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Autore: Black Iris    03/09/2014    1 recensioni
Ecco la seconda os horror di tutta la mia vita!
dal testo:
Lei però non voleva proferire parola e al massimo distoglieva lo sguardo. Dopo l’ultima volta guardarlo negli occhi era diventato troppo difficile da sostenere. I suoi occhi scuri le ricordavano troppo il ricordo di quel sabato sera. Erano andati a ballare insieme, ma lei non era riuscita a controllarsi e aveva fatto un grosso errore, che le era troppo difficile perdonarsi. Ogni volta che incontrava il suo sguardo rivedeva il ragazzo tremante, ricoperto di sangue che cercava di fuggire da lei.
buona lettura ^_^
Genere: Horror, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La luna aveva un particolare color quella notte. L’argento risplendeva nel nero cielo creando quel contrasto che Karol adorava tanto. Passava la notte a seguire con gli occhi le nuvole che la oscuravano senza coprirla mai del tutto.
-Prima o poi dovrai smetterla- le disse una voce nota.
-Jack, Che cosa vuoi qui? Questo è il mio posto- rispose lei girandosi.
La vecchia casa dei suoi nonni non si poteva definire in buone condizioni e certamente neanche abitabile, però era un il luogo in cui Karol era cresciuta, passare lì la notte significava trovare la calma che le serviva quegli ultimi tempi. Era da molto che il suo corpo stava cambiando, ma in quel momento, in quel luogo c’era soltanto lei e la luna. La sola idea che qualcun altro aveva osato infastidirla la mandava su di giri.
-Volevo solo vedere come stavi. Non mi sei sembrata normale al nostro ultimo incontro- le disse lui muovendo dei passi nella sua direzione. Le aveva le mani appoggiate sulla ringhiera della terrazza del giardino dietro la casa. Sulla mano si appoggiò quella dell’altro.
-Dimmi cosa non va, ti prego, voglio solo aiutarti- le disse in tono calmo e rassicurante.
Lei però non voleva proferire parola e al massimo distoglieva lo sguardo. Dopo l’ultima volta guardarlo negli occhi era diventato troppo difficile da sostenere. I suoi occhi scuri le ricordavano troppo il ricordo di quel sabato sera. Erano andati a ballare insieme, ma lei non era riuscita a controllarsi e aveva fatto un grosso errore, che le era troppo difficile perdonarsi. Ogni volta che incontrava il suo sguardo rivedeva il ragazzo tremante, ricoperto di sangue che cercava di fuggire da lei.
-Guarda che va tutto bene, ti ho perdonata- le disse forzandola a guardarlo, -però adesso voglio sapere: che cos’era quella cosa?-.
-Mi dispiace, non posso dirtelo- rispose lei senza guardarlo negli occhi.
-Io ti posso capire- le fece prendendole anche l’altra mano e avvicinandola a se, ma lei più che tranquilla, parve arrabbiarsi.
-Come puoi capirmi tu? cosa ne sai di cosa è successo?- gridò furiosa e staccandosi dal ragazzo, -Tu non sei nessuno per capire!- gli gridò con le lacrime agli occhi. I suoi capelli rossi si muovevano seguendo il vento e passandole sopra il viso.
-Io..-
-Tu niente!- gli gridò di nuovo senza lasciagli il tempo di giustificarsi.
Gli occhi mutarono colore, dal vivido verde passarono ad un nero pece, con riflessi di rosso.
-Nessuno può capirmi- disse piano, -Nessuno-. Con quell’ultima parola saltò addosso al ragazzo e lo buttò a terra. Con una mano lo prese per il collo e con l’altra gli bloccò la mano; con il piede fermò l’altro braccio, così che Jack fu a terra, senza potersi muovere. Strinse la mano cercando di soffocarlo.
Jack sentiva il peso di Karol schiacciarlo, un peso che non si addice ad una ragazza di diciott’anni magra come lei. C’era qualcosa che non andava, lo sentiva, proprio come l’altra sera.
-La.. sciami- disse cercando di respirare, ma ormai stava soffocando, la vista gli si appannava, l’udito cominciò a perdere colpi. Le grida di Karol cominciarono a sembrare lontane, così come tutto il resto.
Prese quel poco di forza che aveva e si liberò dalla ragazza, capovolgendo letteralmente la situazione. Karol gli lanciò uno calcio allo stomaco facendolo cadere all’indietro. Il collo di Jack aveva degli evidenti segni di mani, mentre si rialzava sentì la sua mano prendergli il mento e con l’altro braccio lo cinse impedendogli di nuovo di muoversi.
-Perché mi fai arrabbiare?- gli gridò, -perché non tieni mai la bocca chiusa? Perché?-.
Con un morso gli squarciò il collo. Il sangue scese come quando si squarcia una bottiglia. Gli aveva rotto una vena importante di cui lei non sapeva il nome e non voleva saperlo. Lasciò la testa e lo tenne per un braccio solo. Poggiò l’altra mano sulla spalla, leggermente, come per consolarlo, ma il ragazzo probabilmente non era molto cosciente della situazione.
-Mi dispiace- gli disse piangendo, -ma tu mi obblighi-. E tirò il braccio fino a staccarglielo dal corpo.
Jack cadde a terra in una pozza di sangue, con il collo squarciato e il braccio mancante. Karol lo teneva in mano come una mazza. lo buttò sul pavimento disgustata e si allontanò dal cadavere, camminando all’indietro, sbattendo contro la porta e inciampando sul pavimento.
-Non è stata colpa mia, non è stata colpa mia, è perché c’è la luna, non sono stata io- si diceva tenendo agitando la testa. Si guardò le mani. Rosse. Le tempie le stavano scoppiando, il cuore non reggeva i battiti, fu allora che accade, si buttò di nuovo sul cadavere cercando di riaprirgli gli occhi, ma ogni luce di vita aveva abbandonato il corpo ormai.
Sentì la fame, lo stomaco reclamava, come in ogni luna piena. Il corpo senz’anima giaceva proprio lì, sulla terrazza. Prese il braccio e lo divorò come fosse un hamburger.
Alzò lo sguardo verso la luna e lanciò un grido disumano.
-Che tu sia maledetta!- gridò con tutto il fiato che aveva in gola, -maledetta- bisbigliò tra se e se, -come me-.
  
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