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Autore: LadyMary    04/09/2014    2 recensioni
Una storia che narra il Terence dietro il sipario, non di un teatro, ma della sua vita.
Quella che io, il destino, ho scritto per lui.
Il Terence che non sapeva di essere, e che ora è pubblicato al mondo intero.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Terrence Granchester
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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Il diario di...

Nel frattempo Terence fece ritorno a casa nella condizione che avrebbe voluto: la natura gli ha donato un tragitto che ha compreso lui e la natura stessa che lo circondava con il silenzio dei suoi suoni non umani. -Finalmente a casa, finalmente un po di pace.- Fece chiudendosi la porta dietro. -Però prima devo sbarazzarmi di questa tenuta da uscita e mettermi comodo.- Pensò tra sé raggiungendo la camera da letto. Letto, e fu proprio quello che vide per primo entrando nella grande stanza, sospirò e si distese supino guardando la soffitta che appariva così tanto simile a lui, vuota e solitaria. Così, dopo aver poggiato la testa sulle mani unite dietro la nuca, iniziò a far vagare i suoi pensieri. -Il lampadario è solo come me in questa camera.- Fece tra sé per poi chiudere gli occhi posizionandosi sul fianco destro. -Ma io avevo uno scritto da portare a termine.- Rammentò a se stesso riaprendo gli occhi dopo aver cercato di allontanare pensieri che risultavano scorrere inutili nella sua mente, tutta roba della quale bisognava solo reagire o andare avanti, fermarsi a sognare nel vuoto serve solo a far passare del tempo prezioso. -Alla fine che m'importa, sono io il padrone di me stesso, quelle parti le avrà solo quando lo decido io, adesso non ho voglia di mettermi a scrivere.- Parlò sottovoce dopo essersi messo a sedere privandosi del gilet che poggiò sul letto. Sospirò passandosi la mano al centro della testa portando indietro i capelli guardandosi nello specchio davanti a lui che ne rifletteva tutta l'intera persona, e con lui si vedevano le nuvole che lente percorrevano il loro passaggio fuori dalla finestra dietro al pensieroso Duca. Quest'ultimo ne osservava il naturale cammino nell'altitudine del cielo azzurro come le tende che la sera prima lasciò aperte dopo aver contemplato le stelle dietro la grande finestra prima di addormentarsi. Pensieroso si avvicinò all'affacciata guardando il panorama. -Non è che l'aria aperta la disprezzo, il problema è questa società che si oppone alla natura e quanto ne concerne, e qui il disprezzato sono sempre io.- Detto questo gli prese l'ispirazione per scrivere continuando ad osservare quel semidesertico paesaggio e la bianca tenuta posizionata nell'angolo destro del giardino secondo la prospettiva che gli offriva la finestra, una tenuta composta da tavolo e sedia che spesso adopera per dedicarsi alla scrittura. -Al pranzo penserò dopo, andrò a mettere su qualche pezzetto di me per il copione.- Così, spinto da quell'aria aperta che l'aveva fatto rientrare in casa, tornò a respirare la frescura dell'ambiente sedendosi sulla postazione da scrivano, lasciando il posto a pensieri di lavoro anziché a ragionamenti di preoccupazione, ansiosamente inutili e dannosi per l'esistenza. Riuscirà mai a superare ciò che misteriosamente prova internamente, liberandosi da chissà quale bisogno, catena, o altro che lo tiene prigioniero in quella dannata solitudine?

Domenica 20 aprile 1930 ore 14:00.

Ci sono riuscito ancora una volta, ma poi ho avvertito voglia di pesche...
la causa è la pelle.
Sono terrorizzato, e posso dirlo solo qui sui miei fogli,
loro mi amano e non mi condannano.
Ma per che cosa poi?
Per un motivo che non ha senso?
Vabè, adesso credo che devo dirti addio caro diario dei segreti,
che nel mio caso sarebbe solo uno di segreto,
solo uno in questo infinito spazio di dolore che spero finirà presto...
addio allora, se forse stanotte morró di desiderio.

Dopodiché poggiai il tutto sul piccolo mobiletto alla destra del letto, e successivamente fu il mio capo ad essere accomodato -sul cuscino però- sulla quale avrei voluto inzupparci lacrime di sofferenza, ma non riuscirono ad inserirsi nell'avorio tessuto perché il sonno prese il sopravvento su di loro e vinse, menomale per la sua vittoria, mi sono risparmiato dell'altro dolore che chissà per quanto altro tempo ancora dovrà marcire l'uno sull'altro come cumuli di inutile immondizia da bruciare!
   
 
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