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Autore: Aishillin    03/09/2014    2 recensioni
L'abbiamo già visto con Harry nel V libro: i giornali non sempre dicono la verità.
Quanto può danneggiare una persona un tempo benvoluta un articolo di giornale? E se invece di uno fossero migliaia? E se gli articoli raccontassero menzogne?
Cornelius Caramell che fine farà dopo la fine della guerra?
Questa è la mia versione.
Prima classificata al contest di PadellaBarella e vincitrice del premio Miglior Tema
Genere: Drammatico, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Cornelius Caramell
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Nickname EFP:  Aishillin
Nickname EFP Forum: Aishillin
Contest: Harry Potter: non solo una storia per ragazzi
Titolo: Non il mostro che tutti credono
Tema Obbligatorio: Tema 5: mass media
Genere Obbligatorio: Introspettivo
Altri generi: Drammatico, Generale
Rating:  Giallo
Lunghezza della storia: 1556 parole (one shot)
Tipo di coppia: Nessuna
Personaggi: Cornelius Caramell
Avvertimenti: Tematiche Delicate
Note: L'abbiamo già visto con Harry nel V libro: i giornali non sempre dicono la verità.
Quanto può danneggiare una persona un tempo benvoluta un articolo di giornale? E se invece di uno fossero migliaia? E se gli articoli raccontassero menzogne?
Cornelius Caramell che fine farà dopo la fine della guerra? 
Questa è la mia versione.
Contesto: Dopo la fine della seconda guerra magica
NdA: Possono dei titoli sui giornali (falsi) rovinare la vita? Io credo di sì.



Dedicato ai falsi colpevoli, e ai colpevoli che vengono disumanizzati per scopi mediatici.











******


Il palazzetto era freddo, buio e umido, ma a lui andava bene così.

In quella catapecchia, affittata per pochi galeoni e con un nome fittizio che il proprietario aveva scelto di non controllare, aveva tutto ciò che cercava.

Isolamento, solitudine e, soprattutto, invisibilità.

Nessuno, in quello squallido quartiere alle porte di Notturn Alley voleva sapere chi era il suo vicino. E ben pochi reporter si sarebbero addentrati fin lì per cercarlo.

Per accusarlo. Per denigrarlo.

Ah, lui lo sapeva bene. La fama è un’amica volubile, non lo diceva persino quel letterato babbano, Durante?  Non è il mondan romore altro che un fiato di vento, che vien quinci e or vien quindi, e muta nome, perché muta lato.(1)

Chi meglio di lui poteva saperlo? Forse lo sapeva perfino meglio di chiunque altro: una sola volta sull’altar, e per la vita nella polvere, questo pareva il suo destino. Destino amaro, certo, ma forse meritato.

Oh, era stato così codardo… così scioccamente cieco, di fronte ai segni, che c’erano tutti.

Ma come poteva ammettere che Lui era tornato? Non poteva, semplicemente. Non era un uomo da battaglia. Era un abile mercante, un buon parlatore. Sapeva affabulare e sapeva convincere, era un grande uomo in tempo di pace.

Ma in tempo di guerra non era altro che un insetto.

L’uomo guardò il vecchio giornale che aveva accartocciato poco prima, in uno scatto di rabbia puerile. Cacciò via uno scarafaggio che da solo avrebbe potuto far chiudere tutto il fabbricato, se avvistato durante una visita dell’Ufficio Igiene, e prese nuovamente in mano la Gazzetta del Profeta.

Sospirò, guardando l’orrido animaletto zampettare via veloce, fino ad un buco nel muro. Un tempo avrebbe urlato di disgusto di fronte ad una simile bestiola; oggi si chiedeva se la vita di quel sudicio insetto non fosse preferibile alla sua. Aprì il quotidiano, cercando di ignorare le foto che lampeggiavano, prepotenti, in prima pagina.

Non aveva bisogno di cercare l’articolo, né di rileggerlo, in realtà. Ormai lo conosceva a memoria: un altro lungo, crudele, menzognero e insinuante articolo, corredato dalla vezzosa firma di Rita Skeeter.

Ironia della sorte, proprio lei lo condannava al suo futuro di miseria e biasimo. Ironico, se si teneva conto che qualche anno prima era stato lui il maggior estimatore dell’assoluta assenza di morale e di attinenza al vero della donna.

Se quella giornalista era brava in qualcosa, era gettare fango. E quanto lui aveva usato questa sua abilità, garantendole un posto di spicco sulla Gazzetta e favorendole la carriera? All’epoca, il suo essere una banderuola al vento era tutto ciò che desiderava. Oggi, quello stesso cane che aveva sfamato per più di un anno gli si rivoltava contro, sbranandolo.

Non che fosse stata la prima. Rita, morbidi boccoli e occhiali nuovi, aveva deciso di celebrare il suo ritorno alla fama affondando una nave già alla deriva: la sua.

Infondo, quale bersaglio migliore, all’indomani della fine della guerra, se non il mediocre, deposto ex Ministro, Cornelius Caramell?

Con spirito masochista, l’uomo posò gli occhi sul titolo che occupava a grandi lettere pagina 5 della Gazzetta: Cornelius Caramell: penoso burocrate od oscuro alleato di Colui-che-non-deve-essere-nominato?”

Come sempre, il titolo diceva tutto ciò che il lettore medio avrebbe mai potuto voler sapere. Un bersaglio contro cui puntare il dito: ecco cosa era diventato.

Continuò a leggere.

Tutti noi sappiamo di come Cornelius Caramell abbia macchinato per evitare che si sapesse del ritorno del Signore Oscuro, ma oltre che codardo, non potrebbe aver avuto altri scopi?”

Pareva quasi di sentire la risatina insinuante di quella orribile donna.

Caramell fremette, un misto di disgusto e vergogna a invaderlo. Senza forze, i suoi occhi corsero alla fine della pagina, a rileggere per l’ennesima volta le turpi accuse che finalmente venivano rivelate.

... Non è forse possibile che tutto il negare del nostro ex Ministro della Magia, che tutti i tentativi con cui ha cercato di screditare il Salvatore del mondo magico, Harry Potter, e l’esimio Professor Silente fossero più che un misero segno di codardia? In fondo, chi meglio di un sostenitore del cosiddetto Lord Oscuro poteva trarre giovamento dall’ignoranza della popolazione riguardo il suo ritorno? Molti Mangiamorte hanno affermato che vi era una talpa, nel Ministero, anche se gli Auror non hanno mai voluto svelarci il suo nome. Forse era Caramell? Nessuno l’ha più visto, dalla sua deposizione dalla carica di Ministro. Ci affidiamo come sempre all’Ufficio Auror, perché possa catturare il malvivente e costringerlo a confessare i suoi turpi crimini. [Per maggiori informazioni, vedi pag 6,7,8,9 e 10: Intervista con Dolores Umbridge: “Il mio capo era un Mangiamorte”.]”

Il giornale volò nel caminetto sul lato della stanza lurida. Un veloce colpo di bacchetta, e un tenue fuoco illuminava quello spettacolo desolante che era diventato Cornelius Caramell: capelli radi, spalle cascanti e pochi peli ispidi di barba mal fatta. Un piccolo taglio sul mento dovuto alla rasatura, abiti dimessi, sporchi e laceri in più punti. Cornelius sembrava invecchiato di 15 anni da quando era stato Ministro, quando invece ne erano passati a stento tre.

Ripercorse, con la mente, tutti gli eventi che avevano portato alla sua rovina: il giorno in cui vide nuovamente quel mostro di Voldermort, prima che si smaterializzasse con la sua devota seguace, Bellatrix Lestrange. Il giorno successivo, in cui tutto il Wizengamot chiedeva le sue dimissioni.

I titoli sui giornali.

Le accuse, sempre tramite giornali, di aver tradito il suo Paese, quelle più velate di essere un seguace di Colui-che-non-deve-essere-nominato, la richiesta di una sua carcerazione preventiva ad Azkaban, le insinuazioni che la sua carica fosse stata comprata.

Fango, fango e ancora fango, che zampillava addosso a lui come fosse un getto infinito.

Tutta la sua vita spiattellata sui giornali, affinché quella serie di casalinghe annoiate e pettegole potessero avere un cattivo con cui confrontarsi: non spaventoso quanto Voldemort, certo, ma abbastanza orrendo per poterlo condannare senza processo. Colpevole. Qualsiasi cosa si dicesse, si scrivesse di lui, era vera. E lui era colpevole.

I giornali, quei maledetti giornali, assetati di lettori, assetati di scoop, gli avevano rovinato la vita. L’avevano messo alla gogna per i suoi errori, giornalisti svegli e indipendenti che dimenticavano d’essere stati i suoi più federli collaboratori solo due settimane prima. L’avevano condannato al pubblico ludibrio per ciò che aveva fatto, e poi, non abbastanza soddisfatti, ancora desiderosi di scoop, di modi per ingrassare sulla carcassa della sua vita, l’avevano condannato per ciò che mai aveva fatto, e che non avrebbe fatto mai.

Era così che, agli occhi di tutta la Gran Bretagna, era diventato un depravato. Avevano puntato il dito sull’amore che provava per sua nipote, su quella splendida bambina dalle trecce color senape che per mesi non aveva potuto mettere un piede fuori casa senza che qualche giornalista la facesse piangere, accerchiandola, chiedendole come lo zio l’avesse stuprata e seviziata.Lei, cosa volesse dire essere stuprata e seviziata non l’aveva saputo prima che lo scandalo apparisse sui giornali: aveva solo 6 anni.

Ma quegli avvoltoi, spacciati per ministri del Vero, non avevano guardato quale fiore stavano calpestando, così impegnati a gettar fango su di lui; non interessava, a loro, a chi rovinavano la vita, purché il loro giornale vendesse quella manciata di copie in più necessarie a procurargli un bonus.

E poi, le acque si erano calmate. La società aveva trovato qualcun altro contro cui puntare il dito; aveva eletto un nuovo mostro.

E lui aveva tirato un sospiro di sollievo. Si era rifugiato nella sua casa di campagna, in solitudine. Sapeva che ben pochi di tutti gli amici che aveva sarebbero andati a trovarlo. Ma la quiete era tutto quel che desiderava, mentre uomini più grandi di lui combattevano ciò che lui non aveva avuto il coraggio di vedere.

Credeva di esser stato dimenticato.

Invece, anni dopo, tutto ricominciava, peggio di prima. Che il colpo venisse proprio dal giornale che più aveva beneficiato della sua omertà non era altro che una crudele ironia.

Era tutto come tre anni prima, e allo stesso tempo era mille volte peggio. Ora che la guerra e la paura erano sparite, la gente aveva molto più tempo da dedicare ai mostri quotidiani, quelli che non temeva così tanto perché sapeva che, in fondo, non avrebbero mai reagito.

Ed era così che casa sua era stata inondata da Strillettere in cui chiunque gli lanciava contro il proprio odio. Gli avevano imbrattato più volte la porta o le mura di casa, rotto innumerevoli finestre, mentre le lettere minatorie non si contavano nemmeno. Tutto a due giorni dall’uscita dell’articolo.

E lui, piccolo topolino terrorizzato, era fuggito. Fuggito dalla rabbia di sconosciuti, fuggito dalle nuove condanne senza processo. Fuggito dall’odio, dalle minacce, dalle accuse.

Ma solo ora, in una squallida stanza di uno squallido palazzetto, si rendeva conto che fuggire non serviva.

Gli articoli non si sarebbero fermati. Le lettere sarebbero state scritte ugualmente, l’odio non si sarebbe prosciugato, finché lui fosse stato in vita.

Non era niente altro che un capro espiatorio, un agnello che i media avevano deciso di sacrificare sull’altare dell’infamia. E su quell’altare avrebbe vissuto, annegando nel vituperio, o si sarebbe immolato.

Lo scarafaggio era tornato a gironzolare per il pavimento, incurante dei suoi movimenti dall’altro lato della stanza. Zampettò, ignaro della tragedia del suo coinquilino o dei suoi propositi, proprio sotto alla corda che d’improvviso penzolava dal soffitto, girovagando tra i tre piedi di un vecchio sgabello.



___________________________
(1) : Dante, Purgatorio, Canto XI
   
 
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