Anime & Manga > Kuroko no Basket
Segui la storia  |       
Autore: Rota    04/09/2014    3 recensioni
Kuroko intravede disordine, lungo la strada, persino un uomo disteso a terra dietro un bidone della spazzatura ancora pieno, e una puzza di marcio che si nasconde e si mescola a quello asettico della perfezione di plastica; neanche lo smog delle fabbriche sempre produttive riesce a intaccarlo. Capisce di aver raggiunto il limite che separa il centro dalla periferia, le case bianche dei nobili e quelle nere degli operai: la vicinanza con la parvenza del mondo libero lo inebria, come il dolore e come la sensazione di gelo della notte. Il cuore ha un tumulto che lui, per la prima volta dopo troppo tempo, riconosce come gioia.
-Senti, senti! Stammi a sentire! Moglie, incubatore, uomo, qualsiasi cosa tu sia in questo momento! Ascoltami un attimo! Non mi interessa, chiaro? Non osare darti la colpa di tutto ciò! Tu non hai colpe! Io sono il solo responsabile! Quando ti ho salvato dalla strada, l'ho fatto per me! Quando ti ho morso e ti ho legato a me, l'ho fatto perché io ti desideravo! Tu non hai colpe, hai capito?
Prima classificata al "Di Omega!Verse, fluff e OTP - Multifandom contest" valutato da graceavery
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Taiga Kagami, Tetsuya Kuroko, Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Mpreg, Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

*Capitolo uno*

Take me down to the river bend



 

Take me down to the river bend
Take me down to the fighting end
Wash the poison from off my skin
Show me how to be whole again

 

 

 

Guarda in alto, verso il cielo sempre torbido che copre la capitale, tra i suoi palazzi e i suoi grattacieli di vetro infrangibile. Il grigio scuro delle nuvole, che trattengono pioggia acida e tutto lo smog che l'insieme delle civiltà produce, rimane di quei tempi la sola cosa che si può definire davvero alta – superiore persino ai nobili, superiore a qualsiasi valore monetario.
Kagami non ha perso l'abitudine, pur in quasi venticinque anni di vita, di ridere per la miseria di quella condizione condivisa.
-Oh.
Un richiamo secco lo riconduce alla propria realtà del momento, facendolo uscire di forza da quel turbinio sconnesso di pensieri confusi. Dall'altro capo del tavolo della mensa, Kiyoshi Teppei lo guarda e non gli chiede nulla esplicitamente, aspettando che sia lui a cominciare da sé: non c'è niente di bello da vedere, oltre la cappa di materiale isolante che li protegge dalle perturbazioni meteorologiche, e lui non pretende avere un'intelligenza tale da capire cosa spinga una persona normale a volgere gli occhi in alto, oltre quel sorriso morbido che gli piega come sempre le labbra rosa.
Passati sono i tempi in cui gli esseri umani fantasticavano su sole, luna e spiriti che vi avevano dimora. Il cemento, dopotutto, riesce a donare abbastanza pensieri con cui occupare la mente.
Taiga, però, non gli da soddisfazione; torna a mangiare come se niente li avesse interrotti. Un pezzo grosso di carne sintetizzata e il brodo caldo condito con tutti gli integratori utili della giornata: il loro salario di dipendenti, Gestori della Quiete Pubblica di secondo grado, permette loro solo limitati lussi alimentari.
Sapere che c'è chi non ha mai sentito neppure il sapore della carne finta sulla lingua non rende più allegri, d'altra parte.
Comprendendo di non poter riuscire a ottenere risposta, anche l'altro ragazzo ricomincia a mangiare. Risulta pacato anche nelle movenze, una serenità immacolata che Kagami non ha visto in tante altre persone. Lo sfiora poco, di quella desolazione sentimentale che è il mondo, e non sembra accorgersi del peso della divisa che indossa.
Taiga riesce a mescolare l'invidia con un sincero e affettuoso senso di amicizia, il più delle volte, anche se è innegabile che negli ultimi tempi abbia cercato di tenerlo a distanza. L'altro lo ha sicuramente percepito, ma non ha intenzione di fargliene parola, non almeno finché non avrà giudicato adatto il momento in cui potergli parlare.
Rispettare la libertà altrui, all'interno di una società che pretende di regolare qualsiasi aspetto della vita intima, è considerata una dote – ed è uno dei motivi per cui Kagami non lo trova sgradevole come la maggior parte dei proprio colleghi, esseri troppo zelanti per riuscire a ricordare quale sia il significato della parola umanità.
Finisce per primo il proprio brodo caldo e recupera, con un gesto veloce della mano, il cappello bianco da vigilante. Preciso, lo posiziona sopra la propria testa, e non tarda ad alzarsi in mezzo alla mensa pubblica dei commensali del loro livello.
Con la stessa naturalezza, ha lasciato sul tavolo un sacchetto dall'interno color verde secco, incustodito come se non fosse per nulla pericoloso; Kagami si stira e lo prende, ma solo dopo aver visto il sorriso dell'altro tranquillo e sereno.
-Andiamo.
Niente di diverso dal solito.

 

È notte ancora, la periferia di Teiko sta cominciando a spegnersi in linea con il coprifuoco regolamentare a cui è sottoposta. Gli unici suoni oltre il solito fruscio delle piogge sempre presenti, saranno le musiche stordenti del centro cittadino – le uniche luci che rimarranno saranno quelle variopinte della fantasia eccentrica e per nulla naturale di quei folli vestiti per distrazione: rosa acceso, blu elettrico, verde fosforescente, arancio luminoso e tanti altri su cui Taiga non si è mai soffermato. Lo irritano, e lui non è davvero bravo a mascherare i propri moti d'animo, o in un qualche modo giustificarli al prossimo. Non più, almeno.
L'istruzione che ha ricevuto gli ha impartito il giusto ordine a cui attenersi. C'è chi si può permettere il bianco sull'asfalto, un tetto che ripara dai danni ambientali prodotti dallo stesso benessere, acqua potabile e sempre disponibile, un amante che non sia un mero incubatore, e chi semplicemente non lo può fare. Vita in ogni sua forma legittima, dalla concezione stessa di giustizia alle regole complesse delle relazioni umane.
Per uno che vanta origini straniere come lui, e che sempre ha vissuto la condizione di essere considerato tale, il privilegio di poter pensare diversamente è una benedizione e un grave al medesimo tempo.
Discrete, piccole come finestrelle con le tapparelle piene di buchi, le lampade delle case popolari si illuminano fosche, senza dare troppo disturbo alle telecamere di sorveglianza notturne. Qualcuno lavora ancora: dalla cucina ancora profumata del signor Mitobe arriva il rumore di stoviglie lavate e grattate, inconfondibile; qualche casa più in là, appena a cinque minuti di distanza, l'ombra del giovane Koganei viene proiettata contro il muro, lunga e quasi grottesca, china sopra il tavolino basso da contabile di bassa classe.
Persone per bene, umili e rispettabili. Lavoratori come lui, con la semplice colpa di essere nati da un ventre non umano e dalla parte sbagliata della città.
Regole sociali come quelle basate sulla mera utilità sociale e collettiva assomigliano, per Taiga, più a una concezione da branco di lupi che a una vera e propria società di uomini. Bestiale, in tutto.
Alpha, beta e omega. Riducendosi tutto a questo, l'uomo non viene altro che svilito, nella forma di contingenza dell'essere e non del possibile volere – niente, oltre al proprio dovere.
Kagami scalcia un sacco della spazzatura, sovrappensiero, pieno di vera ira.
Si accorge in un secondo momento di essere giunto nel proprio quartiere, la seconda traversa del distretto 6C, denominato per un motivo a lui sconosciuto Seirin. Imbocca il vicolo che lo porta alla propria dimora, superando altre tre case.
Trova la porta, nel buio, e la serratura elettronica conosce l'impronta della sua mano; lo saluta fredda, prima di permettergli di entrare. Quasi d'improvviso, l'intera abitazione si illumina, rendendo visibile l'ingresso e tutto il resto.
Si spoglia in fretta, procedendo verso il corridoio con i piedi nudi. È sporco di giornata e di centro, puzza probabilmente molto, ma gli importa relativamente: sa che c'è qualcosa di più importante.
Arriva in camera da letto, lasciando che si accenda. C'è una figura più o meno rannicchiata sopra il materasso, che attende in silenzio.
Lo ha riconosciuto, dopo il primo attimo di paura.
-Buona sera, Kagami- kun.

 

Il sacchetto dal colore verde secco giace, assieme a due piatti ancora vuoti, sopra il piccolo tavolo basso che li divide, accanto a un bicchiere dal vetro opaco e un cucchiaio piccolo ma brillante. È meno vuoto di prima, privato di qualche foglia, e non sembra all'occhio più così gonfio da poter scoppiare.
Kuroko gira con un grande mestolo, per l'ultima volta, la minestra che è riuscito a preparare con le sue mani. Taiga non gli ha mai detto che è molto migliorato, rispetto alle prime volte, perché avrebbe implicato la confessione di un inizio disastroso per il suo stomaco e la sua persona tutta; tuttavia, a ogni occasione propizia, ha imparato a essere meno discreto per quanto riguarda elargire complimenti e lodi. Quella sera ha già potuto notare come le patate abbiano mantenuto un sano e appetitoso colorito giallastro.
Tetsuya rimane seduto in maniera perfetta, sopra il proprio grande cuscino, mentre serve la cena prima a Kagami e poi a se stesso. Non sorride, mostra per lo più un'espressione atona che non dimostra la minima espressione – più che imparare a sentire davvero, un'emozione, ha saggiato la libertà di farlo di propria spontanea volontà, senza sentire più alcun obbligo che lo leghi alla felicità o alla gioia. Questo, l'altro lo apprezza più di ogni falsa dolcezza.
Si parla poco, tra una cucchiaiata e l'altra. Tetsuya non ha molto interesse per l'ambiente esterno, o i continui resoconti di gente catturata mentre infrange una legge che non condivide e povertà talmente radicata da privare di qualsiasi morale chi la detiene; d'altra parte, Taiga non ha la forza né l'immaginazione di ascoltare i racconti fantastici racchiusi nei pochi libri che è riuscito a regalare al suo compagno, e non riuscirebbe a seguire discorsi su politica o etica.
Il mondo che condividono è fatto per lo più della concretezza di poter rimanere assieme, respirando la stessa aria e mangiando lo stesso cibo.
Anche se, a essere totalmente sincero, vedere Kuroko indossare uno dei propri vestiti, così larghi e scuri rispetto alla sua piccola figura pallida, riempie la mente di Taiga di un caldo e morbido senso di possessione. Oltre, naturalmente, il segno sul fianco che Tetsuya tiene nascosto.
Suona di nuovo, dall'esterno, la sirena dell'ultimo avviso di coprifuoco. La sola luce accesa in casa si spegne automaticamente, senza che nessuno dei due debba fare qualcosa. Kuroko, più lento dell'altro, finisce quel che gli rimane nel piatto con pochi gesti, raccogliendo poi le stoviglie dalla tavola. Si muove tranquillamente nel buio, conoscendo spazi e luoghi, come se fosse lui stesso un'ombra silenziosa e fedele che fa parte di quel tutto con naturale semplicità, abituato com'è a non fare rumore e non lasciare indietro la minima traccia di sé, pur in quell'ambiente circoscritto.
Quando lo ha salvato, Kagami non avrebbe immaginato che sarebbe riuscito a integrarsi così perfettamente con il solo luogo, in tutta Teiko, che può davvero e totalmente definire suo.
Anche Kuroko lo è.
-Andiamo a letto, Kagami- kun?

 

Kagami non sa se, nel buio, Kuroko sorrida. Sente la sua bocca posarsi sopra la pelle, quando più ne ha voglia, ma per stanchezza e spossatezza non riesce a indovinare la conformazione precisa della sua bocca. Lo immagina piuttosto bene, anche se alle volte non comprende se si tratti di un sogno o se lo fa in maniera cosciente; non riesce ad ammettere che gli piaccia, perché conserva quel pudore adolescenziale che mai lo ha abbandonato.
La società gli ha insegnato un ruolo, il dovere e la legge. Tetsuya, con le carezze dispensate sulla punta delle dita, quando neanche il cerchio pallido del sole li spia, prova a insegnargli cosa sia l'amore. Difficile dire, anche dopo tutto quel tempo, se ci sia riuscito o meno: Taiga ha un concetto romantico, di quel particolare sentimento, e ha paura di riempirsi la testa e la bocca di parole crudeli e non vere.
Però, quando gli prende la mano e la stringe al petto con la propria, sa bene di non volerla lasciare andare in alcun modo.
In quel letto piccolo, grande a malapena per loro due, si ritrovano costretti nello stesso abbraccio, con le gambe intrecciate e il naso di Tetsuya che gli sfiora, a ogni respiro, i muscoli. La costituzione esile lo aiuta a incastrarsi meglio tra il corpo di lui e il muro.
Gli bacia la fronte, oltre ai capelli chiari sparsi ovunque. Gli accarezza il fianco nudo, insistendo di tanto in tanto sul segno del morso che gli ha fatto egli stesso all'altezza dei reni – il tentativo quasi disperato di legarlo a sé, come vincolo di una salvezza che ha intenzione di dargli. Lo bacia ancora, e si sente bene.
Il suo profumo, per quanto ammorbidito dalla droga, riesce ancora ad assuefarlo, ma Kagami pretende una ragione un poco più nobile per il desiderio che prova, nei suoi confronti. Qualcosa, per esempio, che hanno deciso entrambi, e che è simile al piacere che li fa mangiare ogni sera allo stesso tavolo.
Kuroko blocca la sua mano sul proprio fianco all'altezza del morso, apre le gambe e senza che lui faccia resistenza, lo fa distendere di schiena; gli sale sopra il bacino, senza pesargli davvero.
Lo bacia sulla bocca chiamandolo piano. Contro il palmo della mano, la sua schiena trema ed è bellissima, piccola e fragile.
Percepire distintamente il suo odore non è che l'inizio. Sono cosce che tremano, poi, e corpi che diventano caldi e molli. Il nome sulle sue labbra, più e più volte.

   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Kuroko no Basket / Vai alla pagina dell'autore: Rota