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Autore: Ilmazzobro    03/09/2014    1 recensioni
Cross-over tra HTTYD (Dragon Trainer) e ROTG (Le 5 leggende).
Hiccup ha perso in pochi secondi il suo migliore amico, l'unica persona che lo avesse mai capito e l'amore della sua vita. Non gli rimane nulla. Vede solo una soluzione: farla finita.
Peccato per il suo piano che ci sia qualcuno che non è d'accordo.
Attenzione, è uno Shonen-Ai! Il pairing è HiJack.
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Hiccup Horrendous Haddock III
Note: AU, Cross-over, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Okay, diciamo la verità: questa l’ho riadattata all’italiano dall’ originale che ho scritto in inglese. In Inglese in effetti ha molto più senso la parte finale. Allora, cominciamo con il disclaimer:
Io non possiedo alcuno dei personaggi, né qualsiasi cosa che non cada sotto la definizione di ‘trama’ (se così la possiamo chiamare… In fondo è solo uno one-shot.) o ‘AU’ (Universo Alternativo).
Il rating è T, secondo la scala americana… In pratica non si descrivono atti sessuali o roba del genere, tuttavia c’è una menzione di sesso, alla fine.
Un’ ultima cosa: La fan fiction, per ovvi motivi, è ambientata in un luogo non meglio precisato degli USA.
Grazie per il tempo dedicatomi! Vi lascio alla lettura!


La parte in corsivo rappresenta un ricordo, mi raccomando ricordatevelo!

La Seconda Scelta
 
Hiccup inspirò lentamente.

Il vento, soffiando sul suo volto, scompigliava i suoi capelli castani, facendone un caos peggiore di quello che già erano. Il silenzio della notte, occasionalmente interrotto da una qualche macchina cha passava, era assordante nelle sue orecchie. La sua mente era confusa. Un solo, singolo pensiero era chiaro e lampante: morire.
 
“Hiccup Haddock, 23 anni.” Disse il buttafuori, leggendo dalla sua carta di identità. “Entra pure.” Detto ciò rese il documento al ragazzo e sollevo la grande corda di velluto rosso che lo separava dall’ingresso.

Il ragazzo coi capelli bruni entrò nel club ‘Berk’, il più popolare della città. Per altro, là dentro lavorava Sdentato, suo amico da tutta la vita, che era il DJ. Non appena ebbe passato le porte, una musica assordante assaltò le sue orecchie e il suo corpo cominciò a vibrare ritmicamente al suono dei bassi. Corpi che si sfioravano sensualmente, ragazzi che cercavano qualcuna da portarsi a letto per quella notte, persone che invece erano solo venute a divertirsi… Tutto questo le accerchiava, ma lui non se ne curava. Non era mai stato tipo da discoteche, lui. E in più, quella sera aveva una cosa molto importane da fare.

Cercò la console e, quando finalmente la ebbe trovata, vi si diresse.

Fu così che riuscì a distinguere pure lui: Sdentato era vestito con un paio di jeans neri ed un’attillata maglia senza maniche, nera pure quella, che portava ricamate in un bianco sfavillante le parole ‘DJ Furia Buia’. La maglia evidenziava tutti i muscoli che aveva sul petto e le sue braccia scoperte erano oggetto di attenzione da parte di tutte le ragazze e anche di alcuni ragazzi. Essendo neri pure suoi capelli, non era facile distinguerlo nella sala buia, illuminata solo dalle luci stroboscopiche.

Quando il ragazzo dai capelli neri vide il suo più caro amico tra la folla, gli sorrise, mettendo in mostra la sua perfetta chiostra di denti scintillanti, la cui brillantezza rivaleggiava con quella delle cifre ricamate sulla maglietta.

“E adesso,” Disse Sdentato, parlando nel microfono. “E’ per me l’ora di andare e lasciare campo aperto alla nostra ospite speciale di San Valentino. Signore e signori… Astrid, cavaliera della tempesta!” Detto questo si fece indietro mentre una ragazza bionda lo sostituiva alla console.

Pochi minuti più tardi, Sdentato ed Hiccup erano nel camerino del primo, dove i muri acusticamente isolati soffocavano qualsiasi suono proveniente dall’esterno.

“Allora, amico mio, qual’ buon vento?” Disse il moro, versandosi un bicchiere d’ acqua e offrendone uno pure all’ amico, che rifiutò gentilmente.

“Sono venuto perché ti devo parlare.” Rispose l’altro, facendo un passo verso Sdentato che sembrò non accorgersene. “Devo… Devo dirti una cosa importante…”

“Bé, diavolo, sono tutt’orecchi, Hic!” Replicò Sdentato, con un sorriso rassicurante sulle labbra.

“Allora… Io… Vedi… Ecco… Io, in effetti…” Hiccup arrossì fino alla punta delle orecchie e fece un altro passo avanti, lasciando uno spazio di pochi centimetri tra lui e Sdentato. “Io ti amo, Sdentato.” Concluse la frase e, quasi nello stesso momento si sporse in avanti, posando dolcemente le sue labbra su quelle di Sdentato.

Il ragazzo dai capelli neri, sbalordito, restò impietrito per un secondo. Un secondo in cui Hiccup visse nell’illusione che effettivamente il suo amore era ricambiato. Un secondo in cui le sue speranze si levarono, sovrastando il cielo con la loro imponenza.

Quando Sdentato, però, lo spinse via delicatamente, tutte le sue speranze, assieme al suo cuore, si schiantarono a terra, infrangendosi in mille pezzi come fragili specchi. “Hiccup…” Fu il soffocato mormorio di risposta del ragazzo moro, venato di tristezza. “Lo sai che non sono gay… Non posso stare con te. Non in questo modo. Lo sai che ti amo anche io, ma solo platonicamente… Scusami…”

“Ma... Ma, Sdentato, io ti amo… e no-non ci posso fare nulla.” Hiccup provò a rispondere, balbettando un po’.

“Allora ho paura che dovremo smettere di essere amici finché non riuscirai ad escludermi ad escludermi da quel tipo di impulsi, Hiccup. O finché non troverai qualcun altro migliore di me su cui indirizzarli.”

“Ma… M-ma…” Hiccup era sempre più incerto nei suoi tentativi di convincere l’altro, mentre le prime lacrime si formavano nei suoi occhi verdi. “Ti prego Sdentato, non mi puoi fare questo… I-io…”

“Mi dispiace, ma questo… Questo è quanto.” Dichiarò il ragazzo coi capelli neri, voltandosi dall’altra parte per non far vedere cha anche lui stava per mettersi a piangere. Non voleva perdere il suo migliore amico, ma doveva farlo. “Chiamami quando sarai riuscito a cancellarmi dalla parte romantica della tua mente. Io ti aspetterò. Ti prego… Prova a capire che questo fa male anche a me, Hiccup… Mi… Mi dispiace tantissimo… Io… T-Ti prego vai. Ora. Non rendermelo più difficile di quanto già non sia…”

Hiccup, ormai ferito, non glielo fece ripetere una seconda volta, affrettandosi a correre via dalla stanza e dal club, singhiozzando e con le lacrime che gli gocciolavano dal mento. Come poteva vivere senza Sdentato? Senza l’unica persona che avesse mai amato? Senza l’unico a cui importava di lui? Senza l’unico che lo avesse mai capito?

La risposta era semplice: non poteva.

Il salto sarebbe stato semplice. Non aveva mai avuto altro motore se non Sdentato nella propria vita. Ed oramai anche quello era stato distrutto. La sua vita non aveva significato. Era tempo di finirla. Finirla per sempre. Una volta per tutte.

Quando mosse il primo passo, cadendo dal terreno sicuro del ponte nel vuoto dell’aria sopra il fiume, stava nuovamente piangendo. Le sue palpebre si chiusero dolcemente e il suo corpo, oramai cieco, provò la sensazione del volo. Sentì persino qualcuno che gridava un “NO! Hiccup!” ma era troppo tardi, ormai. L’ultima cosa che sentì, fu la gelida morsa dell’acqua. Poi svenne.

(Una settimana dopo)

Il ragazzo dai capelli bruni aprì faticosamente gli occhi. La sua testa era terribilmente dolorante e il suo corpo non stava certo meglio. “Ugh…” Mugolò, mentre la sua vista si metteva lentamente a fuoco. “Dove sono?”

“Ospedale.” Una voce familiare gli rispose. Era accanto a lui. “Sei in ospedale, Hiccup. Ti ci ho portato io.”

“E tu chi saresti?” Chiese Hiccup, girandosi per vedere il suo ‘amato salvatore’. Seduto nella sedia accanto al suo letto, c’era un ragazzo evidentemente più piccolo di lui di qualche anno. Aveva i capelli bianchi, evidentemente tinti, ed un paio di occhi di colore blu ghiaccio, così cristallini da essere mesmerizzanti. “Un attimo… Io ti conosco… Tu sei quel ragazzino… Uh… Jack Frost!”

“Sì, sono Jack, il tizio a cui hai fatto da babysitter per sei anni. Fino a che, quest’anno ho compiuto diciotto anni e non ho più avuto bisogno di un babysitter.” Il ragazzo rispose. “E non mi hai mai richiamato per stare un po’ insieme, come ti avevo chiesto…”

“Avevo da fare, fiocco di neve…” Replicò Hiccup, usando il soprannome che aveva dato all’altro molto tempo prima.

“Ah, nessuno ha mai tempo per me, quindi non sono offeso. Non ti preoccupare.” Fu la flebile risposta di Jack. Il ragazzo poi, commentò sarcasticamente con “Però non avevo idea che impiegassi il tempo ammazzandoti. Perché lo hai fatto?”

“Lasciami stare, Jack. Non capiresti mai…” Hiccup sibilò, infondendo nelle sue parole quanto più odio e veleno possibili.

“Penso di aver diritto di sapere. D’altronde ho dovuto fare un tuffo con le contropalle per salvarti.”

“Perche mai avresti dovuto rischiare la tua vita per salvare la mia?!”

“Perché ti amo.” Jack rispose, pragmaticamente.

“Ma va’ a farti fottere. Non sei divertente.”

“Non stavo scherzando. Mi sei iniziato a piacere a sedici anni. E poi le cose sono proseguite e… Mi sono reso conto che mi ero innamorato. Non so bene perché… Solo che dopo tutti i pomeriggi passati insieme, a giocare e scherzare e stare insieme, speravo che di piacerti almeno un po’… Almeno abbastanza da richiamarmi per passare un pomeriggio insieme…” Disse Jack, con una nota di dolore e tristezza nella sua voce.

“Oh, questa è bella… Il fato ha un tale senso dell’ironia…” Borbottò Hiccup, sorridendo sprezzantemente al destino.

“Fammi indovinare: il tuo amico ti ha respinto?”

“Te lo ricordi ancora?”

“Scherzi?! E’ per lui che non ti ho mai chiesto di uscire…”

“E avresti intenzione di chiedermelo adesso?” Hiccup lo guardò, scettico. Non ci poteva credere. Era quasi morto, suicida per essere pignoli, e Jack aveva intenzione di chiedergli di uscire? Nessuno sarebbe potuto essere coì stupid…

“Sì. E tu rispondi?”

“Dici davvero?”

“Assolutamente sì.”

Hiccup stette in silenzio per un’po, poi sospirò: ricordava bene il carattere di Jack. Lui era il tipo di persona che non si arrendeva mai… Almeno non finché non otteneva ciò che voleva. “E va bene. Tanto non è che abbia qualcosa da perdere...”

“Ehi, Hiccup?” Jack sussurrò, non entusiasta all’indifferenza dell’altro ragazzo.

“Che vuoi?” Hiccup sembrava parecchio seccato.

“Scusami se non sono nulla di più che una seconda scelta. Mi dispiace, ma… La farò funzionare, vedrai.”

“Sì, certo…” Hiccup sospirò di nuovo e chiuse gli occhi, girandosi di schiena rispetto a Jack. “E ora lasciami dormire.”

(Sei anni dopo)

Jack era in ginocchio di fronte a lui. “Hiccup Horrendous Haddock il terzo, io, Jackson Frost, ti chiedo la mano in matrimonio. Faresti di me il più orgoglioso e felice uomo sulla terra, dandomi l’onore di sposarti?”

Hiccup quasi tirò l’altro ragazzo in piedi e lo abbracciò, baciandolo amorevolmente. “Sì!” Urlò in completa gioia. “Si, Jack!”

Incredibilmente, Hiccup, nei sei anni passati, si scoprì sempre più affezionato a Jack, che era un ragazzo estremamente protettivo ed affettuoso. Lentamente cominciò a sentire per il ragazzo dai capelli bianchi, ciò che un tempo sentiva per Sdentato. Finché, un giorno, capì di amare Jack, e non Sdentato. Ovviamente il suo amore per Sdentato persisteva, ma oramai in maniera solamente platonica. Il giorno in cui effettivamente richiamò il suo più vecchio amico, era stato il giorno migliore della sua vita. Fino a questo momento.

“Mi dispiace se sono solamente una seconda scelta, Hiccup…” Mormorò Jack, dopo un altro dolce bacio.

“Sei di gran lunga meglio della mia prima scelta, Jack.” Hiccup disse guardandolo negli occhi, prima di sfoderare il più perverso dei suoi sorrisi. “Fra l’altro sei anche molto più carino. E adoro il modo in cui mi implori di prenderti quando siamo a letto.”

“Ma sta’zitto.” Jack replicò, arrossendo.

“Come vuoi. Tanto tra poco sarai tu a gridare…  Di piacere…” Hiccup sussurrò sogghignando, prima di prendere in braccio Jack e di portarlo verso la sua camera da letto.

Quando, pochi giorni dopo, cominciarono a spedire gli inviti per il matrimonio, Sdentato fu il primo a rispondere. Di persona.

La vita di Hiccup era perfetta. E la avrebbe ripercorsa tutta nella stessa maniera se fosse potuto andare indietro nel tempo, facendo tutte le stesse scelte. Soprattutto avrebbe scelto di nuovo la sua ‘seconda scelta’.

Perché Jack era la migliore scelta che avesse mai fatto.
   
 
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