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Autore: Labbra blu    04/09/2014    1 recensioni
Cos'è, l’uomo, se non un insieme di pulsioni, di emozioni, di sentimenti? Senza di essi, non sarebbe che un involucro vuoto.
Ogni essere umano, nel suo agire, ambisce a mantenere vivo sé stesso.
Eccetto Luna.
Luna non vive, Luna sopravvive.
Ne ha passate tante, ma sembra che ogni cosa le scivoli addosso: è tutto un gioco, per lei, nulla viene preso seriamente, anche quando c’è di mezzo la sua stessa vita.
Jareth, entità immortale arrogante e orgogliosa, ha trovato in lei l’essere che stava cercando da tempo.
Così, l’accidia accetta di giocare con la superbia, il bianco sfida il nero, ad una partita all'ultimo sangue.
La vittoria di uno, sarà la sconfitta dell’altro.
Jareth, tuttavia, scoprirà presto che Luna è tutt’altro che la mortale sprovveduta che ritiene che sia, attraverso un gioco pericoloso, che li vede protagonisti di scontri e raggiri, attraverso una dimensione onirica in cui ogni sentimento viene pericolosamente condiviso.
Genere: Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Salve!
Questo manoscritto nasce grazie ad un progetto di gdr (giochi di ruolo) e, visto che a lungo andare lo scrivere ci è sfuggito di mano, abbiamo deciso di condividerlo qui.
Molte delle informazioni sono state volutamente omesse, e si scopriranno più avanti.
Speriamo che vi piaccia, e che non vi attorcigli troppo il cervello! :)

 

Dahaka. Una nuova città, un nuovo mondo.
Jareth doveva ancora abituarsi alla vita che gli si prospettava davanti, al lucido pavimento nero ove i suoi piedi non strisciavano più con timore, ma incedevano decisi. Di cosa si trattava? Marmo nero? Ossidiana? E che cosa rappresentava quella imponente e gelida guglia che lo ospitava? Esisteva davvero? Poteva essere lui un nuovo essere di quel mondo?
Non lo sapeva, e forse non voleva neanche saperlo. In fondo stava 'bene', finalmente. Ora aveva una famiglia, sì, una famiglia vera, che lo aveva liberato del suo sangue ed aveva condiviso il proprio con lui. Gli avevano salvato la vita. Gli avevano concesso il modo di eccellere, senza più limiti, senza più curarsi dei mortali che chiedevano, ma non potevano concedere. Aveva la facoltà di conquistare, vedere oltre gli altri ciechi Pilastri ed imporre una nuova, giusta esistenza al suo mondo e ai suoi figli.
Gli piaceva quel cambiamento. Sapeva che era la cosa migliore da fare, che la Famiglia lo avrebbe aiutato e sostenuto. Finalmente avrebbe potuto lottare con nuova forza, e alle sue regole.
Camminava a testa alta verso colei che tanto aveva amato. Aruved, nella sua veste di leggera organza immacolata, mossa da una brezza gelida, dormiva sulla lesena che separava due finestroni, vuoti e perfetti nella loro geometria.
Dormiva, sì, così bella e dolce nell’impassibilità del sonno. Tuttavia, contro ogni logica, il suo torpore si consumava in verticale, proprio a ridosso di quelle colonne nere e perfettamente lisce. Un pallido sole su un cielo nero come il singolare palazzo illuminava le candide guance dell’amata.
“Ssssssshhhhhhh” sibilò Jareth dolcemente, avvicinandosi a colei che più di ogni cosa aveva mai bramato. Con due dita, scostò delicatamente le ciocche ramate dai petali delle sue labbra. “Presto non soffrirai più, Aruved. Presto non soffrirai più, Arthanas!”
Si sganciò l’abito che lo identificava con la sua nuova famiglia, con singolare familiarità, fino a scoprire il torso. I desideri più intimi e perversi –che piacevole sorpresa!- si affollarono nella sua mente. Il respiro si fece pesante, e lasciò che la brama e la depravazione prendessero il sopravvento sui suoi gesti. La mano accarezzava ancora i capelli, ma il corpo gridava altro. “Presto sarai mia, Arthanas!” strinse nel pugno la chioma dell’amata “Che tu lo voglia o no!”
La veste copriva ancora dalla vita in giù. Più che sufficiente per mostrare la nera ombra che cingeva il suo cuore. No, non un’ombra, ma un sinuoso drago, che mellifluo sussurrava al suo orecchio. “Osserva la tua grandezza, Jareth. Ora non devi più temere, non devi più rendere di conto a nessuno! Saremo l’unico signore di Arthanas. Non hai più bisogno di lei, perché interi mondi saranno ai tuoi piedi!”
Con la sinistra, Jareth afferrò la mandibola di Aruved con forza, mentre il suo respiro, dolcemente, andava a carezzare il volto di lei.
Il volto dell'amata restava impassibile, imperturbabile nel suo sonno, mentre Jareth la ghermiva con forza. Le spire del drago scorrevano su di lui, emergendo da quella frattura che un tempo era stata la sua più grande ferita, laddove un tempo ospitava il suo cuore.
La bestia si faceva via via più vera e impalpabile, le sue squame diventavano fumo nero, o ombra, mentre come un venefico vapore si rarefaceva, insinuandosi sottopelle, divenendo un tutt'uno con quello che fu il Pilastro.
"Ora nessuno potrà più farci del male, amore mio" mormorò dolcemente Jareth, mentre la sua mano pareva voler stritolare il viso della giovane. "Vinceremo la malattia, vinceremo ogni regola...IO vincerò tutto ciò che è stato" il mormorio divenne un ruggito "E porterò la MIA benevolenza, la mia benedizione, la mia arte...So che l'hai sempre voluto, ed ora lo so anch'io, amore. Ammira, contempla i miei doni. Osserva il mio trionfo!"
Jareth strinse Aruved tra le sue braccia, quasi come a strapparla dal suo illogico giaciglio verticale. Il desiderio si fece ardente, incontrollabile. Voleva entrare dentro di lei, ma non come un tempo. Voleva ogni parte di lei, mentre con le dita affondava nella sua carne. Avrebbe voluto dilaniarla, morderla, fino a spezzarle ogni singolo osso e succhiarne il midollo. Desiderava leccare dalle sue guance le sue lacrime, amare di dolore, delusione e tradimento.
Una figura esile, appoggiata alla colonna, batté le mani. Dei capelli rossi ne incorniciavano il viso ghignante.
L'applauso fece sobbalzare Jareth dalla sorpresa. Istintivamente, arretrò di un passo abbondante, lasciando la sua amata, ancora imperturbabile nel suo indecifrabile sonno, appoggiata alla colonna, con la candida tunica di poco discosta dalle spalle, ma niente più. Si ricompose in fretta l’Epherim, esibendo un viscido sorriso alla sua ospite.
“Luna” apostrofò mellifluo squadrandola dall’alto in basso. Alla vista della ragazza, le passioni e le sensazioni più oscure ed inattese balenarono nella sua mente. Il sangue nelle sue vene bolliva, come sempre, ma di una nuova forza. Non era compassione quella che provava verso Luna, ma una sorta di desiderio misto ad ispirazione. Jareth si sentì come un bambino che, nell’ingenuità del suo acerbo sadismo dettato alla curiosità, si diletta a staccare le zampe ad un insetto. No! Un tale paragone sarebbe stato riduttivo, svilente. Si trattava di ben altro.
Luna era la sua musa, era argilla da scolpire, così ingenua e vergine nei rapporti umani quanto scaltra e depravata nella vita di espedienti. Era perfetta! Oh sì, quale gradito dono le avrebbe fatto nel donarle affetto e fiducia, per poi dimostrarle quanto tutto questo rendesse vuoti ed inadeguati all’esistenza! Come Aruved. Come Arthanas. La vera benevolenza non sta nella compassione, ma nell’imporre le proprie certezze a chi è troppo debole per averne, nel mettere i prostrati di fronte alla propria inadeguatezza, distruggerli perché implorino di essere più forti con la nostra guida. Oppure soccombere nel tentativo…Materiale scadente!
Ma Luna…Luna aveva sopportato l’atarassia di coloro che la circondavano, aveva sopportato la tortura fisica, il terrore, ed infine, dulcis in fundo, le vessazioni dell’Ingannatore. Luna era forte, o semplicemente troppo stupida per capire che avrebbe potuto ambire ad un’esistenza meno misera, e sarebbe stato quanto mai gratificante innalzarla e coccolarla per poi piegarla quel tanto che bastava a rendere la sua disperazione pura e…perfetta! Piegarla sì, quanto mai in fondo era sprofondato un mortale senza spezzarsi.
Dopo aver stretto nel suo pugno Arthanas, Luna sarebbe stata la sua nuova, egregia opera.
“A cosa devo questa gradita sorpresa?” Si limitò a domandare Jareth, cercando di riprendere il suo solito tono affabile che lo contraddistingueva. Al di là delle sue fattezze di Eletto, tuttavia, qualcos’altro era chiaramente diverso. Le sue pupille scure tradivano l’ardore che provava per la ragazza, e a fatica soffocò uno sbuffo euforico dalle sue narici.
La ragazza inclinò la testa di lato, incuriosita da quei sentimenti che come un'onda si infrangevano su di lei.
Curiosità, lussuria, brama, gioia.
La avvolsero completamente, tanto che dovette fare appello al suo autocontrollo di nuovo acquisito per riuscire a far sì che le sensazioni scivolassero oltre.
Era così che funzionava il mondo onirico, quando si era ospite dei sogni altrui: l'ospite percepiva le sensazioni dell'ospitante, e viceversa, inglobandole.
Si staccò dalla colonna, fece un passo verso di lui, osservandolo.
Le vesti erano diverse, difficile dire se fossero dovute al sogno o al presente. Quello era il problema del mondo onirico: capire quando si trattava di realtà, di paure, o di fantasie.
" Gradita sorpresa? " domandò, scettica, mentre le sue labbra si schiusero in un ghigno.
" A giudicare dall'ultimo incontro non lo avrei detto. "
Era soddisfatta, più di quanto non ammettesse.
Un altro passo verso il Pilastro, con l'attenzione spostata verso la donna che ancora dorme in piedi.
"Hai un modo strano per dimostrare l'affetto, vedo... e dei vestiti nuovi."
Ridacchiò Jareth nell'udire le parole della ragazza. "Il fato intesse le sue trame in modi inattesi. Se è per questo, l'ultima volta che mi hai visto ero molto più...sanguinante..." al sibilo di quell'ultima parola, la figura di Aruved si fuse con la colonna, scomparendo nella pietra. E nell'oblio.
"Una vista che non mi era dispiaciuta" Luna sorrise, avvicinandosi ancora, le dita delle mani intrecciate dietro la schiena. Si appoggiò alla colonna dove prima vi era la donna in precedenza. "E che mi ha sorpresa, devo ammettere." si poteva leggere un velo di divertimento negli occhi della ragazza.
Lui la seguì con lo sguardo, indifferente alla sua punzecchiatura. Si accigliò nel vedere la ragazza appoggiarsi dove prima stava Aruved. Un fastidio transitorio, quasi un lampo, che l’Epherim cercò di reprimere subito, soffocando la sua ira con l'ispirazione. Le elucubrazioni di come il suo estro potesse imprimersi sull'umana sopraffece in breve tempo il suo cruccio. La sorpresa si dipinse poi sul suo volto, di riflesso alla medesima sensazione confessata dalla ragazza. "Mi aspettavo delle domande su quello che sono, non su quello che è stato!" Sorrise prima con sufficienza, poi teneramente "Anche se apprezzo che tu sia tornata sui tuoi passi" lentamente, allungò la mano destra verso i capelli rossi di lei, curandosi di evitare minuziosamente il suo volto, sebbene quel gesto apparisse eccessivamente, terribilmente simile a quello con cui poco prima aveva toccato Aruved. La sua Aruved.
"Quando...se deciderai di affrontare la tua vita, io sarò sempre qui per te, e sarò sempre disposto a darti una mano." sospirò "Vorrei solo farti capire che non sei sola. Nessuno lo è. La vita non è facile, certo, ma non si può pensare di evitarla chiudendo gli occhi e le porte. Non è troppo tardi, Luna..."
"Affrontare la mia vita, dici?" chiese, mantenendo il sorriso, senza un reale interesse nella domanda posta. "E tu mi aiuteresti?"
Quella vicinanza, quelle parole non generarono nulla, in lei, e quell'assenza di emozioni scaturì una sorta di orgoglio, di felicità in lei.
Il Pilastro sgranò gli occhi, un po’ stupito dalla risposta, un po’ per l’assenza di ritrosia da parte di Luna. Nella mente di Jareth si affollarono sgomento e piacere. La scarica di adrenalina generata dalla paura della nuova mossa dell’avversario lo inebriò. La guardò, la studiò, ma non capiva. Non capiva perché fosse tornata, non capiva perché si ripresentasse a lui con tanta indifferenza. Perché tornare da lui, dunque? Che cosa voleva? Jareth non capiva, e la cosa lo spaventava. No! La Stirpe Eletta non prova paura. Ciò che era certo, è che quell’inquietudine dato dall’enigma di Luna gli piaceva. Una volontà tanto bizzarra da piegare, come voler forgiare una spada col mercurio. Affascinante! Sentì il sollievo in Luna dato da quell’indifferenza. Che cosa significava? Senz’altro iniziava ad avere dei dubbi! Jareth sentiva che stava andando tutto bene. Era il pittore che si fermava a contemplare la sua opera, stupendosi del suo stesso talento. L’orgoglio di Luna lo riempì e si amplificò su se stesso in un moto di narcisismo e superbia. Oh, se solo avesse trovato l’alchimia necessaria a rendere le fila della sua marionetta più solide! Erano belle, sì, così sottili ed impalpabili da essere invisibili, da darle l’illusione di muoversi spontaneamente. Ma al momento giusto, quei tiranti avrebbero dovuto tramutarsi in catene di piombo, fiaccando la sua bambola, impedendole di rialzarsi sotto il loro peso.
“Ti ostini a non capire. E’ parte della mia natura.” rispose dolcemente Jareth accarezzandola, per poi assumere un’espressione ed un tono più impassibili, paterni “E tu sei un vascello senza timone! Non è mia intenzione cambiarti, Luna, non mi permetterei mai. Vorrei soltanto che tu ti dessi più valore. Che tu smettessi di vivere in balìa degli eventi, e che tu trovassi una casa. Sei una ragazza intelligente, eppure, ti ostini a non capire che cosa vuoi. Rifuggi dalle tue paure, dai tuoi problemi, persino dal dialogo e dalla possibilità di fare il tuo bene…”
Osservò l'uomo, confusa e divertita al tempo stesso da come quei sentimenti potessero risultare così diversi da ciò che il Pilastro diceva. Ma non lo diede a vedere, non visivamente, almeno.
Interpretò un teatrale sospiro.
" Vorrei tanto. Vorrei tanto essere in grado di farmi aiutare, e di trovare un posto che sia adatto a me, e di darmi più valore, lo vorrei tanto.. "
Nonostante il tono della voce sembrasse sincero, i sentimenti che provava non lo erano, e anzi, provava un divertimento da non poco nell'interpretare, ancora una volta, la parte della pentita.
Sapeva che Jareth poteva, di riflesso, sentire ciò che lei provava, così non tirò la falsa tanto a lungo.
Fece una piccola smorfia, poi sorrise di nuovo.
" .... ma mi diverto tanto ad essere come sono, e ti assicuro, non ho intenzione di cambiare nulla" il sorriso si tramutò in un ghigno, mentre una mano si allungava a sistemare dalle pieghe il vestito di Jareth. " Ma se vuoi perdere il tuo tempo e provare ad aprire un dialogo a riguardo, prego, fa pure d'altronde chi sono io per impedirtelo? "
Jareth scrutò di sottecchi Luna durante la sua recita. Non riuscì a nascondere un sorriso sotto i baffi. Più l’umana si mostrava recalcitrante, più il gioco si faceva intrigante. “Dici di divertirti?” il tono era quanto mai carezzevole, apprensivo, ma la sua mente godeva del sadismo che riusciva ad elucubrare “Eppure non mi sembri divertita da ciò che gli altri” marca la parola “ti hanno fatto. Luna, vedi a cosa ti ha portato il tuo, per così dire, divertimento? Uomini malvagi hanno sfregiato il tuo volto grazioso, e tu sei costretta a celarti dietro a mistificazioni. Davvero provi diletto in tutto questo? Allora non dovresti vergognartene…” Fece per spostare la destra dalla chioma rossa alla sua guancia, ma il gesto della giovane suscitò in lui altera stizza. Come osava toccarlo? Con apparente delicatezza, mosse la sinistra verso la mano di lei. Ma la stretta era salda, e il movimento improntato a torcerle leggermente il polso “Non mi sembri divertita quando l’Ingannatore vessa il tuo sonno…” sorrise a quelle parole, un ghigno sinistro che rispecchiava i suoi veri sentimenti “Non mi sembra divertente vivere nell’ombra, come i ratti, per timore delle fiamme…”
Non cercò di ritrarsi dalla stretta dell'uomo, e anzi, non sembrò proprio curarsene.
"Ciò che tu chiami mistificazioni in realtà non è che un trucchetto da quattro soldi. Forse mi hai fraintesa, ma il motivo per cui il mio grazioso, sfregiato volto viene tenuto oscurato è soltanto perché coloro con cui parlo non si lascino spaventare o allontanare. Un mero inganno, visto che l'apparenza è importante." replicò con un sorriso serafico sulle labbra blu. "Ho provato a stare senza quest'incantesimo, ma le pubbliche relazioni ne hanno risentito parecchio, specie visto che uno degli sfregi è la stella del Chaos"
Una breve pausa, nella quale spostò lo sguardo sul suo polso come a dire "te lo vuoi tenere o me lo lasci?"
"Con l'Ingannatore mi sono divertita meno, è vero, e con il fuoco non mi diverto affatto. Ma il primo è stata la conseguenza di scelte che sono stata io a prendere, per quanto riguarda il secondo.. tutti abbiamo un punto debole, non trovi?"
Sogghignò, inclinando il viso leggermente di lato, per guardare la colonna, dove poco prima era appoggiata Aruved e dove ora era poggiata lei, facendo l'occhiolino a Jareth.
“Comprendo” si limitò a rispondere neutro. “Quindi sono fiducioso del fatto che d’ora in poi non avrai timore a mostrarti a me così come sei…” Rispose alla sua occhiata, affrettandosi a lasciare la presa “Perdonami” apostrofò con il suo solito timbro. O per meglio dire, col timbro del vecchio Jareth “Non era mia intenzione trattenerti…” Ma il cuore –o quello che ne rimaneva- gridava ben altro. Avrebbe voluto picchiarla, fino a farle implorare pietà. Come osava insinuare che potesse avere delle debolezze? Non più.
Ma non poté che trarre piacere dalle provocazioni di Luna. Era il suo modo di essere che la rendevano tanto interessante, tanto…perfetta. Ogni moto della sua ribellione sarebbe divenuta una lacrima in più sul suo volto. Ogni tentativo di soverchiarlo e di usare lui come giocattolo, un’invocazione di pietà. Oh sì, era questo che rendeva speciale Luna! Era tutto un gioco, una guerra! Era troppo facile piegare le menti deboli, e banale umiliare i forti, una volta scardinati i giusti punti. Ma Luna non sapeva quello che faceva. Niente di più vero: ella non seguiva un dio, un uomo o un ideale, ma solo il suo diletto.
“Le scelte, Luna, ci rendono umani” tornò a dire col suo fare falsamente compassionevole “Così come le debolezze. Non esistono scelte giuste o sbagliate, ma opzioni valutate in virtù dell’esperienza dell’individuo” sorrise mite, anche se si trattava soltanto di una maschera “Voglio dire, il poverello che ruba un tozzo di pane perché ha fame, è un ladro? E se ha sbagliato, lo ha fatto a svantaggio di chi? Della legge? Del mercante che non risentirà minimamente di quel danno economico, quando a sera tornerà nella sua magione a mangiare carne e bere vino? Non ha per caso compiuto un’azione ben più malvagia quello stesso venditore che, poco prima, gli ha negato quel boccone, condannandolo? Eppure un tale diniego non è passibile di alcun crimine!
Ancora una volta, Luna, non ti sto giudicando, ma sto cercando di capire insieme a te quale sia il tuo bene; poiché tutti noi abbiamo diritto di seguire i nostri sogni e le nostre aspirazioni, e di vivere felici.” Jareth fece una pausa teatrale, cercando lo sguardo di lei “E le persone che ti vogliono bene non possono che desiderare ardentemente che ciò ti accada, e fare di tutto affinché si avveri. Ma se tu per prima non fai lo sforzo di capire che cos’è che desideri, sei destinata a subire ancora e ancora dolore e sofferenza.” Altra pausa “Personalmente dubito fortemente che sia questo che brami e ti susciti divertimento”
Il turbinio di emozioni d Jareth la sorprese, per la seconda volta, al punto da farla istintivamente ritrarre, di poco, forse neanche un centimetro. Fece una piccola smorfia, e ne riprese subito il controllo. Si ripromise di fare più viaggi nel mondo onirico, per evitare altri problemi simili. Nel frattempo, ascoltò con particolare attenzione le parole del Pilastro.
"Le scelte ci rendono umani" ripeté, pensierosa. "Non esistono scelte giuste o sbagliate."
Fece un mezzo passo avanti, le braccia ora conserte, staccata dalla colonna.
"Davvero curioso, che queste parole arrivino da quello che ha fatto tantissime storie sul narghilè rubato, e su come il povero mercante potrebbe risentirne" lo guardò dritto negli occhi, e senza interrompere il contatto visivo, allungò nuovamente la mano, prendendo tra indice e pollice la stoffa del vestito blu e oro di lui. "Questi nuovi vestiti devono averti fatto cambiare parecchio" gli occhi palesavano la sfida.
Si sentiva sicura, sapeva di esserlo, ne era certa, nulla l'avrebbe fatta vacillare. Per quanto Jareth ci provasse, non era nelle condizioni di farle cambiare idea con discorsi filosofici o morali. Tutto andava bene così com'era, lei era tornata ad essere ciò che era stata, e non poteva esserne più felice.
Annuì come a scandire le parole di Luna, e ridacchiò alla sua insinuazione. “In quel momento” spiegò “la mia natura mi imponeva di prendere le parti del mercante. Un narghilè è ben altra cosa rispetto ad un tozzo di pane. È un bene superfluo, e di certo costoso. Tu lo rubasti e me lo consegnasti per puro diletto, mentre quel disgraziato, probabilmente, sta ancora soffrendo delle conseguenze di quel tuo gesto. Per mero capriccio gli hai fatto del male, capisci?” si arrestò un attimo, guardandola incuriosito, come il gatto che gioca col topo “a te farebbe piacere soffrire per un semplice gioco?” un tempo, quello che fu il Pilastro avrebbe pronunciato quelle parole con biasimo, ma adesso era parte della sua opera, un’esca, e fremeva per la risposta della ragazza. Godeva nel sentirla così ferma nelle sue posizioni. Non faceva altro che rendere la sfida più intrigante.
L’insofferenza irruppe violentemente quando però Luna toccò di nuovo il suo vestito. Cercò di reprimerla ancora una volta. Non si sarebbe tirato indietro. Tentò di soffocare il suo istinto di intimare con maggior violenza la giovane, mascherando il gesto di stizza con una carezza sulla spalla. Carezza che si tramutò in morsa, nel tentativo di respingerla contro la colonna, allontanandola.
" A nessuno farebbe piacere " rispose, con voce calma e moderata, facendo spallucce. " Ma i Mondi sono pieni di persone che fanno soffrire altre, che lo facciano volenti o nolenti ha poca importanza"
Provò un sollievo enorme nel riuscire a pronunciare quelle parole senza il rimorso scaturito da ciò che prima le avrebbe provocato sensazioni indesiderate.
Sentendo la presa del Pilastro sulla pelle, così stretta, si concesse un ghigno divertito.
Jareth alzò le sopracciglia in segno di perplessità “Ritieni dunque che sia più semplice pugnalare alle spalle chiunque e guardarti le tue, crogiolarti nella tua paranoia e aspettare di essere colpita. Pensare a sopravvivere anziché vivere.” Fece spallucce di rimando “Prospettiva interessante. Più adatta ad un avvoltoio che a un essere umano, ma comunque interessante.”
Con uno sforzo, cercò di ignorare il prolungato contatto.
"Finora ha sempre funzionato!" un enorme sorriso, riprese terreno, nonostante la presa sulla spalla.
“Avrà anche funzionato” concesse ignorando il suo sorriso “Ma sei sempre stata tanto presa a fuggire che non sai neanche più da cosa stai scappando. Né tantomeno dove sei diretta. Mi sbaglio?”
“ Oh, e questa saggezza, da dove l’hai presa? ” domandò con un ghigno.
“Il mio sangue e i miei abiti sono cambiati, Luna. Non il mio animo.” Sussurrò rassicurante guardandola con occhi falsamente benevoli.
" Strano, non si direbbe. " mormorò in un soffio, stendendo il braccio per riuscire a tenere ancora tra le dita la stoffa di quel vestito.
Ne sarebbe valso la pena, per udire la sua risposta: “Perché? In cos’altro mi vedi cambiato?”
Alla domanda di Jareth lo squadrò, seguendo con gli occhi gli orli del suo vestito, piene di scritte indecifrabili.
"I sogni mostrano le nostre emozioni. E mi offenderei, se pensassi che non sono in grado di distinguere un cambiamento, quando lo vedo. Io, che ho militato sotto l'Ingannatore e uno dei miei maestri di vita è stato un demone del mutamento" c'è del vanto, nel suo tono, ma a parte questo è molto rilassato, come se chiacchierasse del più e del meno.
 “Sogni?” domandò perplesso all'improvviso, ignorando momentaneamente la mano e gli occhi di lei sui suoi indumenti  “di cosa stai blaterando, ora? L’ingannatore e quel demone devono averti stordito parecchio. Credo che tu debba mangiare, oppure dormire… ” Jareth riprese questa sua vecchia mania, più per scherno stavolta, che per preoccupazione.
Mantenendo il sorriso, avvicinò la faccia a quella di Jareth, spostandosi poi verso la sua destra, finché le sue labbra non furono vicine all'orecchio di lui, continuando a tenergli la veste con la mano.
"Sogni, sì. Hai dimenticato dove siamo, ora?" sussurrò al suo orecchio, ghignando.
Jareth era chiaramente confuso. Non c'era bisogno di leggere le sue emozioni per capirlo. Era sufficiente la sua espressione. Cercò lo sguardo di Luna, sorpreso dalle sue parole.
La ragazza accolse quella sorpresa piacevolmente. Era divertente prendere in contropiede qualcuno che credeva di avere tutto sotto il suo controllo.
Si scostò appena, per poterlo guardare negli occhi, ma non disse nulla, restò a guardarlo.
Lo sguardo di Jareth dardeggiò da Luna alla colonna, su cui poco prima riposava Aruved, poi di nuovo su Luna. Fu in quel momento che realizzò. Effettivamente, l’Epherim era spaesato: non credeva che l’umana fosse in grado di viaggiare attraverso i sogni. Gli occhi si fermarono poi sul decolté della ragazza, in cerca del ciondolo. Lo stupore fu però presto soppiantato dalla collera. Il piacere che provava Luna in questo gioco, le sue mani ancora addosso a lui, il suo sguardo fisso.
Il suo primo istinto fu di afferrare di nuovo la mano di lei, stavolta con maggior violenza; di spezzarle il braccio, se necessario.
Ma che bruttura! Questo era il loro gioco, e la sua arte avrebbe risentito di un gesto tanto grossolano. Sarebbe stato alle regole, poiché anche lui ne traeva godimento. La violenza bruta non avrebbe dimostrato la sua superiorità, ma avrebbe solo dimostrato che i fronti si erano ribaltati.
Fece appello a tutta il suo autocontrollo, maturato in anni di meditazione e contemplazione. Inspirò profondamente, chiudendo gli occhi, ed improvvisamente, la sua mente e la sua anima furono fogli bianchi; una bonaccia cristallina di pace e serenità. Quel gesto fulmineo della mano divenne una carezza, come a voler scaldare le dita della giovane. La guardò intensamente, ricolmo di serenità, con un sorriso benevolo, e si limitò a dire: “Io ti perdono”.
Inarcò il sopracciglio destro, invasa dalla calma nata nel pilastro. Una curiosa evoluzione, senza dubbio.
Quelle tre parole non sorbirono in lei alcun genere di emozione, né positiva, né negativa, se non il senso di divertimento che aleggiava in lei.
" Bravo! " rispose semplicemente, sogghignando.
Sfoggiò un’espressione di compiacimento notando la sua reazione, e si limitò a dire “Comunque, non hai risposto alla mia domanda…” entrambe le sue mani si strinsero su quella di lei, così da separarla nuovamente dalla sua persona e dal suo vestito.
"Non so dove sono diretta, perché dovrebbe essere un problema?" domandò, lasciando finalmente la presa dal Pilastro, incrociando di nuovo le braccia al petto.
"Mi hai frainteso" sibilò rapidamente, sollevato di essersi liberato da quel contatto. "La mia domanda era: secondo te" scandisce "In che modo sarei cambiato?"
" I tuoi atteggiamenti. Simuli interesse e cortesia. " rispose pacatamente, inclinando leggermente la testa di lato. Appoggiò un piede sulla colonna, piegando la gamba, e appoggiandosi con la schiena.
" Prima eri davvero apprensivo, ti preoccupavi sul serio. "
"Chi te lo dice?" replicò velocemente con fare di sfida, incrociando di rimando le sue braccia "Cosa ne sai di come ero prima?"
"Oh, me ne accorgo. Dal tono della tua voce, per iniziare." lo osservò, di nuovo restò come ipnotizzata dal disegno del vestito di lui. " Dai tuoi atteggiamenti. Io sono la prima a fingermi gentile, quindi so riconoscere chi finge da chi è spudoratamente serio "
Tradisci ciò che dici dal tuo modo di porti, cosa che prima non facevi. Ergo, o sei peggiorato a mentire, o prima eri sincero, e ora non lo sei più.
"Sei tu ad aver detto che nel sogno si possono leggere le sensazioni e le emozioni. Non mi risulta che ci siamo incontrati prima in questa..." allargò le braccia guardandosi attorno "dimensione! E' difficile bluffare con tutte le carte scoperte sul tavolo. In passato abbiamo messo in comunione le nostre menti, ma come ti ho dissi, ti ho fatto entrare in una nicchia" ridacchiò "sicura...Cosa ne sai di tutto il resto?"  il tono era tranquillo e pacato, soltanto una pura curiosità scuoteva il suo animo.
"Ne sono abbastanza sicura" lo osservò, pacata, poi sorrise " Ma se devo essere sincera, non è che mi importi molto del tuo cambiamento. "
Alzò gli occhi su di lui, incrociando il suo sguardo.
" Ora la domanda è: perché tutto questo interesse nei miei confronti, Jareth? " non era una domanda accusatoria, sembrava soltanto incuriosita.
Ridacchiò di gusto all’esternazione di Luna. “Il tuo atteggiamento dimostra tutto il contrario.” Le volse le spalle, così da non costringere la ragazza alla colonna. “E, se ancora una volta è vero quanto dici, dovresti già avere tutte le risposte che cerchi.” Si fece meditabondo, perdendosi in un lungo silenzio, fin troppo teatrale, per poi tornare con i suoi occhi, indagatori e al contempo divertiti, su quelli di Luna “Fino a prova contraria, sei tu che vieni sempre a cercarmi. “
"Sono semplicemente curiosa. Non montarti troppo la testa, Pilastro. " sogghignò, staccandosi dalla parete, affiancandolo.
Scrutò Luna con sufficienza, e lasciò che si avvicinasse di nuovo. La scelta era sua, come sempre le aveva concesso, e aveva cercato di farle capire. Sia quando era stato Pilastro, sia nella sua nuova natura di Eletto. La sensazione e la voglia di giocare con lei erano forti, e nonostante volesse far sembrare che ogni mossa della ragazza fosse frutto del suo libero arbitrio, ora desiderava protrarre quella conversazione. “Posso concederti che l’ultima volta tu mi abbia cercato per qualche fantomatico accordo” non trattenne una sommessa risata nel pronunciare quella parola “per quello che possono valere i patti per una come te…”
"Ti sorprenderebbe sapere a quanti patti ho tenuto fede" rispose, facendo spallucce.
“ Ah, sì, posso immaginare.. ”
"Questa è la prima volta che ti cerco " lo interruppe, e di nuovo si mise davanti a lui, inclinando la testa di lato, improvvisamente seria, come se stesse ragionando.  
"... e tu non sai perché" concluse, quasi con enfasi, come se avesse avuto una rivelazione da non poco.
Per un attimo, il tono con cui l’umana aveva lasciato quell’ultima affermazione lo colse di sorpresa. La fronteggiò, sfiorando di nuovo delicatamente i suoi capelli con le dita “Lo ammetto, non ne ho idea. E non nego che mi stupirebbe vederti arrivare ad una qualsivoglia conclusione. Ma è questo che ti rende così…adatta!” sorrise voluttuoso “Le persone agiscono nel proprio interesse, sono mosse da sentimenti e mostrano le loro debolezze in maniera stupida e velleitaria. Io…Noi della Stirpe Eletta siamo destinati a guidare tutti coloro che si dimostrano inadatti e prostrati alle vicissitudini del fato. Per questo sono stato scelto. Io sono colui che meglio sa muovere le corde dell’animo delle genti, sono il padre che non hanno mai avuto, la luce nella tenebra del loro cuore.
“Ma tu…” la mano scese ad afferrare il mento della giovane “Non hai cari o affetti che guidino le tue azioni. Ti muovi sottomessa agli eventi e agli altri, rifuggi la felicità in ogni sua forma…” Sciolse improvvisamente quel contatto e, volgendole le spalle, iniziò a camminare, come ad enfatizzare le sue parole “Il dolore della perdita e dell’abbandono sono soltanto ricordi sbiaditi per te. Non hai provato amore o pietà neanche per il figlio del tuo grembo! Sei così inadeguata nella tua bassezza, eppure.. sei forte. Come potrei spiegartelo? Ah sì!” Si volse verso di lei, indicandola “Sei come una rocca in piana. Non hai alcun valore strategico, e sottometterti sarebbe più dispendioso che vantaggioso. Ma vuoi mettere la sfida di conquistare una fortezza in cui i nemici sono ben asserragliati, ti hanno già avvistato da miglia, e magari hanno già vie di fuga, se non opportune contromisure e rinforzi chiamati da chissà dove?” Lo sguardo si era illuminato nel corso di quella dissertazione, e la passione e l’ispirazione lo avevano di nuovo avvolto come una vampa, soverchiando la sua flemma.
Rimase in silenzio per tutto il tempo in cui l'uomo le parlò. Restò in silenzio, con gli occhi puntati su di lui, il mento alto, un sempiterno sorriso sulle labbra. Nulla di ciò che il Pilastro diceva pareva scalfirla minimamente.
Nulla di ciò che provava il Pilastro sembrava spaventarla.
Quella sensazione di totale assenza di sentimenti la riempiva, la rendeva forte.
"In realtà è divertente vedere quante congetture tu abbia fatto su di me, ammetto che non me l'aspettavo" mormorò, ravvivando i capelli, come parlasse del più e del meno.
Jareth sentì il compiacimento e l'orgoglio pervadere Luna, e ne fu felice. Quella ostinata resistenza era il massimo che potesse desiderare. Sorrise, anzi, rise, e disse di rimando alla ragazza "Congetture. E' normale quando si è abituati ad udire preghiere e suppliche, valutando attentamente il proprio intervento.
" Dunque sono una sfida, per te. " strinse le labbra, sembrò pensarci su.
" Mi chiedo quale sia il fine ultimo di questa sfida " aggiunse, ma era una domanda retorica.
Un passo, un altro passo, si avvicinò ancora al Pilastro, finché la distanza tra loro non fu minima.
"Oh, sei molto più di una sfida: sarai la mia opera! E ha per caso bisogno l'arte di un fine? Tu sei semplicemente lo strumento perfetto per esprimere la mia grandezza"
" Buona fortuna " Aveva notato come l'uomo si innervosisse al contatto, quando era lei a toccarlo. Come dava fastidio a Odion che gli sorridesse, eppure lo aveva fatto lo stesso, trovandosi un sorriso di sangue.
Allo stesso modo, si ritrovò di nuovo a posare la mano sul petto del Pilastro, seguendo con l'indice l'orlo dorato presente sul suo collo.
Notando l'ennesimo contatto della donna, conscio del fatto che insistesse soltanto per irritarlo, si limitò ad elargire il solito sorriso compiaciuto e sadico, mentre la destra scattò contro quella di lei.
Il classico colpetto di dissuasione, più rumoroso che doloroso.
"Grazie" rispose all'augurio.
 

 
   
 
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