeva per terra lo bloccò.
“Scusa
mi è scivolato. Continua pure” si difese lei in risposta alla sua
occhiataccia.
“…tutto
il tempo passato da amici. Non manca molto alla mia partenza per tornare in
Brasile e vorrei…”
“Cosa?”
domandò Sanae di fronte alla sua esitazione, voltata di
spalle.
Tsubasa
aspirò profondamente, cercando di combattere il dolore che gli stava bloccando
la gola.
“Io…
vorrei chiederti di…”
“Ahi!”
Il
grido di dolore fece scattare in piedi il giocatore, che corse da lei.
“Che
hai fatto?”
Gli
mostrò la mano dove un piccolo taglio stava sanguinando
copiosamente.
“Stavo
asciugando quel coltello e mi è scivolato”
“Bisogna
medicarlo subito”
“I medicinali sono nel bagno”
*
“Ecco
adesso è disinfettato. Hai dei cerotti?”
“Ho
paura di averli finiti, prova a guardare lì in basso”
Lui
si allungò verso l’alto, tastando con la mano, il ripiano dell’armadietto,
cercando di raggiungere il fondo.
“Non
ce ne sono. No, aspetta. Sei fortunata, ne ho trovato uno”
Sorridendo
aprì l’involucro e tornò vicino a lei. La prese per un gomito spingendola verso
il bordo della vasca e facendola sedere.
“Dammi
la mano”
Sussultò
impercettibilmente rendendosi conto, in quell’istante, della posizione del
taglio: proprio di lato sull’anulare sinistro.
Che
fosse un segno del destino?
Ricordava
chiaramente l’incidente di cui era stato vittima da piccolo, quando il pallone
da calcio l’aveva protetto salvandogli la vita. Dentro di sé sentiva che quanto
successo non era un caso. Incoraggiato da quelle riflessioni si mise in
ginocchio, davanti a lei, e lentamente appoggiò il cerotto, coprendole il taglio
e avvolgendole il dito, come un anello.
Rialzò
il capo e la fissò negli occhi scuri. Osservò tutti i suoi lineamenti che ormai
sapeva a memoria.
Amava
quella ragazza che, fin dal suo primo giorno a Fuijsawa, l’aveva incoraggiato
credendo in lui. In ogni partita giocata la voce di Sanae era risuonata sempre
chiara e limpida mentre gridava il suo nome e, le volte in cui aveva alzato lo
sguardo, aveva potuto contare sul suo sorriso luminoso.
Come
per magia, tutti i dubbi e le paure scomparvero.
“Sanae,
vuoi sposarmi?”
La
ragazza spalancò gli occhi, incredula di fronte a quanto sentito.
“Cos’hai
detto?” mormorò piano, con la paura di essersi immaginata quelle
parole.
“Ti
ho chiesto di sposarmi” confermò il giocatore nipponico serio, ma con l’ombra di
un sorriso che stava spuntando ai lati della sua bocca.
Nel
sentire confermata quella domanda Sanae provò un’emozione intensa e il suo cuore
cominciò a battere più forte. Solo da Tsubasa poteva aspettarsi una
dichiarazione simile in bagno, mentre la stava medicando, senza un filo di
romanticismo. Ma lo amava proprio per la sua semplicità, per il suo essere
sempre spontaneo e sincero.
“Forse
nessuno te l’ha mai spiegato, ma di solito questa è una domanda che si fa
mettendo qualcosa di più di un cerotto al dito di una ragazza”
scherzò.
Lui
si passò una mano scompigliando i corti capelli neri. In quel momento, passato
l’attimo, si rese conto di quanto dovesse sembrare ridicolo ai suoi occhi,
inginocchiato sulle fredde piastrelle e senza nemmeno aver tirato fuori
l’anello.
Era
proprio uno stupido.
“E’
da quando sono entrato in casa tua che sto cercando il modo giusto per dirlo
ma…” tentò di giustificarsi.
Sanae
si portò alla bocca la mano libera, soffocando un gemito, prima di scivolare a
terra avvicinandosi a lui e stringendogli la mano.
“E
io che ti ho interrotto più volte, poi sono stata così sciocca da
tagliarmi”
Tsubasa,
di fronte alla sua reazione, le fece un enorme sorriso. Aveva già rovinato tutto
facendole la proposta in quel modo, non voleva che si sentisse in colpa.
“Va
tutto bene. Anzi, se mi sposi prometto di comprarti tutti i cerotti di questo
mondo, però non mi hai ancora risposto”
“Certo
che sì” sussurrò.
Le
prese il viso tra le mani avvicinando le labbra alle sue. In quel momento tutto,
per lui, era svanito.
Niente
dolore al ginocchio per essere sul duro pavimento.
Niente
gola secca.
Solo
tanto amore per Sanae.
Più tardi le avrebbe infilato al dito l’anello comprato ma ora, la cosa più importante era tenerla stretta a sé.
Note: nel manga Tsubasa chiede a Sanae di sposarlo nel campo da calcio dove è stato vinto il World Youth Hen, ma per questa one-shot l'ho reinterpretato a modo mio e ad uso e consumo dei... cerotti!!
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Dedicata
ad Eos75 che mi segnala sempre
questi contest e a Silen che mi ha
chiarito alcuni dubbi evitando che mi facessi troppo seghe mentali (e da cui ho
copiato la nota finale) xD