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Autore: Non ti scordar di me    03/09/2014    8 recensioni
Può un amore fraterno trasformarsi in altro? In passione? In un’ossessione? In amore?
Damon dopo vent’anni d’assenza ritorna a casa dal padre, dal fratello Stefan e dalla piccola Elena che ormai non è più tanto piccola.
Elena lo odia, lo odia per i suoi modi di fare, lo odia per essere il fratello peggiore al mondo e lo odia perché prova per lui un’attrazione illecita.
E se Damon si stesse spacciando per qualcun altro? Elena è invaghita di un misterioso ragazzo di cui non sa neanche com’è il volto e s’incontra con lui ogni giorno alla biblioteca del college. E se i due, in realtà, fossero la stessa persona?
I due sono veramente fratelli? O sotto si cela un segreto più grande?
Dalla storia:
Le sue labbra erano troppo soffici. Era sbagliato. Noi eravamo sbagliati, quella situazione era sbagliata. I loro sentimenti erano sbagliati.
Si era innamorata di suo fratello. Può una vittima innamorarsi del suo aguzzino? Può una persona innamorarsi di un ricordo? Può una sorella innamorarsi di suo fratello?
“Siamo sbagliati…” Sussurrai.
“Siamo le persone sbagliate al momento sbagliato, eppure non mi sono mai sentito meglio con un’altra persona e in un altro momento.”
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Damon/Elena
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo sei.
We are the mistake of one night.
 
Ancora non ci credevo. Damon mi aveva proposto un weekend tra fratelli per aggiustare il nostro rapporto. Il nostro rapporto già faceva schifo, se lui voleva peggiorarlo io non ero nessuno per fermarlo.
Si era fermato in una locanda e aveva prenotato una stanza. Già per la scelta – molto scadente direi – della locanda aveva perso un paio di punti che aveva guadagnato con l’idea di passare con me quel weekend.

«Dai, piccola! Accenna un sorrisetto!» Mi spronò. Io in risposta mi misi comoda sul sedile. Non sopportavo l’idea di dover passare con lui questi due giorni e non sopportavo neanche l’idea di stare con lui nella stessa macchina.
La locanda era in piena campagna e lui ora stava guidando per chissà dove. La campagna stava lentamente scomparendo lasciando posto a una stradina piccola e dissestata che imboccava verso l’autostrada.
Erano pochi minuti aveva detto, anche se per me erano i minuti più lunghi di tutta la mia vita.
Il silenzio in macchina era opprimente. Non avevo voglia di parlare con lui, anche se sapevo che era inevitabile. Dovevo parlare con lui riguardo quella gara. Così farebbe ogni sorella, giusto? Prima parlerebbe con Damon e poi cercherebbe di aiutarlo.
Sì. Per una volta dovevo fare la cosa giusta.

«Perché hai fatto quella gara?» Chiesi alzando lo sguardo. Damon teneva lo sguardo fisso sulla strada e serrò la presa sul volante. Colsi l’opportunità per guardarlo meglio. Indossava dei jeans che gli fasciavano perfettamente le gambe, una camicia nera con i primi bottoni slacciati e ai piedi delle anonime Converse. I capelli erano spettinati e gli occhi…quei magnifici occhi era coperti dai suoi Reyban neri.

«Mi servivano dei soldi.» Ripeté quasi stufo. Sbiancai leggermente…Non voleva rivelarmi i particolari, ma io non mollavo. Volevo sapere di più.

«Posso farti un’altra domanda?» Chiesi ancora con un sorrisetto divertito. Aspettando la sua risposta, mi osservai meglio allo specchietto.
Avevo un abbigliamento abbastanza anonimo: uno skinny jeans a sigaretta, una maglietta bianca con sopra un cardigan a maniche lunghe abbastanza pesante e ai piedi degli anfibi.
Ero più che anonima.

«Se ti dicessi no, tu me la chiederesti ugualmente no?» Fece l’ironico. Avevo notato che l’umorismo non lo abbandonava mai, neanche nei momenti più tristi.

«Perché hai fatto credere a Enzo che fossimo fidanzati?» A questo volevo una risposta. Una risposta seria. E non accettavo un “no” come risposta.

«Perché ti da fastidio? Insomma…Non vorresti un fidanzato come me?» Ammiccò leggermente. Scoppiai a ridere di gusto. Damon…Damon era sempre il solito ed enigmatico Damon, con i suoi modi di fare e le sue risposte piene di ironia.
«Non c’è un motivo. Sei la mia sorellina, no? Semplicemente, Enzo guarda troppo.» Continuò. Per un secondo sorrisi, Damon si preoccupava per me. Sbuffai e mi morsi un labbro.

«Damon, mi prometti di non fare più gare clandestine?» Era una richiesta particolare. Diversa. Forse era una richiesta anche esagerata, però dentro di me sapevo…sapevo che se si fosse ferito, non me lo sarei mai perdonato.

«Troppe domande, Elena.» Mi liquidò. Entrammo in una piccola cittadina. Dov’eravamo finiti? Un cartello con scritto ‘Benvenuti a New Orleans’ chiarì ogni mio dubbio.
Sgranai gli occhi. Mi aveva portato a New Orleans? Una delle città con maggior tasso di delinquenza in tutta America?
Decisi di non replicare sulla scelta della città, ma avrei ugualmente insistito per una sua promessa.
«Te lo chiederò una sola volta, Elena. Perché sei salita in quella macchina, sapendo che probabilmente non ne saremo usciti vivi?» Chiese lui, parcheggiando al primo posto libero vicino un bar.
Lo guardai di sottecchi e assottigliai lo sguardo. Non amavo le domande, tantomeno se non sapevo dare una risposta. Questa era una delle tante volte.
Non avevo una risposta da dargli. O forse sì? Di sicuro non volevo dirgli che ero preoccupata per lui.

«Non so…Sono sempre stata attirata dalle gare clandestine.» Accennai un sorriso. L’umorismo macabro era di famiglia. Uscì dalla macchina e sbatté con forza lo sportello. Dopo di che aprì la mia portiera e mi fece cenno di uscire. Presi la mia tracolla e uscii dalla macchina.

Era una giornata piuttosto calda per essere agli inizi di Febbraio. Il sole illuminava con i suoi deboli raggi New Orleans. Non ero mai venuta lì. Papà era sempre stato iper protettivo.

«Ah, sì? Hai per caso l’istinto suicida tipo Bella di Twilight?*» Chiese alzando un sopraciglio. Ero bloccata tra il suo corpo e la Camaro. A pochi centimetri di differenza i nostri nasi quasi si sfioravano. Si tolse gli occhiali da sole e mi squadrò con più attenzione.

«Sì.» Sussurrai debolmente. La sua vicinanza mi faceva completamente perdere la testa e non riuscivo neanche più a contrastarlo come facevo di solito.

«Perché invece non dire che eri preoccupata per me?» Si avvicinò ancora di più, inspirando il mio profumo. Iniziò a giocherellare con una ciocca dei miei capelli, scostandone il resto di lato.

«Forse perché non lo ero?» Lo schernii. Ridacchiò e mi ritrovai a pensare a quanto fosse bello mentre rideva. La sua risatina di scherno era cristallina e contagiosa.

«Smetterò di fare gare…» Disse improvvisamente, prendendo il mio viso tra le sue mani. Incontrai i suoi occhi color cielo e mi persi dentro. Era così profondi, velati da una leggera tristezza.
La sua maschera d’indifferenza la usava solo per constare me e il resto del mondo. Sapevo – e ne ero quasi certa – che lui non era sempre così odioso. Oggi, ad esempio, si stava comportando quasi civilmente…Questo era il vero Damon. E io ero intenzionata a scoprire ogni sua piccola sfaccettatura del suo carattere.
Volevo conoscere mio fratello. Avevo deciso.
Persa nei miei pensieri e nei suoi occhi, non mi resi conto che i suoi occhi guardavano intensamente le mie labbra.

«Solo se dirai che ci tieni a me.» Continuò. Deglutii…Se sapeva – e lo sapeva – che ero preoccupata per lui e che in qualche modo strano e perverso ci tenevo a lui, perché voleva che glielo dicessi apertamente?

«Perché vuoi che io lo ammetta?» Sibilai con un pizzico di veleno. Detestavo le persone che usavano il loro charme e i loro modi di fare per farmi ammettere qualcosa che non avrei mai detto neanche sotto tortura.
Damon mi fissò intensamente. Non l’avevo mai visto così serio in quelle settimane.

«Perché ho bisogno di sapere che c’è qualcuno che tiene ancora a me. Perché voglio sentirtelo dire, Elena.» La sua voce era quasi incrinata. Così incrinata che metteva la pelle d’oca. Pensava che nessuno teneva a lui? Forse era per il brutto rapporto che aveva con i genitori o forse era per la mancanza di un padre in tutti quegli anni.

E io? Io avevo solo peggiorato la situazione, facendogli capire quanto lo odiassi. Anche se non era vero. Perché nel mio profondo…sapevo che non potevo odiarlo. O meglio lo odiavo, ma di un odio così particolare e contrastante che mi teneva occupata la notte a pensare a lui e a questo sentimento che sentivo dentro di me ogni volta che lo vedevo.

«Io…io ci tengo a te. Non voglio che tu faccia quelle gare, perché ti voglio qui con me. A litigare, per poi fare pace…Pizzicarci e prenderci in giro, ridere fino alla nausea per poi litigare furiosamente il giorno dopo.» Dissi guardandolo negli occhi. Non sembravamo neanche fratelli…Nonostante in quel momento non lo stessi odiando, non riuscivo a sentire con lui una connessione emotiva o di sangue.
Sembrava che stessi parlando con un normale ragazzo…Troppi anni di lontananza facevano male.

«Questo volevo sentire.» Soffiò quasi sulle mie labbra. Quella situazione era sbagliata…Non potevamo avvicinarci più di così, già questa vicinanza era sbagliata.
«Damon…potresti…anzi, potremo andarcene? Sai, vorrei vedere New Orleans.» Gli spiegai debolmente. Damon si scostò da me con un sorrisetto. Quel sorrisetto odioso glielo toglierei dal volto a suon di cazzotti.
«Mm…Cosa vorresti fare?» Chiese grattandosi la nuca. Alzai gli occhi al cielo e mi morsi un labbro pensierosa. Cosa facevano due comuni fratelli in situazioni come queste? Ma dai, chi volevo prendere in giro…Questa situazione “calma” tra noi due non sarebbe durata a lungo!

«E’ tardi per mangiare…Facciamo una passeggiata, ti va?» Proposi. La mia coscienza urlava come un’ossessa di lasciar perdere quell’idea folle e di farsi riaccompagnare a Mystic Falls, ma decidi di ignorarla – come facevo la maggior parte delle volte – e passare quel weekend con lui.
Annuì poco convinto e mi prese la mano. Quel contatto mi fece irrigidire non poco. Era anche questa una cosa che facevano i fratelli? Con Stefan di certo non passeggiavo mano nella mano in città. E se per questo con Stefan non provavo questo senso di adrenalina e passione che provavo solo ed esclusivamente con Damon.

«E’ strano stare così…con te.» Dissi guardandolo. Nella mia voce – inizialmente speravo di usare un tono serio – si distinse un pizzico di ironia. Damon ghignò e si scostò il ciuffo dalla fronte.

«E’ strano parlare così…con te.» Aggrottai le sopraciglia. Perché era strano parlare con me? Damon notò la mia incertezza e ridacchiò divertito.

«E’ strano parlare con te senza insulti, senza prenderci in giro…Fa un effetto particolare anche a te?» Mi spiegò meglio. In effetti stare a New Orleans con lui in pace faceva uno strano effetto. Sapevo che quello che provavo non era giusto, perché sapevo bene che le farfalle nello stomaco, il formicolio alle mani ogni volta che mi toccava, i brividi sulla schiena quando mi baciava il collo…Non erano emozioni che si provavano con i fratelli.
Non erano le stesse emozioni che provavo con Stefan. Con Stefan mi sentivo a disagio a volte, altre volte mi piaceva prenderlo in giro e mi divertivo con lui…ma mai e poi mai mi sarei sognata di immaginare Stefan che mi baciava il collo.
La sola immagine mi faceva accapponare la pelle disgustata.

«Più o meno…» Camminammo così, mano nella mano per un paio di minuti. Sfruttai quei minuti per osservarlo meglio e poi osservare meglio me. All’apparenza non sembravamo fratelli. Lui era alto, piuttosto slanciato con un corpo che potrebbe far invidia a chiunque, due iridi color ghiaccio e i capelli scuri simili alle piume di corvo.
Io invece ero di una bellezza mediocre rispetto a Damon. Non ero alta quanto lui, non avevo un fisico scolpito – un filino di pancia l’avevo ma mi piaceva il mio corpo –, i fianchi erano simili a delle piccole conche, il seno abbastanza pronunciato nell’insieme, dei capelli lisci castani che arrivavano dietro la schiena e due anonimi occhi color cioccolato.
Non sembravamo affatto fratelli…Forse la gente non ci faceva caso, ma io rispetto a lui mi sentivo piuttosto mediocre.

«A cosa pensi?» Mi ridestò Damon. Scossi leggermente la testa e lo guardai confusa. «Non mi ascoltavi, avevi lo sguardo vacuo…A cosa pensavi?» Chiese ancora. Ricordai quello a cui pensavo e arrossii leggermente.

«Pensavo a quanto non ci assomigliamo…Tu sei…Sei…» Bellissimo? Figo? Magnifico? Fantastico? Sexy? Avevo molti aggettivi con cui descriverlo, molti dei quali non erano molto positivi.
«Io sono?» Mi spronò con un sorrisetto. Mi morsi un labbro e alzai lo sguardo.

«Tu sei stronzo, antipatico, anche un po’ coglione a volte…però hai una bellezza disarmante e io mi sento non so…più brutta…» Scoppiai in una piccola risatina, sentendomi in netto disagio.

Il suo sguardo si assottigliò sempre più e iniziò a squadrarmi da capo a piedi. Incrociai le braccia sotto al seno e sentii le mie guance andare in fiamme molto lentamente.

«Elena forse non ti rendi conto…anzi sono sicuro che non ti rendi conto di quanto tu sia provocante. Sei provocante quando ti mordi il labbro, sei sexy quando sfoderi la tua espressione confusa perché nel tuo insieme sei ingenua ma al contempo bellissima. E ora, in questo momento, se non smetterai di morderti il labbro andremo entrambi a finire male.» Sussurrò tutto molto lentamente, scandendo per bene tutte le parole. Aveva gli occhi ridotti a due piccole fessure e mi fissava intensamente.

«E sai perché andremo a finire male?» Se il tono di prima era fermo e deciso, questo era roco e sensuale. Le gambe divennero improvvisamente molli e il mio battito accelerò le pulsazioni.
Scossi la testa. Perché andremo a finire male?

«Perché ti bacerei qui. Ti sbatterei contro la vetrina di un negozio e ti bacerei fino a farti perdere il respiro.» I nostri nasi si sfioravano. La mente diceva di tirargli uno schiaffo e di allontanarlo, mentre il cuore…il cuore mi diceva di baciarlo e di mandare tutto all’aria.

«E allora fallo.» Lo incoraggiai con un sorriso. Lo sguardo di Damon mutò da duro a sorpreso. Probabilmente non credeva neanche alle sue orecchie.

«Lo farei, se non fossimo fratelli.» Rispose. Questa volta tra i due ero io quella sorpresa…Damon Salvatore da quando in qua aveva rispetto per le parentele? Avevo perso persino il conto di tutte le volte che ci aveva provato con me…e ora?
«Sei incorreggibile Damon.» Lo provocai dandogli una leggere pacca su una spalla. Si scostò da me e mi prese nuovamente la mano.

«E se stasera andassimo nella nuova discoteca di New Orleans?» Mi chiese. I miei occhi s’illuminarono alla parola “discoteca”…Poi ci ripensai. Dovevo andare in discoteca con dei jeans?
«Non credo sia una buona idea…Insomma, devo andare in discoteca con degli anfibi?» Chiesi, scoppiando a ridere. Poco dopo anche Damon iniziò a ridacchiare, scompigliandomi affettuosamente i capelli.
«Mm…Forse…e dico forse, ho una sorpresa per te…» Rimase piuttosto vago. Strabuzzai gli occhi Damon che mi faceva una sorpresa?

«Ho pescato dal tuo armadio un paio di vestiti…Suppongo possano andare bene.» Continuò con fare annoiato. Un momento…Damon era entrato in camera mia? E aveva preso dei vestiti? Aveva scelto anche l’intimo?
«Come facevi a sapere che avrei accettato di venire qui? E se non avessi accettato?» Chiesi. Avevo sparato una grande cazzata. Sapevo bene che alla fine avrei ceduto alla sua idea e fin’ora potevo dire che il weekend si stava prospettando migliore del previsto.

«Se tu non avessi accettato…ti avrei portato qui di peso, no?» Damon aveva usato il suo solito umorismo a doppio taglio. Una cosa che avevo notato andando in giro con lui era il modo in cui la gente guardava me e Damon. E nel farlo non erano neanche indiscreti!

Damon a prima vista non dava l’impressione da bravo ragazzo – e non lo ero affatto – ma la gente non poteva basarsi sull’apparenza. Vedere come la gente ci guardava mi mandava in bestia, anche se il più delle volte era divertente vedere i loro volti colmi di paura.
«Portato di peso? Mm…Si può fare.» Commentai divertita.
 

Eravamo di fronte alla discoteca. Fin’ora questo weekend stava andando a gonfie vele. Damon aveva avuto persino buon gusto nello scegliermi i vestiti. Aveva scelto un vestitino verde smeraldo molto chiaro che arrivava poco sotto il sedere, abbellito da alcune pietruzze sulla scollatura.  Ai piedi avevo dei tacchi color marrone scuro simili al colore dei miei capelli e sugli occhi avevo optato per uno smooky eyes. Aveva gusto e aveva pensato a tutto – si era persino ricordato dei miei trucchi – .

Sinceramente, all’inizio avevo pensato che tutto quello che stava facendo fosse stata
un’ improvvisata…Però quando mi avevo mostrato i suoi piani, quando mi parlava delle sue intenzione e quando mi aveva mostrato tutto l’occorrente per passare con lui quel weekend mi ero ricreduta.
Damon per una volta aveva deciso di fare le cose per bene.

Anche lui non era da meno, quella sera la sua bellezza era abbagliante. Aveva indossato una camicia bianca con i primi bottoni aperti da cui s’intravedeva la tartaruga, dei pantaloni blu e delle scarpe di cuoio molto eleganti. Faceva la sua figura, il mio fratellone.

Entrammo nella discoteca. Quella sera era piuttosto appariscente, o almeno avevo avuto quell’impressione dato che sentii diversi occhi puntati su di me.
Mi ricordai della faccia che avevo fatto quando vidi l’intimo che Damon mi avevo preso da mettere sotto quel vestito. Era color carne completamente in pizzo a taglio a brasiliana. Lo volevo uccidere, quando li vidi cercava di trattenere le risate.

«Elena, cerca di…cerca di farti notare il meno possibile.» Aveva un tono duro. Sorrisi al pensiero che mi passò per la mente. E se fosse geloso? Ma lui non poteva essere geloso, perché eravamo fratelli…però avevo il diritto di essere possessivo.
Mi accomodai con lui accanto a uno dei tanti divanetti. Avevo una visione quasi completa di quell’enorme discoteca.
Ovviamente, la puzza di fumo e alcool divagava ovunque ma non mi dava così fastidio. C’erano diversi ragazzi – bei ragazzi – in particolare uno che mi fissava insistentemente, gli ammiccai leggermente sbattendo i miei occhi da cerbiatta. Di solito funzionavano.
Era un ragazzo abbastanza alto, con capelli scuri e un sorriso magnetico in volto. Damon invece si era già dato da fare con una biondina.

Si lanciavano occhiate maliziose, lei l’aveva già puntato dalla nostra entrata. La squadrai meglio: era alta, bionda con due occhi color lapislazzulo, una bella terza di reggiseno imbottito, bloccata in un tubino rosso fuoco che le arrivava all’inguine.
Chiusi gli occhi, immaginando Damon con quella. Brividi di disgusto attraversarono il mio corpo. Quella discoteca pullulava di ragazzi e ragazze di ogni tipo, in particolare di ragazze con mini vestiti addosso che si strusciavano addosso a tutti.

Il Dj, però, era bravo. Remixava diversi pezzi piuttosto vecchi, rendendoli con la nuova tecnologia più moderni.
Stufa di quelle occhiatine tra me e quello sconosciuto e tra Damon e quella bionda ossigenata decisi di prendere in mano la serata.

«Damon…ti andrebbe un ballo?» Chiesi, fissando quella ragazza con aria di sfida. Era una questione tra me e lei, lo stavo facendo apposta e mi divertiva vedere la faccia della ragazza.
Damon invece ci pensò su pochi istanti per poi prendere la mia mano e guidarmi in pista. Inizialmente ballavano quasi separatamente, ma vicini. Io ancheggiavo semplicemente.
Decisi di cambiare strategia non appena vidi quella ragazza avvicinarsi a noi. Eh no! Pensava di avvicinarsi a…No, un minuto, ero davvero così ossessionata da mio fratello?

«Forse è meglio se ballassimo più vicini.» Sussurrò Damon, poggiando le sue mani sui miei fianchi e mi trasse vicino a lui. Poggiai le mie mani sul petto, leggermente sconvolta da quel gesto così avventato.
Non dissi niente, mi strinsi a lui e gli sorrisi leggermente. Iniziammo a ballare lentamente, troppo lentamente per trattarsi di una canzone qualsiasi.
Con lui lì che mi stringeva a sé, senza dire niente, soltanto guardandoci negli occhi scompariva tutto quanto. Scomparsero il tipo di musica che non era adatto al nostro ballo lento e romantico, le persone che ci circondavano e il posto dov’eravamo.
Perché in quel momento eravamo solo io e lui. Senza quella bionda e senza quel bell’imbusto. Eravamo io e Damon.

«E’ bello ballare così…» Disse, spostando una ciocca dei miei capelli dietro l’orecchio. Si soffermò pochi secondi sul mio viso per poi ritornare a guardarmi intensamente. Non riuscivo a parlare…Dov’era l’Elena senza peli sulla lingua? Oh, era sparita nel momento in cui Damon era così vicino a me.

«E’ bello stare così…con te.» Ammisi sospirando. La parte della ragazza triste per quel riavvicinamento non mi calzava affatto, ero contenta e spensierata nelle sue braccia.
Cambiavo completamente con lui. Fin’ora, fino a quando non era ritornato non ero così schietta.
Ero una brava ragazza e una brava figlia, certo avevo i miei problemi e avevo risentito il distacco da mia madre però avevo sempre mantenuto la facciata da ragazza buona.

Ma da quando avevo saputo dell’arrivo di Damon – ovvero a inizi Dicembre – ero cambiata. Ero più irascibile e nervosa, arrabbiata per il suo ritorno e da qui a due settimana del suo arrivo ero diversa – almeno così mi dicevano un po’ tutti –, ero diventata più ribelle, più schietta e più sfacciata.
Damon tirava fuori un’altra parte di me. Damon tirava fuori la parte peggiore di me.

«A cosa pensi?» Sussurrò a bassa voce facendomi girare. Sentivo diversi sguardi, ma non più su di me, bensì su di noi. Probabilmente era strano vedere due persone ballare così intensamente un lento sotto una canzone metal. Ma noi eravamo così, eravamo speciali e diversi.
«Tiri fuori il peggio di me, lo sai?» Chiesi, rispondendogli indirettamente. Damon ghignò soddisfatto. Si divertiva con me e io – anche se non l’avrei mai ammesso – mi divertivo con lui quando non ci dichiaravamo guerra.

«E tu tiri fuori il meglio di me. Siamo pari, piccola.» Ammiccò. Sussultai alle sue parole…Io tiravo fuori il meglio di lui? Notò il mio sgomento e ridacchiò leggermente.
La musica metal era conclusa e al suo posto fu messo un bel lento. Wow…Ora c’era un’atmosfera diversa, più speciale e romantica.
I nostri fianchi combaciavano e ballavamo uno sull’altro, completamente persi negli occhi dell’altro.

«Ti chiedi come fai? Come fai a far uscire la parte migliore di me?» Chiese divertito. Se in quel momento qualcuno mi avesse chiesto di descrivere Damon Salvatore in una parola, ne avrei usata solo una: sexy. Incredibilmente sexy, che ti faceva perdere completamente la testa.
«In effetti, era questo il mio pensiero…» Dissi. Damon stava per rispondermi, ma qualcuno ci interruppe.
«Amico, potresti concedermi un solo ballo con lei?» Una voce ironica dietro di me impedì a Damon di rispondere. Con un diavolo per capello mi girai scontrandomi con il ragazzo a cui avevo mandato occhiatine precedentemente. Non era niente male da vicino.

Damon mi lanciò uno sguardo che ricambiai. Potevo concedergli un ballo dopotutto…Non mi dispiaceva.
L’approccio dello sconosciuto mi era piaciuto: si era rivolto al mio partner con ironia ma senza maleducazione con un tono divertito da cui trasudava anche sensualità.

«Troverò qualcuna con cui ballare, tranquillo.» Rispose, invece, acido Damon adocchiando quell’insopportabile bambina troppo cresciuta.

Bambina troppo cresciuta? E’ questo il meglio che ti viene in mente? Mi chiese la mia coscienza, prendendosi gioco di me.
Mi mollò lì allontanandosi da me e avviandosi verso quella ragazza. Mi girai e iniziai a ballare con quel ragazzo.
Ancheggiavo sensualmente in mezzo alla pista da ballo. Il ballo mi era sempre piaciuto, da piccola papà mi diceva che la mamma voleva che andassi a danza.

Il mio sguardo nel frattempo vagava anche intorno a tutti i presenti. Mi ripetevo che mi guardavo attorno per vedere se c’era qualcuno d’interessante, ma in realtà era solo una scusa per non dire a me stessa che cercavo una chioma nera e due occhi color ghiaccio.

«Piacere, sono Kol.» Si presentò, baciandomi il dorso della mano. Un gentiluomo sembrava dai modi di fare. Era diverso da Damon. Oh, ma andiamo! Perché facevo questi paragoni?
Damon non si sarebbe presentato con tanta eleganza. Mi ricordo il nostro primo incontro quando non sapevo neanche che era mio fratello. Si era presentato con una battuta squallida, ma con un sorriso irresistibile.

«Sono Elena.» Risposi guardandolo nelle due pozze color marrone fuso. Per quanto guardassi quegli occhi e provassi a specchiarmi dentro non sarebbero mai stati all’altezza dalle due pozze color mare a cui ero abituata.

«Ti va un drink?» Proposi indicando il bar. Lui mi sorrise e mi porse la mano. Aveva un’aria inquietante, ma dei modi di fare galanti. Aveva un suo charm in fondo.
Mi sedetti ad uno sgabello con lui accanto.

«Cosa vuoi? Io prendo qualcosa di leggero.» Disse. Per lui non era la serata per ubriacarsi, ma per me? Per me non c’era un limite. Potevo bere quanto volevo…La colpa sarebbe ricaduta su chi? Oh, su Damon.
«Qualcosa di forte, molto forte.» Precisai con un sorrisetto malizioso in volto. Credo che tutte quelle luci mi abbiano dato alla testa. Kol scoppiò in una risata cristallina e mi squadrò da capo a piedi.

«Non sembri il tipo che si ubriaca facilmente, quindi non credo farà male un cocktail no?» Mi chiese. Infatti non ero il tipo che diventava sbronza per un drink. Potevo reggere un paio di bicchieri.
Kol me ne porse uno, brindammo e bevvi in un solo sorso. Poggiò il suo bicchiere e iniziò a battere le mani molto lentamente.

«Sei una tipa tosta, eh?» Commentò con una leggera malizia nella voce. Annuii sicura.
«Non hai idea.» Risposi mantenendo un’aria molto enigmatica. Un ghigno si formò sulla sua bocca…Non era il suo ghigno. Lui non era lui. Kol non era Damon. Io volevo ubriacarmi con mio fratello, non con quello sconosciuto.
«Cosa ti porta a New Orleans?» Chiese con un sorrisetto. Già…Cosa mi portava lì? A quella domanda solo una risposta, anzi un nome. DAMON.

Era lui che mi aveva trascinato in quello che doveva essere un bel weekend per noi due. E invece? Ero con Kol che poverino si era ritrovato sulla mia strada e che ora doveva sopportarmi sia da sobria che da ubriaca.
«Un viaggio…Sai mi sei simpatico, Kol.» Dichiarai, dandogli una pacca sulla spalla. Kol si scostò i capelli dalla fronte e si aggiustò la camicia.

«Sarei molto sfacciato, se ti chiedessi il tuo numero di telefono?» Scossi la testa. Mi piaceva Kol, mi era simpatico. Presi il suo cellulare e memorizzai il mio numero di telefono.
«Quando passi da Mystic Falls fammi un fischio.» Ammiccai, per poi girarmi verso il bar.
Richiamai l’attenzione del barman con un fischio.

«Una tequila, grazie.» Ora avevo capito cosa avrei fatto quella serata: mi sarei ubriacata. Di Damon neanche l’ombra e questo mi stava mandando in bestia. Probabilmente era con la biondina.

«Stiamo cercando di dimenticare qualcuno?» Chiese Kol. Scossi la testa, prendendo in mano il drink che mi aveva appena portato il barista. «Non c’entra quel ragazzo con cui ballavi,uhm?» Colpita e affondata.
Quasi mi strozzai con la mia tequila. Alzai gli occhi al cielo, non appena vidi il volto soddisfatto di quel ragazzo.

«E’ mio fratello.» Chiarii. Kol strabuzzò gli occhi e scoppiò a ridere. Una risata cristallina. Era così divertito dalla mia affermazione? Bevvi in un sorso la fine della mia tequila e lo guardai leggermente scossa.

«Quindi…innamorata di tuo fratello?» Continuò imperterrito. Sbarrai gli occhi ma non risposi. Come potevo essere innamorata di quello stronzo? Bha.

«Una vodka pesca e cola.» Ordinai ancora. Kol sospirò pesantemente, mentre il barista mi guardava leggermente perplesso. Gli porsi una banconota, fin quando gli mostravo i soldi continuava a servirmi anche se sospettavo che tra qualche bicchiere si sarebbe rifiutato di assecondare qualche altra mia richiesta.

«Non mi hai ancora risposto.» Scoppiai a ridere. Io innamorata di Damon? Era uno scherzo? Damon non era il mio tipo. O meglio, era il tipo delle mie fantasie più profonde. Bello da mozzare il fiato, comportamento da ragazzo stronzo – qual’era – e un sorriso da lasciar a bocca aperta.
Credo che l’effetto dei cocktail stava avendo la meglio su di me. Ridevo senza alcuna ragione, persino Kol non riusciva più a calmarmi.

Ordinai un altro cocktail, non avevo più nomi in mente…Specificai al barista di voler qualcosa di forte, molto forte.
«Vuoi una risposta? Non me ne frega niente. Io detesto Damon Salvatore, e sai perché?» Kol scosse la testa, alzando le spalle. Bevvi un altro sorso. «Perché sono completamente e maledettamente ammaliata da lui e dai suoi modi di fare. E so bene che lui è mio fratello, ma che ci posso fare? Quello si diverte con i suoi giochetti!» Sbuffai.

L’alcool mi aveva fatto perdere la testa. Completamente.
Stavo veramente parlando di Damon a un perfetto sconosciuto? E cosa ancor più strana ma di maggior importanza: avevo detto che ero ammaliata da Damon? Stavamo scherzando?

«Elena, sei leggermente ubriaca…» Mi disse Kol, prendendomi per le spalle. Ma io non vedevo un solo Kol, ne vedevo quattro. Chi dei quattro era quello vero?
Chiusi gli occhi e una volta riaperti vidi Kol parlottare con qualcun altro. Chi era?

«Elena, andiamo a casa.» Quel tono l’avrei riconosciuto ovunque. Anche da ubriaca. Era il mio Damon. Un momento…Avevo definito Damon mio?
Perché lo è! Tuonò la mia coscienza, ubriaca anche lei.

Avevo un forte mal di testa, ma riconobbi una chioma scura come piume di corvo parlare con Kol.
«Cos’hai fatto, stronzo?» Gli urlò Damon, prendendolo per il collo della camicia. Erano vicinissimi e Damon era completamente andato di testa. Non era ubriaco quanto me, però aveva bevuto di sicuro qualcosa.

«Ti piace far ubriacare le ragazze? Che intenzioni avevi? Lei è mia!» Grugnì Damon. Un momento…Mia? Lei era mia? L’aveva veramente detto o la mia sbronza mi stava provocando allucinazioni serie?
Dopo poco sentii due braccia trascinarmi via di lì. Era Damon e mi sembrava piuttosto incazzato.
Il viaggio in macchina era stato piuttosto silenzioso da parte di Damon. Guidava la Camaro tenendo lo sguardo fisso sulla strada e più volte avevo provato a catturare la sua attenzione, ma niente.

«Oh, andiamo Damon! Come sei rigido oggi!» Lo presi in giro. Davanti a me c’era quella squallida locanda illuminata debolmente da un lampione.
Damon appoggiò un suo braccio intorno alla mia vita, mentre io poggiai uno sulle spalle.
Camminavo a tentoni e sentivo Damon imprecare costantemente a bassa voce.

«Elena non hai idea cosa ti farei in questo momento. In tutti i sensi.» Sussurrò duro. Davanti a me avevo una rampa di scale che si muoveva…Si stava muovendo realmente o me lo stavo immaginando?

«Siamo alle giostre?» Chiesi ironica. Damon sgranò la bocca e si schiaffò una mano in fronte. Mi prese allora in braccio a mo’ di sposa. Avevo lo stomaco in subbuglio, sentivo la tequila combattere contro la vodka ed entrambi avrebbero avuto la peggio su di me.
Damon aprì con me in braccio a fatica la porta di quella camera e chiuse la porta alle sue spalle lanciandomi un’occhiataccia.

«Elena, ce la fai a mantenerti in piedi?» Mi chiese, scuotendomi leggermente. Io avevo la testa nell’incavo del suo collo e lo fissai infastidita.
Annuii. Damon mi guardò leggermente seccato e mi poggiò a terra. Quando, però, sentii le mie gambe a terra la stanza iniziò a girare velocemente.
Per poco non caddi a terra, ma Damon mi afferrò prontamente trattenendo le risate. Nessuno mi aveva detto che ero divertente quand’ero ubriaca.

«Oh, certo vedo come ti mantieni in piedi.» Poggiai le mani sul torace di Damon. Era così bello ed era anche mio fratello.
«Mm…Tranquillo, una sbronza passa.» Ammiccai sorridendo. Era più che sicura che l’avevo sconvolto ed ero sconvolta anch’io. I ruoli si erano invertiti? Questa volta ero io che ci provavo con lui?

«Non hai idea di come tu mi stia facendo impazzire, Elena.» Sussurrò stringendo la presa sui miei fianchi. Stavo completamente perdendo la testa. Mi aiutò a rialzarmi e mi guardai intorno.
La stanza finalmente aveva smesso di girare, ma la sbronza non era passata. Damon era lì che mi fissava attentamente.
«Perché dovevi ubriacarti?» Mi urlò con gli occhi fiammeggianti. Roteai gli occhi. Già ero ubriaca, se poi lui urlava peggiorava solamente la cosa!

«Perché mi andava! Perché volevo ubriacarmi con mio fratello! E mi sono ridotta a ubriacarmi col primo sconosciuto!» Gridai più forte. Stavo completamente uscendo di testa.

«Ah, bene…La colpa ora è mia,eh?» Non capivo perché mi urlava contro. «Tu sei ubriaca e la colpa è la mia, giusto?» Si era avvicinato a me e mi puntava contro il dito arrabbiato. La vena sul suo collo pulsava fortemente e gli occhi tra poco rischiavano di uscirgli fuori dalle orbite.

«Sì! La colpa è sempre tua! Tu sei la causa di questo mio comportamento idiota!» Lo accusai. Un momento…Perché lo stavo accusando di queste stronzate? Non stavo parlando io, era l’Elena ubriaca che aveva preso il sopravento su di me.
«Io sono la causa? NO. Sei tu che mi stai mandando alla follia.» Ero contro il muro e lui era a pochi centimetri da me con il volto contratto in una smorfia sexy.

«Sei tu con le tue maledette labbra, i tuoi occhioni da cerbiatta…Sei così…Mi stai tentando! E non posso permetterlo!» Grugnì. Non era arrabbiato più con me, ora era arrabbiato con sé stesso e con la sua moralità.
«Non puoi permetterti cosa, Damon?» Mi leccai sensualmente il labbro inferiore. Ora ero nel pieno della mia sbronza e probabilmente il giorno dopo non mi sarei ricordata niente di tutto ciò.

«Non posso permettermi di cedere.» Sussurrò toccando i miei capelli. Sembrava quasi incantato. Io, invece, ero completamente incantata da lui già da un pezzo. Ero andata di testa.

«Perché non cedi solo per una sera?» Lo tentai. I suoi occhi cambiarono…Se prima cercava di trattenersi ora stava lentamente cambiando idea.

«Al diavolo le mie convinzioni!» Sbottò. Portò le sue mani sui miei fianchi e si avvicinò a me. Sentii le sue morbide labbra sulle mie. Sapeva di fumo, cuoio e vaniglia.
Un’essenza gustosa. Tutta da assaggiare.

La sua lingua cercò la mia e la trovò immediatamente. Ci baciavamo con passione ardente, con una passione che ti bruciava. Dimenticai tutto quanto: dimenticai che lui era mio fratello, che non dovevo cedergli e che non era giusto.
Dimenticai tutto.

Ora c’eravamo solo io e lui che ci stavamo baciando appassionatamente. Continuando a baciarci ci spostammo sul letto. Spinsi Damon sul letto, ero sopra di lui.
Sbottonai lentamente la sua camicia e mi fiondai sulle sue labbra. Le mani di Damon scorrevano per la mia schiena e in un momento di disattenzione ribaltò le posizioni.

«Si gioca a modo mio.» Grugnì accarezzandomi il volto. Che errore. Eravamo un errore madornale. Insieme stavamo segnando la fine del nostro inizio.
Damon abbassò la slip del vestito che sfilai immediatamente. Cosa stavo facendo? Se fossi in me, non avrei mai baciato Damon.

«Sei bellissima.» Sapevo bene che quello era un mio momento di debolezza e che Damon si stava in un certo approfittando di quella situazione, ma non riuscivo a fermarlo.

«Te lo dico solamente perché probabilmente domani non ricorderai niente…» Si fermò un secondo guardandomi. «Sei l’errore più bello della mia vita, Elena.»
Chiusi un momento gli occhi ed elaborai le sue parole. Già…Domani non avrei ricordato niente molto probabilmente e questo “noi” sarebbe già scomparso.

«Mi fermo qui.» Decretò Damon guardandomi negli occhi. «Non sei sobria.» Mi ricordò. Ci infilammo sotto le coperte e già la mia mente vagò altrove.
Non mi sarei ricordata di niente dopo questa sbronza colossale. Non mi sarei ricordata di questo errore.
Perché noi eravamo questo: l’errore di una notte.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
*NB. Non ho niente contro la saga di Twilight, semplicemente la battuta calzava a pennello! Andiamo, chi non s’immagina Damon dire una battuta del genere? Io me l’immagino ^^
 
ANGOLO DELL’AUTRICE: I’m come back! Con un giorno d’anticipo! ^^ Contenti? *palla rotola nel deserto*
Ho deciso di aggiornare prima perché avevo il capitolo già pronto e anche perché non ce la facevo più dalla voglia di farvelo leggere!
Inizio dai ringraziamenti. G
razie alle 7 anime che hanno recensito lo scorso capitolo (wow non immaginavo 7 persone), ovvero NikkiSomerhalder, PrincessOfDarkeness90, Smolderina78, Darla19, Mad_Dary, NadiDelenaLove e MiaTersicore23.
Grazie alle 17 persone che hanno inserito la storia tra le preferite, grazie alle 27 che l’hanno inserita nelle seguite e all’uno che l’ha inserite nelle ricordate.
Un grazie ovviamente è rivolto anche a tutti i lettori silenziosi!
Finito i ringraziamenti, passo al capitolo.
Quanti di voi hanno sognato questa scena, alzasse la mano? *Alzo entrambe le mani* Scusate, ma vi giuro quando la scrivevo avevo gli occhi a cuoricino. Credo che tra quei due ci sia molta passione. Per non parlare della frase ‘perché noi eravamo questo: l’errore di una notte’…Mi salgono le lacrime agli occhi.
Elena ubriaca è il massimo…Com’è che si dice? In vino veritas. Perciò la verità è più che evidente. Per non parlare di Damon, un cucciolo proprio :3, che dice che lei è l’errore più bello della sua vita perché il giorno dopo probabilmente non si ricorderà niente…Sarà ma questa scena mi ricorda tanto la 2x08…Lui si “dichiara” ma lei non se ne ricorda! OMG, ho le lacrime agli occhi! *-*
Cosa ne pensate voi del capitolo? Probabilmente molti di voi penseranno ‘mm carino’, altri ‘mm che schifo’ e altri ancora magari staranno sclerando come me! XD
Ci sentiamo alle recensioni!
Cucciolapuffosa <3
  
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